[MI167] Addio

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Traccia di mezzanotte: La Perdita


Un incolmabile vuoto hai lasciato
quel dì da tempo immemore ormai andato.

Altre parole non ho per descrivere il dolore che provai quel giorno, fu una di quelle disgrazie che nessuno avrebbe mai desiderato. Per alcuni è una perdita difficile da comprendere: quella persona all'apparenza per me non era niente. Se non fosse un lutto, pare non ci sarebbe altro di così terribile. Ma una persona cara mi venne a mancare.

Tutto iniziò quando scelsi di iscrivermi a Fisica. Provenivo da un liceo che non mi diede un'ottima base scientifica, e il programma di matematica in cinque anni lo si poteva paragonare a quello di uno scientifico nei primi due. Nessuno però capiva che io ero un genio incompreso, e che la mia scelta di iscrivermi a quel liceo in seguito si era dimostrata un errore. A casa, da autodidatta, di matematica e di fisica studiavo tanto e avevo appreso tanti di quei concetti che nemmeno lo studente più bravo dello scientifico poteva equipararmi. Pertanto già partivo con una solida base che per niente mi rese difficoltoso lo studio.

Quando ero al liceo inoltre nessuno mi stava simpatico. Restavo nel mio banchetto, in disparte, e non socializzavo con nessuno. Ero circondato da coetanei che non avevano in testa lo studio, ma solo desiderio di perdere tempo all'infinito, e quanto ad ideali non ci trovavamo. Io avevo tanti altri progetti, e l'essere il primo nella classe era per me una sofferenza. Mi diplomai con il massimo dei voti, mentre tutti gli altri miei compagni si fermavano, bene o male, al sessanta.

Quando invece iniziai l'università fu completamente diverso. Subito feci amicizia con tanti miei colleghi, e mi sentivo ben accolto da tutti, ed era per me bello condividere i miei studi con chi aveva le stesse mie aspettative. Potevo liberamente parlare di integrali, derivate, leggi di Newton e tanti altri concetti matematici e scientifici, condividendo persino argomenti filosofici.

Era il primo anno di corso, e ogni mattina andavo all'università per seguire le lezioni. Era per me bello, prima di iniziare, e nelle pause, chiacchierare con gli altri miei colleghi. Qualcuno di loro portava con sé un mazzo di carte, e spesso facevamo anche delle partite. Quando avevamo altri corsi il pomeriggio, di solito, mangiavamo insieme alla mensa o in pizzeria.

Fu in quei giorni che io conobbi Ginevra, una ragazza meravigliosa. Prendevamo lo stesso treno ogni mattina: io provenivo da una città, lei da un'altra più lontana. Aveva una personalità molto particolare, che in parte somigliava alla mia: introversa, semplice di cuore, ma anche molto solare e empatica. Fu lei a fare il primo passo, e sino a quel momento non la consideravo, sedendomi nell'aula lontano da lei. Erano circa le tredici, ed io lasciata l'università andai alla stazione. Prima varcai il sottopasso, e osservai il terminale per vedere a che ora il treno fosse partito, allora non ero abituato e ancora non avevo imparato a memoria gli orari. Appurai tuttavia che il treno delle tredici e un quarto era stato soppresso, e avrei dovuto prendere il successivo. Amareggiato tornai indietro.

Scesi le scale, la incontrai e lei mi salutò. Che figura quando mi girai indietro e non vidi nessun altro: lei salutava proprio me! Allora la salutai anche io: "Buongiorno, comunque dobbiamo prendere l'altro treno", non sapevo cos'altro dirle. Lei mi sorrise. "Va bene, allora ci tocca aspettare un altro poco", mi disse. Ci muovemmo presso il binario, e in attesa ci dicemmo tante cose. Principalmente parlammo dello studio, ma qualsiasi parola avessimo scambiato non mi importava, per me era bello parlare con lei e aver fatto la sua conoscenza. Fu amore a prima vista!

Iniziarono le lezioni nel laboratorio di fisica, e il professore ci chiese di formare dei gruppetti. Non sapendo con chi altro stare le chiesi se avessi potuto stare con lei, insieme ad un'altra collega con la quale lei già era amica. Questo trio era destinato ad essere compatto anche al di fuori del laboratorio: insieme pranzavamo, studiavamo, ci davamo supporto l'uno con l'altra. Poi arrivò la prima sessione di esami, quella invernale.

