[MI164] La prima parola
Posted: Sun Mar 06, 2022 7:54 pm
Traccia di mezzanotte: La prima volta.
Cristian ha pronte le chiavi dell'appartamento. Due rampate di scale sono la distanza che lo separano dalla madre Tiziana. Il tintinnio del mazzo di chiavi tra le dita della mano destra accompagna il passo lento nel salire i gradini. Il cilindro della serratura prende a girare e liberare le mandate della porta di sicurezza e i ricordi nella sua testa: “ papà!”. Sono passati due mesi da quando il padre non c'è più. Una breve e fulminante malattia se lo è portato via non dandogli il tempo di capire cosa perdeva in modo definitivo.
Apre la porta delicatamente spingendola col gomito; cercando di non comprimere il mazzo di mimose che tiene nella mano sinistra. La madre è lì che lo aspetta distesa sulla sua vecchia poltrona relax Corbusier in pelle maculata e struttura d'acciaio cromato.
Tiziana si illumina al vederlo, impacciato e timido, con il mazzo di mimose in mano. La madre accenna ad alzarsi ma Cristian, avvicinatosi a lei, l'abbraccia con calore sussurrandole: “ auguri mamma! Buon otto marzo!”. “ Vedo che ti sei ricordato”, risponde lei che non molla la presa sul figlio. “ Come potrei mamma! Adesso tocca a me portarti i fiori alle ricorrenze!”. “ C'è sempre una prima volta a tutto caro mio ometto!” ribatte lei al ricordo del marito e delle sue abitudini di portare a casa sempre dei fiori freschi e che lei gradiva mettere in piena mostra sul tavolo di cucina, dentro a una caraffa dal lungo collo a imbuto. A ogni pasto, colazione, pranzo e cena che fosse, i profumati fiori stavano lì, nel mezzo del tavolo. E ancora si ritrovano lì, i sopravvissuti della famiglia. Di fronte alla caraffa di vetro che contiene i gialli fiori della festa e che Tiziana ha appena sistemato. Sono comparse pure due tazzine e del caffè fumante appena fatto.
“Hai ragione mamma! C'è sempre una prima volta per tutto. Per la prima volta siamo senza papà in questa occasione. L'anno scorso abbiamo fatto una bella festa: la ricordi? Avevi cucinato le lasagne e le polpette al sugo!”.
“Ricordo. Ti eri appena pacificato con tuo padre perché non aveva digerito che eri andato a vivere per conto tuo”.
“Prima o poi avrei dovuto farlo! Non è questa una cosa che alla fine dobbiamo fare tutti?”.
“Già! Ma lui non era pronto e per la verità neanche io!. Credo che tuo padre fosse più morbosamente attaccato a te di quanto lo fossi io. Molte cose le hai fatte con lui per la prima volta.
Il primo giorno all'asilo, alla scuola poi. Il primo calcio al pallone. Il primi giri in bicicletta”.
“Va bene! Mamma! Mettici allora anche il primo bagno al mare, la prima sgridata davanti al preside per i casini che facevo a scuola! Però al primo appuntamento ci sono andato da solo!”.
“Canaglia! Non farmi pensare a quella volta che io e tuo padre ci siamo visti alla porta quella ragazzina in lacrime innamorata di te e che tu avevi sedotto e abbandonata! Che figura ci facemmo e che situazione imbarazzante! Tu che non volevi uscire dalla tua camera per affrontare la situazione e quella che ti chiamava disperatamente! fummo noi a farle capire che doveva rassegnarsi”.
“Dai mamma! Imparai la lezione e non feci più l'errore di dare il mio indirizzo...”.
“Doppia canaglia! È così che ami le donne! A quante porterai i fiori oggi?”.
“Oggi solo a due! Una sei te e l'altra è una ragazza speciale!”.
“Continui a fare la canaglia! Tutte le donne sono speciali: te lo vuoi mettere in testa una volta per tutte?”
“ Mamma! Per la prima volta mi sento innamorato e stiamo decidendo di mettere su casa! Come dici te, c'è sempre una prima volta per tutto!”.
“ Son felice per te. Una vita sentimentalmente regolare è quello che ti ci vuole! A proposito, quando me la porti a conoscere? Sarebbe la prima volta che entrerebbe in questa casa una donna senza piangere!”.
