[MI164] La dichiarazione d'amore
Posted: Sun Mar 06, 2022 2:08 pm
Traccia di mezzanotte: La prima volta
Commento a "I lupi di Kabul" di Kikki
«Vieni alla casa al lago, domenica?»
La richiesta prese Riccardo alla sprovvista. Non aveva mai visto Ramona in quel modo: sembrava insicura e bisognosa. Si frequentavano da poche settimane — da quando s’era iscritto al circolo tennis, a cui partecipava solo per poterla conoscere — ed i rapporti fra di loro, per quanto cordiali, erano ancora formali, allo stadio iniziale di quella che poteva essere un’amicizia ma che (Riccardo non s’illudeva al riguardo) non sarebbe mai diventa una storia d’amore. Ora lo invitava alla celebre casa al lago degli Scacchi-Ravelsi, la famiglia altolocata da cui proveniva la studentessa di medicina.
«Non sono mai stato al lago, ti confesso.»
«C’è sempre una prima volta» rispose Ramona, sorridendo, tergendosi il bel collo con l’asciugamano che aveva lasciato in un angolo del campo da tennis, vicino al cellulare e a un tubo di palle gialle ancora chiuso. «Non mi dire di no» aggiunse ancora, mostrando, una volta di più, un’insicurezza che il giovane poeta non avrebbe mai potuto sospettare in lei.
«Verrò» rispose Riccardo.
Ramona sorrise, si ricompose (ritornò “Ramona”) e sgambettò verso le docce, lasciando il poeta perplesso al pensiero di come avrebbe raggiunto la casa (non aveva l’auto) e se potesse permettersi di comprare qualche vestito nuovo, magari una bella camicia, lui che indossava sempre jeans e felpe spiegazzate, e non poteva veramente permettersi neppure il tennis.
«Dici che ci saranno gli altri Scacchi-Ravelsi?» chiese alla sua coinquilina Simona, anche lei studentessa di medicina e studiosissima, tanto che riusciva a conversare e far andare l’evidenziatore del libro mentre parlava con lui.
«So che ha un fratello. Alto, bruno.»
«Mi sentò già in soggezione.»
«Andrà bene.»
«Come ci si veste per andare al lago?» chiese Riccardo, riempiendo lo stesso borsone liso del tennis.
«Cerca di essere te stesso…» rispose Simona, senza smettere di sottolineare. «E…»
«E?»
«Leggile una delle tue poesie.»
«Penserà che sono uno sciocco.»
«Fidati. Alle ragazze piace.»
Riccardo era molto dubbioso su ciò, ma comunque mise nella borsa il suo taccuino, da cui era in ogni caso inseparabile.
In autobus, però, non gli era possibile leggere e scrivere, perché aveva la nausea. Si fece ipnotizzare dall’andamento sinuoso del paesaggio, i monti e le vallate, il contorno del lago e i cespugli di ginestre in fiore che spuntavano ai bordi della strada.
«Riccardo!» disse Ramona, prendendolo per il gomito mentre scendeva dall’autobus, alla fermata al centro del piccolo paese lacustre. «Sono contenta che tu sia qui.»
Le tensioni del ragazzo si dissiparono quando vide che Ramona indossava un semplice piumino e dei jeans. Perché aveva pensato che i suoi vestiti dovessero importare tanto?
«Ti va se camminiamo fino a casa?» chiese Ramona. Una Ramona diversa da quella del tennis. Forse più rilassata, più a suo agio in quel luogo ameno dove la sua famiglia doveva abitare da generazioni e che doveva amare molto. L’aria era fredda e tagliente, ma in un modo piacevole.
«Certo, camminiamo. La borsa è leggera, non ti preoccupare.»
«Stasera mangiamo polenta e uccellini. Spero ti piaccia. So che non sei molto abituato.»
«Non vedo l’ora.»
«C’è anche mio fratello e un paio di amici loro.»
«I tuoi?»
«Sono rimasti a Pavia. Penso volessero godersi un fine settimana romantico.»
«I tuoi sono innamorati?»
«Moltissimo.»
«Ti invidio. Secondo me, i miei stanno insieme per abitudine.»
«Sicuramente si ameranno anche loro, anche se in modo diverso. Tra un po’ arriva anche Andrea. Lo conosci, no?»
A Riccardo cedette un po’ il cuore. Sapeva che quello studente di matematica, uno che stava in collegio, corteggiava Ramona da tanto. Non pensava di avere molte speranze al suo confronto. Era bello, molto sicuro di sé, adatto a lei. Riccardo pensava un forte senso di confidenza facesse la maggior parte del lavoro, nella vita. Lui pensava di avere una volontà risibile.
«Andrea» rispose, sospirando. «Sì, lo conosco. Simpatico.»