Il primo esame andò male, per tutti e tre. Io fui il solo, seppur con un basso voto, a superarlo, loro due purtroppo no. Inoltre fui anche l'unico che riuscii a sostenere altri due esami nella stessa sessione, prendendo però stavolta alti voti. Fu forse per questo che Ginevra iniziò ad avere dei dubbi sulla sua iscrizione, probabilmente quell'università non sarebbe stata per lei.

Tuttavia insieme continuammo a seguire le lezioni del secondo semestre. Ogni giorno, se non già la incontravo sul treno, l'aspettavo alla stazione. Era bello per me vederla arrivare, e con lei proseguire il mio percorso sino all'ateneo. Se non arrivava, pazienza, voleva dire che avrebbe preso il treno successivo, pur facendo ritardo per la lezione. Ma se non veniva più mi mancava. A lei piaceva sedersi vicino a me, e talvolta mi chiedeva di riservarle il posto quando tardava, e altrettanto io amavo stare vicino a lei.

La primavera si approssimava, e giunsero le belle giornate, di quelle piacevoli per una passeggiata. E allora provai a coltivare almeno un'amicizia al di fuori dell'università, se di amore era ancora prematuro parlarne. Un sabato la invitai ad uscire, non lei soltanto ma anche l'altra nostra amica. Lei disse di si, ed io ero tutto contento. Tuttavia proprio in quei giorni avvenne quella tragica perdita.

Era un martedì, il dì del solstizio di primavera. Quella mattina l'aspettai alla stazione, ma non la vidi. Le riservai il posto, però alla lezione non venne.

Quando uscii, tuttavia, la vidi fuori dall'aula, ed ero tutto contento. Mi pareva però un fantasma, e neanche il tempo di chiederle: "Che fine hai fatto?" che lei disse a me, e agli altri colleghi, quello che  mai avrei voluto udire:

"Fisica è troppo difficile per me, ho deciso di cambiare corso. Oggi vi saluto".

Mi sentii molto amareggiato, e l'ultimo contatto fu quel bacio con cui lei mi salutò. "Ci sei ancora sabato?", le chiesi. "Si", mi rispose. Pensavo che l'amicizia in ogni caso sarebbe rimasta, e anche lei pareva lo volesse. Nel resto della giornata non riuscii a seguire le altre lezioni, mi sentivo molto triste: già mi mancava tanto! Me ne andai. Fu allora, poco prima di entrare nel treno, che ricevetti un ulteriore tragico messaggio: "Mi dispiace, sabato non ci sono, devo andare da una mia amica".

In cuore avevo ancora una speranza, per settimane provai ad organizzare diversi incontri. Ma non la rividi più, mai più... Ero devastato, per me era come se avessi perso una persona cara, come se fosse volata in cielo. Ma lei era, e tutt'oggi è, su questa terra, e l'idea di non doverla più rivedere mi consuma: l'amore è una fiamma che o la si doma oppure tutto brucia sino a divenire cenere.

Re: [MI167] Addio

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@Mithrandir piacere di leggere per la prima volta un tuo lavoro  :D
Che dire del tuo melanconico e giovanile racconto? Un ritorno ai tempi felici, quelli degli studi. Il primo amore che è sempre a senso unico. Ti innamori della persona che appare ricambiare, ma poi, il castello delle cerimonie svanisce :(

Forse l'uso della parola "collega" mi pare prematura, non sarebbe stato meglio adottare "compagno"?
Per il resto, ho notato un ordine maniacale nel mettere i vari passaggi. Potrebbe tornarti utile qualche variazione per dare più espressività.
Un buon lavoro nel complesso. ciao 
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI167] Addio

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Ciao @Mithrandir. Hai affrontato il tema della perdita con un racconto delicato. 
La prima parte è abbastanza corposa e trovo che potresti asciugarla un po’ per dare maggior valore all’incontro con la ragazza. Tutto scorre in modo lineare e sento l’assenza di qualche dialogo.
Anch’io trovo che il termine “colleghi” non sia il migliore potresti sostituirlo con studenti, ad esempio, o compagni di studio.
Un altro aspetto che trovo da rafforzare è l’idea di fondo della “perdita”.  La ragazza è una piacevole conoscenza,  forse un innamoramento unilaterale, ma la sensazione di perdita l’associo a emozioni più profonde.

