C18

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NB: RACCONTO HORROR E SPLATTER

C18

Sara stava con gli occhi dritti su quel grande tavolo bianco, ben illuminato da una lampada che pendeva sopra di esso.

Scrutava ogni singola arma che vi era poggiata sopra. Armi di ogni tipo, tutte pulite e messe in ordine come in una vetrina di un negozio. Pistole, fucili, coltelli, asce, bastoni, spranghe, corde e vari strumenti di tortura: seghe da ferro, morse, tenaglie, pinze, martelli, forbici appuntite.
 
A pochi passi da Sara il negoziante le stava addosso con lo sguardo. Era lo sguardo di un venditore navigato, ma che si emozionava ancora quando fiutava il profumo dei dollari. 
Quell’uomo teneva la bocca appena aperta, come se aspettasse il momento giusto per consigliare e assecondare Sara.
 
«Ti prego, non lo fare!» urlò una giovane donna legata in piedi attorno a un palo, praticamente nuda.
 
Quelle parole interruppero la strana calma che si respirava nella stanza delle armi e sia Sara sia il negoziante si voltarono verso quella donna impaurita.
Il negoziante la fissò con sguardo nero, al di là della vetrata che divideva le due stanze.
«Silenzio C18!» tuonò l’uomo. 
Poi si voltò sorridente verso Sara per assecondarla di nuovo nella scelta dell’arma, ma la ritrovò un po’ dubbiosa.
«Signorina, non ci faccia caso, lo so che sembra umana, è normale. Sono cloni C di diciottesima generazione! La loro struttura genetica è stata aggiornata e perfezionata per ben diciotto volte. Proprio per questo l’esperienza sarà autentica.»
Sara continuò a osservare curiosa quella bionda legata attorno a un palo. E C18 a sua volta non distolse mai lo sguardo da Sara. La fissava con gli stessi occhi che un cagnolino di un canile offre a qualsiasi visitatore. C18 un po’ ci sperava che la giovane Sara la capisse, ma quello non era un canile e Sara non era una semplice visitatrice…
«È molto bella» disse Sara, senza sorridere.
L’anziano negoziante si voltò di nuovo verso C18 e disse: «Il modello C18 è molto bello, ispirato alle migliori modelle di razza bianca. Guarda che corpo, guarda che seno, guarda che gambe… per non parlare del suo volto, sembra un angioletto. Se vuoi ci puoi anche fare qualche giochetto strano, tutto il suo corpo è come se fosse vero. Anche lì sotto…»
«Non mi interessano queste cose.»
«Sì, facevo per dire, si vede che lei non è quel tipo di persona… per quelle cose ci sono i bordelli. Lei bada al sodo, giustamente!»
 
Sara tornò a guardare le armi presenti sul tavolo, mentre C18 rimase sospesa a guardarla.
 
«Scelgo quella» disse Sara indicando una spranga di ferro.
«Mi piace, il classico non sbaglia mai, vedrà!» affermò il negoziante mentre raccoglieva la spranga.
 
C18 riprese a dimenarsi e a sbraitare come una matta.
 
Sara continuò la sua selezione, puntando un coltello a serramanico.
«Non so se questo o un coltello da cucina.»
«Ti posso dare del tu Sara?» 
«Sì.»
«Lo vuoi un consiglio? »
«Certo, è la prima volta.»
«Ascoltami, con il coltellone da cucina basta un fendente ben fatto e lei è già andata, con il serramanico invece puoi giocare un po’, prima di dare il colpo del ko, mi segui? Ovviamente se le tagli la gola anche col serramanico finisce subito, ma se inizi da qua, poi qua,» mentre si indicava alcuni punti delle braccia e delle gambe, «senza prendere la femorale però! Lei perde sangue più lentamente e puoi andare avanti anche quindici minuti buoni, forse più.»
Sara ascoltava con interesse.
«Sì, meglio il serramanico» disse lei.
Ormai nessuno faceva più caso alle urla di C18.
«Te ne manca una signorina.»
Sara aveva gli occhi puntati sulle armi da tiro e il negoziante se n’era accorto, immaginando già cosa avrebbe scelto.
«La pistola.»
«La semiautomatica?»
«Sì.»
«No!» gridò in sottofondo C18, senza scalfire i due.
«Non so perché ma me lo sentivo» disse il negoziante facendo un sorrisetto.
 
