La videochiamata (Una storia vera)

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Era metà settembre e da qualche giorno ero rientrata a Fuerteventura.
Con Roberta avevamo concordato di sentirci in videochiamata al mio rientro, perché aveva delle novità importanti. Il lunedì mattina mi ero collegata su Skype, desiderosa di capire.
Lei si collegò dal salotto di casa sua a Malaga. C'era una bella luce che entrava dalla portafinestra che dava sul terrazzo ed era seduta sul tappeto, appoggiata con le spalle al divano. Indossava una vestaglia di seta bianca, e con la luce del giorno la sua pelle chiara sembrava ancora più luminosa.
“Che bello vederti, finalmente! Come stai bene!” esclamò contenta. Aveva i capelli più lunghi dall'ultima volta e glielo feci notare. Annuì e si scostò due ciocche dietro le orecchie, abbassando lo sguardo. Come a volersi giustificare, disse che doveva tagliarli.
“Stai benissimo”.
Abbozzò un sorriso che lasciava trasparire il filo di timidezza che si portava sempre dietro e si rivelava di tanto in tanto.
Mi chiese subito del mio viaggio e io tirai fuori a casaccio qualche frase che racchiudesse il fulcro di quell'esperienza. Cercai di riassumere in poche parole un'esperienza di due mesi e mezzo, in cui con il bambino in spalla avevamo girato mezza Italia, di fattoria in fattoria, lavorando in cambio di ospitalità.
Non era da me, ma non era di me che volevo parlare.
Feci una pausa alludendo che le lasciavo la parola e lei la colse. Si sistemò il cuscino dietro le spalle, che notai solo in quel momento. Spinse in avanti il computer e cercò i miei occhi nello schermo. La fissai a mia volta. Sembrò come se mi prendesse per mano e si sedesse accanto a me.

Roberta era andata in ospedale una mattina, in preda a dei dolori fortissimi alla schiena, all'addome e all'inguine. Erano talmente intensi che non si muoveva più. Era il 20 agosto 2020.
Da anni soffriva di una forte scogliosi, ma il dolore non era mai stato così paralizzante come in quei giorni. In ospedale le avevano dato un forte anestetico e i dolori si attenuarono. Mentre facevano degli accertamenti di routine, restò sdraiata su un lettino provvisorio in Pronto Soccorso. In cuor suo nutriva la speranza di tornare a casa in giornata. Intanto, con dei messaggi su Whatsapp, ci confrontavamo sull'allattamento. Le avevo confessato che ero un po' stanca e con il viaggio che scombussolava la routine, stavo pensando di staccare Aymar dal seno.

ROBERTA: COME TI CAPISCO GRAZIANA! MIGUEL FA UGUALE! SONO IN CRISI ANCHE IO. PERÒ VORREI ASPETTARE ANCORA..NON SONO PRONTA AD AFRONTARE QUESTO LAVORO!

Nel messaggio successivo mi informava che l'avevano ricoverata perché i risultati delle analisi davano dei valori sballati. Il giorno dopo avrebbero eseguito una TAC. Poteva trattarsi di un tumore. Nel frattempo aveva scoperto che i medicinali che le avevano dato erano incompatibili con l'allattamento. Fine. Senza appello. Senza nessun passaggio graduale e rispettoso che aveva sempre immaginato. Era stato un colpo al cuore, mi aveva scritto. Nient'altro. Il carico emotivo delle sue parole aveva cancellato all'improvviso la leggerezza del nostro discorrere, aprendo uno squarcio inaspettato sulla maternità e sulla vita stessa. Sentivo il tumulto che mi cresceva dentro, a voler fuggire quel confronto non richiesto con la malattia e la morte.
Roberta, sdraiata sul lettino del Pronto Soccorso, sola nella stanza bianca e asettica, aveva aspettato molte ore prima di essere accompagnata in reparto. Il pianto, il tremore e il freddo le avevano fatto compagnia per tutto il tempo. Quelle ore erano parse come un'allucinazione, il tempo si era d'improvviso dilatato e i suoi pensieri erano tanto nuovi e tangibili da apparire surreali. A ritroso aveva ripercorso cammini e passaggi variegati, la giovinezza, i turbamenti.
Aveva pensato al suo bambino ininterrottamente, alla possibilità di non vederlo crescere.
Si era confrontata con la vita che a grande velocità sembrava entrare in un tunnel cieco, e con la morte, la possibilità di morire. E tutto era così grande da farle girare la testa. Era stato come morire davvero. Morire e rinascere, morire e tornare, morire per capire la morte. Fredda come il ghiaccio, tremava e piangeva sotto il lenzuolo bianco del suo lettino, senza riuscire a scaldarsi.
In ospedale ci rimase tre giorni.
Debilitata e stanca era tornata a casa con in mano un referto di sospetto tumore.
Si era nascosta da Miguel altri tre giorni, chiusa in taverna, per recuperare le forze. Era stata la parte più difficile. Lo sentiva ridere e piangere, ignaro che la sua mamma fosse tanto vicina da potergli correre incontro. Una tortura che diede per sempre il benvenuto alla malattia.