«Un po’ insistente, se chiedi a me. Si è praticamente auto-invitato.»
Riccardo si ringalluzzì. Forse Ramona non pensava poi troppo bene di questo ragazzo. Sembrava felice, invece, di stare con lui.
La casa era molto grande e bella. Ramona gliela mostrò e lo condusse nella sua stanza.
«Ti vuoi riposare?»
«Non sono stanco.»
«Facciamo un giro al lago.»
Il fratello di Ramona e gli amici bevevano birra e giocavano a carte in cucina. Li salutarono brevemente.
«Scusa per mio fratello, è molto maleducato.»
«Perché?»
«Ti ha salutato appena.»
«Era impegnato.»
«È il tipico maschio. Non mi piace tanto. Tu sei diverso da loro» disse Ramona.
«Che intendi dire?»
«Andiamo in garage a prenderle le gerle.»
«Le perle?»
«Ah-ah. Le gerle. Sono cesti in vimini per raccogliere la frutta. Abbiamo degli aranci e dei limoni qui vicino. Ne raccogliamo un po’ per fare le spremute domattina. Se mi viene il genio magari faccio la torta. Faccio ottime torte, che ti credi?»
«Che dovrei credermi?»
«Le mie amiche dicono che sono un maschiaccio, ma le torte mi vengono bene.»
«Va bene. Prendiamo le gerle.»
Si caricarono i cesti in spalla e andarono al frutteto, quello lungo il sentiero che, anziché declinare verso il lago, andava verso il piccolo bosco.
«Qui è pieno di frutta.»
«Una volta la mia famiglia aveva dei mezzadri» disse Ramona. «Ora abbiamo ancora delle persone che le raccolgono, ma se ci pensi non cambia molto, perché la maggior parte se le tengono. Solo che ora la frutta non costa tanto.»
«Credo di capire.»
Riempirono un po’ le ceste, non tanto da appesantirsi.
«Scendiamo al lago?»
«Certo.»
«La tua prima volta al lago. Sei proprio un ragazzo del sud.»
«Non mi piace tanto essere del sud.»
«No?»
«Non so. Non mi piace tanto essere me stesso. Vorrei essere un’altra persona.»
«Un’altra persona…» disse Ramona, perplessa. «A me piace essere me. Però non sono felice lo stesso. Sento che mi manca qualcosa.»
Sedettero a una panchina di fronte al lago, fermo e argentato. Ramona sbucciò un limone.
«Che fai?»
«Lo mangio.»
«Non ho mai visto nessuno mangiare un limone.»
«A me fanno impazzire.»
«Dammi uno spicchio.»
«Okay.»
Riccardo lo provò. Era troppo aspro. Deglutì a fatica. Si chiese come quella ragazza potesse mangiare qualcosa del genere. Andrea scese verso il lago. Ramona, quando lo vide, si alzò di scatto e lo abbracciò. In quel momento Riccardo capì che non aveva speranze. Ramona lo aveva condotto al lago per confidarsi con lui, ma avrebbe sempre desiderato un uomo come Andrea. Fine della storia.
«Com’è andata?» chiese Simona, sorniona, seduta al tavolo della cucina col libro, vedendolo rientrare.
«Mi sono divertito molto» disse Riccardo. Era vero. Ci si può divertire e soffrire nello stesso frangente.
«Le hai letto una delle tue poesie?»
«No.»
«Non fai mai quello che ti dico.»
«Non sarebbe servito a molto.»
«Ne hai scritto una però?»
«Certo.»
«Fammi sentire.»
«Non è granché.»
«Fammela sentire.»
«Aspetta, prendo il quaderno.»
«Leggimela tu.»
«Perché?»
«Mi piace quando le leggi» disse lei, cominciando ad armeggiare col cellulare.
Riccardo si sedette al divano della loro casa di studenti, vicino al borsone del tennis, da cui prese il quaderno:
Nel frutteto d’arancio indossavi
una polo, e jeans chiari
Riempimmo le gerle
che erano appartenute
ai mezzadri
della tua famiglia;
solo per divertimento,
un leggera tensione prima del riposo
della sera.
Sulla strada del ritorno ne portai
la maggior parte.
Tu così vicina e distante
che l’anima doleva di quel male
di cui non ho mai conosciuto cura.
«Sarei tentata» disse Simona.
«Di fare cosa?»
«Di mandare il vocale a Ramona.»
«Quale vocale?»
«Quello che ho appena registrato.»
Riccardo arrossì violentemente. Vide la coinquilina, seduta al tavolo della cucina, che lo guardava divertita.
«Io… non ho mai dichiarato a nessuna il mio amore» spiegò.