10 minuti dopo
 
Sara entrò da sola nella stanza di C18 con passo fermo, la spranga in una mano e il coltello nell’altra.
La stanza aveva un alto soffitto, più che una stanza sembrava un laboratorio industriale. Si respirava aria umida provenire dal cemento delle pareti. Proprio al centro del laboratorio vi era il palo e una forte luce bianca pendente illuminava prepotente C18.
«Ti prego, non lo fare, non mi fare del male!» le urlò contro mentre la vedeva avvicinarsi.
Sara si fermò, si voltò verso il negoziante e disse al microfono: «Sono fatti proprio bene» riferendosi ai cloni C.
«Sono come te non vedi» aggiunse C18.
La voce del negoziante non tardò a raggiungere il laboratorio attraverso gli altoparlanti: «Non ti preoccupare Sara è normale, non ci devi parlare, sono brave a ingannarti. Vai convinta mi raccomando».
«Sara, non lo fare, ti prego! Puoi comprarmi, farò tutto quello che vuoi. Se lo farai poi dovrai conviverci. Hai dei figli?»
Sara a fatica non disse niente, poi tolse pian piano il suo sguardo da C18 e guardò il pavimento. Era uno di quei pavimenti lucidi di colore grigio, facili da pulire. Ma nonostante questo qualche macchia era rimasta.
 
In quella stanza Sara non era davvero sola con il clone: dagli altoparlanti poteva udire diversi bisbiglii.
Alzò lo sguardo verso una piccola tribuna che si affacciava allo spettacolo dietro a un vetro. Al di là c’erano una decina di persone, per lo più uomini, di un po’ tutte le età. Stavano osservando Sara con attenzione, mentre parlottavano tra di loro a bassa voce. 
Uno di loro era più serio degli altri: un uomo vestito impeccabilmente, con una barba brizzolata, curata. Stava con le braccia conserte e il Rolex argentato che teneva al polso brillava anche da quella distanza.
 
Sara cercava lo sguardo di una sola persona in quel mucchio, ma lui non fece trasparire alcuna emozione.
 
Le suppliche di C18 riportarono Sara a concentrarsi su quello che stava facendo.
Si avvicinò al clone facendo strisciare la spranga sul pavimento. Appena arrivò a pochi centimetri da C18 strinse forte la spranga con entrambe le mani; la posizionò all’altezza della tibia del clone, appoggiandola alla sua pelle. Sembrava una giocatrice di golf concentrata a colpire con precisione la sua pallina.
«Cosa stai facendo? No! No! Fermati, ti prego!»
Sara caricò lentamente il colpo e il panico aggredì C18. Un panico vero, di quelli che ti tagliano il respiro e ti rivoltano lo stomaco.
 
Poi arrivò la sprangata, tirata con tutta la forza che aveva. La tibia fece lo stesso crack di un ramo secco spezzato. Il ferro si conficcò dentro la carne e al di là dell’osso.
 
C18 svenne con la testa penzolante in avanti.
 
«Tirale su la testa Sara, sennò non respira bene» urlò qualcuno dalla tribuna.
Sara voleva prima riprendersi la sua spranga conficcata nella gamba del clone. Pestò il piede di C18 e tirò forte a sé la spranga con due mani. Venne via con fatica e appena Sara si riprese l’arma, la gamba maciullata di C18 iniziò a pisciare sangue scuro.
 
Sara non sapeva cosa fare mentre dall’alto le continuavano a suggerire il da farsi. 
«Ti conviene bloccare l’emorragia.»
Sara corse verso un tavolo degli attrezzi a pochi metri da lei e prese un nastro adesivo marrone. Poi tornò di fretta e lo avvolse stretto attorno alla gamba di C18, all’altezza di metà coscia.
 
C18 si risvegliò per qualche secondo, drogata dalle endorfine, poi si guardò quel che restava della sua tibia e svenne di nuovo.
Nel frattempo Sara riuscì a bloccare l’emorragia e si mise a camminare avanti e indietro pensierosa.
 
