[MI 160] La caccia
Posted: Sun Dec 12, 2021 11:58 pm
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Traccia di mezzogiorno
Un uomo entra in un caffè e si guarda intorno con aria smarrita. L'ambiente è abbastanza piccolo ma ben organizzato. Subito di fronte all'entrata il bancone, che poi si sviluppa verso sinistra e si snoda come un serpente legnoso. Al posto della testa, una vetrina ospita qualcosa di colorato, una massa che l'uomo non distingue del tutto. Di sicuro, qualcosa di commestibile, brioches forse, insieme a scatole di biscotti e confezioni di caramelle gommose più vicino. Dietro il bancone, un ripiano ospita una lunga sequenza di bottiglie dall'aria vissuta. I pochi secondi a disposizione gli permettono di vedere solo questi elementi, tutti dettagli fuggevoli e irrilevanti come potrebbe essere la discografia degli Hardcore Superstar per un manager del settore farmaceutico.
-Ma... é vivo?
-Certo che è vivo, è un mio amico, cosa c'è di strano?
-No, niente, si figuri, chiedevo.
-Allora, cosa ti do da bere?
-Veramente...
-Ho capito, faccio io.
Il barista si volta, sfodera due manone con dita tozze e guarnite da anelli che starebbero bene a un gangster dei fumetti e arraffa due bottiglie dal ripiano. Versa un liquido di un azzurro intenso dalla bottiglia più grande e uno di colore fucsia da quella più piccola. Le due tinte si fondono in un qualcosa di indefinibile, che emana un odore misto fra miele e gomma bruciata.
-Ecco qua, bello. Per darti la carica. Tutto d'un fiato, mi raccomando. Bevi, che dopo ti do tutte le istruzioni. Buono Sven Blaze, dopo ti do un altro po' di frattaglie. A proposito, io sono il Boyler, ma questo lo sai già, no?
-Il Boyler? Questo è il suo nome?
L'uomo scruta il bicchiere ma non si azzarda a toccarlo. Sven alza una zampa e si irrigidisce in una posa ieratica.
Il barista continua a sorridere e sventola una manona davanti all'uomo.
-Non farmi domande inutili. Certo che non è il mio nome, ma non ti interessa saperlo. Allora, bevi? Comunque, zitto e fermo, adesso ascolta.
Il barista appoggia la sua mole sul bancone e fisssa l'uomo più da vicino. Ha i capelli fermati dietro le orecchie, la carnagione olivastra e indossa una maglietta con la scritta VODKA FOR BREAKFAST. Ricorda un po' un personaggio di un vecchio telefilm, di cui l'uomo non ricorda il titolo, solo che c'entravano dei cacciatori di taglie.
-Allora, bello, questa è la tua prima tappa. Sei al Bar Qua, poi ci sono il Bar Là, il Bar Giù e il Bar Su. Fai attenzione, la sequenza deve essere questa o salta tutto. Solo una volta che avrai superato la prova ti darò l'indirizzo per il prossimo bar. Se non superi la prova non ti voglio anticipare niente, chiaro, ma diciamo che potrebbe essere complicato farti uscire. Ma hai la faccia di uno che ne sa, sono sicuro che ce la farai, di qualsiasi cosa si tratti. Poi, quando avrai finito la caccia, torna qua che ti faccio un cicchetto di quelli buoni e ci guardiamo il DVD del concerto dei Kiss a Dubai, eh?
-Ma, io...
-Fai attenzione, bello, ecco la prima prova.
Si sposta verso il banco delle brioches, ora che sono più vicine riesce a vederle con chiarezza, e tira fuori un mazzo di carte, un fazzoletto nero spiegazzato e una boccetta con un vago odore di mandorle.
-Allora, prima prova. Devi costruirmi un castello di almeno dieci cartre, su questo bel bancone, con la benda sugli occhi... scusa, eh, l'ho in tasca da solo una settimana. Dopo un minuto, se non hai ancora finito, inizio a metterti sulle mani una goccia di quest'olio di mandorle dolci che fa tanto bene alla pelle, ma è scivoloso, e fidati che te lo dico io, non ci vorresti scivolare sopra. Hai capito in cosa consiste la prima prova?
Il barista e l'uomo si guardano in silenzio per un attimo.
-Ci deve essere un malinteso- ha finalmente modo di dire l'uomo, con una voce che sembra più che altro un miagolio. Il barista scoppia a ridere con una risata che fa tremare le pareti, e fa voltare Sven nella loro direzione, con un'aria di disapprovazione (sempre che gli aironi possano avere un'aria di disapprovazione). Poi torna serio di botto, non appena si accorge che l'uomo non sta scherzando.
-Scusa, bello, ma non ha senso. Le istruzioni che mi hanno lasciato erano chiare. Il primo partecipante è un uomo qualunque che entrerà nel bar senza parlare. Il secondo partecipante è uno studente universitario con i capelli viola. Il terzo partecipante è una donna di sessant'anni con una maglietta dei New Yokr Dolls.
Recita a memoria.
