[Lab1] Ictiofobia
Posted: Sat May 14, 2022 3:25 pm
ICTIOFOBIA
Mentre lavo con cura le mani, una bella donna mi si affianca nello specchio. Avrà più meno i miei anni; stiro le labbra nel vago saluto da toilette di un locale, lei parla mentre realizzo chi è.
«Mi riconosci? Dal tavolo non ero sicura, poi il tuo tragitto nella sala mi ha tolto il dubbio: sei Gemma!»
«Sì. E tu Sara. Scusami, ero distratta.»
«Meno male, non trovavo contatti; il tuo profilo è fermo - fa con aria di rimprovero – altrimenti saresti nel gruppo.»
«Quale?» Il consueto attimo d’angoscia precede il ricordo.
«Non qui e ora» mostra il cellulare. Le do il numero: che altro potrei fare?
«C’è qualcuno con te?» esordisce la sera dopo.
«Ho divorziato, non ho figli e vedo poca gente. Ti sei informata, no?»
«Certo. Anch’io, ma ho un figlio. Siamo il gruppo... dell’acquario, mi capisci?»
«Sì. Ma non voglio entrarci, starei peggio.»
«No, meglio! E abbiamo bisogno di te. Hai promesso e ci pensi ancora, non negarlo: ora si può.»
«Non ci credo, lasciami in pace.»
Sto per chiudere, ma quasi mio malgrado chiedo: «Cosa dovrei fare?»
«Chiamarlo. Reciti in una filodrammatica, giusto? E sei brava, Andreina è venuta a vederti.»
«Ci sono tutte? Cosa fanno?»
«Te lo racconto dopo. Sì, tutte quelle della promessa. Magari sarà toccato ad altre, ma a noi non l’hanno detto, oppure -risatina amara – privilegiava le più fighe!»
L'appuntamento è alle sei, in una piccola libreria ai Banchi Vecchi. Arrivo un po’ prima e Sara non c’è ancora, mi accoglie Andreina. Alta e dritta, l’aria vagamente militaresca un po’ accentuata; non mi sorprende che abbia assunto la leadership. Tra banchi e scaffali, ci mescoliamo ai clienti che sfogliano libri.
«Partecipavo a un gruppo di lettura – spiega lei sottovoce- hanno un baretto nel seminterrato. Di martedì non c'era mai nessuno. Manlio, il commesso, scendeva giusto un attimo. La nuova si chiama Vania.»
Andreina le si accosta: «Le altre amiche arriveranno tra poco. Ci riuniamo per scegliere il primo giallo. Ne leggeremo uno al mese: presi qui, ovvio.»
«Siamo appassionate - aggiungo di rincalzo - il gruppo è dedicato al genere.»
La ragazza annuisce compiaciuta e ci accompagna di sotto, sento un lieve odore di muffa: «Il campanello è qui, suonate per ordinare.»
«I manifesti dei film d'epoca alle pareti credo siano gli stessi – dice Andreina- mentre quello non c’era.» Sul grande schermo cantanti muti si dimenano facendo smorfie.
Paola e Federica arrivano insieme. Sono entrambe alte, la commercialista è rimasta magra, più in carne la ministeriale. A brevi intervalli seguono Sara, Lucia e Ada. Lo specchio ci riflette: ancora piacenti, un che di cupo nello sguardo.
«Ci siamo riavvicinate -spiega Federica a mio beneficio- quando su facebook, corso di economia del ‘98, è nata una discussione sugli acquari: graditi a molte, con foto e consigli sul cibo dei pesci. Noi sette ne abbiamo ribrezzo.»
«Non ne ho mai visitato uno con le figlie» dice Paola.
«Giro alla larga anche dalla vasca dei pesci al ristorante» dichiaro. Sara mi strizza l’occhio.
«Ho metabolizzato meglio – spiega Ada- evito la vicinanza.»
«Il capo ne ha uno e talvolta ci invita a cena, mi fingo distratta se mostra la betta splendens o il pesce angelo» conclude Andreina.
Rientriamo subito in sintonia, come se ci fossimo frequentate in tutti questi anni. Lucia, dirigente telefonica, consegna a ognuna una scheda anonima, così d'ora in poi potremo tenerci in contatto.
Ed è lei a rievocare la promessa.
«Temevo di essere incinta, ricordate? Quando siete venute per il compleanno, non ce l’ho fatta a tacere, così ci siamo confidate e abbiamo promesso. Sono passati tanti anni, ma nessuna ha dimenticato!» Negli occhi chiari scorgo un lampo d’odio.
«Li guardate gli oroscopi?» chiedo dopo un buon minuto di silenzio.
«Mi fanno senso quasi quanto gli acquari» rabbrividisce Federica.
«Li evito quando leggo i giornali» dice Paola.