La situazione iniziava a caricarsi: i consigli sbraitati, le risate e i commenti da bar inondavano la testa di Sara dagli altoparlanti.
 
«Non aspettare, ti rimangono pochi minuti!»
«Vai! Vai bambina che ci sai fare!»
«Respira! Respira e passa al coltello!»
 
Sara non riusciva più a pensare con la calma tipica del suo carattere e mentre camminava i suoi occhi rimbalzavano tra la tribuna, il coltello che teneva in mano e l’immagine di C18 priva di sensi, rimasta in piedi solo per le strette corde che la stringevano al palo.
 
«Brava Sara, per essere la prima volta, ottimo colpo! Non ti distrarre…» disse il negoziante con sguardo preso, affacciato in prima fila al di là del vetro che lo separava dal laboratorio.
 
Il respiro di Sara si fece più affannoso: non era panico, ma si stava facendo trasportare dal fermento di quel caos. Non riusciva più a impugnare saldamente il timone di quell’esperienza. Oramai era un subbuglio crescente: una spirale di parole e parolacce che rimbalzavano nella stanza e nelle orecchie di Sara. Si voltò ancora una volta verso il suo pubblico e il tempo sembrò rallentare, quasi fermandosi. Le decine di parole che uscivano una sopra l’altra dall’altoparlante si erano ammassate e fuse in un brusio costante.
Sara stava galleggiando con i suoi pensieri, ma sapeva che doveva tornare a fare quello che voleva fare.
 
D’un tratto scattò come una tigre nervosa, aprì il coltello a serramanico e si precipitò contro C18, ancora svenuta da prima. Conficcò la lama nell’avambraccio del clone, recidendo pelle, tendini, vene e arterie.
C18 spalancò gli occhi e venne ricatapultata in quell’incubo, poi riprese a gridare.
Sara si riprese con forza il coltello dal braccio del clone e cercò lo sguardo di C18.
 
«Ti prego uccidimi! Ti prego! Ti prego! Per favore ti scongiuro uccidimi adesso!» esclamò C18, sputando vomito e saliva.
 
Sara non badava più a quelle parole, voleva solo capire quanto ancora potesse andare avanti.
Arretrò di un passo e si accovacciò per studiarla.
 
«Perché? Perché lo fai? Ma cosa cazzo sei? Un mostro? Aiuto! Aiutooo!»
 
C18 aveva perso molto sangue e il suo volto era sempre più pallido, ma le sue suppliche passarono inosservate come grida nello spazio profondo.
Sara si voltò ancora verso il suo uomo e lo fissò per lunghi secondi.
Lui non la perse mai di vista e osservava ogni suo singolo gesto con seria attenzione.
Sara fece un cenno di assenso e si voltò determinata verso C18. Si scaraventò contro di lei con una furia mai avuta prima.
Appena C18 capì che cosa stesse per succederle, strizzò d’istinto gli occhi e espulse tutto quello che aveva in corpo: voce, sudore, urine e sangue.
 
Sara affondò e riaffondò di scatto la lama nella pancia del clone. Quel piccolo coltello a serramanico entrava e usciva veloce dalla carne, entrava e usciva, entrava e usciva… la pancia di C18 divenne un colabrodo e a un tratto i muscoli dell’addome vomitarono fuori anche le budella. Sara continuava a muovere il suo braccio avanti e indietro, ormai era imbrattata di sangue e interiora. C18 aveva già da diversi secondi la testa penzolante in avanti che sballottava come un sacco di patate. Ma Sara non rallentò neanche per un attimo, andò avanti e continuò a infierire finché il suo braccio fu bloccato dai crampi.
 
Poi Sara gettò via il coltello, indietreggiò di un passo, prese in mano la pistola, la scarrellò e di getto scaricò l’intero caricatore sulla testa di C18: quindici colpi.
I primi proiettili bucarono la sua testa e uscirono dall’altro lato in piccoli fori precisi di 9 mm. Furono gli ultimi proiettili che spezzarono tutte le ossa del cranio e spaccarono in diversi pezzi il volto della donna, come un cocomero preso a mazzate. 
 
