[MI 160 fuori concorso] Il picnic
Posted: Tue Jan 18, 2022 12:15 am
Traccia di mezzanotte: Blackout
Commento
Commento
Dopo il cancello d'ingresso bisognava percorrere un viale e poi svoltare a sinistra. Da lì era facile, bastava fare attenzione e seguire le frecce, disposte in modo apparentemente casuale.
«Sei sicuro che sia di qua?»
«Abbastanza. Ci sono stato qualche anno fa, in gita. Ecco, guarda là in basso, vedi?»
«Non vedo niente. Aspetta, uso l'accendino».
«Sei matto? Vuoi farci scoprire subito? Fidati, l'ho vista io».
I due ragazzi camminarono in silenzio per qualche secondo. Davanti a loro i profili degli alberi secolari formavano sagome indistinte e gonfie di misteri irrisolti. Poi, alla loro sinistra, un bisbiglio, rauco ma chiaro.
«Parola d'ordine?»
«Paul Stanley non sa cantare».
Qualche attimo di silenzio, poi il brillare di una fiammella.
«Da questa parte».
I ragazzi seguirono la voce. Da anni la tomba di Jim Morrison era stata circondata da una ragnatela di transenne metalliche, contro gli assalti dei vandali o dei fan troppo appassionati. Nelle ultime due settimane, però, era successo di tutto e nessuno aveva più pensato a inezie come l'ordine di quelle transenne. Il loro interlocutore li aspettava seduto sul bordo della tomba. Era talmente grosso che, nonostante fosse seduto, sembrava stesse in piedi. I ragazzi videro la fiamma di un accendino, una sagoma scura e una serie di luccichii metallici. Probabilmente aveva diversi anelli alle dita.
«Ciao ragazzi, io sono il Boyler» disse con una voce che cercava di mantenersi bassa, ma che sembrava abituata a esprimersi con un'intensità ben maggiore.
«Io sono Newton».
«Io Leehman».
«Prego, accomodatevi».
Il Boyler parlò come se si trovasse nel salotto di casa sua, invece che sulla tomba di un membro del Club dei 27.
«Niente nomi, mi raccomando. Se non ci si aiuta fra noi italiani, ci mancherebbe, ma niente nomi. Se succede qualcosa, io non vi conosco e voi non mi avete mai visto, intesi?»
«Certo».
«Chiaro».
«Perfetto. Allora, che cosa avete di buono?»
Leehman aveva con sé una borsa a tracolla. L'aprì e dispose il contenuto in ordine sul selciato.
«Metti qua, che fai? Tanto a Jim cosa vuoi che gliene importi?»
«Scusa».
«Figurati, lo dico per te. Aspettate un attimo».
Il Boyler fece scintillare un accendino. In breve, tre lumini rossi rischiaravano l'ambiente in modo adeguato.
«Ecco, adesso ci vediamo in faccia e non corriamo pericoli. Mamma mia, che faccini avete! Dai, su, che stiamo un po' qua e poi iniziamo a pensare a come tornare a casa. Io sono di Monte San Pietro, vicino Bologna, voi?»
«Noi siamo di Cesenatico» disse Newton. Leehman nel frattempo tirava fuori dalla borsa una confezione da venti di crackers salati, una di biscotti Bucaneve e quattro Buondì un po' schiacciati.
«Ottimo, allora possiamo fare tutta la strada insieme. Calzature? Sandali o scarpe chiuse?»
I due ragazzi sollevarono i piedi e mostrarono due paia di Nike quasi nuove.
«Bravi. Io ho ancora quattro lattine di tonno, del pane da toast, e soprattutto ho la birra. È calda, per forza, ma... E ditemi, cosa facevate qui? Vacanze?»
«No, siamo in Erasmus. Eravamo arrivati da due giorni, non avevamo neanche imparato quale linea di metropolitana dovevamo prendere per andare all'università, quando...»
Newton e Leehman ripensarono alle ultime due settimane. Stavano camminando lungo un marciapiedi di Montmartre, quando l'insegna del Moulin Rouge davanti a loro si era spenta all'improvviso. Seguita, subito dopo, dal resto delle insegne di Pigalle e da tutte le luci delle case attorno.
All'inizio avevano riso. La città della luce senza luce era un bel paradosso. Poi la madre di Leehman, apprensiva come poche, gli aveva telefonato urlando che a Cesenatico era andata via la luce in tutta la città, grattacielo compreso. La ragazza di Newton, che abitava a Lido delle Nazioni, gli aveva telefonato dicendo la stessa cosa. E le luci non si erano più accese. Internet non si era più riattivato, così come le televisioni e i computer. Rientrando allo studentato, e la camminata non era durata poco, Newton e Leehman avevano visto zone illuminate a sprazzi, piccole chiazze isolate in un buio desolante e rumoroso. Poi avevano capito che si trattava dei generatori di emergenza degli ospedali.
