[MI 167] L'uomo con le molliche di pane
Posted: Sun Apr 24, 2022 10:39 pm
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Traccia di mezzanotte: la perdita
Ciò che è stato
non sarà mai perso
Occhi azzurri, testa rasata, labbra carnose, orecchie grandi, corpo possente.
Si presentava così, Carmine.
Camminava con passo leggero guardandosi attorno.
Salutava chiunque incrociasse e tutti ricambiavano cordialmente.
Girava con le tasche piene di molliche di pane, per donarle. Non esisteva essere vivente a cui non erano gradite: piccioni, formiche, papere, conigli, galline, cavalli, carpe e caprette, anche se queste ultime mangiavano qualunque cosa.
Dava amorevolmente le sue briciole esaurendole in breve tempo, ed ogni giorno indossava indumenti con tasche più grandi, per soddisfare maggiormente l'appetito dei suoi amici.
Ma non bastavano mai: al primo vorace ospite, se ne aggiungevano all'istante tutti gli altri, attratti da quell'istinto primario.
Appena metteva piede in strada si creava una fila al suo seguito. Passerotti che, come colibrì, levitavano all'altezza delle sue tasche per becchettare qualche mollica con successo. Starnazzi, cinguettii, belati e nitriti creavano una colonna sonora animalesca, tutti a seguire quel S. Francesco dei tempi moderni, alla quale si aggiungevano i cani di tutto il paese.
Inizialmente Carmine, persona sensibile e riservata, auspicava che questa sua propensione passasse inosservata; non rappresentava solo un atto di generosità, ma evidenziava un'attitudine, una sensibilità, un'empatia verso gli altri esseri viventi.
Le signore affacciate alle finestre vedevano con tenerezza quell'omone e la corte al suo seguito.
Un'innocua abitudine per un'innocua persona.
Riscuoteva la simpatia di tutto il paese e i panettieri gli riservavano sacchi di avanzi.
Ma come sempre, tutto ha un inizio e una fine.
L'aumento vistoso di animali che transitavano per le strade, creava inevitabilmente qualche problema ad una parte della popolazione: piccoli depositi di escrementi sparsi irregolarmente che indignavano la gente.
“Non si può andare avanti così!” esclamava un'anziana.
“Se li tenga a casa sua se gli piacciono tanto! Non si riesce più a dormire con questo baccano!” intervenne un'altra.
“Queste strade stanno diventando un letamaio!” proseguì un signore con un bicchiere in mano, seduto davanti al bar del centro.
Carmine non capiva, rimaneva con lo sguardo perso nel vuoto.
“Se ne deve andare! Sta rovinando questo paese!” si alzò un'altra voce proveniente dalla finestra della casa più alta della piazza.
Un giorno, di fronte all'ennesimo rimprovero, Carmine si fermò, rimase bloccato con le braccia aperte, abbozzando un sorriso. Come un'istantanea scattata a sorpresa.
Sembrava uno spaventa passeri ma con effetto contrario: rincuorava e tranquillizzava tutti gli animali che si posavano su di lui, e questi lo ricoprivano per difenderlo, come uno scudo, a protezione da chi voleva attaccarlo.
“Sentite! Se il problema sono le nostre cacche, basta eliminarle, ripulire la strada e portarle nel bosco dove possono concimare il terreno.” Disse una vecchia tartaruga infilata nel taschino della giacca di Carmine.
“E allora facciamolo!” Si associarono tutti.
Ma l'uomo con le molliche di pane rimaneva lì, non si spostava di un palmo; sembrava non sentire o non voler sentire più nulla.
Tutti i suoi amici si diedero da fare e con un'azione di gruppo i percorsi tornarono puliti, meglio di un lavaggio fatto da un camion di pulizia della strada.
Ma con tutto l'impegno e la buona volontà dei suoi cari, il grande omone rimaneva una statua.
Una folla incuriosita iniziò a formarsi attorno; arrivarono i vigili, il sindaco, l'ambulanza: “Signor Carmine? Mi sente?” chiedeva il dottore del paese.
Nessuna risposta. Sembrava essere diventato di pietra.
Cercarono di sollevarlo per metterlo su una barella ma i suoi piedi erano ancorati al terreno, come se avessero messo radici.
Passò la notte.
Il giorno dopo Carmine era sempre lì, allo stesso punto, fermo con le braccia aperte.
Qualcuno provò a solleticarlo, altri a strattonarlo; chi a urlargli contro e chi ad accarezzarlo dolcemente cercando una reazione. Niente.
Capitava che i bambini gli giocassero attorno o lo usassero come palo per la porta; altri per appendere le giacche quando faceva caldo.
Passarono i giorni e col tempo si dimenticarono dell'uomo celato dietro quelle sembianze. Era diventato un accessorio della città.