La semiautomatica si fermò ancora fumante, Sara rimase con la pistola scarica in mano e con il fiato corto. Continuava a guardare la sua vittima, con un senso di stanca soddisfazione. Di C18 era rimasta solo della poltiglia, come fosse stata masticata e sputata da un gigante.
 
Dall’alto della tribuna il pubblico applaudiva e si congratulava con Sara. Qualcuno era euforico a tal punto da saltellare ed esultare a tutta voce.
Erano tutti su di giri, tranne lui: non si era ancora scomposto, sembrava stesse aspettando qualcosa.
 
Sara riprese fiato e mentre cadevano pezzi di C18 sul pavimento, si girò verso la tribuna e alzò lo sguardo, verso di lui.
Lo guardò come se stesse guardando suo padre, anche se quell’uomo non era suo padre. Lo guardò conscia di avere dato tutto.
 
L’uomo liberò le sue braccia conserte e iniziò un lungo e lento applauso, accompagnato da un sorriso.

Re: C18

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Ciao @edotarg, ho letto questo racconto e sono rimasto affascinato da qualcosa che non riesco a cogliere.
Ti dico: fatico a capire dove vuoi arrivare. Non ne faccio una questione di trama, ma immagino che ci troviamo in un futuro (lontano?) in cui potranno essere creati dei cloni su cui gli uomini (veri? chi può dirlo?) potranno sfogare i propri istinti. E non parlo solo di furore violento
edotarg ha scritto: Se vuoi ci puoi anche fare qualche giochetto strano, tutto il suo corpo è come se fosse vero.
qui c'è un mondo dietro...
Comunque, quello che non riesco a collegare è questo particolare
edotarg ha scritto: Signorina, non ci faccia caso, lo so che sembra umana, è normale. Sono cloni C di diciottesima generazione! La loro struttura genetica è stata aggiornata e perfezionata per ben diciotto volte.
anche se il racconto ruota intorno "all'esperienza" di una violenza effettuata su una persona vera. Potrei dire che c'è del sadismo nel creare un'attività commerciale che riproduca cloni talmente perfetti da avere reazioni umane nel dettaglio. C'è anche un mondo nascosto sotto: chi e come siano state finanziate queste "ricerche" o questi "studi"? Come si è evoluta la società per creare una situazione del genere? Perché Sara fa questo, si tratta di una cosa quotidiana o di un rituale necessario, magari per integrarsi in questa società? Sara toglie una vita o "distrugge" una macchina creata per imitare la vita alla perfezione?
Anche il titolo, "C18", un titolo che identifica una classe di cloni, come fosse una serie di elettrodomestici, non il singolo condannato a morte.
La mia impressione è che la forza del racconto non sia tanto nell'elemento perturbante (il clone) e nella sua fine così dettagliata nei particolari, sotto gli occhi di un pubblico gaudente, quanto nel resto, in quelle cose che ho espresso in breve poco fa. È il mondo stesso, la situazione, l'ambiente a essere un'unica grande realtà orrorifica e, ti dico, per me tutto molto riuscito. Poi io non sono un lettore o un fan dell'horror e tutto questo mi mette un'ansia terribile, ma questa è un'altra storia. :asd:  

Se devo trovare un difetto, come detto, potrei dire che è una mancanza d'altro, sembra quasi un frammento di qualcosa di grande o di qualcosa che presuppone o che cerca un mondo esterno a questa singola scena descritta dal racconto. Anche il finale chiama altro secondo me.
Comunque resta una buona prova di scrittura e di induzione al terrore nel sottoscritto. :D   
Alla prossima lettura e buon fine settimana. :libro:  
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: C18

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Ciao @edotarg,
grazie per aver condiviso questo pezzo molto intenso. E' molto ben scritto e riesce a tenere il lettore sulle spine tutto il tempo. Le descrizioni sono ben fatte e tutta la scena in generale è molto godibile (per chi ama il genere).