Re: [MI167] Addio

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Grazie per essere di nuovo al MI, bravo @Mithrandir   :)
Mithrandir ha scritto: fu una di quelle disgrazie che nessuno avrebbe mai desiderato.
Ma nessuno desidera una disgrazia. Potresti cambiare con:
- fu una di quelle disgrazie che non augureresti a nessuno.
Mithrandir ha scritto: Provenivo da un liceo che non mi diede non mi aveva dato un'ottima base scientifica
Mithrandir ha scritto: Nessuno però capiva che io ero un genio incompreso, e che anche se la mia scelta di iscrivermi a quel liceo in seguito si era sarebbe dimostrata un errore.
Mithrandir ha scritto: Pertanto già partivo con una solida base che per niente mi rese difficoltoso lo studio.
Non capisco come hai disposto le parole in questa frase, ossia quel modo arzigogolato.
Per mei preferenza, io avrei scritto così:
- Pertanto, partivo già con una solida base che non mi rese affatto difficoltoso lo studio.
Mithrandir ha scritto: Fu forse per questo che Ginevra iniziò ad avere dei dubbi sulla sua iscrizione, probabilmente non aveva scelto la facoltà congeniale a lei. quell'università non sarebbe stata per lei.
Mithrandir ha scritto: Ma lei era, e tutt'oggi è, su questa terra, e l'idea di non doverla più rivedere mi consuma: l'amore è una fiamma che o la si doma oppure tutto brucia sino a divenire cenere.
Mai dire mai finché c'è vita...

Comunque, hai svolto un buon testo, per forma e correttezza, e hai declinato la traccia sulla perdita di un amore giovanile, con un buono stile e con tratti delicati e romantici, sullo sfondo dell'impaccio e degli imbarazzi del protagonista.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI167] Addio

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Ciao @Mithrandir  , ti lascio gli ultimi versi della canzone "Le passanti" La canzone originale, incisa da Georges Brassens nel 1972 e riarrangiata da Fabrizio De andrè.
Se non la conosci dovresti ascoltarla. Tratta, decisamente, il tema del tuo racconto.
Allora nei momenti di solitudine

Quando il rimpianto diventa abitudine
Una maniera di viversi insieme
Si piangono le labbra assenti
Di tutte le belle passanti
Che non siamo riusciti a trattenere.

Ma veniamo al tuo racconto. Io sono dell'idea che in narrativa il racconto, breve o lungo, sia un vero e proprio genere. Bisogna padroneggiare la sintesi, catturare e emozionare il lettore. Il racconto non è un riassunto, la storia deve avere una struttura sintetica ma il lettore deve immaginare un romanzo. le scene devono evocare più di quanto abbiamo scritto. Se leggi il testo della canzone si comprende quello che voglio dire.
Il protagonista che presenti nella prima parte si potrebbe descrivere con poche parole:
Mithrandir ha scritto: dom apr 24, 2022 10:13 pmProvenivo da un liceo che non mi diede un'ottima base scientifica, e il programma di matematica in cinque anni lo si poteva paragonare a quello di uno scientifico nei primi due. Nessuno però capiva che io ero un genio incompreso, e che la mia scelta di iscrivermi a quel liceo in seguito si era dimostrata un errore. A casa, da autodidatta, di matematica e di fisica studiavo tanto e avevo appreso tanti di quei concetti che nemmeno lo studente più bravo dello scientifico poteva equipararmi. Pertanto già partivo con una solida base che per niente mi rese difficoltoso lo studio.

Quando ero al liceo inoltre nessuno mi stava simpatico. Restavo nel mio banchetto, in disparte, e non socializzavo con nessuno. Ero circondato da coetanei che non avevano in testa lo studio, ma solo desiderio di perdere tempo all'infinito, e quanto ad ideali non ci trovavamo. Io avevo tanti altri progetti, e l'essere il primo nella classe era per me una sofferenza. Mi diplomai con il massimo dei voti, mentre tutti gli altri miei compagni si fermavano, bene o male, al sessanta.

Quando invece iniziai l'università fu completamente diverso. Subito feci amicizia con tanti miei colleghi, e mi sentivo ben accolto da tutti, ed era per me bello condividere i miei studi con chi aveva le stesse mie aspettative. Potevo liberamente parlare di integrali, derivate, leggi di Newton e tanti altri concetti matematici e scientifici, condividendo persino argomenti filosofici.

