[MI165] Loro sono miliardi
Posted: Sun Mar 27, 2022 8:53 pm
Il mio commento al testo altrui si trova qui:
Traccia di mezzogiorno: Le scarpe
Boa: nel racconto deve comparire un ombrello
Loro sono miliardi
Il tappo del flacone oppone resistenza, Filippo si impegna con due mani per aprirlo. Il tappo spesso è difettoso, ma non rinuncia a questo detergente.
Si insapona e l'odore di disinfettante riempie il vano doccia, è un profumo rassicurante. Lo scroscio dell'acqua è potente e liberatorio, assieme alla schiuma scorre via ogni germe e va nello scarico e da lì via, lontano.
Filippo si sfila le pantofole morbide per infilare quelle che usa nel resto della casa e va in cucina. Prende un fazzoletto di carta per aprire l'anta del frigo. Purtroppo il frigo ha bisogno di un anta. Non la stessa cosa per gli altri mobili della cucina e le loro ante, che, infatti, sono state rimosse. Per le maniglie dei cassetti ci sono i fazzoletti usa e getta.
Pranza in piedi. Perché sedersi sulla sedia, che bisogna toccare per sfilarla da sotto il tavolo? E poi dovrebbe sostituire la carta sul sedile, ieri è passato suo figlio e ci si è seduto, non ha potuto evitarlo. Meglio in piedi, si fa prima.
Sul tavolo c'è una serie di penne, disposte una accanto all'altra, a distanza utile per prenderne una alla volta senza toccare le altre. Filippo prende la prima e scrive su un foglietto: fette biscottate. Più sopra c'è scritto: orzo, varechina, lattuga, acido muriatico.
Si prepara per andare a fare la spesa, ieri e ieri l'altro non è riuscito a uscire in tempo.
Va all'armadio a prendere una maglia e la scrolla. Lì dentro, senza le ante, entra la polvere.
Infila in borsa cinque pacchetti di fazzoletti, una decina di sacchetti di plastica – servono sempre per ogni evenienza - guanti usa e getta, poi controlla il portafogli. Quanti soldi ci sono dentro? Attraverso la plastica in cui è inserito, prova a contarli. Mica è semplice, ci mette alcuni minuti, ma alla fine ci riesce. Possono bastare. Tempo fa ha provato a eliminare i soldi a favore del bancomat, ma non è andata bene, la tessera si è sbiadita pian piano e smagnetizzata, non reggeva l'amuchina. Il cellulare c'è e anche l'ombrello, infilati nei rispettivi sacchetti. Tutto a posto.
E' un bell'ombrello, quello, l'ha voluto ricomprare uguale all'ombrello che aveva prima. Capitò che il giorno della laurea del figlio pioveva a dirotto e Filippo fu obbligato a sfilarlo dalla plastica di protezione per aprirlo. Si sentì chiamare dal figlio per le foto di rito e dovette decidere in fretta dove posarlo. Per terra no, darlo in mano a qualcuno no. Beh, il male minore era quello di affidarlo a qualcuno e c'era sua nipote vicina, glielo porse. E lei che fece? Lo agganciò a una maniglia, quella stordita! Non si sa quanti potevano aver toccato la maniglia, anche solo il giorno stesso. La sessione di laurea aveva portato lì tanta di quella gente, i ragazzi, le loro famiglie, gli amici... Finì che abbandonò l'ombrello lì dove era stato agganciato.
Filippo è quasi pronto. Va a prendere la giacca che ha messo fuori sul terrazzo, ha letto da qualche parte che il sole è un ottimo disinfettante. Apre la portafinestra e si cambia le ciabatte per mettere quelle da terrazzo.
Si blocca. “Accidenti!” Un ostacolo si frappone tra lui e la giacca. Un tappeto, arrivato chissà da dove, toccato chissà da chi, gli sbarra la strada, agganciato tra la ringhiera e il manico della scopa. Deve averlo portato lì il vento di stanotte. Filippo dondola posando il peso su un piede e poi sull'altro per decidere che fare. Andare al supermercato senza giacca? No, fa freddo. Prendere un'altra giacca? Sono ancora tutte da disinfettare, non farebbe in tempo. Insomma, gli tocca proprio occuparsi del tappeto.
Cambia le ciabatte, torna dentro, si infila i guanti usa e getta, prende un sacchettone ed esce di nuovo fuori, dopo essersi cambiato ancora le ciabatte.
Con manovre attente riesce a infilare il tappeto nel sacchettone, senza far toccare il sacco a terra, il tutto sotto lo sguardo del vicino che ha chiamato pure la moglie per assistere alla scena.