Re: La videochiamata (Una storia vera)

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Ciao @Graziana :)

Ho letto il racconto e secondo me è da organizzare un po'. Nella prima parte crei aspettativa, introduci due personaggi, ma quasi non li presenti. L'aspettativa sta nel fatto che tu dica al lettore che ci sono grosse novità, che la protagonista vuole ascoltare quanto ha da dire la sua amica. Poi, leggendo, questo si perde, quali sono le novità? Io non le ho colte. In principio pensavo che dovesse dirle del tumore, però poi leggendo si scopre che la protagonista era già informata tramite messaggio.

Il tuo racconto è diviso in due parti, la prima finisce qui:
Sembrò come se mi prendesse per mano e si sedesse accanto a me.
e la trovo più curata della seconda, sei riuscita a mostrarci i luoghi, a stabilire stati d'animo, ci sono luci e colori.
La seconda parte invece è un riassunto di quanto successo prima della chiamata su Skype che apre il racconto. E qui mi torna la domanda sulle novità che non vengono svelate.
Se fossi in te farei una scaletta per punti, cronologica, e poi deciderei come sistemare i fatti che vuoi narrare. Credo che sia una scelta difficilissima quella di raccontare una storia del genere, lo è sempre, figurarsi poi se parli di un'amica. Però, mi sembra di capire che tu stia cercando di scrivere un libro su questa storia, giusto? Per farlo devi prendere le distanze e capire cosa serve alla narrazione e cosa no, stai creando un'opera letteraria, per quanto possa essere una storia vera, la tua intenzione non è quella di scrivere un reportage o un articolo giornalistico.
In bocca al lupo per questa avventura (y)
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https://www.edizionipiuma.com/it/i-disobbedienti/
Linda e la montagna di fuoco

Re: La videochiamata (Una storia vera)

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@Kikki
Grazie mille per la tua risposta e per il tuo tempo.
È colpa mia, non so bene come funziona, sono nuova nel gruppo, e ho preso spunto dalla lunghezza degli altri racconti, tagliando il primo capitolo della mia biografia. Quello che hai letto è un terzo, e immagino bene che non abbia un senso iniziare con la videochiamata e poi non concludere, cosa che invece è poi successa.
Ti volevo chiedere a questo proposito se è possibile secondo te mettere l'intero capitolo, e se nel caso tu fossi disposta a terminare di leggerlo.
Non ti preoccupare se non ne hai voglia.
Sono qui per imparare e conoscere.
E per rispondere alla tua domanda, sì, sto provando a scrivere un libro biografico, e ho pronti per ora una quindicina di capitoli, sono quasi a metà. Giunta a questo punto sono alla ricerca di un confronto esterno, perché non ho nessuno che mi fa da alpha reader o beta reader. Sono qui anche per questo.
Ti ringrazio intanto per il tuo tempo.

