Note a margine

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Commento a Xenomelia di Alba359

Ora che lo scaldabagno era rotto, ed era inverno, era costretto ad andare dalla sorella per lavarsi a dovere. Ancora precario all’età di trentasei anni, il professore era molto indeciso su quale modello acquistare:
«Sei sicuro?» chiese la sorella, consultando il catalogo mentre sbucciava una mela.
«Trenta litri. Non basta?»
«Stai sempre una vita sotto la doccia.»
«Trenta litri…» pensò. «Dici che è troppo poco?» chiese, dubbioso, spalmando un panino con burro e marmellata.
«Trenta litri è poco e quel mezzo panetto di burro è troppo. Non sei più un ragazzo» disse la sorella, prendendo il panino e gettandolo nel cestino.
«Il fatto…» fece il professore, un po’ piccato perché a quel panino aveva cominciato ad affezionarsi «il fatto è che l’inflazione galoppa.»
«Quanto hai speso in libri questo mese?»
«I libri non costano tanto.»
«Sì, ma tu quanto hai speso?»
«Non so, non più di…» cercò di fare un calcolo a mente. Non facile. Ne comprava quasi ogni giorno.
«Va’ in biblioteca per un paio di mesi, anziché comprare libri. E prendi uno scaldabagno decente» concluse la donna, con lo stesso fare perentorio con cui aveva ucciso la colazione del fratello.

E sia. Ordinò uno scaldabagno capiente e andò in biblioteca per vedere di trovare qualcosa. Diede un’occhiata all’espositore degli ultimi arrivi. Gli sembrarono volgari e commerciali. Uno però lo colpì.
Pianissimo, di Camillo Sbarbaro…. chi è costui?” si chiese, fermandosi nella sua ricerca. Aveva già letto il suo nome da qualche parte. Il professore leggeva disordinatamente, quello che gli capitava. Sbarbaro… un poeta. Forse un amico di Montale. Fece una rapida ricognizione della sua mappa mentale sui poeti minori del Novecento italiano. Decise di prenderlo in prestito. 
«Professore…» disse la bibliotecaria, sorniona. «Non la si vede da queste parti dai tempi del concorso.»
«L’ho passato» rispose subito, trafelato, sentendosi in colpa. Non era contento della sua lentissima carriera lavorativa.
«Ora insegna, vero?»
«Una supplenza…» disse, impossibilitato a millantare da qualcosa di inscalfibile che era dentro di lui.
«Ma non ha passato il concorso?»
«Come idoneo.»
«Che significa?»
«Che bisogna aspettare un po’ per avere il ruolo.»
«E noi aspettiamo…» rispose la donna, sorniona, passando il libro di Sbarbaro sotto lo magnetizzatore.  

«Francesca…» disse quella sera, chiamando la sorella, in ansia.
«Cosa?»
«Ho fatto un’immane cretinata.»
«Non capisco.»
«Ho scritto sul libro.»
«Non capisco.»
«Il libro che ho preso sulla biblioteca. Mi ero scordato che era in prestito. Sai che sono abituato a scrivere sui libri.»
«A penna o matita?»
«A penna.»
«Sui libri si scrive sempre a matita.»
«Ora che faccio?»
«Nulla.»
«Nulla?»
«Nessuno ci farà caso.»
«No?»
«Va’ a dormire. Non restare sveglio a leggere troppo a lungo.»
«Va bene…» disse l’uomo, pentito, spegnendo la luce, continuando a rigarsi nelle coperte, al pensiero della ramanzina della bibliotecaria.

Aspettò ventinove giorni, ma, infine, tornò in biblioteca. 
«Camillo Sbarbaro…» disse la bibliotecaria, girandosi il libro fra le mani. Il professore cominciò a sudare freddo al pensiero che avrebbe sfogliato il libro e notato lo scempio. Ma, semplicemente, come aveva detto a sorella, lo mise fra gli altri da ricollocare a scaffale.