Concordo col commento di bwv582 che sembra una scena tratta da un racconto più ampio. Manca un po' troppo contesto per riuscire a capire cosa stia succedendo davvero. Ritengo che ci siano troppe domande senza risposta. Non so se conosci la metafora della "pistola di Cechov", ovvero l'idea che se in un racconto compare una pistola questa debba inevitabilmente sparare ad un certo punto. In altre parole, tutto in un racconto deve avere una funzione, se non ce l'ha è una distrazione e dovrebbe sparire. A me piace molto come concetto perché ogni volta che si introduce un nuovo elemento in una storia, il lettore comincia a farsi delle domande, ad avere delle aspettative sul significato o sul ruolo che quell'elemento ha.

Tutto questo per dire che in questo racconto sembrano esserci tante pistole che non sparano. Per esempio, c'è il tema di questi cloni C18: da dove vengono e perché c'è un business che si basa sul loro sfruttamento per fini truculenti? Il pezzo fa anche più volte l'occhiolino a un altro tema più profondo: ma sono davvero degli esseri artificiali o in verità sono vittime umane? E poi da dove viene il carnefice? E qual è il rapporto con il suo spettatore? E cosa sarebbe successo se il carnefice non lo avesse soddisfatto?

Insomma, è una scena descritta benissimo e ti faccio i miei complimenti, ma sembra mancare qualcosa. Capisci cosa intendo?

Grazie!
A∀

Re: C18

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Ciao @edotarg 

sono di diverso parere rispetto ai commentatori che mi hanno preceduta (proprio vero che i lettori non sono tutti uguali!).
Non ho avuto l'impressione che nel brano mancasse qualcosa. Cloni, cyborg, umanoidi e aberrazioni umane portate all'estremo sono entrati a far parte di un immaginario legato a un mondo distopico sotteso a una cui ci hanno un po' abituato libri e film come Blade Runner o Hunger Games, per citare i più visti.
Se è tratto da una narrazione più ampia, a mio avviso il brano viaggia bene anche da solo.
L'ho letto con interesse e ti faccio i complimenti per gli spunti di originalità; segnalo che qua e là sono inciampata nei ripetuti vocativi senza
virgole e in alcune imprecisioni, niente che non si possa sistemare con una attenta revisione.

A rileggerti!
Già.

Re: C18

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Ci sono alcuni dettagli da limare per rendere il racconto più coinvolgente.
Innanzitutto usi troppi dimostrativi:
  ha scritto:A pochi passi da Sara il negoziante le stava addosso con lo sguardo. Era lo sguardo di un venditore navigato, ma che si emozionava ancora quando fiutava il profumo dei dollari. 
Quell’uomo teneva la bocca appena aperta,
Sappiamo già che è il negoziante, l'unica persona di sesso maschile in scena:  L'uomo teneva la bocca...
  ha scritto:«Ti prego, non lo fare!» urlò una giovane donna legata in piedi attorno a un palo, praticamente nuda.
Quelle parole interruppero la strana calma che si respirava nella stanza delle armi e sia Sara sia il negoziante si voltarono verso quella donna impaurita.
Troppe spiegazioni: che la stanza in cui siamo è quella delle armi lo sappiamo già; che la donna sia impaurita è più che evidente dalla battuta di dialogo, e ci sono ancora troppi dimostrativi.

«Ti prego, non lo fare!» urlò una giovane donna legata in piedi attorno a un palo, praticamente nuda.
Il grido interruppe la strana calma che si respirava nella stanza; Sara e il negoziante si voltarono verso di lei.

edotarg ha scritto: ven lug 22, 2022 7:09 pmSi avvicinò al clone facendo strisciare la spranga sul pavimento. Appena arrivò a pochi centimetri da C18 strinse forte la spranga con entrambe le mani; la posizionò all’altezza della tibia del clone, appoggiandola alla sua pelle. Sembrava una giocatrice di golf concentrata a colpire con precisione la sua pallina.
Troppe ripetizioni...
Si avvicinò al clone facendo strisciare la spranga sul pavimento. La strinse forte con entrambe le mani e appena arrivò a pochi centimetri da C18 gliela posizionò all'altezza della tibia...

E via i possessivi inutili: una giocatrice di golf può forse concentrarsi per colpire la pallina di qualcun altro? 