«C’è sempre una prima volta…» disse Simona, indecise se mandare il vocale, o cancellarlo.
Commento a "I lupi di Kabul" di Kikki
«Vieni alla casa al lago, domenica?»
La richiesta prese Riccardo alla sprovvista. Non aveva mai visto Ramona in quel modo: sembrava insicura e bisognosa. Si frequentavano da poche settimane — da quando s’era iscritto al circolo tennis, a cui partecipava solo per poterla conoscere — ed i rapporti fra di loro, per quanto cordiali, erano ancora formali, allo stadio iniziale di quella che poteva essere un’amicizia ma che (Riccardo non s’illudeva al riguardo) non sarebbe mai diventa una storia d’amore. Ora lo invitava alla celebre casa al lago degli Scacchi-Ravelsi, la famiglia altolocata da cui proveniva la studentessa di medicina.
«Non sono mai stato al lago, ti confesso.»
«C’è sempre una prima volta» rispose Ramona, sorridendo, tergendosi il bel collo con l’asciugamano che aveva lasciato in un angolo del campo da tennis, vicino al cellulare e a un tubo di palle gialle ancora chiuso. «Non mi dire di no» aggiunse ancora, mostrando, una volta di più, un’insicurezza che il giovane poeta non avrebbe mai potuto sospettare in lei.
«Verrò» rispose Riccardo.
Ramona sorrise, si ricompose (ritornò “Ramona”) e sgambettò verso le docce, lasciando il poeta perplesso al pensiero di come avrebbe raggiunto la casa (non aveva l’auto) e se potesse permettersi di comprare qualche vestito nuovo, magari una bella camicia, lui che indossava sempre jeans e felpe spiegazzate, e non poteva veramente permettersi neppure il tennis.
«Dici che ci saranno gli altri Scacchi-Ravelsi?» chiese alla sua coinquilina Simona, anche lei studentessa di medicina e studiosissima, tanto che riusciva a conversare e far andare l’evidenziatore del libro mentre parlava con lui.
«So che ha un fratello. Alto, bruno.»
«Mi sentò già in soggezione.»
«Andrà bene.»
«Come ci si veste per andare al lago?» chiese Riccardo, riempiendo lo stesso borsone liso del tennis.
«Cerca di essere te stesso…» rispose Simona, senza smettere di sottolineare. «E…»
«E?»
«Leggile una delle tue poesie.»
«Penserà che sono uno sciocco.»
«Fidati. Alle ragazze piace.»
Riccardo era molto dubbioso su ciò, ma comunque mise nella borsa il suo taccuino, da cui era in ogni caso inseparabile.
In autobus, però, non gli era possibile leggere e scrivere, perché aveva la nausea. Si fece ipnotizzare dall’andamento sinuoso del paesaggio, i monti e le vallate, il contorno del lago e i cespugli di ginestre in fiore che spuntavano ai bordi della strada.
«Riccardo!» disse Ramona, prendendolo per il gomito mentre scendeva dall’autobus, alla fermata al centro del piccolo paese lacustre. «Sono contenta che tu sia qui.»
Le tensioni del ragazzo si dissiparono quando vide che Ramona indossava un semplice piumino e dei jeans. Perché aveva pensato che i suoi vestiti dovessero importare tanto?
«Ti va se camminiamo fino a casa?» chiese Ramona. Una Ramona diversa da quella del tennis. Forse più rilassata, più a suo agio in quel luogo ameno dove la sua famiglia doveva abitare da generazioni e che doveva amare molto. L’aria era fredda e tagliente, ma in un modo piacevole.
«Certo, camminiamo. La borsa è leggera, non ti preoccupare.»
«Stasera mangiamo polenta e uccellini. Spero ti piaccia. So che non sei molto abituato.»
«Non vedo l’ora.»
«C’è anche mio fratello e un paio di amici loro.»
«I tuoi?»
«Sono rimasti a Pavia. Penso volessero godersi un fine settimana romantico.»
«I tuoi sono innamorati?»
«Moltissimo.»
«Ti invidio. Secondo me, i miei stanno insieme per abitudine.»
«Sicuramente si ameranno anche loro, anche se in modo diverso. Tra un po’ arriva anche Andrea. Lo conosci, no?»
A Riccardo cedette un po’ il cuore. Sapeva che quello studente di matematica, uno che stava in collegio, corteggiava Ramona da tanto. Non pensava di avere molte speranze al suo confronto. Era bello, molto sicuro di sé, adatto a lei. Riccardo pensava un forte senso di confidenza facesse la maggior parte del lavoro, nella vita. Lui pensava di avere una volontà risibile.
«Andrea» rispose, sospirando. «Sì, lo conosco. Simpatico.»