«Non ci credo, sia chiaro, - interviene Sara - ma da allora li consulto in modo compulsivo.»
«Diceva anche a voi “oggi il mio oroscopo prevede un giorno fortunato” quando entravate nel suo studio?» s’informa Ada.
La scena mi si presenta vivida alla memoria: «Aveva davanti la mia cartellina e tutto contento esclamò: “Ma guarda, sei proprio dell'Acquario”.»
È il caso di ordinare, Andreina suona il campanello. Mentre Vania ci mette davanti bibite e salatini ci consultiamo sul giallo da scegliere. Federica propone Rancore di Carofiglio, siamo tutte d'accordo. Di sopra ce n'è una pila in mostra, la ragazza sorride.
«Se l'aspettava - commenta Sara - Adatto, si fanno i conti con il passato.»
Finalmente riusciamo a parlarne, del passato, ed è incredibile quanto mi giovi. Di sicuro anche alle altre, basta guardarle. Decidiamo il da farsi, non ci riesce difficile.
«Niente messaggistica, si capisce, e telefonate brevi» raccomanda Lucia.
Non avrei mai pensato di usare così i miei anni di teatro. Mi sento determinata e pronta a onorare la promessa.
“Sono stagista presso la società GoodInvest, vorrei alcuni chiarimenti sulla sua teoria della massimizzazione del profitto” ho detto con voce giovanile e seducente. Lui non ha controllato, visto che mi riceverà.
«Ottimo lavoro -dice Andreina - Quando?»
«Ho proposto il giovedì pomeriggio, se per lui andava bene. Affermativo.»
«Ovvio: il domestico è fuori. L'età non gli ha fatto cambiare abitudini. Vengo anch'io, s'intende.»
«Certo, da sola non sarei capace, capirà in fretta che non sono una ragazza.»
Mi rassicura: «Pochi minuti, poi faremo entrare le altre.»
Quando apre la porta, la sua faccia esprime lo sconcerto previsto. Lo spingiamo dentro e richiudiamo. Ancora in forma per i suoi settant'anni, penso, mentre protesta, più sorpreso che intimorito. Non sembriamo stagiste, ma neppure abbiamo l’aria di delinquenti.
«Che volete?» indietreggia nel soggiorno dove fa bella mostra di sé un grande acquario con tanti pesci multicolori.
«Non ho soldi o cose di valore in casa...» ha deciso che siamo lì per rubare.
Due tocchi leggeri alla porta. Le altre entrano in gruppo, lo circondiamo; il cattedratico ora boccheggia, del tutto spiazzato.
«Si metta comodo, prof, qui in poltrona, davanti al suo bellissimo acquario» dice Sara.
«Come vi permettete? Chiamo la polizia…»
«No, ora capirà tutto» fa Andreina, sospingendolo con decisione.
Comincia davvero a spaventarsi: si trova in casa sette pazze pericolose, cosa fare?
«Quello del suo studio era più piccolo» dice Paola.
«C'erano molti pesci piccoli e due grandi, azzurri e gialli. Tutte li abbiamo guardati mentre ci violentava» precisa Federica.
E ognuna espone in tono piatto la sua pena.
«Mio marito si è separato dopo un anno, sono frigida.»
«Vado con chiunque, non so rifiutarmi.»
Lui farfuglia qualcosa. “È paonazzo, gli verrà mica un infarto?” mi chiedo preoccupata.
«Ho spesso attacchi di panico.»
«Provo ansia per le mie figlie, così le tormento.»
«Sono affetta da rupofobia, mi lavo di continuo»
«Mi spaventa uscire da sola, potrebbero aggredirmi.»
«Dormo malissimo, ho incubi ricorrenti.»
Il professore si è ripreso: «Allora siete state zitte, ora volete denunciarmi? Perché va di moda?» indica il televisore.
“È un porco razionale” mi dico con tristezza. “Non potevamo allora, era il nostro relatore, e neppure adesso. Siamo donne qualunque, con lavori e magari famiglie da tutelare, non attrici o cantanti.”
«No, abbiamo deciso altrimenti» rispondo.
Tolte le giacche, restiamo tutte in maniche corte. Due lo imbavagliano veloci con la sciarpa, lui tenta di alzarsi, siamo in troppe perché riesca a sfuggirci: vincendo la repulsione lo cacciamo scalciante nell'acquario. Bisogna tenerlo sotto un bel po' prima che smetta di agitarsi.
Diversi pesci sono rimasti schiacciati, gli altri nuotano indifferenti.
Andreina recupera la sciarpa e la strizza, in borsa ha una bustina di plastica. Rassettiamo i vestiti, controllandoci a vicenda.
«Non si nota il bagnato, abbiamo poco da camminare» rassicura Sara. Le due macchine sono parcheggiate nei pressi.
«Buttate subito le SIM» dice Lucia.