Ecco, ho cercato di darti qualche suggerimento per asciugare il racconto: quando lo rivedrai, elimina tutti i dimostrativi e i possessivi inutili e le tante ripetizioni, così come le spiegazioni superflue. Ne uscirà un testo più snello e, soprattutto, più efficace.

Un'ultima considerazione sulla trama: il pezzo regge se fa parte di un romanzo, ma non come racconto a sé stante. Manca infatti una qualsiasi evoluzione: Sara entra nel negozio per sfogare la sua rabbia (che non si sa da dove le venga, ma possiamo immaginare sia una condizione "normale" di quella società, dal momento che esistono negozi appositi) contro un clone e la sfoga facendolo a pezzi. Punto e basta.
C'è però anche un altro motivo che la spinge a quell'esibizione di violenza: compiacere una persona tra il pubblico, che però non impariamo chi sia. Un amante, un maestro, un esaminatore? Sappiamo soltanto che non è il padre e rimaniamo nella nostra ignoranza dopo il punto finale. Tutti questi, che sono difetti in un racconto, potrebbero invece rivelarsi elementi di indubbio interesse se la narrazione facesse parte di un'opera più corposa, come mi auguro che sia.
Buon proseguimento.
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Re: C18

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Ciao @edotarg 
Lo hai anche scritto che è un racconto horror e splatter, io in effetti non amo questo genere, ma leggo sempre tutto.
Il mondo distopico che descrivi non è comunque, purtroppo, molto lontano dalla realtà. Non so se hai visto il film Hostel, di qualche anno fa, solo che in quel film si delineava una società criminale che usava esseri umani veri da torturare e uccidere e alla fine uno di questi, un inconsapevole turista catturato per essere torturato, si libera e si vendica atrocemente, senza pietà.
 Nel tuo racconto inserisci i cloni umani come valvola di sfogo della crudeltà umana e penso che una buona parte dell’umanità, abituata ai videogiochi,condividerebbe e parteciperebbe davvero, senza farsi troppi problemi.
A me di un testo piace molto analizzare il contenuto, le sensazioni che trasmette più che la costruzione grammaticale e sintattica, operazioni nelle quali certo non eccello. È scritto bene a ogni modo e per quel che mi riguarda, in un crescendo inquietante, fin dal momento che Sara sceglie le sue armi, con l’orribile presenza del negoziante al suo fianco.
Ti confesso che fino all’ultimo momento ho sperato che Sara non infierisse verso il clone, ma verso il negoziante.
Mi hanno incuriosito le persone del pubblico, sicuramente allo stesso livello di Sara e ancora di più l’uomo misterioso che alla fine applaude, compiaciuto della scena. La cosa che mi ha inquietato, oltre alle scene di violenza fisica che io non avrei il coraggio di descrivere, anche la fastidiosa sensazione che la realtà che descrivi in un certo senso sia già presente fra di noi. Non c’è molta differenza dall’infierire su un clone umano con la gente che guarda come a uno spettacolo e l’infierire contro un essere umano vero, sotto gli occhi di tutti, scene di ordinaria violenza quotidiana, senza che nessuno intervenga per aiutarlo, per salvarlo, anzi: la gente lo riprende con il proprio cellulare mentre il proprio simile viene massacrato, completamente indifferenti, anzi quasi compiaciuti per come sono bravi a fare le riprese.
Quindi viene da chiedersi dove sia la realtà e dove la finzione, l’umanità.
Anche io avrei voluto sapere qualcosa di più sulla società distopico-degenerata di Sara, chi è lei, i motivi per i quali decide di infierire su un clone umano. Forse è solo annoiata o forse si tratta di altro. Un mondo orribile delineato e ci sono sentori che non siamo molto lontani dall’arrivarci anzi, per molti versi già ci siamo.
Un testo che fa pensare, specie se si è sensibili all’evoluzione, in questo caso regressione, dell’umanità.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: C18

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Ciao @edotarg 

Ci vuole davvero un impegno della volontà per leggere fino al termine, un racconto denso di vivida violenza splatter come questo.
Sei riuscito a creare un clima di estrema, fredda brutalità, che si dipana
con una sadica freddezza dal principio alla fine del racconto.