“Buongiorno!” Lo salutano dal terrazzo di fronte. Ridacchiano.
Tts! Non sono consapevoli che loro sono miliardi.
Rivolge i bordi del sacco verso l'interno e lo annoda, è riuscito a compiere le operazioni senza venire a contatto col tappeto. Bene. Altrimenti si sarebbe dovuto fare un'altra doccia.
Rientra in casa infilando le ciabatte da interno, butta i guanti nel bidone dei contaminati, si disinfetta, finalmente indossa la giacca e si dirige verso l'ingresso. Lì, appesi, si trovano gli abiti usati l'ultima volta che è uscito. Mannaggia non è ancora riuscito a lavarli, ha sempre così poco tempo.
"Driiin!"
Il campanello della porta. Chi è? Meglio far finta di non essere in casa. Qui, nessuno deve entrare.
"Driiin!"
Chiunque sia, avrà già toccato il pomolo della porta. Chi se ne frega del tasto del campanello, tanto non lo tocco, ma il pomolo! Dovrò disinfettarlo di nuovo.
"Driiin!"
Chi è lo scocciatore? Che vuole?
"Vabbè, se non apri, te lo lascio qui."
Mio fratello! Ma... Ma qui dove, mica per terra? "Ehiii!"
"Sto andando via, ciao."
Filippo sente rumore di calpestio giù per le scale. Fiuuu! È riuscito a non farlo entrare. Può aprire la porta. Come no, per terra l'ha lasciato, il pacchetto. Neppure suo fratello vuole capire che loro sono miliardi.
Va a cercare un sacchetto, se lo infila in una mano fino al gomito, agguanta con quella il pacco e con le dita dell'altra pizzica il sacchetto per avvolgerlo attorno al pacco. Ecco, isolato. Lo appoggia sul cumulo degli altri oggetti insacchettati, nella stanza delle cose in attesa di pulizia.
"Prr! Prr! Prr!" Dalla borsa giunge il suono del cellulare. Rispondere, non rispondere? Ma sì, metti che sia importante... Tira fuori il telefono insacchettato, dalla plastica intravvede che è suo fratello a chiamarlo. Smette di suonare, ma chi lo conosce sa che gli ci vuole tempo a rispondere e difatti, da lì a poco, riprende a suonare. Filippo tenta di premere il tasto del vivavoce, ma la plastica del sacchetto è appiccicata, non riesce. Corre al divano dove si trova la distesa dei fazzoletti di carta, suddivisi in gruppi per livello di contaminazione. Prende un fazzoletto dal mucchio per liberare il cellulare. Risponde. Niente di importante, suo fratello gli voleva solo parlare del pacchetto che gli ha portato prima.
Ma che cazz...? Da quale gruppo di fazzoletti ha preso l'ultimo che ha in mano? Scorre lo sguardo sul divano coperto di gruppi di fazzoletti. Non ne è sicuro. Che sia stato il gruppo sbagliato?
Si disinfetta le mani, l'orecchio, il collo, il colletto. No, meglio fare un'altra doccia.
Si sveste appoggiando gli indumenti sul mobile delle cose già toccate ma non ancora portate fuori casa e va in doccia.
Lava se stesso e la maniglia della porta scorrevole, poi si asciuga con il rotolo di carta usa e getta.
Certo, il vano doccia è molto più igienico della vasca da bagno. Prima di farla sostituire, parecchi anni fa, sul bordo ci trovava ogni volta gli asciugamani della moglie e del figlio piccolo e così, prima di lavarsi, doveva ogni volta disinfettare la vasca.
Ora può rivestirsi, forse oggi riuscirà a uscire. Si dirige verso l'ingresso, dove si arrotola i pantaloni al di sopra delle caviglie in modo che non lambiranno le scarpe. Da quanti anni esce di casa con i pantaloni arrotolati? Non lo ricorda.
Le scarpe si trovano su un foglio di carta, proprio di fianco alla porta d'ingresso. Con un'abile operazione se le infila senza toccarle e senza farle sbordare dal foglio di carta. Gli risulta più semplice da quando le compra di due taglie superiori. E senza stringhe.
Si sente stremato e contento, oggi ce l'ha fatta a finire in tempo. Apre la porta e con un balzo salta dal foglio di carta sul pianerottolo fuori. E' tardi, farà appena in tempo a fare la spesa velocemente. Questa battaglia lo sfianca, gli fa perdere un sacco di tempo, ma deve pur farla. Loro, i germi, sono miliardi.