Poi, gradualmente, le case vennero abbandonate: dovevano essere abbattute per far posto ad un'autostrada.
Ma i suoi amici non lo dimenticarono; di generazione in generazione c'era chi gli stava sempre vicino e lui nella sua immobilità, lasciava trasparire un'emozione, di fronte al loro calore, con le sue le labbra che sembravano accennare a un sorriso. La piazza, desolata, degradata dallo scorrere del tempo, venne invasa da piante; divenne irriconoscibile ma anche più affascinante, anche se era diventata la sede di una discarica abusiva.
Si trasformò in un luogo selvaggio e suggestivo e Carmine divenne il supporto di graffiti e messaggi d'amore.
Un giorno una bambina, in giro con la bicicletta, notò quel signore mimetizzato con le braccia aperte.
“Che strana scultura” pensò.
Si avvicinò e vide una targhetta ai suoi piedi: “Non si legge più niente, è completamente rovinata.”
“Era la persona più dolce che c'era, amava gli animali e gli esseri umani, ma questi non lo ricambiarono allo stesso modo” rispose un'anziana signora seduta su una sedia di plastica. “Posso dire che l'ho conosciuto da bambina, amava dare molliche di pane a tutti gli animali; un giorno d'estate mi avvicinai, mi sorrise e mi porse del pane da donare. Le osservammo insieme, seduti su una panchina, tutte quelle bestiole soddisfatte. Gli uccellini tenevano lontane le zanzare e la capretta mi leccava i piedi facendomi il solletico. Fu una splendida giornata. Ma i miei genitori mi vietarono di avvicinarmi nuovamente.”
“Perché?”
“Dicevano che era un signore strano e che poteva farmi del male.”
“Un uomo che ama gli animali non può fare del male a nessuno!” rispose la bambina.
“L'ho sempre pensato anch'io. Poi un giorno si fermò e non si mosse più, fissato in quella posizione con le braccia spalancate, come se volesse abbracciare il mondo. Vengo qui tutti i giorni e lo aspetto, porto del pane e lo infilo nelle sue tasche, rimaste sempre aperte.”
“Tornerà?” chiese la bambina.
“Non lo so, per me è come se non se ne fosse mai andato, lo sento e lo sentono gli animali.”
“Posso venire anch'io ad aspettarlo?”
“Certo.”
“L'indomani la bambina ritornò nel luogo dell'incontro.
Era sola.
La signora anziana non arrivò.
E si sedette ad aspettare.
Traccia di mezzanotte: la perdita
Ciò che è stato
non sarà mai perso
Occhi azzurri, testa rasata, labbra carnose, orecchie grandi, corpo possente.
Si presentava così, Carmine.
Camminava con passo leggero guardandosi attorno.
Salutava chiunque incrociasse e tutti ricambiavano cordialmente.
Girava con le tasche piene di molliche di pane, per donarle. Non esisteva essere vivente a cui non erano gradite: piccioni, formiche, papere, conigli, galline, cavalli, carpe e caprette, anche se queste ultime mangiavano qualunque cosa.
Dava amorevolmente le sue briciole esaurendole in breve tempo, ed ogni giorno indossava indumenti con tasche più grandi, per soddisfare maggiormente l'appetito dei suoi amici.
Ma non bastavano mai: al primo vorace ospite, se ne aggiungevano all'istante tutti gli altri, attratti da quell'istinto primario.
Appena metteva piede in strada si creava una fila al suo seguito. Passerotti che, come colibrì, levitavano all'altezza delle sue tasche per becchettare qualche mollica con successo. Starnazzi, cinguettii, belati e nitriti creavano una colonna sonora animalesca, tutti a seguire quel S. Francesco dei tempi moderni, alla quale si aggiungevano i cani di tutto il paese.
Inizialmente Carmine, persona sensibile e riservata, auspicava che questa sua propensione passasse inosservata; non rappresentava solo un atto di generosità, ma evidenziava un'attitudine, una sensibilità, un'empatia verso gli altri esseri viventi.
Le signore affacciate alle finestre vedevano con tenerezza quell'omone e la corte al suo seguito.
Un'innocua abitudine per un'innocua persona.
Riscuoteva la simpatia di tutto il paese e i panettieri gli riservavano sacchi di avanzi.
Ma come sempre, tutto ha un inizio e una fine.
L'aumento vistoso di animali che transitavano per le strade, creava inevitabilmente qualche problema ad una parte della popolazione: piccoli depositi di escrementi sparsi irregolarmente che indignavano la gente.
“Non si può andare avanti così!” esclamava un'anziana.
“Se li tenga a casa sua se gli piacciono tanto! Non si riesce più a dormire con questo baccano!” intervenne un'altra.
“Queste strade stanno diventando un letamaio!” proseguì un signore con un bicchiere in mano, seduto davanti al bar del centro.