Era il primo anno di corso, e ogni mattina andavo all'università per seguire le lezioni. Era per me bello, prima di iniziare, e nelle pause, chiacchierare con gli altri miei colleghi. Qualcuno di loro portava con sé un mazzo di carte, e spesso facevamo anche delle partite. Quando avevamo altri corsi il pomeriggio, di solito, mangiavamo insieme alla mensa o in pizzeria.
Negli anni del liceo mi sentivo solo, non riuscivo ad avere solide amicizie e mi stava stretta la parte del genio incompreso. All'università, invece, le cose andarono molto meglio: Fu in quei giorni che io conobbi Ginevra, una ragazza meravigliosa.

Non si tratta solo di tagliare qualche parola ma di proscgiugare il testo per far emergere la scena, il protagonista e il suo conflitto.
il lettore inizia a provare empatia, solo per vedere se riuscirà a combinare con Ginevra, non abbandonerà la lettura.
Mithrandir ha scritto: dom apr 24, 2022 10:13 pmFu forse per questo che Ginevra iniziò ad avere dei dubbi sulla sua iscrizione, probabilmente quell'università non sarebbe stata per lei.
Qui mi è sembrato che  il pensiero esternato pecchi di presunzione, lo toglierei. Lei può arrivare a quella conclusione anche per motivi personali e non dovuti al fatto che lui sia stato il più bravo.

In ultimo, non so come spiegare, la mia perplessità riguarda il finale.
Hai creato un bel personaggio, gli hai costruito intorno una storia, il suo è un problema che accomuna tanti ragazzi che si sentono degli sfigati, gli dai un'opportunità e poi, finisce che non è nemmeno in grado di ritrovare Ginevra. Io sono certa che lei se lo sarebbe aspettato, ma chi legge no!
Capisco che la traccia ti ha imposto il finale, ma il personaggio deve crescere, cambiare, superare la prova finale, eppoi magari, che sia Ginevra a non farsi trovare.
Non so se sono riuscita a spiegarti bene, nel caso scusami e chiedimi quello che vuoi.
Spero che quanto ti ho scritto ti sia utile e... continua a partecipare al MI (y)

Re: [MI167] Addio

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Grazie a tutti per i commenti e per i cosigli.
Alba359 ha scritto: Qui mi è sembrato che  il pensiero esternato pecchi di presunzione, lo toglierei. Lei può arrivare a quella conclusione anche per motivi personali e non dovuti al fatto che lui sia stato il più bravo
Non intendevo esprimere un pensiero che peccha di presunzione (il protagonista bravo mentre lei no), piuttosto volevo esprimere quella che pareva la sua intenzione: a causa del fallimento dei primi esami stava cambiando idea, che quella facoltà appunto non era congeniale a lei. Forse ho utilizzato le parole sbagliate, e avrei dovuto scrivere:  "probabilmente pensava che quell'università non sarebbe stata per lei".

Re: [MI167] Addio

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Mithrandir ha scritto: Se non arrivava, pazienza, voleva dire che avrebbe preso il treno successivo, pur facendo ritardo per la lezione. Ma se non veniva più mi mancava.
Mi sembra che questa frase non funzioni. Metterei "Ma se non fosse più venuta, mi sarebbe mancata." Oppure, "Ma se non veniva più, mi sarebbe mancata."
Mithrandir ha scritto: Fu allora, poco prima di entrare nel treno, che ricevetti un ulteriore tragico messaggio: "Mi dispiace, sabato non ci sono, devo andare da una mia amica".
Tremenda questa risposta. Comprendo tutta l'amarezza.

Piacere di leggerti @Mithrandir chi non è passato dalle situazioni che descrivi? Io per esempio ero pendolare sul treno sia al liceo che all'università e non so quante volte mi sarò innamorato di passeggere che frequentavano il mio stesso istituto. A volte mi nascondevo nella penombra della stazione e quando le vedevo salire sul treno sbucavo dal nulla per tentare un approccio, con il cuore che mi batteva a mille. Poi magari finiva sempre con un nulla di fatto.
Tornando al tuo racconto, descrivi con delicatezza il turbamento del ragazzo. Magari potevi essere più incisivo nella descrizione del personaggio. Puntare di più su una sua peculiarità o un po' più di introspezione, forse.
E' stata comunque una lettura gradevole.
Alla prossima.

