In palestra
Posted: Sat Jun 25, 2022 12:25 pm
Commento a "Identità riciclate" di ioly78
Per contrastare la mia tendenza alla sedentarietà, da qualche settimana mi sono iscritto in palestra. Non è male come routine, riempire il borsone, passeggiare per le vie cittadine, scendere le scale (è in un seminterrato) e farsi inghiottire da un’ora di macchine, pesi e tappetini. Di solito sto sulle mie. Ceno me stesso e non ho molti amici. Perciò, anche in palestra, raramente mi riallaccio a uno dei discorsi che si fanno. Sapete, i discorsi di tutti i giorni, come il prezzo della benzina e la guerra che non vuole finire. Nell’ora in cui vado a esercitarmi, mi trovo spesso a fare gli stessi attrezzi di un signore che avrà grossomodo la mia età (ho trentasei anni), ma che deve fare pesi da tanto tempo, perché è molto grosso, pieno di muscoli. Vedo che porta un foglio che ogni tanto legge con attenzione. Immagino siano gli appunti degli esercizi da fare.
L’altro giorno, il signore, spostando l’asciugamano dalla panca in modo disattento, ha fatto sì che il foglio cadesse verso di me. Mi sono chinato per raccoglierlo e inavvertitamente, ma forse non troppo, ho letto parte del contenuto.
«Grazie» mi ha detto, senza darmi troppa attenzione, riprendendo il foglio in mano, e ha ricominciato coi suoi pesi, lasciandomi lì a invidiarlo un po’ (come sempre) per la sua forma fisica, ma anche interrogandomi su quello che avevo letto sul quel foglio bianco.
Se siete di Ostuni, come me, sapete che non è male passeggiare, dopo un’ora di esercizio fisico, lungo le strade che portano verso le campagne, dove abito. Gl ulivi risplendono della luce del sole di giugno come fossero fatti d’oro, e il tramonto dietro le colline è un languido oceano viola e arancione che fa pensare a un mondo migliore del nostro. So che ci sono persone che non fanno caso al tramonto, ma, ogni tanto, non è male alzare lo sguardo.
Dopo la doccia, mi siedo al computer per rivedere a mente fredda il lavoro del giorno. Eccoci qui: un’altra scena sciatta, un’altra idea trita tirata troppo in lungo, il solito congiuntivo sbagliato. L’uomo è ben poca cosa, qualsiasi cosa faccia. Almeno, io lo sono.
Rigirandomi nel letto, in attesa della gradita visita del dio del sonno, che per gli scrittori fatica sempre ad arrivare, ho ripensato alle frasi di quel foglio di carta.
Così passano le settimane, passano i giorni. Ogni tanto faccio caso a quel signore che in palestra legge da quel foglio di carta, movendo un po’ le labbra, chiedendomi se la mia curiosità sia soltanto professionale, o se i miei non siano che i soliti pensieri oziosi, buoni a rallentare un po’ il ritmo del lavoro.
Per fortuna, o purtroppo, la città è piccola. L’altra sera (questa storia non ha la solito struttura circolare con un finale a effetto) un mio amico è venuto del nord e siamo andati a goderci una passeggiata per il centro pieno di turisti. Siamo finiti alla villa comunale (come noi chiamiamo il parco pubblico), molto affollata per via di un festival di musica. Talenti locali impegnati da cover e pezzi loro. Ci siamo seduti al tavolino del bar per prendere una bibita e contarci i fatti nostri, come gli ultimi libri che abbiamo letto, le nostre opinioni sui grandi eventi, i consigli reciproci per affrontare meglio l’anno che ricomincia a settembre. Mentre bevevo la mia coca, ho visto quel signore dalla palestra spuntare dalla stretta porta del bar della villa. Stretta perché, vestito di tutto punto, fuori dalla palestra, sembrava ancora più grosso. O forse perché, a fare da effetto contrastante, teneva per mano due piccoli bambini, a cui aveva preso il gelato.
Il mio amico s’è accorto che, a questa scena, mi sono commosso un poco. È una persona percettiva.
«Che hai?»
Allora, in barba alla privacy, gli ho spiegato il motivo.
«Quel signore grande. Lo vedo ogni giorno in palestra.»
«È un tuo amico? Andiamo a salutarlo?»
«No, non ci conosciamo veramente.»
«Però qualcosa in lui ti colpisce.»
Sospiro, do un altro sorso e mi rassegno a raccontare la storia.
«Lo vedo sempre in palestra. Porta con sé un foglio spiegazzato con sé, mentre fa gli esercizi.»
«Il programma d’allenamento, vorrai dire?»
«Sì. No. In un certo senso. Ho letto il foglio, per sbaglio. Non volevo farmi i fatti suoi, ma l’ho letto.»
«Che c’era scritto?
«Mi pare il Credo di Nicea. E sicuramente il Padre nostro, l’Ave maria, e credo una di quelle preghiere delgli Alcolisti anonimi.»
«Perciò prega mentre fa palestra?»
«Credo dì sì. Non c’era scritto solo questo però.»
«Che altro?»
«In fondo al foglio, in uno stampatello infantile, c’è la frase: “Per non sbagliare di nuovo.”»
Le persone continuano a muoversi attorno a noi. La nostra conversazione, per un momento, si ferma, ma poi va avanti. Così il mondo.