Cristian ha gli occhi fissi sulla madre, allunga la mano su quella di lei: l'accarezza. Quanti pensieri struggenti nella mente lo tormentano. Adesso che il padre non è più compagno di vita per lei; quello che le riempiva la giornata, adesso immagina quanto lei sia bisognosa di conforto. Una domanda gli è appena uscita dall'animo e gliela rivolge: “ Quale è la prima cosa che ho fatto con te? Te la ricordi? Insomma con papà ho iniziato tante cose; ma con te! Non abbiamo parlato minimamente di noi due!”.
Tiziana appare sorpresa e ci pensa per un attimo: sorride.
“Se proprio ci tieni ti racconto una cosa che non sai. Non avevi neanche due anni. Eravamo preoccupati perché non parlavi. Mugugnavi e ti facevi capire a gesti. Il pediatra ci aveva assicurato che eri in salute e crescevi bene. Ci disse che era una cosa normalissima che certi bambini ritardassero di parlare. Forse tu non ne sentivi la necessità dato che ti esprimevi in altro modo.
Quando avevi fame strillavi e contorcevi le labbra e la lingua come fanno i cagnolini quando hanno fame. Ti aggrappavi alla mia gonna e tiravi con tutta la forza. Ed era allora che capivo che avevi fame. Però un giorno ti avevo in braccio e avevi un po di sonno perché avevi finito di ingozzarti con le pappe. Ti avevo contro il petto con la testa sul bavaglino, sopra la mia spalla. Aspettavo che tu facessi il solito ruttino di avvenuta digestione. E guai se non te lo facevo fare: finivi per vomitarmi tutto addosso. Però quel giorno ritardavi quel ruttino ed io stavo cominciando a perdere la pazienza.
Allora ti allontanai dal petto e ti guardai negli occhi dicendoti: ma allora ti vuoi decidere? Lo vuoi fare o no questo benedetto ruttino? Io vidi una luce nei tuoi occhi e per la prima volta mi guardasti incuriosito.
Allungasti le tue manine sul mio viso e mi infilasti le dita prima nelle narici, poi le passasti sulle mie labbra... insomma, mi accarezzasti il volto. Poi improvvisamente, per la prima volta, mi sconvolgesti dalla felicità. Cominciasti a muovere le labbra e la lingua e ti uscì questa parola: mmaaaamma!
Cristian ha pronte le chiavi dell'appartamento. Due rampate di scale sono la distanza che lo separano dalla madre Tiziana. Il tintinnio del mazzo di chiavi tra le dita della mano destra accompagna il passo lento nel salire i gradini. Il cilindro della serratura prende a girare e liberare le mandate della porta di sicurezza e i ricordi nella sua testa: “ papà!”. Sono passati due mesi da quando il padre non c'è più. Una breve e fulminante malattia se lo è portato via non dandogli il tempo di capire cosa perdeva in modo definitivo.
Apre la porta delicatamente spingendola col gomito; cercando di non comprimere il mazzo di mimose che tiene nella mano sinistra. La madre è lì che lo aspetta distesa sulla sua vecchia poltrona relax Corbusier in pelle maculata e struttura d'acciaio cromato.
Tiziana si illumina al vederlo, impacciato e timido, con il mazzo di mimose in mano. La madre accenna ad alzarsi ma Cristian, avvicinatosi a lei, l'abbraccia con calore sussurrandole: “ auguri mamma! Buon otto marzo!”. “ Vedo che ti sei ricordato”, risponde lei che non molla la presa sul figlio. “ Come potrei mamma! Adesso tocca a me portarti i fiori alle ricorrenze!”. “ C'è sempre una prima volta a tutto caro mio ometto!” ribatte lei al ricordo del marito e delle sue abitudini di portare a casa sempre dei fiori freschi e che lei gradiva mettere in piena mostra sul tavolo di cucina, dentro a una caraffa dal lungo collo a imbuto. A ogni pasto, colazione, pranzo e cena che fosse, i profumati fiori stavano lì, nel mezzo del tavolo. E ancora si ritrovano lì, i sopravvissuti della famiglia. Di fronte alla caraffa di vetro che contiene i gialli fiori della festa e che Tiziana ha appena sistemato. Sono comparse pure due tazzine e del caffè fumante appena fatto.
“Hai ragione mamma! C'è sempre una prima volta per tutto. Per la prima volta siamo senza papà in questa occasione. L'anno scorso abbiamo fatto una bella festa: la ricordi? Avevi cucinato le lasagne e le polpette al sugo!”.
