L'epoca del Radio

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Lara apre la porta ma rimane impietrita sulla soglia senza riuscire a parlare.
«Ciao, Lara.» sorride Edna, che ha già capito. «Che te ne sembra?» le chiede puntando il dito indice verso la testa.
«La mia opinione in proposito te l'ho già espressa il giorno in cui abbiamo fatto la prova.»
«Sì sì, ed è per questo che hai rinunciato a un'ottima paga e a un lavoro patriottico» sghignazza Edna.
«Ma perché ti sei conciata così?» Le chiede sempre più perplessa Lara mentre le fa segno di entrare in casa.
«Non ho tempo, scusami. Stasera esco con James.» Il suo sorriso si apre in una mezzaluna fluorescente che inquieta Lara, «sono passata solo per chiederti un favore: ho detto a mia zia che esco con te stasera. Puoi reggermi il gioco?» La guarda con occhioni imploranti e congiunge le mani sotto il mento in gesto di preghiera.
«Ma te la sei data anche sulle unghie e sui denti? Oh mio Dio, Edna. Ma sei proprio sicura che non sia pericolosa?»
«In fabbrica lo fanno tutte le ragazze. Si dipingono denti, unghie, capelli e abiti per essere visibili anche al buio. Dicono che gli uomini trovano la cosa molto sensuale. Andiamo a ballare il charleston al Blue Rooms, stasera: voglio sorprendere James.»
«Ah, sono sicura che sarà entusiasta di trovarti tutta dipinta!» Esclama con un certo disprezzo Lara.
«Tu sei invidiosa del mio lavoro. E poi è un modo come un altro per essere alla moda: tu ti sei tagliata i capelli alla maschietta e io, invece, mi dipingo col radio. Così stasera James mi vedrà più splendente della luna sulla collina e troverà subito le mie labbra anche al buio.»
Dalla cucina arrivano i ritmi di un pezzo jazz che la radio accesa diffonde nella casa accompagnati da una voce di donna: «È pronta la cena, tesoro. Chiedi a Edna se si ferma con noi?»
«Devo andare a tavola, scusami. Divertiti stasera, mi raccomando» la saluta Lara strizzando l'occhio.
La ragazza guarda il pavimento mentre chiude la porta. Ci si appoggia con la schiena per un attimo, quasi a cercare un sostegno per reagire alla strana sensazione di disagio che le invade lo stomaco: un po' si sente in colpa perché quel lavoro alla Lancet lo aveva proposto lei. Ma qualcosa durante la prova non l'aveva convinta e aveva rinunciato.
Un nuovo richiamo della madre la scuote: dopo più di un anno, se ci fosse stato qualche problema, sarebbe già emerso. Forse il suo istinto si è sbagliato…


