La domestica

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Oggi è l’ultimo giorno con la divisa.
Seduta nell’ultima fila della cappella della villa, Camille si liscia il grembiule e cerca di prestare attenzione al prete che ha iniziato a elencare gli innumerevoli pregi del defunto.
Lord Philip non ha fatto in tempo a morire che Lady Isabelle l’ha licenziata in tronco. Prima di lei, sua madre aveva lavorato alla villa e il padre si occupava dei giardini e delle rose della vecchia Milady. Camille viveva assieme ai genitori nella dependance.
Erano coetanei, lei e Philip. Si erano baciati dietro al ligustro e Camille per un breve periodo aveva sperato di diventare Milady come in una favola romantica. Invece a 16 anni aveva iniziato a lavorare in cucina e servire a tavola. Sua mamma si occupava di Milady Agathe e le spiegava i segreti e le usanze della casa, fra cui la più importante era mantenere le dovute distanze e il rispetto con i padroni. Il vecchio Lord John era morto da parecchi anni, per cui Philip alla maggiore età aveva ereditato il titolo e da quel momento era diventato Milord anche per lei.
Camille conosceva ogni angolo della villa, ogni segreto, tutta la storia, ma ciò nonostante era una serva e tale sarebbe rimasta.

Doveva concentrarsi sull’omelia. Il prete stava giusto dicendo quanto Philip era stato amato dalla moglie.
Come no, amato e cornuto. Camille aveva sorpreso Lady Isabelle nel giardino d’inverno con l’architetto e questo ancora il primo anno di matrimonio. Poi era stato il turno del personal trainer, dell’avvocato, il parrucchiere finto gay, non poteva mancare l’autista e adesso negli ultimi tempi le piacevano anche gli amici della figlia. Camille serviva te e aperitivi, prima e dopo gli amplessi senza fare una piega. Quanto si sentiva furba Milady, considerandola una sprovveduta. Per non far sorgere sospetti a Philip Milady si dava anche a lui con passione. Era proprio una donna dagli appetiti vigorosi.

I pensieri di Camille seguivano la predica del prete, che giustappunto parlava dell’amore figliale che lui aveva provato per la madre, e che sua figlia provava per lui.
Invece Philip non era affatto stupido e nemmeno cieco. Non solo sapeva di essere tradito, ma percepiva il disprezzo che sua moglie aveva trasmesso alla figlia, Ambre. Ambre lasciata a se stessa, viziata e arrogante, che era diventata lesbica per non fasi piú rubare i fidanzati dalla madre.
Quando si trattava di alleggerire i conti di Philip, Ambre e Isabelle erano complici e si reggevano il gioco a vicenda.
Philip sapeva anche di questo e non se ne faceva cruccio.
Lui amava le sue due donne così com’erano: capricciose, avventate, egoiste e poi aveva investito bene il patrimonio di famiglia, il denaro bastava e avanzava.
Alla sera, quando Camille gli portava la tisana davanti al camino, amava dire che per ognuno i nodi prima o poi sarebbero venuti al pettine.
Era quello il momento, poco prima di coricarsi, che Camille amava di più. Si fermava un momento nello studio di Milord e scambiavano qualche confidenza davanti al camino.

