[MI164] Chi ama, esiste
Posted: Sun Mar 06, 2022 11:45 pm
Traccia di mezzanotte: La prima volta
Io credo in Dio. Ci credo perché lui mi è venuto a cercare.
Il cercare qualcuno, secondo me, è il primo segno di amore, e se Dio mi cerca vuol dire che mi vuol bene e se mi vuol bene significa che esiste. Chi ama, per forza di cose esiste.
Mi sento molto amata, il che non significa non avere problemi o non soffrire. Ad esempio sono sicura che Alfio, il padrone del supermercato dove faccio la cassiera, mi licenzierà a breve.
Lo dico perché ho notato con che faccia brutta mi guardava ieri l'altro, quando è venuto a fare il suo giro di controllo in sede. Il direttore deve avergli spifferato che non ho dato ragione alla signora Ferretti quel giorno che voleva per forza passare avanti nella fila a un ragazzo di colore. A me non importa un bel niente che quella è nostra cliente abituale mentre il ragazzo era la prima volta che lo vedevo: non si può essere così sfacciatamente ingiusti con le persone, e quindi ho servito prima il ragazzo senza ascoltare le lagne capricciose della signora.
Il direttore voleva convincermi che avevo sbagliato e che prima si servono gli italiani e poi gli stranieri, ma io ho ribattuto che spesso si mettono in fila alla cassa ragazzi bianchi francesi, americani oppure inglesi, studenti all'università qui vicino, e che lui a proposito di questi non mi ha mai detto di spedirli indietro nella fila. Dunque, quella volta della signora Ferretti avrei dovuto forse mandare indietro il ragazzo solo perché era di colore?
Il direttore non ha saputo rispondere a questa mia obiezione e se n'è andato, ma io mi sono accorta che era furioso perché gli si erano gonfiate le vene delle tempie. Ha mandato Mary, la mia collega più cara, a dirmi che se perdiamo come cliente la signora Ferretti, la quale ogni mese fa cento e più euro di spesa per i poveri della parrocchia, lui mi toglie cento euro dallo stipendio. Io allora ho detto a Mary di riferirgli che è il padrone a gestire gli stipendi, mica lui, e che stesse al suo posto.
Mary mi ha riferito che ha detto una parolaccia rivolta a me e poi ha telefonato al padrone.
Mi aspetto quindi di essere licenziata da un momento all'altro, ma non mi sento triste.
Ieri pomeriggio, finito il turno, sono entrata in chiesa. Volevo chiedere al parroco se veramente la signora Ferretti, ogni mese, compra tutta quella roba per i poveri.
Mentre lo aspettavo, mi sono seduta al primo banco, proprio davanti all'altare. Ho giunto le mani e ho provato a pregare.
Devo ammettere, purtroppo, che in chiesa non mi emoziono. Non provo nulla di mistico, e ciò mi dispiace, ma non mi preoccupa affatto. Vado tutte le domeniche a prendere la comunione, sperando sempre di provare un brivido pazzesco d'amore che mi faccia fremere dalla testa ai piedi: non succede mai, ma io non desisto.
Sarebbe una prova fantastica da poter raccontare: forse Dio, però, non vuole che si raccontino prove eclatanti, ma vuole parlare in silenzio a ognuno di noi, in privato.
Ad esempio, dopo che il direttore si è allontanato con le vene delle tempie gonfie e violacee, io non ero arrabbiata o impaurita, ma calma, e ho ripreso a lavorare col sorriso sulle labbra. Sono certa che quella pace me l'ha data Dio.
Quando il parroco è arrivato e mi ha fatto accomodare nel suo studio, è successa una cosa strana. Mi sono del tutto dimenticata di domandargli se davvero la signora Ferretti è così tanto caritatevole e gli ho chiesto invece se, quando sull'altare spezza l'ostia e beve il vino, si sente rapito in estasi oppure banalmente preso da questioni pratiche, tipo stare attento a non fare rumore con la bocca oppure osservare infastidito un fedele che parla al cellulare. Lui si è messo a ridere, ma io penso che siano questioni serie.