Devo farti i miei più vivi complimenti, perché benché personalmente mi ritenga un navigato lettore di thriller e horror, e avendo digerito in tanti anni le storie più cruente e sanguinarie di decine di serial killers e quant’altro, la tua storia non sono riuscito a leggerla restando indifferente.
Insomma il racconto deve suscitare emozione e ripugnanza per ciò che la storia racconta, e ci riesce benissimo.
Ci riesce al punto che, per tutta la fase in cui la protagonista si accanisce con inaudito sadismo sulla povera C18, il lettore spera ardentemente che si fermi, che un bagliore di umanità trapeli in lei e si commuova per il dolore e le invocazioni dell’umanissimo androide.
Ma ovviamente questo non avviene e il racconto si conclude col finale più efferato e se vogliamo anche logico, dato che non si tratta sicuramente di una storia morale, dal finale edulcorato con intento consolatorio.
Inutile dirti che il tutto mi pare scritto assai bene, lo stile e asciutto e scorrevolissimo, l’ambiente e i personaggi sono descritti con grande efficacia, quindi non posso che complimentarmi per la stesura e per l’idea che ha generato la storia.
Credo che oltre a me anche il Trantino de "Le iene”, sarebbe rimasto colpito dal clima letale che trapela dalla storia.

Ciao, ancora complimenti e alla prossima.  (y)

Re: C18

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Ciao! 
Do anche io il mio parere : ) 
edotarg ha scritto: «Ti prego, non lo fare!» urlò una giovane donna legata in piedi attorno a un palo, praticamente nuda.
La frase mi pare un po' troppo "tutta d'un fiato". Io la articolerei così: […] urlò una giovane donna legata ad un palo, costretta in piedi, completamente nuda
edotarg ha scritto: Quelle parole interruppero la strana calma che si respirava nella stanza delle armi e sia Sara sia il negoziante si voltarono verso quella donna impaurita.
Io sostituirei la "e" congiunzione con un punto. Non so, col fatto che la stanza era calma mi pare che un ritmo più calmo aiuti a dipingere la scena (anche se  non mi pare molto naturale che una stanza sia "calma" in una situazione del genere. Magari puoi accennare al fatto che il clone era sedato o qualcosa del genre).
edotarg ha scritto: Sono cloni C di diciottesima generazione! La loro struttura genetica è stata aggiornata e perfezionata per ben diciotto volte. Proprio per questo l’esperienza sarà autentica
 Sono un grande fan dello show, don't tell ("mostra, non dire").  Intendo dire che i protagonisti sono entrambi coscienti del fatto che quello al palo sia un clone, per cui mi viene da supporre che il negoziante dia questa spiegazione solo per far capire al lettore che cosa sta succedendo, ma facendo così, a parer mio, mi sembra che lo scambio di battute sia "meno naturale". 
edotarg ha scritto: Sara continuò a osservare curiosa quella bionda legata attorno a un palo. E C18 a sua volta…
1) Non credo sia necessario ripetere che il clone è legato, lo hai detto poche linee prima
2) Sostituirei il punto e la "e" con una semplice virgola. 
edotarg ha scritto:
Sempre meglio evitare i puntini di sospensione (fanno molto "post da Facebook", secondo me). Io li uso (con parsimonia) solamente nei dialoghi. 
edotarg ha scritto: ma se inizi da qua, poi qua,» mentre
[…]ma se inizi da qua, poi qua,» disse/spiegò mentre si indicava…
edotarg ha scritto: La stanza aveva un alto soffitto, più che una stanza sembrava un laboratorio industriale.
La stanza aveva un alto soffito che la faceva sembrare più un laboratorio industriale [o un
edotarg ha scritto: «Sono come te non vedi» aggiunse C18.
«Sono come te, non vedi?/!» (a seconda che sia un'esclamazione o una domanda)
edotarg ha scritto: Alzò lo sguardo verso una piccola tribuna che si affacciava allo spettacolo dietro a un vetro.
Qua non capisco: se mi dici che si affacciava m'immagino che sporga nella stanza, ma se mi dici che è dietro un vetro m'immagino il contrario. 
Io la formulerei così: “Alzò lo sguardo. Da dietro il vetro di una piccola tribuna che si affacciava sul laboratorio, Sara vide…» 
edotarg ha scritto: Poi arrivò la sprangata, tirata con tutta la forza che aveva. La tibia fece lo stesso crack di un ramo secco spezzato. Il ferro si conficcò dentro la carne e al di là dell’osso.
Non sono un fisiatra o cose simili, ma non credo che una sprangata data da una persona dalla forza nella norma abbia questo effetto 
edotarg ha scritto: un nastro adesivo marrone.
Un rotolo di nastro adesivo marrone
edotarg ha scritto: «Perché? Perché lo fai? Ma cosa cazzo sei? Un mostro? Aiuto! Aiutooo
 