-Quindi...? - miagola l'uomo.
-Quindi, niente. Tu sei un uomo qualunque e sei entrato senza parlare. Per me era chiaro. Eh, un bel problema.
-In... che senso?
-Eh, la caccia è un segreto, io non so il tuo nome, tu non sai il mio, sai solo che sono il Boyler, ma solo chi sa della cacccia ne può parlare. Adesso che il meccanismo si è inceppato, è proprio un problema. In teoria, non ti dovrei far uscire da qui. Oppure dovrei farti perdere la memoria, ma non so come fare. Forse potrei mescolare un cicchetto con qualcos'altro, ma non vorrei rischiare.
-No, ma guardi, io non ho capito niente, non vado a dire niente a nessuno, si figuri.
-Senti, bello, ma se non sei qui per la caccia, perché sei entrato nel mio bar?
-Veramente, io volevo solo chiedere la strada per la stazione.
Il barista scoppia a ridere di nuovo e fa ballare i ditoni sul bancone del bar. Poi torna serio all'improvviso.
-Vai.
-Come, prego?
-Vai, esci di qua. Ti voglio credere, perché questa storia delle prove, dei quattro bar, alla fine non piace neanche a me. Dimentica tutto, tu non sei mai stato qui, ma non dico qui nel bar, dico in questa città. Dimentica anche come ti chiami, anche la parola caccia, io conto fino a tre, chiudo gli occhi e quando li riapro tu non devi essere più qui, Mi sono spiegato?
-Ma io...
-Uno- e si mette le manone davanti agli occhi mentre la sua voce tuona tutto intorno.
-La stazione...
-Due- il tuono si propaga e assume accenti apocalittici.
L'uomo indietreggia, incespica, scivola quasi, usa il luccichio della vetrata della porta come riferimento ed esce.
L'ultima cosa che vede, e la sola che deciderà di ricordare di quell'esperienza surreale, è Sven che lo fissa mentre, inciampando sui suoi piedi e frullando le mani in aria, riesce a trovare l'uscita. Lo fissa con intenzione, gli occhi da uccello che hanno un'aria beffarda. Sempre che gli aironi possano avere un'aria beffarda.
Traccia di mezzogiorno
Un uomo entra in un caffè e si guarda intorno con aria smarrita. L'ambiente è abbastanza piccolo ma ben organizzato. Subito di fronte all'entrata il bancone, che poi si sviluppa verso sinistra e si snoda come un serpente legnoso. Al posto della testa, una vetrina ospita qualcosa di colorato, una massa che l'uomo non distingue del tutto. Di sicuro, qualcosa di commestibile, brioches forse, insieme a scatole di biscotti e confezioni di caramelle gommose più vicino. Dietro il bancone, un ripiano ospita una lunga sequenza di bottiglie dall'aria vissuta. I pochi secondi a disposizione gli permettono di vedere solo questi elementi, tutti dettagli fuggevoli e irrilevanti come potrebbe essere la discografia degli Hardcore Superstar per un manager del settore farmaceutico.
- Oh, finalmente, eccoti qua!
Il vocione maschile rimbomba alla sua sinistra a sorpresa. L'uomo si volta in direzione della voce e, in perfetta sincronia con il movimento, il barista si palesa. Dove fosse nascosto fino a quel momento, viene chiarito subito.
-Eccomi, bello. Scusami, eh, ma ero qua dietro che davo da mangiare a Sven Blaze.
L'uomo fa un gesto, educato ma stupito, con la testa.
-Ma sì, Sven Blaze, il mio amico!
Si china un attimo e solleva da sotto il bancone il portatore di quel nome strambo.
-Quello è...
-Un airone, certo!- tuona il barista mentre depone l'ardeide dalle penne grigie sul bancone. L'airone sembra del tutto a suo agio in quel contesto, muove appena la testa verso la porta del bar e ha un'aria compiaciuta (sempre che gli aironi possano avere un'aria compiaciuta).-Ma... é vivo?
-Certo che è vivo, è un mio amico, cosa c'è di strano?
-No, niente, si figuri, chiedevo.
-Allora, cosa ti do da bere?
-Veramente...
-Ho capito, faccio io.
Il barista si volta, sfodera due manone con dita tozze e guarnite da anelli che starebbero bene a un gangster dei fumetti e arraffa due bottiglie dal ripiano. Versa un liquido di un azzurro intenso dalla bottiglia più grande e uno di colore fucsia da quella più piccola. Le due tinte si fondono in un qualcosa di indefinibile, che emana un odore misto fra miele e gomma bruciata.
-Ecco qua, bello. Per darti la carica. Tutto d'un fiato, mi raccomando. Bevi, che dopo ti do tutte le istruzioni. Buono Sven Blaze, dopo ti do un altro po' di frattaglie. A proposito, io sono il Boyler, ma questo lo sai già, no?
-Il Boyler? Questo è il suo nome?
L'uomo scruta il bicchiere ma non si azzarda a toccarlo. Sven alza una zampa e si irrigidisce in una posa ieratica.