“Soffriremo ancora di ictiofobia?” mi chiedo.
Mentre lavo con cura le mani, una bella donna mi si affianca nello specchio. Avrà più meno i miei anni; stiro le labbra nel vago saluto da toilette di un locale, lei parla mentre realizzo chi è.
«Mi riconosci? Dal tavolo non ero sicura, poi il tuo tragitto nella sala mi ha tolto il dubbio: sei Gemma!»
«Sì. E tu Sara. Scusami, ero distratta.»
«Meno male, non trovavo contatti; il tuo profilo è fermo - fa con aria di rimprovero – altrimenti saresti nel gruppo.»
«Quale?» Il consueto attimo d’angoscia precede il ricordo.
«Non qui e ora» mostra il cellulare. Le do il numero: che altro potrei fare?
«C’è qualcuno con te?» esordisce la sera dopo.
«Ho divorziato, non ho figli e vedo poca gente. Ti sei informata, no?»
«Certo. Anch’io, ma ho un figlio. Siamo il gruppo... dell’acquario, mi capisci?»
«Sì. Ma non voglio entrarci, starei peggio.»
«No, meglio! E abbiamo bisogno di te. Hai promesso e ci pensi ancora, non negarlo: ora si può.»
«Non ci credo, lasciami in pace.»
Sto per chiudere, ma quasi mio malgrado chiedo: «Cosa dovrei fare?»
«Chiamarlo. Reciti in una filodrammatica, giusto? E sei brava, Andreina è venuta a vederti.»
«Ci sono tutte? Cosa fanno?»
«Te lo racconto dopo. Sì, tutte quelle della promessa. Magari sarà toccato ad altre, ma a noi non l’hanno detto, oppure -risatina amara – privilegiava le più fighe!»
L'appuntamento è alle sei, in una piccola libreria ai Banchi Vecchi. Arrivo un po’ prima e Sara non c’è ancora, mi accoglie Andreina. Alta e dritta, l’aria vagamente militaresca un po’ accentuata; non mi sorprende che abbia assunto la leadership. Tra banchi e scaffali, ci mescoliamo ai clienti che sfogliano libri.
«Partecipavo a un gruppo di lettura – spiega lei sottovoce- hanno un baretto nel seminterrato. Di martedì non c'era mai nessuno. Manlio, il commesso, scendeva giusto un attimo. La nuova si chiama Vania.»
Andreina le si accosta: «Le altre amiche arriveranno tra poco. Ci riuniamo per scegliere il primo giallo. Ne leggeremo uno al mese: presi qui, ovvio.»
«Siamo appassionate - aggiungo di rincalzo - il gruppo è dedicato al genere.»
La ragazza annuisce compiaciuta e ci accompagna di sotto, sento un lieve odore di muffa: «Il campanello è qui, suonate per ordinare.»
«I manifesti dei film d'epoca alle pareti credo siano gli stessi – dice Andreina- mentre quello non c’era.» Sul grande schermo cantanti muti si dimenano facendo smorfie.
Paola e Federica arrivano insieme. Sono entrambe alte, la commercialista è rimasta magra, più in carne la ministeriale. A brevi intervalli seguono Sara, Lucia e Ada. Lo specchio ci riflette: ancora piacenti, un che di cupo nello sguardo.
«Ci siamo riavvicinate -spiega Federica a mio beneficio- quando su facebook, corso di economia del ‘98, è nata una discussione sugli acquari: graditi a molte, con foto e consigli sul cibo dei pesci. Noi sette ne abbiamo ribrezzo.»
«Non ne ho mai visitato uno con le figlie» dice Paola.
«Giro alla larga anche dalla vasca dei pesci al ristorante» dichiaro. Sara mi strizza l’occhio.
«Ho metabolizzato meglio – spiega Ada- evito la vicinanza.»
«Il capo ne ha uno e talvolta ci invita a cena, mi fingo distratta se mostra la betta splendens o il pesce angelo» conclude Andreina.
Rientriamo subito in sintonia, come se ci fossimo frequentate in tutti questi anni. Lucia, dirigente telefonica, consegna a ognuna una scheda anonima, così d'ora in poi potremo tenerci in contatto.
Ed è lei a rievocare la promessa.
«Temevo di essere incinta, ricordate? Quando siete venute per il compleanno, non ce l’ho fatta a tacere, così ci siamo confidate e abbiamo promesso. Sono passati tanti anni, ma nessuna ha dimenticato!» Negli occhi chiari scorgo un lampo d’odio.
«Li guardate gli oroscopi?» chiedo dopo un buon minuto di silenzio.
«Mi fanno senso quasi quanto gli acquari» rabbrividisce Federica.
«Li evito quando leggo i giornali» dice Paola.
«Non ci credo, sia chiaro, - interviene Sara - ma da allora li consulto in modo compulsivo.»