Per contrastare la mia tendenza alla sedentarietà, da qualche settimana mi sono iscritto in palestra. Non è male come routine, riempire il borsone, passeggiare per le vie cittadine, scendere le scale (è in un seminterrato) e farsi inghiottire da un’ora di macchine, pesi e tappetini. Di solito sto sulle mie. Ceno me stesso e non ho molti amici. Perciò, anche in palestra, raramente mi riallaccio a uno dei discorsi che si fanno. Sapete, i discorsi di tutti i giorni, come il prezzo della benzina e la guerra che non vuole finire. Nell’ora in cui vado a esercitarmi, mi trovo spesso a fare gli stessi attrezzi di un signore che avrà grossomodo la mia età (ho trentasei anni), ma che deve fare pesi da tanto tempo, perché è molto grosso, pieno di muscoli. Vedo che porta un foglio che ogni tanto legge con attenzione. Immagino siano gli appunti degli esercizi da fare.
L’altro giorno, il signore, spostando l’asciugamano dalla panca in modo disattento, ha fatto sì che il foglio cadesse verso di me. Mi sono chinato per raccoglierlo e inavvertitamente, ma forse non troppo, ho letto parte del contenuto.
«Grazie» mi ha detto, senza darmi troppa attenzione, riprendendo il foglio in mano, e ha ricominciato coi suoi pesi, lasciandomi lì a invidiarlo un po’ (come sempre) per la sua forma fisica, ma anche interrogandomi su quello che avevo letto sul quel foglio bianco.
Se siete di Ostuni, come me, sapete che non è male passeggiare, dopo un’ora di esercizio fisico, lungo le strade che portano verso le campagne, dove abito. Gl ulivi risplendono della luce del sole di giugno come fossero fatti d’oro, e il tramonto dietro le colline è un languido oceano viola e arancione che fa pensare a un mondo migliore del nostro. So che ci sono persone che non fanno caso al tramonto, ma, ogni tanto, non è male alzare lo sguardo.
Dopo la doccia, mi siedo al computer per rivedere a mente fredda il lavoro del giorno. Eccoci qui: un’altra scena sciatta, un’altra idea trita tirata troppo in lungo, il solito congiuntivo sbagliato. L’uomo è ben poca cosa, qualsiasi cosa faccia. Almeno, io lo sono.
Rigirandomi nel letto, in attesa della gradita visita del dio del sonno, che per gli scrittori fatica sempre ad arrivare, ho ripensato alle frasi di quel foglio di carta.
Così passano le settimane, passano i giorni. Ogni tanto faccio caso a quel signore che in palestra legge da quel foglio di carta, movendo un po’ le labbra, chiedendomi se la mia curiosità sia soltanto professionale, o se i miei non siano che i soliti pensieri oziosi, buoni a rallentare un po’ il ritmo del lavoro.
Per fortuna, o purtroppo, la città è piccola. L’altra sera (questa storia non ha la solito struttura circolare con un finale a effetto) un mio amico è venuto del nord e siamo andati a goderci una passeggiata per il centro pieno di turisti. Siamo finiti alla villa comunale (come noi chiamiamo il parco pubblico), molto affollata per via di un festival di musica. Talenti locali impegnati da cover e pezzi loro. Ci siamo seduti al tavolino del bar per prendere una bibita e contarci i fatti nostri, come gli ultimi libri che abbiamo letto, le nostre opinioni sui grandi eventi, i consigli reciproci per affrontare meglio l’anno che ricomincia a settembre. Mentre bevevo la mia coca, ho visto quel signore dalla palestra spuntare dalla stretta porta del bar della villa. Stretta perché, vestito di tutto punto, fuori dalla palestra, sembrava ancora più grosso. O forse perché, a fare da effetto contrastante, teneva per mano due piccoli bambini, a cui aveva preso il gelato.
Il mio amico s’è accorto che, a questa scena, mi sono commosso un poco. È una persona percettiva.
«Che hai?»
Allora, in barba alla privacy, gli ho spiegato il motivo.
«Quel signore grande. Lo vedo ogni giorno in palestra.»
«È un tuo amico? Andiamo a salutarlo?»
«No, non ci conosciamo veramente.»
«Però qualcosa in lui ti colpisce.»
Sospiro, do un altro sorso e mi rassegno a raccontare la storia.
«Lo vedo sempre in palestra. Porta con sé un foglio spiegazzato con sé, mentre fa gli esercizi.»
«Il programma d’allenamento, vorrai dire?»
«Sì. No. In un certo senso. Ho letto il foglio, per sbaglio. Non volevo farmi i fatti suoi, ma l’ho letto.»
«Che c’era scritto?
«Mi pare il Credo di Nicea. E sicuramente il Padre nostro, l’Ave maria, e credo una di quelle preghiere delgli Alcolisti anonimi.»
«Perciò prega mentre fa palestra?»
«Credo dì sì. Non c’era scritto solo questo però.»
«Che altro?»
«In fondo al foglio, in uno stampatello infantile, c’è la frase: “Per non sbagliare di nuovo.”»
Le persone continuano a muoversi attorno a noi. La nostra conversazione, per un momento, si ferma, ma poi va avanti. Così il mondo.