Gli ho confessato che quando prendo la comunione non riesco mai a concentrarmi sul fatto che sto mandando giù il corpo di Cristo, ma penso a mille cose diverse e spesso molto sciocche, come ad esempio che i capelli della signora al banco davanti al mio sono unti e tinti di un colore orrendo, o che l'uomo accanto a me ha delle strane unghie tonde che occupano tutta la falange. Gli ho detto anche che non so pregare bene: mi distraggo e mi dimentico addirittura che sto pregando. Perdo il filo di continuo, fino a che mi stufo e lascio perdere.
Il parroco mi ha chiesto, quindi, in base a cosa posso dirmi credente, ma lo ha chiesto con umiltà, non con fare spocchioso, come a dire "io sono prete, leggo la parola di Dio e officio sull'altare, mentre tu non sei nessuno".
Ho preso coraggio e gli ho raccontato della mia prima volta, di quando cioè ho compreso in modo definitivo che Dio mi stava cercando. Da allora, anche se continuo a desiderarli, non mi faccio impaurire dall'assenza di brividi mistici.
Lo scorso giugno, ormai quasi un anno fa, Mary mi aveva invitato a passare qualche giorno con lei a Roma, dove abitano i suoi. Abbiamo girato insieme la città e visto un sacco di cose belle.
In mezzo a questi giri, tornando da Monte Mario dove avevamo visitato gli zii, abbiamo notato l'indicazione per la Moschea e deciso di andarla a visitare. Non ero mai entrata prima di allora in una moschea, e non mi aspettavo niente di particolare.
Una volta dentro, col capo velato e i piedi scalzi, ho provato un'emozione così vivida che per poco non cadevo a terra. Mi sembrava di stare in un bosco e che l'acqua fresca di un ruscello mi lambisse i piedi; la luce era pura, e il silenzio ricco di promesse. Mary, allarmata, mi chiese se stavo male, perché mi vedeva pallida e tremante, ma io mi sentivo così bene che quasi mi pareva di aver toccato in alto le rotondità di quell'ampia struttura. Sentivo odore di mughetto, ma intorno non ne vedevo; ero felice e compiuta, senza un perché.
Il parroco, dopo aver ascoltato in silenzio il mio racconto, divenne serio e mi mise le mani sulla testa, poi mi congedò con un sorriso, senza darmi il tempo di chiedergli quello che volevo sapere sulla signora Ferretti.
Io penso che mi abbia benedetta. Non capita tutti giorni una fedele bizzarra come me.
Io credo in Dio. Ci credo perché lui mi è venuto a cercare.
Il cercare qualcuno, secondo me, è il primo segno di amore, e se Dio mi cerca vuol dire che mi vuol bene e se mi vuol bene significa che esiste. Chi ama, per forza di cose esiste.
Mi sento molto amata, il che non significa non avere problemi o non soffrire. Ad esempio sono sicura che Alfio, il padrone del supermercato dove faccio la cassiera, mi licenzierà a breve.
Lo dico perché ho notato con che faccia brutta mi guardava ieri l'altro, quando è venuto a fare il suo giro di controllo in sede. Il direttore deve avergli spifferato che non ho dato ragione alla signora Ferretti quel giorno che voleva per forza passare avanti nella fila a un ragazzo di colore. A me non importa un bel niente che quella è nostra cliente abituale mentre il ragazzo era la prima volta che lo vedevo: non si può essere così sfacciatamente ingiusti con le persone, e quindi ho servito prima il ragazzo senza ascoltare le lagne capricciose della signora.
Il direttore voleva convincermi che avevo sbagliato e che prima si servono gli italiani e poi gli stranieri, ma io ho ribattuto che spesso si mettono in fila alla cassa ragazzi bianchi francesi, americani oppure inglesi, studenti all'università qui vicino, e che lui a proposito di questi non mi ha mai detto di spedirli indietro nella fila. Dunque, quella volta della signora Ferretti avrei dovuto forse mandare indietro il ragazzo solo perché era di colore?
Il direttore non ha saputo rispondere a questa mia obiezione e se n'è andato, ma io mi sono accorta che era furioso perché gli si erano gonfiate le vene delle tempie. Ha mandato Mary, la mia collega più cara, a dirmi che se perdiamo come cliente la signora Ferretti, la quale ogni mese fa cento e più euro di spesa per i poveri della parrocchia, lui mi toglie cento euro dallo stipendio. Io allora ho detto a Mary di riferirgli che è il padrone a gestire gli stipendi, mica lui, e che stesse al suo posto.
