[MI164] Perdersi di vista
Posted: Sun Mar 06, 2022 5:56 pm
Traccia di mezzanotte: La prima volta.
[MI164] Perdersi di vista
Ci siamo persi di vista con Massimo. È la prima volta che ci succede… Eravamo in un prato coi fiori di carta velina rossi che se li sfiori si sfaldano, ma adesso non saprei più tornarci. Sono andato avanti e indietro per tutte le direzioni tranne una, temo, quella giusta, nel panico per colpa del mio cuore che batteva una confusione di colpi mai data prima.
Mi sono sempre vantato del mio orientamento, ma adesso non saprei neanche ritrovare la strada di casa.
Massimo mi starà cercando, lo so. Qualcuno potrebbe pensare il contrario, come certe mie vecchie conoscenze scafate, ma io lo conosco bene: sarebbe perso senza di me.
Mi abbevero a un ruscello e faccio mente locale. Devo andare a monte o a valle?
Siamo venuti in auto da paese e saliti per qualche tornante prima di scendere. Nel tragitto, non c’erano corsi d’acqua, solo vegetazione, alberi e spazi erbosi. C’è qualcuno che cerca funghi, li vedo, ma non posso chiedere a loro.
Della zona del posteggio della nostra macchina non vedo traccia. Ma mi chiedo: saprei riconoscerla vuota?
Mi siedo ad aspettare sul ciglio della strada sterrata sperando in un colpo di coda della mia fortuna smarrita.
Mi viene in mente la prima volta che ho visto Massimo, in quel ristorante all’aperto, a un tavolo appartato.
L’aspetto distaccato, indifferente, lo sguardo controllato e rigido insieme, dava l’idea della raggiunta sicurezza di sé dell’uomo di successo. Vestito di grigio d’una eleganza stropicciata, conversava con gli astanti al tavolo con una voce fredda, tagliente, che puntava nella direzione voluta. Era di certo, perché qualcosa del mondo so anch’io, una importante riunione di lavoro.
Lui dominava con lo sguardo e con gesti misurati ed inequivocabili.
L’interlocutore di turno ascoltava in quel momento, senza rendersene conto, con le mani giunte … qualcosa di simile alla paura si fiutava anche a distanza.
Una voce gioiosa aveva trapassato quell’ambiente, mentre quindici chili di armoniosa grazia infantile si erano tuffati addosso all’uomo grigio e severo, causandone una strabiliante, raggiante trasformazione, al grido: “Papà!”
È stato allora che ho capito che persona fosse in realtà. Perché anche a me succede: l’apparenza inganna. E a volte faccio anche paura, ma è la necessità che mi fa mettere una maschera grintosa.
Intanto, procedo in discesa e in vista del traffico. Se lui percorre la carreggiata da sopra, mi vedrà scendendo; se viene da sotto mi vedrà salendo. Mi dico bravo da solo, come d’abitudine. So di non essere privo di logica e di istinto: ce l’ho nel sangue.
Nel prato del ristorante, dove tutto è iniziato, infatti, lo è stato perché ho deciso io di fare divertire la piccola, facendo persino le capriole con lei sotto lo sguardo della madre sopraggiunta,
Anche in quel prato c’erano i papaveri, ecco, mi ricordo il nome perché lei li ha chiamati “i fiori veri di papà… papà veri!”
All’improvviso, mi scalda il cuore e l’aria intorno il grido del mio nome ai posteriori: è Massimo che scende un terrapieno, a braccia aperte, e io lo raggiungo in tre balzi scattanti e decisi, mentre i miei quindici chili di sgraziata esuberanza canina si tuffano addosso all’ex-uomo grigio e preoccupato, causando la repentina e raggiante trasformazione nei tratti amati del viso del mio imperdibile padrone!
[MI164] Perdersi di vista
Ci siamo persi di vista con Massimo. È la prima volta che ci succede… Eravamo in un prato coi fiori di carta velina rossi che se li sfiori si sfaldano, ma adesso non saprei più tornarci. Sono andato avanti e indietro per tutte le direzioni tranne una, temo, quella giusta, nel panico per colpa del mio cuore che batteva una confusione di colpi mai data prima.
Mi sono sempre vantato del mio orientamento, ma adesso non saprei neanche ritrovare la strada di casa.
Massimo mi starà cercando, lo so. Qualcuno potrebbe pensare il contrario, come certe mie vecchie conoscenze scafate, ma io lo conosco bene: sarebbe perso senza di me.
Mi abbevero a un ruscello e faccio mente locale. Devo andare a monte o a valle?
Siamo venuti in auto da paese e saliti per qualche tornante prima di scendere. Nel tragitto, non c’erano corsi d’acqua, solo vegetazione, alberi e spazi erbosi. C’è qualcuno che cerca funghi, li vedo, ma non posso chiedere a loro.
Della zona del posteggio della nostra macchina non vedo traccia. Ma mi chiedo: saprei riconoscerla vuota?
Mi siedo ad aspettare sul ciglio della strada sterrata sperando in un colpo di coda della mia fortuna smarrita.
Mi viene in mente la prima volta che ho visto Massimo, in quel ristorante all’aperto, a un tavolo appartato.
L’aspetto distaccato, indifferente, lo sguardo controllato e rigido insieme, dava l’idea della raggiunta sicurezza di sé dell’uomo di successo. Vestito di grigio d’una eleganza stropicciata, conversava con gli astanti al tavolo con una voce fredda, tagliente, che puntava nella direzione voluta. Era di certo, perché qualcosa del mondo so anch’io, una importante riunione di lavoro.
Lui dominava con lo sguardo e con gesti misurati ed inequivocabili.
L’interlocutore di turno ascoltava in quel momento, senza rendersene conto, con le mani giunte … qualcosa di simile alla paura si fiutava anche a distanza.
Una voce gioiosa aveva trapassato quell’ambiente, mentre quindici chili di armoniosa grazia infantile si erano tuffati addosso all’uomo grigio e severo, causandone una strabiliante, raggiante trasformazione, al grido: “Papà!”
È stato allora che ho capito che persona fosse in realtà. Perché anche a me succede: l’apparenza inganna. E a volte faccio anche paura, ma è la necessità che mi fa mettere una maschera grintosa.
Intanto, procedo in discesa e in vista del traffico. Se lui percorre la carreggiata da sopra, mi vedrà scendendo; se viene da sotto mi vedrà salendo. Mi dico bravo da solo, come d’abitudine. So di non essere privo di logica e di istinto: ce l’ho nel sangue.
Nel prato del ristorante, dove tutto è iniziato, infatti, lo è stato perché ho deciso io di fare divertire la piccola, facendo persino le capriole con lei sotto lo sguardo della madre sopraggiunta,
Anche in quel prato c’erano i papaveri, ecco, mi ricordo il nome perché lei li ha chiamati “i fiori veri di papà… papà veri!”
All’improvviso, mi scalda il cuore e l’aria intorno il grido del mio nome ai posteriori: è Massimo che scende un terrapieno, a braccia aperte, e io lo raggiungo in tre balzi scattanti e decisi, mentre i miei quindici chili di sgraziata esuberanza canina si tuffano addosso all’ex-uomo grigio e preoccupato, causando la repentina e raggiante trasformazione nei tratti amati del viso del mio imperdibile padrone!