«Un po’ insistente, se chiedi a me. Si è praticamente auto-invitato.»
Riccardo si ringalluzzì. Forse Ramona non pensava poi troppo bene di questo ragazzo. Sembrava felice, invece, di stare con lui.
La casa era molto grande e bella. Ramona gliela mostrò e lo condusse nella sua stanza.
«Ti vuoi riposare?»
«Non sono stanco.»
«Facciamo un giro al lago.»
Il fratello di Ramona e gli amici bevevano birra e giocavano a carte in cucina. Li salutarono brevemente.
«Scusa per mio fratello, è molto maleducato.»
«Perché?»
«Ti ha salutato appena.»
«Era impegnato.»
«È il tipico maschio. Non mi piace tanto. Tu sei diverso da loro» disse Ramona.
«Che intendi dire?»
«Andiamo in garage a prenderle le gerle.»
«Le perle?»
«Ah-ah. Le gerle. Sono cesti in vimini per raccogliere la frutta. Abbiamo degli aranci e dei limoni qui vicino. Ne raccogliamo un po’ per fare le spremute domattina. Se mi viene il genio magari faccio la torta. Faccio ottime torte, che ti credi?»
«Che dovrei credermi?»
«Le mie amiche dicono che sono un maschiaccio, ma le torte mi vengono bene.»
«Va bene. Prendiamo le gerle.»
Si caricarono i cesti in spalla e andarono al frutteto, quello lungo il sentiero che, anziché declinare verso il lago, andava verso il piccolo bosco.
«Qui è pieno di frutta.»
«Una volta la mia famiglia aveva dei mezzadri» disse Ramona. «Ora abbiamo ancora delle persone che le raccolgono, ma se ci pensi non cambia molto, perché la maggior parte se le tengono. Solo che ora la frutta non costa tanto.»
«Credo di capire.»
Riempirono un po’ le ceste, non tanto da appesantirsi.
«Scendiamo al lago?»
«Certo.»
«La tua prima volta al lago. Sei proprio un ragazzo del sud.»
«Non mi piace tanto essere del sud.»
«No?»
«Non so. Non mi piace tanto essere me stesso. Vorrei essere un’altra persona.»
«Un’altra persona…» disse Ramona, perplessa. «A me piace essere me. Però non sono felice lo stesso. Sento che mi manca qualcosa.»
Sedettero a una panchina di fronte al lago, fermo e argentato. Ramona sbucciò un limone.
«Che fai?»
«Lo mangio.»
«Non ho mai visto nessuno mangiare un limone.»
«A me fanno impazzire.»
«Dammi uno spicchio.»
«Okay.»
Riccardo lo provò. Era troppo aspro. Deglutì a fatica. Si chiese come quella ragazza potesse mangiare qualcosa del genere. Andrea scese verso il lago. Ramona, quando lo vide, si alzò di scatto e lo abbracciò. In quel momento Riccardo capì che non aveva speranze. Ramona lo aveva condotto al lago per confidarsi con lui, ma avrebbe sempre desiderato un uomo come Andrea. Fine della storia.
«Com’è andata?» chiese Simona, sorniona, seduta al tavolo della cucina col libro, vedendolo rientrare.
«Mi sono divertito molto» disse Riccardo. Era vero. Ci si può divertire e soffrire nello stesso frangente.
«Le hai letto una delle tue poesie?»
«No.»
«Non fai mai quello che ti dico.»
«Non sarebbe servito a molto.»
«Ne hai scritto una però?»
«Certo.»
«Fammi sentire.»
«Non è granché.»
«Fammela sentire.»
«Aspetta, prendo il quaderno.»
«Leggimela tu.»
«Perché?»
«Mi piace quando le leggi» disse lei, cominciando ad armeggiare col cellulare.
Riccardo si sedette al divano della loro casa di studenti, vicino al borsone del tennis, da cui prese il quaderno:
Nel frutteto d’arancio indossavi
una polo, e jeans chiari
Riempimmo le gerle
che erano appartenute
ai mezzadri
della tua famiglia;
solo per divertimento,
un leggera tensione prima del riposo
della sera.
Sulla strada del ritorno ne portai
la maggior parte.
Tu così vicina e distante
che l’anima doleva di quel male
di cui non ho mai conosciuto cura.
«Sarei tentata» disse Simona.
«Di fare cosa?»
«Di mandare il vocale a Ramona.»
«Quale vocale?»
«Quello che ho appena registrato.»
Riccardo arrossì violentemente. Vide la coinquilina, seduta al tavolo della cucina, che lo guardava divertita.
«Io… non ho mai dichiarato a nessuna il mio amore» spiegò.
«C’è sempre una prima volta…» disse Simona, indecise se mandare il vocale, o cancellarlo.