“Ricordo. Ti eri appena pacificato con tuo padre perché non aveva digerito che eri andato a vivere per conto tuo”.
“Prima o poi avrei dovuto farlo! Non è questa una cosa che alla fine dobbiamo fare tutti?”.
“Già! Ma lui non era pronto e per la verità neanche io!. Credo che tuo padre fosse più morbosamente attaccato a te di quanto lo fossi io. Molte cose le hai fatte con lui per la prima volta.
Il primo giorno all'asilo, alla scuola poi. Il primo calcio al pallone. Il primi giri in bicicletta”.
“Va bene! Mamma! Mettici allora anche il primo bagno al mare, la prima sgridata davanti al preside per i casini che facevo a scuola! Però al primo appuntamento ci sono andato da solo!”.
“Canaglia! Non farmi pensare a quella volta che io e tuo padre ci siamo visti alla porta quella ragazzina in lacrime innamorata di te e che tu avevi sedotto e abbandonata! Che figura ci facemmo e che situazione imbarazzante! Tu che non volevi uscire dalla tua camera per affrontare la situazione e quella che ti chiamava disperatamente! fummo noi a farle capire che doveva rassegnarsi”.
“Dai mamma! Imparai la lezione e non feci più l'errore di dare il mio indirizzo...”.
“Doppia canaglia! È così che ami le donne! A quante porterai i fiori oggi?”.
“Oggi solo a due! Una sei te e l'altra è una ragazza speciale!”.
“Continui a fare la canaglia! Tutte le donne sono speciali: te lo vuoi mettere in testa una volta per tutte?”
“ Mamma! Per la prima volta mi sento innamorato e stiamo decidendo di mettere su casa! Come dici te, c'è sempre una prima volta per tutto!”.
“ Son felice per te. Una vita sentimentalmente regolare è quello che ti ci vuole! A proposito, quando me la porti a conoscere? Sarebbe la prima volta che entrerebbe in questa casa una donna senza piangere!”.
Cristian ha gli occhi fissi sulla madre, allunga la mano su quella di lei: l'accarezza. Quanti pensieri struggenti nella mente lo tormentano. Adesso che il padre non è più compagno di vita per lei; quello che le riempiva la giornata, adesso immagina quanto lei sia bisognosa di conforto. Una domanda gli è appena uscita dall'animo e gliela rivolge: “ Quale è la prima cosa che ho fatto con te? Te la ricordi? Insomma con papà ho iniziato tante cose; ma con te! Non abbiamo parlato minimamente di noi due!”.
Tiziana appare sorpresa e ci pensa per un attimo: sorride.
“Se proprio ci tieni ti racconto una cosa che non sai. Non avevi neanche due anni. Eravamo preoccupati perché non parlavi. Mugugnavi e ti facevi capire a gesti. Il pediatra ci aveva assicurato che eri in salute e crescevi bene. Ci disse che era una cosa normalissima che certi bambini ritardassero di parlare. Forse tu non ne sentivi la necessità dato che ti esprimevi in altro modo.
Quando avevi fame strillavi e contorcevi le labbra e la lingua come fanno i cagnolini quando hanno fame. Ti aggrappavi alla mia gonna e tiravi con tutta la forza. Ed era allora che capivo che avevi fame. Però un giorno ti avevo in braccio e avevi un po di sonno perché avevi finito di ingozzarti con le pappe. Ti avevo contro il petto con la testa sul bavaglino, sopra la mia spalla. Aspettavo che tu facessi il solito ruttino di avvenuta digestione. E guai se non te lo facevo fare: finivi per vomitarmi tutto addosso. Però quel giorno ritardavi quel ruttino ed io stavo cominciando a perdere la pazienza.
Allora ti allontanai dal petto e ti guardai negli occhi dicendoti: ma allora ti vuoi decidere? Lo vuoi fare o no questo benedetto ruttino? Io vidi una luce nei tuoi occhi e per la prima volta mi guardasti incuriosito.
Allungasti le tue manine sul mio viso e mi infilasti le dita prima nelle narici, poi le passasti sulle mie labbra... insomma, mi accarezzasti il volto. Poi improvvisamente, per la prima volta, mi sconvolgesti dalla felicità. Cominciasti a muovere le labbra e la lingua e ti uscì questa parola: mmaaaamma!