Mary mi ha riferito che ha detto una parolaccia rivolta a me e poi ha telefonato al padrone.
Mi aspetto quindi di essere licenziata da un momento all'altro, ma non mi sento triste.
Ieri pomeriggio, finito il turno, sono entrata in chiesa. Volevo chiedere al parroco se veramente la signora Ferretti, ogni mese, compra tutta quella roba per i poveri.
Mentre lo aspettavo, mi sono seduta al primo banco, proprio davanti all'altare. Ho giunto le mani e ho provato a pregare.
Devo ammettere, purtroppo, che in chiesa non mi emoziono. Non provo nulla di mistico, e ciò mi dispiace, ma non mi preoccupa affatto. Vado tutte le domeniche a prendere la comunione, sperando sempre di provare un brivido pazzesco d'amore che mi faccia fremere dalla testa ai piedi: non succede mai, ma io non desisto.
Sarebbe una prova fantastica da poter raccontare: forse Dio, però, non vuole che si raccontino prove eclatanti, ma vuole parlare in silenzio a ognuno di noi, in privato.
Ad esempio, dopo che il direttore si è allontanato con le vene delle tempie gonfie e violacee, io non ero arrabbiata o impaurita, ma calma, e ho ripreso a lavorare col sorriso sulle labbra. Sono certa che quella pace me l'ha data Dio.
Quando il parroco è arrivato e mi ha fatto accomodare nel suo studio, è successa una cosa strana. Mi sono del tutto dimenticata di domandargli se davvero la signora Ferretti è così tanto caritatevole e gli ho chiesto invece se, quando sull'altare spezza l'ostia e beve il vino, si sente rapito in estasi oppure banalmente preso da questioni pratiche, tipo stare attento a non fare rumore con la bocca oppure osservare infastidito un fedele che parla al cellulare. Lui si è messo a ridere, ma io penso che siano questioni serie.
Gli ho confessato che quando prendo la comunione non riesco mai a concentrarmi sul fatto che sto mandando giù il corpo di Cristo, ma penso a mille cose diverse e spesso molto sciocche, come ad esempio che i capelli della signora al banco davanti al mio sono unti e tinti di un colore orrendo, o che l'uomo accanto a me ha delle strane unghie tonde che occupano tutta la falange. Gli ho detto anche che non so pregare bene: mi distraggo e mi dimentico addirittura che sto pregando. Perdo il filo di continuo, fino a che mi stufo e lascio perdere.
Il parroco mi ha chiesto, quindi, in base a cosa posso dirmi credente, ma lo ha chiesto con umiltà, non con fare spocchioso, come a dire "io sono prete, leggo la parola di Dio e officio sull'altare, mentre tu non sei nessuno".
Ho preso coraggio e gli ho raccontato della mia prima volta, di quando cioè ho compreso in modo definitivo che Dio mi stava cercando. Da allora, anche se continuo a desiderarli, non mi faccio impaurire dall'assenza di brividi mistici.
Lo scorso giugno, ormai quasi un anno fa, Mary mi aveva invitato a passare qualche giorno con lei a Roma, dove abitano i suoi. Abbiamo girato insieme la città e visto un sacco di cose belle.
In mezzo a questi giri, tornando da Monte Mario dove avevamo visitato gli zii, abbiamo notato l'indicazione per la Moschea e deciso di andarla a visitare. Non ero mai entrata prima di allora in una moschea, e non mi aspettavo niente di particolare.
Una volta dentro, col capo velato e i piedi scalzi, ho provato un'emozione così vivida che per poco non cadevo a terra. Mi sembrava di stare in un bosco e che l'acqua fresca di un ruscello mi lambisse i piedi; la luce era pura, e il silenzio ricco di promesse. Mary, allarmata, mi chiese se stavo male, perché mi vedeva pallida e tremante, ma io mi sentivo così bene che quasi mi pareva di aver toccato in alto le rotondità di quell'ampia struttura. Sentivo odore di mughetto, ma intorno non ne vedevo; ero felice e compiuta, senza un perché.
Il parroco, dopo aver ascoltato in silenzio il mio racconto, divenne serio e mi mise le mani sulla testa, poi mi congedò con un sorriso, senza darmi il tempo di chiedergli quello che volevo sapere sulla signora Ferretti.
Io penso che mi abbia benedetta. Non capita tutti giorni una fedele bizzarra come me.