La cerimonia sta volgendo al termine e Camille vede in seconda fila il notaio. Un gran bell’uomo che pur essendo passato per il letto di Milady, mai era stato sleale con Milord. Per lui aveva redatto il testamento, quello che Lady Isabelle e Ambre non vedevano l’ora di leggere.
Già si sentivano proprietarie delle azioni, della villa in Costa Azzurra, per non parlare dell’obbligatorio chalet a S.Moritz. Inoltre c’era anche la tenuta in Scozia, trasformata in una spa di lusso fonte di costanti entrate, per non parlare della partecipazione in una clinica privata di Londra, specializzata in chirurgia estetica. Milady stessa si era rifatta il seno proprio lì e aveva testato le sue nuove curve con alcuni dei chirurghi che operavano in clinica. Milady e la figlia sapevano anche dell’investimento sudafricano di Philip, quello che lo aveva portato a possedere il venti per cento di una miniera di diamanti. Era stato un vero colpo gobbo che come ricaduta aveva avuto l’ampliamento della piscina della villa e l’assunzione di più personale. Oltre al fatto che Lady Isabella era riuscita a convincere il marito ad accogliere un lontano cugino che si spacciava esperto in finanze. Philip con grande pazienza gli metteva a disposizione dei piccoli capitali che non fruttavano mai nulla, se non macchine sportive, vacanze e donne, fra cui ovviamente Lady Isabelle.
Camille continuava a servire pasti, merende, tisane.
Quello che Milady e sua figlia non sapevano mentre ordinavano dei tramezzini a Camille, era che Camille, mentre lucidava l’argenteria, aveva studiato. Si era laureata in economia e commercio con un master in finanza e fra una pulizia e l’altra era diventata la vera e unica consulente finanziaria di Philip.
Milord le aveva proposto di cambiare ruolo, ma a Camille piaceva prendersi cura della casa, avere il polso della situazione e della famiglia. Soprattutto le idee migliori le venivano quando spolverava i quadri della galleria degli antenati.
Per cui continuava a fare la domestica e a tempo perso la consulente di Milord.
Quanto si era divertita a creare quella fondazione in Lichtenstein che poi era stata acquisita da una holding con sede ad Andorra a sua volta assorbita da una società con sede all’Isola di Man. Camille sorride beata mentre pensa a questa sua fantastica creazione di scatole cinesi finanziarie.
I fedeli si alzano in piedi per il padre nostro e Camille cerca di smorzare il suo buonumore. Che figura farebbe la domestica che ride al funerale del padrone.
Ma é difficile, terribilmente difficile essere seria.
Aveva già sentito madre e figlia che progettavano come sperperare il denaro. Lady Isabelle aveva dichiarato che assolutamente doveva provare un certo toy boy da 5.000 sterline a notte e dopo essersi levata questo sfizio progettava di trasferirsi a Manhattan lontano da questa noiosa e imbalsamata Inghilterra. Mentre la figlia aveva trovato il modo per acquistare definitivamente la sua laurea e pensava di trasferirsi a Goa con la sua ragazza che amava lo yoga sopra ogni altra cosa. Entrambe si erano parecchio infastidite che per l’apertura del testamento, il notaio ritenesse necessario attendere almeno il funerale.

Mentre il prete scende dall’altare a benedire la bara coperta di fiori, Camille si immagina l’apertura del testamento, quando la due signore sapranno di ricevere solo ed esclusivamente una mensilitá da dirigente e niente piú, perché tutti i beni che appartenevano a Philip ora appartengono alla societá off shore sull’isola di Man, societá di cui lei è presidente e unica proprietaria.

Proprio in quel momento Camille, seduta in fondo alla cappella della villa, con il suo abito nero e il grembiulino bianco non riesce piú a trattenersi. Le lacrime le salgono agli occhi, le labbra si stirano fino alle orecchie, cerca di contenersi respirando profondamente, ma finisce che singhiozza. Il suo vicino le porge un fazzoletto. Ma nemmeno il fazzoletto riesce a fermare la sua beffarda e incontenibile risata.
Ride e continua a ridere, nonostante il dolore per la morte del suo Philip.
Ride e non smette nemmeno quando il prete e tutti i presenti si girano a guardarla, ride ancora di piú allo sguardo perplesso di quella zoccola della vedova. Non si regge nemmeno in piedi talmente ride.
Rimane aggrappata al banco in preda alla ridarola con i capelli scarmigliati. Rossa e accaldata non riesce a controllarsi. Il sudore le cola a gocce ma la risata non da segno di voler terminare. Le è impossibile prendere fiato a furia di sbellicarsi.
Il corpo scosso dalle incontrollabili risate scivola dal banco e si adagia con imbarazzante lentezza nel corridoio centrale della cappella.
All’improvviso l’ultimo rantolo si trasforma in singhiozzo: se solo potesse portare la tisana a Lord Philip ancora una volta.
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