Un mese dopo, alle undici di sera, telefonò a sua sorella.
«Che c’è?»
«Sono un fallito.»
«Perché?»
«Non ho combinato nulla della vita. Non ho mai realizzato i miei sogni.»
«Il tuo sogno era insegnare.»
«Sono solo un idoneo. Faccio supplenze.»
«Se pazienti avrai il ruolo.»
«Sto pensando di scrivere una storia per Topolino
«Cosa?»
«Uno che conoscevo all’università. Non proprio un amico, ma ci frequentavamo. Ora è nella redazione. Magari mi pubblica una storia.»
«Che storia vuoi fare?»
«Ho un’idea per una storia di Pippo.»
«Fa’ Zio Paperone, è più divertente.»
«Non mi sei di supporto.»
«Più di così?»
«È un’idea terribile. La verità è che vorrei scrivere un libro di poesie, ma non ho il coraggio. E poi è quello che fanno tutti.»
«Fa’ quello che fanno tutti. Non è necessariamente un male.»
La sorella chiuse il telefono. Lui cominciò a rigirarsi nelle coperte, pensando che non conosceva abbastanza a fondo i poeti minori del Novecento italiano per fare un libro di poesie come si deve.

Il giorno dopo, andò in biblioteca per fare incetta di libri di poesia. Distrattamente, prese di nuovo Pianissimo di Sbarbaro, anche se non lo aveva tanto apprezzato.
Sedette a un tavolo libero e cominciò a sfogliarlo. Vide (orrore) il suo commento a penna:
“Banale studio sulla depressione, monotono nei temi e artificioso nell’espressione.”
Poi, sotto, c’era un altro commento, in una grafia minuta che non era la sua:
“Sei un asino. È un sublime studio sul dolore.”
Il professore cominciò a sudare freddo. Per uno che aveva fatto, come punto di onore della propria vita, “sapere le cose,” essere definito un asino era una grandissima umiliazione, sia pure un’anonima (gli pareva che la grafia fosse femminile).
Andò in bagnò e telefonò alla sorella.
«Secondo te sono un asino?»
«Sai meno di quello che credi, ma sei sufficientemente colto per fare il tuo mestiere. Perché me lo chiedi?»
«Oggi una mi ha detto che sono un asino.»
«Com’era?»
«Chi?»
«Questa donna.»
«Non lo so. Mi ha scritto un messaggio.»
«Su internet?»
«Su un libro.»
«Invitala a uscire.»
«È una che ha scritto su un libro. Non so come è fatta. Forse non è neppure una donna.»
«È tempo che ti sposi.»
«Mi ha insultato.»
«Vuole dialogare con te.»
«Non so com’è fatta.»
«Non starei troppo a vedere com’è fatta questa persona, alla tua età» rispose la sorella, e chiuse la telefonata.
Il professore prese qualche appunto sulle poesie di Amelia Rosselli, quindi replicò al commento sul libro di Sbarbaro nel modo che gli sembrò più intelligente possibile, correggendo parzialmente il suo giudizio troppo perentorio, e lo riportò alla bibliotecaria. 

Un mese dopo (il suo libro di poesia arrancava, ma era riuscito a scrivere una discreta storia di Pippo) tornò in biblioteca.
«Lei ama molto questo testo» disse la bibliotecaria, dandogli quello di Sbarbaro. «Lo prende di nuovo in prestito?»
«No, consulto soltanto.»
Andò a un tavolo e cercò subito un nuovo commento, ma restò deluso. Perché sarebbe dovuto accadere? Era tutta una sua elucubrazione.
«Già fatto?»
«Oramai lo conosco bene.»
«Dovrebbe parlarne con la dottoressa Caramia.»
«Chi?»
«La coordinatrice del sistema museale. Lo ha preso anche lei il mese scorso.»
«Non la conosco.»
«È piuttosto in vista in città»
«Non conosco molte persone in città.»
«Non ci sono solo le persone dei libri.»
«No, non ci sono solo loro…» disse il professore, perplesso.
Nell’ingresso della biblioteca, diede un’occhiata, come da abitudine, alla bacheca degli eventi. Di lì a due giorni, c’era una presentazione di un libro di poesie. Sarebbe intervenuta anche la dottoressa Caramia.