I primi giorni, solo smarrimento. Con quel poco di francese che masticavano, avevano capito dai compagni di studentato che il blackout aveva invaso tutto il continente, una macchia d'inchiostro unica dall'Islanda a Lampedusa. Durante il giorno, complice l'estate, sembrava più o meno tutto come sempre. La notte succedeva di tutto. Girava voce che ronde di sudamericani avessero sfasciato la piramide del Louvre e bruciato centinaia di dipinti per fare luce e fuoco. Chissà se era vero. Le bancarelle di libri sulla Senna erano cadute ancora prima che il fiume si riempisse di frigoriferi traboccanti di carne andata a male. Resistevano intatte, e questo era paradossale, le vetrine di lusso del Faubourg Saint-Honoré e di Place Vendôme. I gioielli di Bulgari e Cartier non si mangiano.
Poi, quella mattina, Newton e Leehman si erano spinti dalle parti di Notre-Dame. Si raccontava in giro che la Chiesa francese avesse scorte ingenti di cibo, ma più che quello li spinse la volontà di chiedere aiuto a qualcuno per tornare a casa. Con qualsiasi mezzo; i proprietari di biciclette, monopattini e skateboard rischiavano di essere aggrediti a ogni incrocio, ma loro non osavano spingersi a tanto.
Forse qualcuno li sentì parlare dei passatelli in brodo di casa Leehman, fatto sta che si sentirono apostrofare.
«Italiani?»
«Sì?»
«Serve aiuto?»
«No... grazie, tutto a posto».
«Sì, certo. Sentite, se volete tornare in Italia, conosco chi vi può aiutare».
Lo sconosciuto aveva allungato un foglietto: “Cimitero Père Lachaise, tomba di Jim Morrison, chiedete del Boyler”, e la parola d'ordine.
«Allora, ragazzi, il piano è questo» disse il Boyler, mentre contemplavano le scorte di cibo. «Ci muoviamo di giorno per uscire dalla città, poi ci spostiamo sempre verso sud. Non parliamo a nessuno, facciamo finta di essere tedeschi, che per ora pare tengano botta. Voi sapete il tedesco?»
Newton e Leehman scossero la testa.
«Oh, ma siete proprio due formaggini, eh? Allora non parlate per niente. Io ho una vecchia guida della Francia, useremo quella. A Grenoble ho degli amici che ci potranno aiutare. Si tratta solo di arrivarci, ma stiamo attenti, non perdiamoci di vista neanche per andare in bagno e non fidiamoci di nessuno, chiaro?»
i ragazzi annuirono timidi.
«Bravi. Allora, adesso ci mangiamo un pacchetto di cracker a testa e poi ci riposiamo, così domani, appena fa luce, ci mettiamo in marcia. Chi fa il primo turno?»
«Turno?»
«Di guardia, formaggino. Credi che siamo al sicuro qua? Non sai che ci sono i Ceffi?»
«I... Ceffi?»
«I Ceffi della Bolognina. Sono in cinque, si sono accampati intorno alla tomba di Oscar Wilde. A loro non frega niente che siamo tutti italiani, quelli se vi beccano, prima vi fregano tutto il cibo, poi vi spezzano il collo e poi vi salutano. Quindi, turni di guardia. Io faccio quello centrale, da mezzanotte alle tre».
«Lo faccio io» disse Leehman.
«Bravo, stracchino. E buon appetito».
I tre scartarono un pacchetto di cracker ciascuno e masticarono piano. Temevano che anche i movimenti delle mascelle potessero far irrompere i Ceffi da dietro una sepoltura.
«Ma tu, come mai sei qui?»
«Io?» rispose il Boyler a bocca piena «Faccio il DJ. Ho fatto ballare mezza Italia e avevo venti serate in programma in un club di Belleville. Volete sentire qualcosa?»
«Come fai, scusa? Hai un generatore di emergenza anche tu? Usi le candele?»
«No, no, faccio tutto io. Conoscete gli Hardcore Superstar?»
«Mai sentiti».
«Peccato, potevate fare i cori. Allora vi faccio sentire We Don't Celebrate Sundays».
E, dopo avere finito di masticare, si mise a imitare il suono di una chitarra elettrica che ritmava su una base veloce. Con la mano destra teneva il tempo e ruotava la sinistra in cerchio, come se stesse manovrando la manopola di una console.
Era bello stare lì, a godersi quella parvenza di normalità.