[MI 162] L'incontro nell'acquitrino
Posted: Sun Feb 06, 2022 10:55 pm
Traccia di mezzogiorno: Lei
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Era già avanti negli anni Agostino quando un giorno si rese conto di essere stanco. Inutile continuare ad aggirarsi nei dintorni di Malkhut e aspettarsi qualcosa. Forse non ne era degno, pensava camminando sulla sabbia con il mare che mormorava lento e a tratti audace, come seguendo i suoi pensieri.
Per ricevere bisogna imparare a dare diceva la Kabbalah, ma lui aveva avuto paura di ricevere troppo, di essere considerato corresponsabile della creazione; aveva, forse senza volerlo ma chi poteva dirlo, ostacolato il suo pensiero verso le sfere superiori costringendo la sua luce vitale a precipitare sotto Malkhut, nel regno della morte. Aveva contribuito con questo ad alimentare il male. Il male esisteva per colpa di quelli come lui, si alimentava della loro luce dispersa che non osava salire in alto.
Questa ennesima consapevolezza del suo fallimento lo aveva prostrato. Aveva sentito dentro di se una voce dirgli di interrompere la sua ricerca, perché stava alimentando l’inferno. Da una parte poteva gioire: era stato avvisato, ma dall’altra era precipitato nella disperazione. Poteva essere il primo e ultimo avvertimento.
Cosa ci faceva in quella spiaggia deserta? Come stordito riconobbe i luoghi della sua infanzia e continuò a camminare per lungo tempo, fino a sentirsi esausto. Era giunto in un acquitrino dove l’acqua ferma e verdastra emanava un odore di febbre. Era un luogo bello per Agostino, capace di penetrare i particolari di ogni cosa, senza fare differenza fra le distese di fitti canneti dall’odore pungente, il gracidare delle rane, le carcasse arrugginite di auto abbandonate contornate da masse di rifiuti compositi. Camminò per una strada sterrata e polverosa senza curarsene, come fosse su una strada di festa. Davanti alla pineta immersa in una cupa ombra che odorava di putrefazione vide una sequenza di rottami di case prefabbricate malmesse, all’apparenza abbandonate, sfondate, cosparse di scritte, erbacce, immondezza. Davanti alla porta d una di queste case, seduta su una poltrona sfondata c’era una donna che lo guardava in silenzio. Aveva in testa un grande cappello nero, mostrava le gambe accavallate, una mano sollevata come se tenesse una sigaretta o un pensiero sospeso. Ai suoi piedi una borsa nera, come gettata.
Agostino rimase a guardare a bocca aperta. Qualcosa gli era familiare di quella donna, immagini della sua giovinezza, gli ricordava una cantante, ma non seguiva le cantanti. La donna guardava davanti in silenzio nella sua direzione, ma sembrava vedere oltre. Aspettava lui. Un brivido scese lungo la schiena di Agostino che tuttavia si avvicinò, fermandosi davanti a due alti scalini di cemento sbrecciato, con la donna che si ergeva maestosa sopra di lui.
—Ho sentito una voce— disse Agostino. E poteva essere una frase qualunque.
—Lo so— disse la donna con il volto serio. E non era una risposta qualunque. Sapeva. Era.
—La mia colpa dunque?
—Troppo orgoglio nel volerlo sapere.
—Non sono perfetto.
—Molti si arrendono. Hai dato energia al male.
—Lo so.
—È più comodo alimentare il male?
Agostino rimase in silenzio. Avrebbe voluto sedersi, era stanco. Ma rimase in piedi.
—Si, è più comodo. Non volevo, ho abbastanza conoscenza, ma non ho resistito alla stanchezza di vivere. Ho lasciato che la luce scendesse e me ne sono andato.
La donna sembrò sospirare.
—La tua mancanza di fiducia, la tua debolezza ha alimentato ulteriore male. Infelicità. Omicidio. Guerra. Follia.
Agostino avrebbe voluto rispondere: “È sempre stato così” ma sapeva che non era la risposta da dare.
—Hai fatto bene a non rispondere. Ma il solo pensarlo sta causando altro male in questo momento.
—Io non riesco ad andare avanti, sono troppo debole. Non riesco.
—Hai mai amato?
Agostino guardò le gambe della donna, che non si scompose.
—Perché me lo chiedi in quel modo?
—Così “sconcia”? Tu badi a questo?
—Dovrei? Ma non m’importa. Non ho mai amato.
La donna assunse un’espressione triste.
—Lo studio non ti è valso. Non intendo l’amore della carne. Hai mai amato la natura umana, la sua felicità?
—Ah quella. Io l’ho cercata, si.
—Non la si cerca restando chiusi in se stessi. Dovevi uscire per capire, dovevi vivere. Dovevi amare.
—Me ne sono accorto oggi. Me ne sono andato per questo. Ho lasciato tutto.
—Se stai parlando con me significa che qualcuno vuole venirti incontro.
—È chi penso io?
La donna assunse un’aria severa.
—E hai fatto bene a non pronunciare il suo nome.
—So di non doverlo…
—E parli troppo. E non capisci. E non vivi.
—Ma non sono malvagio.
—Per stanchezza, per sfiducia hai favorito il male.
—Dammi un’altra possibilità.
La donna diede un calcio alla sua borsa facendola cadere davanti ad Agostino.
—Aprila. Troverai qualcosa per pensare.
Agostino la raccolse, era leggera, l’aprì. Dentro c’era un foglio con queste parole: Semen retentum venenum est.
—Il seme del desiderio di luce in ogni uomo, se trattenuto diventa un veleno per se stesso e i suoi simili. Tu lo hai trattenuto.
—Sono consapevole. Cosa sarà di me?
—Torna a cercare. Ma questa volta coinvolgi i tuoi simili. La maggior parte vive nel buio, vive nel male convinta di fare il bene.
—Lo so e soffro per questo.
—Questo è il motivo per cui qualcuno ti ha avvisato. Non sono molti gli uomini che hanno la consapevolezza della luce. Tu sei uno di quelli. Riprendi la tua strada. Anche grazie a te ci sarà meno male su questa Terra.
—Fino a quando?
La donna si alzò. Sembrava una comune donna. Sorrise ed era un sorriso strano, pareva non appartenerle. Agostino ricordava di averla vista in qualche filmato musicale, forse era una cantante, ma non doveva essere la stessa persona. O lo era? Le intricate strade della conoscenza erano piene di strani incroci.
—Questo non è dato sapere.
—Ma un giorno finirà il male?
—Un giorno finirà. Non lo vedrai quel giorno, non materialmente, ma ne avrai consapevolezza.
Agostino sorrise, sentì gli occhi inumidirsi di gioia. Li chiuse. Quando li riaprì la donna era scomparsa. Si sentiva fresco e riposato. Decise di ritornare alla sua casa, ma passando per il centro del paese. Voleva parlare con tutti quelli che avrebbe incontrato, chiedere come stavano, se tutto andava bene, di aver fiducia, di pregare, di amare, di non odiare nessuno… Programma ambizioso, ma qualcuno aveva cominciato a farlo tanto tempo fa in un piccolo posto del mondo e altri avevano continuato. Ma erano pochi. Dovevano diventare molti per salire alla Luce e impedire al loro scoraggiamento, alla loro paura di vivere di dare energia al male eterno che si aggrappava da sempre all’anima dell’uomo.
Programma ambizioso ma fattibile. A cominciare dal suo piccolo paese.
Agostino adesso era felice.