Sedette in fondo. Le persone cominciarono a riempire l’auditorium della biblioteca. Salirono sul palco due donne, di cui una sula trentina, che giudicò straordinariamente avvenente, e un’altra di mezz’età. Non senza meschino sollievo, capì ben presto che la donna più giovane era la dottoressa Caramia, quella molto in vista in città. Cominciò a parlare con competenza della produzione poetica della sua ospite, tracciando un parallelo col “sublime studio sul dolore” di Sbarbaro.
«Dottoressa…» disse lui, approcciandola quando il convegno fu finito. «Lei non lo sa, ma mi ha dato dell’asino» disse, sorridendo cordialmente.
La dottoressa Caramia sorrise a sua volta:
«Lei è l’anonimo denigratore di Sbarbaro…»
«In persona.»
«Le va se ne discettiamo di fronte a un caffè?»
Il professore si rese conto, quando ebbe finito di fantasticare, che tutti avevano lasciato l’auditorium, tranne la solita bibliotecaria che doveva chiudere e lo invitava a uscire dalla sala.
«Ha conosciuto la dottoressa Caramia?» chiese, sorniona.
«Ci sarà modo» disse il professore.
«Già, ci sarà modo.»
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Re: Note a margine

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Ciao, parto col dirti che non sono molto brava nell'esprimere giudizi su di un racconto e nemmeno nella correzione, quindi prendi tutto con le pinze ed aspetta qualcuno più preparato di me. Spero di rendermi almeno un pochino utile in ogni caso.
Il tuo racconto mi ha messo un profondo senso di annichilimento, non so se fosse questo lo scopo. Saranno i dialoghi brevi, l'atteggiamento del protagonista ed il suo senso di sconfitta ma così è stato, mi ha intristito. La botta finale è stata il suo fantasticare.
Mi è piaciuto in ogni caso Il suo essere "scarno", per così dire, mi è parso un ottimo modo per trasmettere tutto ciò che già ho spiegato.
Per la parte grammaticale invece credo ci siano molte virgole e punti dove non dovrebbero esserci, ma sto ancora studiando l'argomento e quindi posso suggerirti solo di rivedere il tuo testo per ora.
Ti segnalo qualcosa di cui sono certa:
  ha scritto:Il professore leggeva disordinatamente, quello che gli capitava
Qui va tolta la virgola.
  ha scritto:Mi ero scordato che era in prestito
Non che sia sbagliato però ero/era mi risulta rindondante e andrebbe bene anche "Mi sono scordato che era", ma è un parere personale.
  ha scritto:«Va bene…» disse l’uomo, pentito, spegnendo la luce, continuando a rigarsi nelle coperte, al pensiero della ramanzina della bibliotecaria.
Cè un refuso rigirarsi e mi sembrano tante virgole, spezzano molto la lettura.
  ha scritto:Per uno che aveva fatto, come punto di onore della propria vita, “sapere le cose,”
Anche qui la virgola dopo fatto non credo ci stia.
  ha scritto:«È piuttosto in vista in città»
«Non conosco molte persone in città.»
«Non ci sono solo le persone dei libri.»
«No, non ci sono solo loro…» disse il professore, perplesso.
A parere personale la frase "non ci sono solo le persone dei libri" suona un po' strana rispetto alla classica frase "non esistono solo i libri" o "non ci sono solo i libri"

spero di essere stata utile.

Re: Note a margine

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@lunasonne

Ciao, senti intanto volevo dirti di sentirti libera di scrivere quello che vuoi, nella mia esperienza ogni parere è utile. Sicuramente hai colto ciò che volevo trasmettere col racconto. Inizialmente volevo scrivere qualcosa di spensierato e romantico, su due persone che si incontrano su una premessa simile a quella del film "C'è posta per te." Poi la storia è andata in un'altra direzione, perché il protagonista che avevo fra le dita mi ha richiesto questo finale, sicuramente triste e pessimista. Ma non ci sono solo lietofine nella vita, ahimè.