Traccia di mezzogiorno: Le scarpe
Boa: nel racconto deve comparire un ombrello
Loro sono miliardi
Il tappo del flacone oppone resistenza, Filippo si impegna con due mani per aprirlo. Il tappo spesso è difettoso, ma non rinuncia a questo detergente.
Si insapona e l'odore di disinfettante riempie il vano doccia, è un profumo rassicurante. Lo scroscio dell'acqua è potente e liberatorio, assieme alla schiuma scorre via ogni germe e va nello scarico e da lì via, lontano.
Filippo si sfila le pantofole morbide per infilare quelle che usa nel resto della casa e va in cucina. Prende un fazzoletto di carta per aprire l'anta del frigo. Purtroppo il frigo ha bisogno di un anta. Non la stessa cosa per gli altri mobili della cucina e le loro ante, che, infatti, sono state rimosse. Per le maniglie dei cassetti ci sono i fazzoletti usa e getta.
Pranza in piedi. Perché sedersi sulla sedia, che bisogna toccare per sfilarla da sotto il tavolo? E poi dovrebbe sostituire la carta sul sedile, ieri è passato suo figlio e ci si è seduto, non ha potuto evitarlo. Meglio in piedi, si fa prima.
Sul tavolo c'è una serie di penne, disposte una accanto all'altra, a distanza utile per prenderne una alla volta senza toccare le altre. Filippo prende la prima e scrive su un foglietto: fette biscottate. Più sopra c'è scritto: orzo, varechina, lattuga, acido muriatico.
Si prepara per andare a fare la spesa, ieri e ieri l'altro non è riuscito a uscire in tempo.
Va all'armadio a prendere una maglia e la scrolla. Lì dentro, senza le ante, entra la polvere.
Infila in borsa cinque pacchetti di fazzoletti, una decina di sacchetti di plastica – servono sempre per ogni evenienza - guanti usa e getta, poi controlla il portafogli. Quanti soldi ci sono dentro? Attraverso la plastica in cui è inserito, prova a contarli. Mica è semplice, ci mette alcuni minuti, ma alla fine ci riesce. Possono bastare. Tempo fa ha provato a eliminare i soldi a favore del bancomat, ma non è andata bene, la tessera si è sbiadita pian piano e smagnetizzata, non reggeva l'amuchina. Il cellulare c'è e anche l'ombrello, infilati nei rispettivi sacchetti. Tutto a posto.
E' un bell'ombrello, quello, l'ha voluto ricomprare uguale all'ombrello che aveva prima. Capitò che il giorno della laurea del figlio pioveva a dirotto e Filippo fu obbligato a sfilarlo dalla plastica di protezione per aprirlo. Si sentì chiamare dal figlio per le foto di rito e dovette decidere in fretta dove posarlo. Per terra no, darlo in mano a qualcuno no. Beh, il male minore era quello di affidarlo a qualcuno e c'era sua nipote vicina, glielo porse. E lei che fece? Lo agganciò a una maniglia, quella stordita! Non si sa quanti potevano aver toccato la maniglia, anche solo il giorno stesso. La sessione di laurea aveva portato lì tanta di quella gente, i ragazzi, le loro famiglie, gli amici... Finì che abbandonò l'ombrello lì dove era stato agganciato.
Filippo è quasi pronto. Va a prendere la giacca che ha messo fuori sul terrazzo, ha letto da qualche parte che il sole è un ottimo disinfettante. Apre la portafinestra e si cambia le ciabatte per mettere quelle da terrazzo.
Si blocca. “Accidenti!” Un ostacolo si frappone tra lui e la giacca. Un tappeto, arrivato chissà da dove, toccato chissà da chi, gli sbarra la strada, agganciato tra la ringhiera e il manico della scopa. Deve averlo portato lì il vento di stanotte. Filippo dondola posando il peso su un piede e poi sull'altro per decidere che fare. Andare al supermercato senza giacca? No, fa freddo. Prendere un'altra giacca? Sono ancora tutte da disinfettare, non farebbe in tempo. Insomma, gli tocca proprio occuparsi del tappeto.
Cambia le ciabatte, torna dentro, si infila i guanti usa e getta, prende un sacchettone ed esce di nuovo fuori, dopo essersi cambiato ancora le ciabatte.
Con manovre attente riesce a infilare il tappeto nel sacchettone, senza far toccare il sacco a terra, il tutto sotto lo sguardo del vicino che ha chiamato pure la moglie per assistere alla scena.
