[MI 168] Tre sorelle
Posted: Sun May 08, 2022 11:30 pm
Traccia di mezzogiorno: Dentro il quadro.
Commento
Commento
Ipazia, Cunegonda e Sofonisba si destarono quasi in contemporanea. Le luci attorno si accesero in sequenza, la sala era quella di sempre. Non cambiava mai nulla nello scenario circostante, eppure ogni fase di luci accese portava qualcosa di diverso. Ipazia era quella che, delle tre, attendeva i cambi di luce con aspettativa maggiore. Forse perché era la più piccola e, come tale, aveva conservato un senso di innocenza incompiuta dentro di sé.
«Chissà da cosa cominceranno oggi» sibilò rivolta alle altre. Le tre sorelle erano legate anche dallo stesso modo di pronunciare le esse, sibilando più del necessario. Niente di strano, se si pensava al loro aspetto.
«Fai ogni giorno lo stesso discorso» ribatté Sofonisba, che si distingueva perché era un po' più dritta delle altre e forse per questo si dava più arie del necessario.
«Io scommetto che ci beccheremo una scuola». Cunegonda invece era più accomodante, di solito. Del resto era la più grande, e se lo poteva permettere.
«Per me invece ci tocca la gita del circolo anziani».
Cunegonda rise stretta.
«Quelli che cercano subito il posto a sedere e non fanno altro che criticarci?»
«Proprio quelli. Ah, non sai quante gliene direi. Se solo potessi farlo».
«Eh, già. Per fortuna non vengono sempre, a ogni cambio di luce».
«Oggi però è quel giorno» le interruppe Sofonisba.
«Quale?»
«Quello del rumore... lo sapete. Quello strano bin bon ban, o din don dan, o roba simile».
«Oh, no» sibilò Ipazia «di nuovo?»
«Eh, sì».
«Che fastidio. Troppi bipedi, sempre. E poi, non so, a me sembrano tutti stupidi».
«Non è vero. Il pittore non era stupido».
«Hai ragione. Il pittore ci voleva bene».
Le tre sorelle sospirarono languide al ricordo del pittore. Il momento della loro creazione era stato un impeto fugace, un'emozione intensa. Brevissima, eppure, anche se sapevano di non essere le uniche, erano convinte che il pittore le amasse più di tutte le altre. Sofonisba fu la prima a riscuotersi, come sempre. Le luci erano tutte accese e i bipedi in uniforme attorno a loro si stavano animando.
«Oh, no».
«Che succede?» domandò Ipazia.
«Avete perso la scommessa. Ci sono i primi bipedi».
«E quindi?»
«Aspetta e saprai».
«Certo, non facciamo altro. Mai una volta che ci portino in giro da qualche parte».
«Insomma, che bipedi sono?» chiese Cunegonda.
«I peggiori».
In quel momento cinque turisti tedeschi, rossi e gonfi come otri, si piazzarono davanti a loro. Uno rise, tre assunsero un'espressione schifata, il quinto piazzò il faccione rubicondo esattamente davanti a Sofonisba.
«Nein, herr. Die alarm» il bipede in uniforme dalla voce stridula lo richiamò all'ordine. Il turista bofonchiò qualcosa di incomprensibile e si ritrasse. Le tre sorelle sibilarono di sollievo.
«Questi non capiscono niente» si pavoneggiò Ipazia.
«Certo. Quelli con i cosi bianchi lì in basso non capiscono mai niente» sospirò Cunegonda amareggiata.
«Zitte. Chissà cosa raccontano questa volta».
La comitiva in sandali e calzini bianchi fece capannello intorno a un giovanotto bruno che, con voce stentorea e in buon tedesco, iniziò a illustrare la vita e la carriera di Lucio Fontana. Anche se le tre sorelle non capivano cosa venisse detto, cercarono di interpretare i suoni e gli accenti.
«Per quanto riguarda in particolare quest'opera, il cui titolo è “Concetto spaziale/Attese”, posiamo notare vari elementi. La domanda principale è però sempre la stessa: perché Fontana decideva di praticare questi tagli, tre come potete vedere, sulle tele? E perché sceglieva di volta in volta tele bianche o colorate, blu in questo caso? Qualcuno di voi lo sa?»
La guida tacque e le sorelle capirono che stava aspettando che qualcun altro proseguisse il discorso. La sala piombò in un silenzio imbarazzato.
«Era arrabbiato?» scherzò uno di quei bipedi. Tutti gli altri risero emettendo suoni grossolani.
«Ti sbagliavi» sibilò Ipazia «questi sono peggio del solito».
«Che fastidio! Non li sopporto quando fanno così» si irritò Cunegonda.
L'unica a tacere era Sofonisba, persa di nuovo nei ricordi della loro creazione.
«Se lui fosse qui...»
«Già».
«Ma tornerà, vero? Ce l'aveva promesso».
Ipazia credeva ancora che il pittore sarebbe tornato a prenderle. Non a caso, era la più piccola.
Le altre tacquero, per non toglierle l'illusione. Lo sapevano, loro, che i momenti di luce da quando lui se n'era andato erano troppi perché potesse succedere.
La comitiva si spostò in un'altra sala del museo.
Le tre sorelle sibilarono di sollievo.
E attesero ancora.