Prendo nota delle tue correzioni sulla punteggiatura e altro, che mi saranno utili quando rivedrò il racconto nei prossimi giorni.

Grazie mille e a rileggersi!
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Re: Note a margine

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Ciao @Domenico S. lieto di rileggerti
Domenico S. ha scritto: Ora che lo scaldabagno era rotto, ed era inverno, era costretto ad andare dalla sorella per lavarsi a dovere. Ancora precario all’età di trentasei anni, il professore era molto indeciso su quale modello acquistare:
«Sei sicuro?» chiese la sorella, consultando il catalogo mentre sbucciava una mela.
«Trenta litri. Non basta?»
«Stai sempre una vita sotto la doccia.»
«Trenta litri…» pensò. «Dici che è troppo poco?» chiese, dubbioso, spalmando un panino con burro e marmellata.
«Trenta litri è poco e quel mezzo panetto di burro è troppo. Non sei più un ragazzo» disse la sorella, prendendo il panino e gettandolo nel cestino.
«Il fatto…» fece il professore, un po’ piccato perché a quel panino aveva cominciato ad affezionarsi «il fatto è che l’inflazione galoppa.»
«Quanto hai speso in libri questo mese?»
«I libri non costano tanto.»
«Sì, ma tu quanto hai speso?»
«Non so, non più di…» cercò di fare un calcolo a mente. Non facile. Ne comprava quasi ogni giorno.
«Va’ in biblioteca per un paio di mesi, anziché comprare libri. E prendi uno scaldabagno decente» concluse la donna, con lo stesso fare perentorio con cui aveva ucciso la colazione del fratello.
Interessante questo rapporto con la sorella. Sembra che per lui rappresenti un punto di riferimento nonostante la sua severità. Il suo carattere deciso e intraprendente, fa da guida allo stato un po' confusionale del protagonista. Un parallelo molto verosimile nella realtà.
Domenico S. ha scritto: Uno però lo colpì.
Pianissimo, di Camillo Sbarbaro…. chi è costui?”
Grazie, non lo conoscevo. Mi hai dato un nuovo spunto di lettura.
Domenico S. ha scritto: «Professore…» disse la bibliotecaria, sorniona. «Non la si vede da queste parti dai tempi del concorso.»
«L’ho passato» rispose subito, trafelato, sentendosi in colpa. Non era contento della sua lentissima carriera lavorativa.
Tutto sommato è ancora giovane, 36 sono pochi. Conosco diverse persone passate di ruolo ben oltre la cinquantina. Ma questo, probabilmente, evidenzia un senso di insoddisfazione che lo pervade indipendentemente dall'età.
Domenico S. ha scritto: «E noi aspettiamo…» rispose la donna, sorniona, passando il libro di Sbarbaro sotto lo magnetizzatore.  
Metterei il magnetizzatore
Domenico S. ha scritto: Il libro che ho preso sulla biblioteca.
In biblioteca.
Domenico S. ha scritto: Aspettò ventinove giorni, ma, infine, tornò in biblioteca. 
Non lo ci vedo quel ma, al limite e, infine...
Domenico S. ha scritto: Ma, semplicemente, come aveva detto a sorella,
Refuso
Domenico S. ha scritto: La sorella chiuse il telefono. Lui cominciò a rigirarsi nelle coperte, pensando che non conosceva abbastanza a fondo i poeti minori del Novecento italiano per fare un libro di poesie come si deve.
Non so, mi sembra improbabile, ma da un tocco di originalità.