«Stamattina ho incontrato Clare sul vialetto mentre entrambe rientravamo dalla spesa.» La madre di Lara rompe il silenzio della famiglia intenta a consumare un piatto di bistecca guarnito con patate e broccoli. «Era tanto che non la incrociavo. Aveva un aspetto strano e trascurato, che non è da lei, e lo sguardo triste. Le ho chiesto cosa non andava e mi ha confessato tra le lacrime che hanno diagnosticato a Florence un terribile tumore alla mandibola: sta malissimo. Certe notizie sono insopportabili. Sono ancora sconvolta.»
Tutti i commensali rimangono con il boccone inforcato a mezz'aria, congelati dalla notizia. Lara sobbalza sulla sedia, sente una saetta al cuore che comincia a rimbalzarle nel petto. «Ma cosa stai dicendo, mamma? Quando?»
«Circa sei settimane fa, mi diceva Clare, a Florence sono caduti due denti. Erano sani ma se li è ritrovati in bocca la mattina, così, dal niente. Il dentista a cui si è subito rivolta le ha cavato altri denti e le ha detto che le sue ossa sono diventate un colabrodo. Secondo lui è colpa della sostanza con cui viene in contatto quando lavora.»
Il radio - pensa con orrore Lara. Era stata proprio Florence a suggerirle di andare a colloquio alla Lancet, dove lei era operaia già da molti mesi: «Il lavoro non è pesante e ben remunerato. Si dipingono i quadranti di orologi e bussole per l'esercito con una sostanza fluorescente. Le mani delle donne, più abituate a lavori di precisione, sono perfette per manovrare quei piccoli pennelli e così, anche noi femmine possiamo aiutare la patria.» Le aveva detto orgogliosa.
Lara aveva colto in quella proposta l'occasione per sentirsi emancipata. In quel periodo i movimenti femministi chiedevano a gran voce più diritti e lei, come molte sue coetanee, non era insensibile a quel nuovo modo di pensare. Avere un lavoro, quasi come un uomo, l'avrebbe fatta sentire più adulta. Così ne aveva parlato a Edna, perché la sapeva in difficoltà economiche, e insieme erano andate a fare la prova.
Le aveva accolte un giovane impostato e serio. «Il radio è stato scoperto circa venti anni fa dai coniugi Curie. La nostra azienda ha subito intuito la sua utilità e l'ha messa al servizio dell'esercito che, nel recente conflitto appena concluso, è stato aiutato nelle sue missioni vincenti dai nostri prodotti fluorescenti.» Si impettì con le mani in tasca per concludere con una frase che era abituato a ripetere di continuo «Il radio è una sostanza moderna e all'avanguardia. Adesso vi chiamo il caporeparto che vi accompagnerà in produzione.»
Apparve un uomo di mezza età piuttosto bruttino: basso e grassoccio aveva una strana alopecia e pochi capelli spettinati che sembravano voler fuggire dai grossi occhiali protettivi. Sotto una camicia bianca maldestramente abbottonata usciva una strana placca metallica. Subito Edna chiese cosa fosse e l'uomo, senza nemmeno guardare la ragazza, si affrettò ad abbottonarsi e coprire il tutto. La domanda cadde nel dimenticatoio, travolta dall'entusiasmo e dalla curiosità delle amiche, che per la prima volta entravano in una fabbrica.
Lunghi banconi in fila ospitavano numerose operaie intente a spennellare i quadranti.
«Il lavoro di per sé è semplice: servono, però, pazienza e precisione. Venite che vi faccio mostrare da qualcuno come si deve fare.» Disse il caporeparto che sembrava riluttante a entrare nello stanzone.
Picchiettò sulla spalla di una ragazza piuttosto giovane la esortò a spiegare i passaggi. «Bisogna dipingere qui, qui e qui. Dopo tre pennellate la punta del pennello si sfalda, per cui la dovete umettare con le labbra e rendere di nuovo appuntita aiutandovi con la lingua. Ecco, così» e mostrò loro il gesto preciso e delicato.
«Cioè dobbiamo ciucciare il pennello sporco di vernice?» chiese un po' disgustata Lara «Non mi sembra molto igienico…»
«Signorina, a noi sta a cuore la salute delle operaie. Stia pur certa che non viene chiesto di fare qualcosa che può loro nuocere. In ogni caso il giro è finito, vi accompagno fuori.»
Fu allora che Lara si accorse che l'uomo, non solo indossava una strana corazza di metallo sotto la camicia e dei grossi occhialoni da saldatore, ma usava dei guanti spessi per toccare tutto ciò che lo circondava.
«Voglio cominciare domani!» aveva esordito Edna una volta venuta a conoscenza del salario. Lara aveva provato a spiegare i suoi dubbi all'amica, ma senza successo. Anzi questa loro divergenza di opinioni le aveva allontanate per un po'.

«Florence peggiora di giorno in giorno.» continua la madre con voce commossa. «Ormai ha bisogno della sedia a rotelle perché le sue gambe non la reggono più.» Cerca di ricomporsi tirando un lungo sospiro. Il marito, con gli occhi colmi di tristezza, le poggia una mano sulla spalla. La donna si fa forza e prosegue: «Il medico sostiene che il radio le ha intossicato tutto l'organismo. Forse anche lo svenimento che ebbe durante la messa di Natale, vi ricordate, potrebbe essere stato uno dei primi sintomi. Insomma i Flaunders voglio intentare causa alla Lancet che non ha messo al corrente le operaie dei rischi del radio ma per ora, dopo aver consultato già quattro legali, non ne hanno ancora trovato uno disposto a far guerra a un colosso industriale. Meno male Lara che tu non hai accettato.»
Lara non ce la fa più e si alza dalla sedia di scatto: corre ad abbracciare la madre per piangere sulla sua spalla. Sa che dovrà avvisare Edna il prima possibile, non vuole rischiare la salute di un'altra amica.