«Diceva anche a voi “oggi il mio oroscopo prevede un giorno fortunato” quando entravate nel suo studio?» s’informa Ada.
La scena mi si presenta vivida alla memoria: «Aveva davanti la mia cartellina e tutto contento esclamò: “Ma guarda, sei proprio dell'Acquario”.»
È il caso di ordinare, Andreina suona il campanello. Mentre Vania ci mette davanti bibite e salatini ci consultiamo sul giallo da scegliere. Federica propone Rancore di Carofiglio, siamo tutte d'accordo. Di sopra ce n'è una pila in mostra, la ragazza sorride.
«Se l'aspettava - commenta Sara - Adatto, si fanno i conti con il passato.»
Finalmente riusciamo a parlarne, del passato, ed è incredibile quanto mi giovi. Di sicuro anche alle altre, basta guardarle. Decidiamo il da farsi, non ci riesce difficile.
«Niente messaggistica, si capisce, e telefonate brevi» raccomanda Lucia.
Non avrei mai pensato di usare così i miei anni di teatro. Mi sento determinata e pronta a onorare la promessa.
“Sono stagista presso la società GoodInvest, vorrei alcuni chiarimenti sulla sua teoria della massimizzazione del profitto” ho detto con voce giovanile e seducente. Lui non ha controllato, visto che mi riceverà.
«Ottimo lavoro -dice Andreina - Quando?»
«Ho proposto il giovedì pomeriggio, se per lui andava bene. Affermativo.»
«Ovvio: il domestico è fuori. L'età non gli ha fatto cambiare abitudini. Vengo anch'io, s'intende.»
«Certo, da sola non sarei capace, capirà in fretta che non sono una ragazza.»
Mi rassicura: «Pochi minuti, poi faremo entrare le altre.»
Quando apre la porta, la sua faccia esprime lo sconcerto previsto. Lo spingiamo dentro e richiudiamo. Ancora in forma per i suoi settant'anni, penso, mentre protesta, più sorpreso che intimorito. Non sembriamo stagiste, ma neppure abbiamo l’aria di delinquenti.
«Che volete?» indietreggia nel soggiorno dove fa bella mostra di sé un grande acquario con tanti pesci multicolori.
«Non ho soldi o cose di valore in casa...» ha deciso che siamo lì per rubare.
Due tocchi leggeri alla porta. Le altre entrano in gruppo, lo circondiamo; il cattedratico ora boccheggia, del tutto spiazzato.
«Si metta comodo, prof, qui in poltrona, davanti al suo bellissimo acquario» dice Sara.
«Come vi permettete? Chiamo la polizia…»
«No, ora capirà tutto» fa Andreina, sospingendolo con decisione.
Comincia davvero a spaventarsi: si trova in casa sette pazze pericolose, cosa fare?
«Quello del suo studio era più piccolo» dice Paola.
«C'erano molti pesci piccoli e due grandi, azzurri e gialli. Tutte li abbiamo guardati mentre ci violentava» precisa Federica.
E ognuna espone in tono piatto la sua pena.
«Mio marito si è separato dopo un anno, sono frigida.»
«Vado con chiunque, non so rifiutarmi.»
Lui farfuglia qualcosa. “È paonazzo, gli verrà mica un infarto?” mi chiedo preoccupata.
«Ho spesso attacchi di panico.»
«Provo ansia per le mie figlie, così le tormento.»
«Sono affetta da rupofobia, mi lavo di continuo»
«Mi spaventa uscire da sola, potrebbero aggredirmi.»
«Dormo malissimo, ho incubi ricorrenti.»
Il professore si è ripreso: «Allora siete state zitte, ora volete denunciarmi? Perché va di moda?» indica il televisore.
“È un porco razionale” mi dico con tristezza. “Non potevamo allora, era il nostro relatore, e neppure adesso. Siamo donne qualunque, con lavori e magari famiglie da tutelare, non attrici o cantanti.”
«No, abbiamo deciso altrimenti» rispondo.
Tolte le giacche, restiamo tutte in maniche corte. Due lo imbavagliano veloci con la sciarpa, lui tenta di alzarsi, siamo in troppe perché riesca a sfuggirci: vincendo la repulsione lo cacciamo scalciante nell'acquario. Bisogna tenerlo sotto un bel po' prima che smetta di agitarsi.
Diversi pesci sono rimasti schiacciati, gli altri nuotano indifferenti.
Andreina recupera la sciarpa e la strizza, in borsa ha una bustina di plastica. Rassettiamo i vestiti, controllandoci a vicenda.
«Non si nota il bagnato, abbiamo poco da camminare» rassicura Sara. Le due macchine sono parcheggiate nei pressi.
«Buttate subito le SIM» dice Lucia.
“Soffriremo ancora di ictiofobia?” mi chiedo.