Re: La videochiamata (Una storia vera)

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Un racconto che mi ha un po’ confusa. Non per il tema che è chiarissimo, ma per il modo in cui lo hai trattato.
L’inizio parte bene, anche se ci sono alcuni particolari un po’ inutili, (ma l’idea che si debba scrivere solo ciò che è funzionale alla storia è un mio gusto personale) si comprende che c’e un legame fra le due protagoniste e si intuisce che qualcosa cova sotto la cenere. A
Poi parte la narrazione vera e propria e qui sono d’accordo con @Kikki che manchi una struttura organizzativa e che non salti fuori la novità che mi aspettavo, posto che l’amica risulta già al corrente della malattia. Immagino che le novità si riferiscano all’andamento della malattia e delle terapie, ma questo manca nel brano.
Ho capito che si tratta di un frammento di un libro che stai scrivendo, e questo mi contestualizza un po’ di più la situazione.
La scelta di raccontare una storia così drammatica non nel PdV di chi vive il dramma ma in quello della sua amica può essere azzeccata perché mette un minimo di distanza, ma questa distanza va ben gestita e calibrata.
In questa descrizione mi è un po’ mancato il reale approccio al dramma della protagonista, perché viene raccontato più come un antefatto rispetto alla videochiamata presente, e perde di intensità. Pur non volendo essere dei talebani dello show don’t tell, qui lo show manca un po’ troppo, non tanto perché la sofferenza di lei non viene mostrata, quanto perché risulta un po’ lontana, diluita dal fatto di non essere viva e presente, ma posta come un presupposto per qualcosa d’altro.
Capisco che manchino dei passaggi, ho letto che sei a metà libro e quindi è ovvio che quello che ti sto dicendo potrebbe essere totalmente smentito dall’evolversi della storia.
Ti segnalo che hai confuso il termine anestetico con analgesico, perché di solito in pronto è l’analgesico quello che viene somministrato per calmare il dolore.
Feci una pausa alludendo che le lasciavo la parola e lei la colse. Si sistemò il cuscino dietro le spalle, che notai solo in quel momento
Infine questa frase è sbagliata perché sembra che ciò che Graziana nota siano le spalle mentre invece stai parlando del fatto che si sistema il cuscino
Ciao e buona scrittura

Re: La videochiamata (Una storia vera)

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@Graziana siamo tutti qui per imparare, non ti preoccupare per questo e soprattutto non esiste una maniera giusta di scrivere, è personale e rispecchia lo stile dell'autore. L'organizzazione dei contenuti è qualcosa che usi per costruire una trama consequenziale, che abbia una logica e un filo che rende la storia leggibile da parte del lettore.
Qui nel forum puoi pubblicare racconti autoconclusivi da 8000 caratteri nella sezione racconti che è questa dove ci troviamo ora. Poi c'è la sezione racconti lunghi dove puoi pubblicare racconti autoconclusivi da 16000 caratteri. Nella sezione racconti a capitoli puoi pubblicare anche tutto il libro se vuoi, ma suddividendo il testo in pezzi da 8000 caratteri e numerando, per esempio: La videochiamata_Capitolo 1_1/2 e via così.
In questo momento di transizione da un forum all'altro i racconti che erano già stati pubblicati su Writer's Dream possono essere caricati senza commentare, ma di norma per pubblicare un nostro lavoro ne commentiamo un altro in maniera esaustiva. Guarda questo post per avere un'idea dei commenti. Ultima cosa, ogni giorno si pubblica un solo racconto, breve o lungo, o un solo capitolo.
Se invece vuoi sottoporre il tuo romanzo a un beta reader c'è la sezione apposita, la trovi qui. Vedrai che piano piano imparerai a muoverti qui dentro, per ora è tutto nuovo per tutti e sempre in divenire. Se hai bisogno puoi scrivere un messaggio privato così lasciamo la discussione libera per i commenti al tuo racconto :)
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Linda e la montagna di fuoco

Re: La videochiamata (Una storia vera)