Carmine non capiva, rimaneva con lo sguardo perso nel vuoto.
“Se ne deve andare! Sta rovinando questo paese!” si alzò un'altra voce proveniente dalla finestra della casa più alta della piazza.
Un giorno, di fronte all'ennesimo rimprovero, Carmine si fermò, rimase bloccato con le braccia aperte, abbozzando un sorriso. Come un'istantanea scattata a sorpresa.
Sembrava uno spaventa passeri ma con effetto contrario: rincuorava e tranquillizzava tutti gli animali che si posavano su di lui, e questi lo ricoprivano per difenderlo, come uno scudo, a protezione da chi voleva attaccarlo.
“Sentite! Se il problema sono le nostre cacche, basta eliminarle, ripulire la strada e portarle nel bosco dove possono concimare il terreno.” Disse una vecchia tartaruga infilata nel taschino della giacca di Carmine.
“E allora facciamolo!” Si associarono tutti.
Ma l'uomo con le molliche di pane rimaneva lì, non si spostava di un palmo; sembrava non sentire o non voler sentire più nulla.
Tutti i suoi amici si diedero da fare e con un'azione di gruppo i percorsi tornarono puliti, meglio di un lavaggio fatto da un camion di pulizia della strada.
Ma con tutto l'impegno e la buona volontà dei suoi cari, il grande omone rimaneva una statua.
Una folla incuriosita iniziò a formarsi attorno; arrivarono i vigili, il sindaco, l'ambulanza: “Signor Carmine? Mi sente?” chiedeva il dottore del paese.
Nessuna risposta. Sembrava essere diventato di pietra.
Cercarono di sollevarlo per metterlo su una barella ma i suoi piedi erano ancorati al terreno, come se avessero messo radici.
Passò la notte.
Il giorno dopo Carmine era sempre lì, allo stesso punto, fermo con le braccia aperte.
Qualcuno provò a solleticarlo, altri a strattonarlo; chi a urlargli contro e chi ad accarezzarlo dolcemente cercando una reazione. Niente.
Capitava che i bambini gli giocassero attorno o lo usassero come palo per la porta; altri per appendere le giacche quando faceva caldo.
Passarono i giorni e col tempo si dimenticarono dell'uomo celato dietro quelle sembianze. Era diventato un accessorio della città.
Poi, gradualmente, le case vennero abbandonate: dovevano essere abbattute per far posto ad un'autostrada.
Ma i suoi amici non lo dimenticarono; di generazione in generazione c'era chi gli stava sempre vicino e lui nella sua immobilità, lasciava trasparire un'emozione, di fronte al loro calore, con le sue le labbra che sembravano accennare a un sorriso. La piazza, desolata, degradata dallo scorrere del tempo, venne invasa da piante; divenne irriconoscibile ma anche più affascinante, anche se era diventata la sede di una discarica abusiva.
Si trasformò in un luogo selvaggio e suggestivo e Carmine divenne il supporto di graffiti e messaggi d'amore.
Un giorno una bambina, in giro con la bicicletta, notò quel signore mimetizzato con le braccia aperte.
“Che strana scultura” pensò.
Si avvicinò e vide una targhetta ai suoi piedi: “Non si legge più niente, è completamente rovinata.”
“Era la persona più dolce che c'era, amava gli animali e gli esseri umani, ma questi non lo ricambiarono allo stesso modo” rispose un'anziana signora seduta su una sedia di plastica. “Posso dire che l'ho conosciuto da bambina, amava dare molliche di pane a tutti gli animali; un giorno d'estate mi avvicinai, mi sorrise e mi porse del pane da donare. Le osservammo insieme, seduti su una panchina, tutte quelle bestiole soddisfatte. Gli uccellini tenevano lontane le zanzare e la capretta mi leccava i piedi facendomi il solletico. Fu una splendida giornata. Ma i miei genitori mi vietarono di avvicinarmi nuovamente.”
“Perché?”
“Dicevano che era un signore strano e che poteva farmi del male.”
“Un uomo che ama gli animali non può fare del male a nessuno!” rispose la bambina.
“L'ho sempre pensato anch'io. Poi un giorno si fermò e non si mosse più, fissato in quella posizione con le braccia spalancate, come se volesse abbracciare il mondo. Vengo qui tutti i giorni e lo aspetto, porto del pane e lo infilo nelle sue tasche, rimaste sempre aperte.”
“Tornerà?” chiese la bambina.
“Non lo so, per me è come se non se ne fosse mai andato, lo sento e lo sentono gli animali.”
“Posso venire anch'io ad aspettarlo?”
“Certo.”
“L'indomani la bambina ritornò nel luogo dell'incontro.
Era sola.
La signora anziana non arrivò.
E si sedette ad aspettare.