Re: [MI167] Addio

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Ciao @Mithrandir, qui sopra ho letto che ti hanno dato preziosi consigli.

Io aggiungo questo.
Il tuo racconto è di un genere che può essere inquadrato nel Young Adult. Di solito questo genere viene scritto da adulti molto più che Young, che rimembrano amori adolescenziali ormai persi nella notte dei loro ricordi...
È un genere che va molto di questi tempi. Da quello che mi sembra di capire tu sei davvero young, hai il ricordo fresco di queste emozioni e si percepisce leggendo quello che scrivi. Un valore aggiunto che secondo me non dovresti sottovalutare, anche perché hai un buon modo di scrivere.

Re: [MI167] Addio

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Ciao @Mithrandir
Una declinazione delicata del sentimento della perdita e il rimpianto di un amore e forse di un'epoca passata. Il tempo degli studi già di per sé è un momento che capita spesso di rimpiangere. Lo hai descritto con garbo, sebbene alcune parti risultino molto raccontate. Forse mostrando un po' di più o inserendo più dialoghi il racconto risulterebbe più scorrevole.
Alla prossima!

Re: [MI167] Addio

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Ciao @Mithrandir 
Un racconto di un amore giovanile, dove ogni avvenimento, ogni incontro appare epocale, ingigantito dal primo affacciarsi alla vita. A quell'età il primo amore è per sempre anche se poi i casi della vita...
Più che perdita ci vedrei una mancanza, la grande mancanza della vicinanza di una persona che si ama, si crede di amare e con la quale si vorrebbe andare avanti, forse per avere meno paura della vita. Qualcuno potrebbe avere paura e io a quell'età avevo paura.
Mi hai riportato alla mente un episodio dei miei ormai lontani anni del liceo. Anche io a quell'epoca andava pazzo per una ragazza, compagna di classe, e mi trovavo bene a parlare con lei, stavo davvero bene con lei, nonostante fosse molto riservata, gentile e sorridente, ma riservata. Aveva qualcosa di strano, una luce diversa negli occhi, ti guardava e sembrava vedere oltre...  Dolcissima, ma non riuscivo a capire cosa fosse, mi affascinava.
Poco prima del diploma lasciò la scuola, si disse per problemi personali, che avrebbe fatto gli esami in seguito da privatista. Bazzicai spesso intorno alla scuola per rivederla, ma non la vidi mai più.
In seguito, tempo dopo, venni a sapere che quella ragazza aveva deciso, ma da sempre, di diventare suora, monaca di clausura. I compagni ne parlavano ridendo, come si trattasse di una povera pazza, ma io allora, solo allora capii il suo comportamento staccato, fuori dal mondo, il suo sguardo che vedeva oltre, il suo sorriso... Lei vedeva un altro mondo e io, solo io mi ero avvicinato a lei perché ero molto simile a lei, desideravo anche io quello che lei aveva realizzato, pur non osando ammetterlo mai a me stesso... Basta... ti ho fatto un romanzo della mia vita non richiesto, chiedo scusa, ma giusto perché il tuo racconto mi ha riportato alla mente dei momenti molto belli, che ancora rimpiango.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI167] Addio

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Bentrovato, @Mithrandir, e grazie per essere qui con noi.
Mithrandir ha scritto: dom apr 24, 2022 10:13 pmNessuno però capiva che io ero un genio incompreso
Mi pare una considerazione inutile, e anche un tantino supponente: secondo me basterebbe sottolineare il grande amore dell'io narrante per quelle materie. 
Mithrandir ha scritto: che nemmeno lo studente più bravo dello scientifico poteva equipararmi.
Il verbo "equiparare" mi pare usato qui in modo inconsueto (non so se inesatto: bisognerebbe controllare). Forse sarebbe preferibile utilizzare, ad esempio, "uguagliarmi", che non necessita nella costruzione del termine di paragone.
A parte queste osservazioni, e passando al testo nella sua completezza, ti dico in tutta sincerità le mie impressioni: il racconto si dilunga in aspetti che potevano essere solo accennati, e presenta una patina di artificiosità che a mio avviso lo penalizza. Però, siccome è ben evidente la delicatezza dei tuoi sentimenti e la capacità di trattenerti sul particolare, credo che se ti  liberi degli inutilia e scavi ancora più a fondo nel tuo cuore usciranno fuori righe molto coinvolgenti.
 
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