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Graziana ha scritto: Cercai di riassumere in poche parole un'esperienza di due mesi e mezzo, in cui con il bambino in spalla avevo avevamo girato mezza Italia, di fattoria in fattoria, lavorando in cambio di ospitalità.
Parli di madre e figlio? Se ho capito bene, il mio consiglio sta nel verbo al singolare.
Graziana ha scritto: Feci una pausa alludendo con sottinteso che le lasciavo la parola e lei la colse.
Preferibile il sottinteso, secondo me.
Graziana ha scritto: Da anni soffriva di una forte scogliosi,
scoliosi
Graziana ha scritto:  ma il dolore non era mai stato così paralizzante come in quei giorni. In ospedale le avevano dato un forte anestetico e i dolori si attenuarono erano attenuati.
Per mantenere lo stesso tempo verbale di inizio frase.
Graziana ha scritto: Le avevo confessato che ero un po' stanca e virgola con il viaggio che scombussolava la routine, stavo pensando di staccare Aymar dal seno.
per aprire l'inciso
Graziana ha scritto: Nel frattempo virgola aveva scoperto che i medicinali che le avevano dato erano incompatibili con l'allattamento.
Graziana ha scritto: Sentivo il tumulto che mi cresceva dentro, a voler fuggire quel confronto non richiesto con la malattia e la morte.
Sentivo il tumulto che mi cresceva dentro voler fuggire ecc.
Il soggetto è il tumulto: è lui che vuole fuggire.
Graziana ha scritto: Roberta, sdraiata sul lettino del Pronto Soccorso, sola nella stanza bianca e asettica, aveva aspettato molte ore prima di essere accompagnata in reparto. Il pianto, il tremore e il freddo le avevano fatto compagnia per tutto il tempo. Quelle ore erano parse come un'allucinazione, il tempo si era d'improvviso dilatato e i suoi pensieri erano tanto nuovi e tangibili da apparire surreali. A ritroso aveva ripercorso cammini e passaggi variegati, la giovinezza, i turbamenti.
Aveva pensato al suo bambino ininterrottamente, alla possibilità di non vederlo crescere.
Si era confrontata con la vita che a grande velocità sembrava entrare in un tunnel cieco, e con la morte, la possibilità di morire. E tutto era così grande da farle girare la testa. Era stato come morire davvero. Morire e rinascere, morire e tornare, morire per capire la morte. Fredda come il ghiaccio, tremava e piangeva sotto il lenzuolo bianco del suo lettino, senza riuscire a scaldarsi.
Qui sopra, sento un salto e una variazione nello stile della narrazione. Da un'amica che parla del rapporto con un'altra amica, qui passi a un narratore esterno che verifica le emozioni di una giovane donna a cui è stato diagnosticato un cancro.
Non so, lo trovo "sbagliato", Preferirei sentire "riferire" le sensazioni vissute da Roberta - in prima persona -  a Graziana. Oppure, per omogeneità, far continuare Graziana a parlare delle vicissitudini che ha saputo dall'amica in un ulteriore scambio telefonico.
Graziana ha scritto: In ospedale ci rimase tre giorni.
Per omogeneità dei tempi verbali, anche qui ti suggerisco:
In ospedale c'era rimasta tre giorni.
Graziana ha scritto: Debilitata e stanca virgola era tornata a casa con in mano un referto di sospetto tumore.
Graziana ha scritto: mer gen 06, 2021 5:40 pmANCORA..NON SONO PRONTA AD AFRONTARE
I puntini di sospensione sono tre, non due. Il verbo è affrontare.

Graziana ha scritto: Si era nascosta da Miguel altri tre giorni, chiusa in taverna
Perché in taverna? Non mi sembra di averne letto, prima.
Graziana ha scritto: Lo sentiva ridere e piangere, ignaro che la sua mamma fosse tanto vicina da potergli poterle correre incontro. Una tortura che diede per sempre il benvenuto alla malattia.
Ti suggerisco, se ho capito bene il concetto, di finire con:
Una tortura che aveva dato inequivocabilmente il benvenuto alla malattia. 

Un frammento di vita vera che, da titolo, dovrebbe condensarsi in una video-chiamata. Motivo in più, secondo me, nel farci convergere anche l'episodio del ricovero che, come ti ho obiettato sopra, hai voluto invece farci raccontare dal narratore esterno.

Grazie della lettura e a rileggerti, @Graziana   :libro:   :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi
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