“Buongiorno!” Lo salutano dal terrazzo di fronte. Ridacchiano.
Tts! Non sono consapevoli che loro sono miliardi.
Rivolge i bordi del sacco verso l'interno e lo annoda, è riuscito a compiere le operazioni senza venire a contatto col tappeto. Bene. Altrimenti si sarebbe dovuto fare un'altra doccia.
Rientra in casa infilando le ciabatte da interno, butta i guanti nel bidone dei contaminati, si disinfetta, finalmente indossa la giacca e si dirige verso l'ingresso. Lì, appesi, si trovano gli abiti usati l'ultima volta che è uscito. Mannaggia non è ancora riuscito a lavarli, ha sempre così poco tempo.
"Driiin!"
Il campanello della porta. Chi è? Meglio far finta di non essere in casa. Qui, nessuno deve entrare.
"Driiin!"
Chiunque sia, avrà già toccato il pomolo della porta. Chi se ne frega del tasto del campanello, tanto non lo tocco, ma il pomolo! Dovrò disinfettarlo di nuovo.
"Driiin!"
Chi è lo scocciatore? Che vuole?
"Vabbè, se non apri, te lo lascio qui."
Mio fratello! Ma... Ma qui dove, mica per terra? "Ehiii!"
"Sto andando via, ciao."
Filippo sente rumore di calpestio giù per le scale. Fiuuu! È riuscito a non farlo entrare. Può aprire la porta. Come no, per terra l'ha lasciato, il pacchetto. Neppure suo fratello vuole capire che loro sono miliardi.
Va a cercare un sacchetto, se lo infila in una mano fino al gomito, agguanta con quella il pacco e con le dita dell'altra pizzica il sacchetto per avvolgerlo attorno al pacco. Ecco, isolato. Lo appoggia sul cumulo degli altri oggetti insacchettati, nella stanza delle cose in attesa di pulizia.
"Prr! Prr! Prr!" Dalla borsa giunge il suono del cellulare. Rispondere, non rispondere? Ma sì, metti che sia importante... Tira fuori il telefono insacchettato, dalla plastica intravvede che è suo fratello a chiamarlo. Smette di suonare, ma chi lo conosce sa che gli ci vuole tempo a rispondere e difatti, da lì a poco, riprende a suonare. Filippo tenta di premere il tasto del vivavoce, ma la plastica del sacchetto è appiccicata, non riesce. Corre al divano dove si trova la distesa dei fazzoletti di carta, suddivisi in gruppi per livello di contaminazione. Prende un fazzoletto dal mucchio per liberare il cellulare. Risponde. Niente di importante, suo fratello gli voleva solo parlare del pacchetto che gli ha portato prima.
Ma che cazz...? Da quale gruppo di fazzoletti ha preso l'ultimo che ha in mano? Scorre lo sguardo sul divano coperto di gruppi di fazzoletti. Non ne è sicuro. Che sia stato il gruppo sbagliato?
Si disinfetta le mani, l'orecchio, il collo, il colletto. No, meglio fare un'altra doccia.
Si sveste appoggiando gli indumenti sul mobile delle cose già toccate ma non ancora portate fuori casa e va in doccia.
Lava se stesso e la maniglia della porta scorrevole, poi si asciuga con il rotolo di carta usa e getta.
Certo, il vano doccia è molto più igienico della vasca da bagno. Prima di farla sostituire, parecchi anni fa, sul bordo ci trovava ogni volta gli asciugamani della moglie e del figlio piccolo e così, prima di lavarsi, doveva ogni volta disinfettare la vasca.
Ora può rivestirsi, forse oggi riuscirà a uscire. Si dirige verso l'ingresso, dove si arrotola i pantaloni al di sopra delle caviglie in modo che non lambiranno le scarpe. Da quanti anni esce di casa con i pantaloni arrotolati? Non lo ricorda.
Le scarpe si trovano su un foglio di carta, proprio di fianco alla porta d'ingresso. Con un'abile operazione se le infila senza toccarle e senza farle sbordare dal foglio di carta. Gli risulta più semplice da quando le compra di due taglie superiori. E senza stringhe.
Si sente stremato e contento, oggi ce l'ha fatta a finire in tempo. Apre la porta e con un balzo salta dal foglio di carta sul pianerottolo fuori. E' tardi, farà appena in tempo a fare la spesa velocemente. Questa battaglia lo sfianca, gli fa perdere un sacco di tempo, ma deve pur farla. Loro, i germi, sono miliardi.