Un racconto, come ne ho letti altri, con una vena malinconica. Mi ha trasmesso tenerezza il tuo protagonista che, mi verrebbe da dire, soffre di depressione. Mi è piaciuto l'inizio: la discussione sullo scaldabagno, quasi fuorviante dal prosieguo.
Ambientato in una città di provincia, in cui si rileva un dialogo tra la bibliotecaria che fa presente i tempi del concorso. (In una grande città è tutto più freddo)
Si considera un fallito ma, superare un concorso è già un grande traguardo. Sono pochi gli eletti.
Nonostante questo, non è soddisfatto e cerca costantemente supporto pratico e morale nella sorella. E il finale è una conferma di questo suo stato.
Uno spaccato molto comune, dei tormenti dell'uomo contemporaneo.
Ho apprezzato.
Alla prossima

Re: Note a margine

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Ciao @Kasimiro , mi sembra che tu abbia colto bene quanto volevo esprimere col racconto. La perenne incapacità del protagonista di affrontare la vita spesso sfocia in soluzioni fideistiche e irrealistiche (come per esempio scrivere dal nulla un libro di poesie), inoltre penso anche io che la sua voce interiore sia quella della depressione. Terminando la storia, che non ho potuto che connotare negativamente, mi è venuto un po' di magone per lui: sembra chiuso in un ciclo che non ha sbocchi positivi, probabilmente per suoi limiti interni che forse non è in grado di valicare. Grazie anche per le correzioni. A presto.
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Re: Note a margine

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Ciao @Domenico S., ho cercato un altro racconto da leggere e ti do un parere, sperando ti sia utile. Mi viene spontaneo fare un paragone con l'altro - la storia di Carlo - perché c'è la stessa sensazione di finale aperto, in cui si intuisce quello che si vorrebbe leggere e/o intuire riguardo alla storia. E non è una cosa malvagia, tutt'altro.
Mi piace anche il rapporto tra i due fratelli: lei più pratica e razionale, oltre che magari un po' scocciata da un fratello un po' lunatico (in senso buono). Un personaggio per cui ho trovato simpatia, forse perché mi ricorda un po' il sottoscritto. Nel mio caso ho rinunciato a insegnare quando ho scoperto che non rientravo nelle classi di matematica per il liceo perché non avevo sufficienti crediti in fisica... ma questa è un'altra storia.
Però è un altro racconto su cui non ho molto da dire: la tua vena ironico-malinconica e l'ironia stessa che nasconde significati più profondi è una cosa che apprezzo e che, talvolta, cerco di fare anch'io. Questo racconto, in particolare, mi ha ricordato la tua "saga" - la definisco così! - del tuo supereroe di "serie B" di cui avevi pubblicato vari racconti sul WD. Non ricordo come si chiama, ma è quel ragazzo che consegna pizze ed è un supereroe in genere snobbato dagli altri.
Mi è piaciuto in particolare l'espediente del sogno a occhi aperti con una realtà che alla fine si rivela diversa
Domenico S. ha scritto: «Dottoressa…» disse lui, approcciandola quando il convegno fu finito. «Lei non lo sa, ma mi ha dato dell’asino» disse, sorridendo cordialmente. [...]
tutti avevano lasciato l’auditorium, tranne la solita bibliotecaria che doveva chiudere e lo invitava a uscire dalla sala.
perché è una cosa che non di rado uso anch'io. :P
Ti dico di più, per qualche motivo ho immaginato che la dottoressa Caramia in realtà fosse la bibliotecaria. Forse perché lui sogna a occhi aperti e alla fine la bibliotecaria, oltre a essere l'ultima a uscire, è anche quella che ha notato che lui prende il libro di Sbarbaro. A rileggerci!
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Re: Note a margine

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@bwv582 Ciao, ti ringrazio per l'interessante analisi del racconto. Sono contento tu abbia colto che, sotto un aspetto di ironia e, in alcuni casi, anche di leggerezza, ho cercato di trasmettere qualcosa di più. Penso che alcuni di noi si possono ritrovare nel personaggio da me descritto. Altri, avranno provato simpatia e, perché no, irritazione per questa sua incapacità di affrontare la vita dalla quale non riesce a fuoriuscire, nemmeno nel finale. Sicuramente ci possono essere paralleli col personaggio di Dimensional Boy, in quanto parliamo di caratteri che cercano inutilmente di emanciparsi da situazioni che vedono come più grandi di loro, ma forse i racconti supereroistici trasmettevano un messaggio tutto sommato positivo, di speranza. Devo ricordarmi di mettere qualche altro "episodio" della saga anche su CDM.

A presto, Domenico
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