Sempre meglio evitare le vocali prolungate, danno un tono pioù "cartoonesco" alla narrazione. E ci può stare, ma mi sa che stride un po' con il tono del racconto. 

Detto questo, sperando che non ti sia offesə per i miei commenti di grammatica, sintassi e quant'altro.

Un piccolo consiglio: sono anche io un grande fan degli horror e delle distopie in generale, e in questo periodo sto divorando Harlan Ellison, che ti straconsiglio se vuoi approfondire i tuoi studi in questo genre. Proprio recentemente è uscita per mondadori la raccolta omnia di tutti i suoi racconto brevi, non so se dire il titolo vada contro le regole del forum o meno, ma se cerchi su internet lo trovi subito, è ultimo suo libro uscito, e a quanto so l'unico con tutti i suoi racconti tradotti in italiano (li trovi sennò sparsi qua e là in antologie o in riviste pubblicate tra gli anni 70 e gli anni 90).

Dopodché, parliamo della trama in sé.
Credo di avere capito cosa intendano dire gli altri utenti, ma non credo sia una mancanza di "mondo di sfondo". Storie brevi come queste sono fatte per essere concluse nell'arco di poche pagine, e a parere mio sono ancora più belle quando capisci che fanno parte di un mondo più vasto ma che l'autore decide di non approfondire (più di tanto). Adoro quando non tutto viene detto e l'autore lascia che sia il lettore ad immaginarsi l'universo in cui si svolgono le vicende. [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Ma ripeto, [/font][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]questo è un mio gusto personale. 
Quello che in mio parere manca è una conclusione che sia il cappello al racconto. Cerco di spiegarmi meglio, trattando il tuo racconto come se fosse il mio.

Se l'avessi scritto io e volessi dare una conclusione "soddisfacente" mi appoggerei a una di due cose, collegate a due elmenti che tu menzioni, e che ti aprono due possibilità di finali diversi.

1) Sara è anche lei un prototipo della serie "C". Di fatto è una versione in beta testing di un C19 e non sa di esserlo. Le viene fatto massacrare un modello precedente per migliorarla ulteriormente, per far sì che la serie 19 abbia in sé anche quella matrice sadistica che è, da come lasci intendere dalla storia, oramai intrinseca nel genere umano, che utilizza i cloni come valvola di sfoglo per le proprie pulsioni più animalesche. In questo caso gli uomini che la guardano non sono altro che un gruppo di scienziati che registrano i risultati dell'esperimento, implementandoli nella produzione.

2) Sara è una "cavia da laboratorio" in una ricerca sull'empatia umana, sui freni inibitori che ci portano ad agire o meno nei confronti di qualcosa che riteniamo umano (c'è una teoria psicologica su questo, ma porca miseria non mi ricordo come si chiami :') ). Hai presente l' Esperimento di Milgram , dove veniva dato il permesso a delle persone di dare una scossa elettrica a dei carcerati "che se lo meritavano"? Ecco, una cosa del genere: in un futuro (prossimo) l'essere umano riterrebbe "umano" un organismo sensiente, identico a sé ma prodotto in laboratorio? Sara potrebbe essre un caso studio per cercare di capire come si comporterebbe l'umanità di fronte ad una situazione simile.


Direi che sono stato fin troppo lungo, e ti chiedo scusa se ti ho annoiatə.
Fammi sapere se i miei commenti ti possono essere d'aiuto.

Zouks [/font]
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