Re: L'epoca del Radio

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Ciao, @Talia, è un piacere ritrovare qualcosa di tuo tra i costruttori di mondi e spero di lasciarti un commento all'altezza.
Ricordo che avevi postato questo racconto sul WD, ma ricordo che non l'avevo commentato; quindi ricomincio da zero e ti lascio un'impressione. Ammetto di non aver cercato il riferimento sul web perché so che la storia della prima metà del '900 è piena di fatti drammatici sui quali documentarsi (anche solo per non ripetersi in futuro), ma spesso è anche difficile farlo. E credo che questo sia anche uno di quei casi, quindi perdonami se commento il tuo racconto... come racconto.
In questi momenti di malinconia (personale, forse collettiva visto il periodo), questo racconto dà una grande spinta emotiva. Un racconto di rovina - non trovo parole migliori - in cui una situazione, in un certo senso già scritta, degrada passando per la fine dei personaggi coinvolti. Perché è questo che, in fondo, si percepisce e tale malinconia traspare anche tra le righe mentre il mondo va avanti come se nulla fosse. Un ciclo a cui ci si è abituati: le persone si ammalano e muoiono, vengono assunte altre persone.
Però sono persone e forse è questo che è sempre stato dato per scontato nel corso dei secoli. Gli schiavi che costruivano le piramidi, gli schiavi-rematori dell'antica Grecia, i soldati tardoimperiali romani che combattevano tra loro a nome di chi voleva il potere, le scarse attenzioni sul lavoro di fronte all'esigenza di produzione (e non parlo solo del tuo racconto). Talvolta mi credo se siamo veramente migliorati da questo punto di vista e credo di sì o almeno lo spero.
In tutto questo, il tuo racconto si snoda tra la situazione e i protagonisti che la vivono e che cercano di porre rimedio prima dell'irreparabile, magari senza riuscirci perché tanto sarà così. Forse percepisco questo perché il lettore sono io, magari un lettore meno negativo vede il segnale di speranza e lo prende come tale.

Ti chiedo scusa perché più che un commento credo di averti depresso il racconto. :rolleyes:
Ti auguro un buon fine settimana.
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: L'epoca del Radio

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@Talia mi è piaciuto molto leggere questo tuo racconto. Ne ho scritto uno sul medesimo argomento qualche anno fa. Adoro quel periodo storico. Sono una fan di Marie Curie e la storia delle ragazze del radio mi ha fortemente commossa.
Purtroppo queste ragazze erano più o meno vittime inconsapevoli un po’. Perché davvero all’epoca non si conoscevano gli effetti della sostanza e anzi era ritenuta curativa, un po’ perché chi li conosceva ha sempre messo avanti gli interessi economici rispetto a quelli della salute. Specie delle donne.
Il racconto per come lo hai strutturato mi lascia qualche perplessità. Non ho vissuto l’atmosfera che mi sarei aspettata. La guerra, il lavoro sottopagato le donne in attesa dei compagni. L’episodio è purtroppo storia vera e meritava un po’. Di respiro in più . Il racconto delle deformità ė relegato a una descrizione e non si percepisce tanto la drammacità.
Scusami. Mi ė piaciuto lo spunto, ma la realizzazione meritava più attenzione e più battute. Opinione personale.❤️

Re: L'epoca del Radio

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Ciao @Talia
la settimana. Si. Il gioco della settimana.
Si saltava da un numero all'altro dopo aver lanciato il sassolino.
Ho letto l' indice di un racconto. Punto1, punto 2, 3 ecc. ecc.
Le bambine ci sono ma non giocano.
Sembrano immobili. Soffocate dalle intenzioni. Sassi.
Credo ci voglia più movimento.
Grazie per aver condiviso.

"Si è protetti solo dai propri sogni, quelli che non si realizzano mai".
Atlab
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