Il barista continua a sorridere e sventola una manona davanti all'uomo.
-Non farmi domande inutili. Certo che non è il mio nome, ma non ti interessa saperlo. Allora, bevi? Comunque, zitto e fermo, adesso ascolta.
Il barista appoggia la sua mole sul bancone e fisssa l'uomo più da vicino. Ha i capelli fermati dietro le orecchie, la carnagione olivastra e indossa una maglietta con la scritta VODKA FOR BREAKFAST. Ricorda un po' un personaggio di un vecchio telefilm, di cui l'uomo non ricorda il titolo, solo che c'entravano dei cacciatori di taglie.
-Allora, bello, questa è la tua prima tappa. Sei al Bar Qua, poi ci sono il Bar Là, il Bar Giù e il Bar Su. Fai attenzione, la sequenza deve essere questa o salta tutto. Solo una volta che avrai superato la prova ti darò l'indirizzo per il prossimo bar. Se non superi la prova non ti voglio anticipare niente, chiaro, ma diciamo che potrebbe essere complicato farti uscire. Ma hai la faccia di uno che ne sa, sono sicuro che ce la farai, di qualsiasi cosa si tratti. Poi, quando avrai finito la caccia, torna qua che ti faccio un cicchetto di quelli buoni e ci guardiamo il DVD del concerto dei Kiss a Dubai, eh?
-Ma, io...
-Fai attenzione, bello, ecco la prima prova.
Si sposta verso il banco delle brioches, ora che sono più vicine riesce a vederle con chiarezza, e tira fuori un mazzo di carte, un fazzoletto nero spiegazzato e una boccetta con un vago odore di mandorle.
-Allora, prima prova. Devi costruirmi un castello di almeno dieci cartre, su questo bel bancone, con la benda sugli occhi... scusa, eh, l'ho in tasca da solo una settimana. Dopo un minuto, se non hai ancora finito, inizio a metterti sulle mani una goccia di quest'olio di mandorle dolci che fa tanto bene alla pelle, ma è scivoloso, e fidati che te lo dico io, non ci vorresti scivolare sopra. Hai capito in cosa consiste la prima prova?
Il barista e l'uomo si guardano in silenzio per un attimo.
-Ci deve essere un malinteso- ha finalmente modo di dire l'uomo, con una voce che sembra più che altro un miagolio. Il barista scoppia a ridere con una risata che fa tremare le pareti, e fa voltare Sven nella loro direzione, con un'aria di disapprovazione (sempre che gli aironi possano avere un'aria di disapprovazione). Poi torna serio di botto, non appena si accorge che l'uomo non sta scherzando.
-Scusa, bello, ma non ha senso. Le istruzioni che mi hanno lasciato erano chiare. Il primo partecipante è un uomo qualunque che entrerà nel bar senza parlare. Il secondo partecipante è uno studente universitario con i capelli viola. Il terzo partecipante è una donna di sessant'anni con una maglietta dei New Yokr Dolls.
Recita a memoria.
-Quindi...? - miagola l'uomo.
-Quindi, niente. Tu sei un uomo qualunque e sei entrato senza parlare. Per me era chiaro. Eh, un bel problema.
-In... che senso?
-Eh, la caccia è un segreto, io non so il tuo nome, tu non sai il mio, sai solo che sono il Boyler, ma solo chi sa della cacccia ne può parlare. Adesso che il meccanismo si è inceppato, è proprio un problema. In teoria, non ti dovrei far uscire da qui. Oppure dovrei farti perdere la memoria, ma non so come fare. Forse potrei mescolare un cicchetto con qualcos'altro, ma non vorrei rischiare.
-No, ma guardi, io non ho capito niente, non vado a dire niente a nessuno, si figuri.
-Senti, bello, ma se non sei qui per la caccia, perché sei entrato nel mio bar?
-Veramente, io volevo solo chiedere la strada per la stazione.
Il barista scoppia a ridere di nuovo e fa ballare i ditoni sul bancone del bar. Poi torna serio all'improvviso.
-Vai.
-Come, prego?
-Vai, esci di qua. Ti voglio credere, perché questa storia delle prove, dei quattro bar, alla fine non piace neanche a me. Dimentica tutto, tu non sei mai stato qui, ma non dico qui nel bar, dico in questa città. Dimentica anche come ti chiami, anche la parola caccia, io conto fino a tre, chiudo gli occhi e quando li riapro tu non devi essere più qui, Mi sono spiegato?
-Ma io...
-Uno- e si mette le manone davanti agli occhi mentre la sua voce tuona tutto intorno.
-La stazione...
-Due- il tuono si propaga e assume accenti apocalittici.
L'uomo indietreggia, incespica, scivola quasi, usa il luccichio della vetrata della porta come riferimento ed esce.
L'ultima cosa che vede, e la sola che deciderà di ricordare di quell'esperienza surreale, è Sven che lo fissa mentre, inciampando sui suoi piedi e frullando le mani in aria, riesce a trovare l'uscita. Lo fissa con intenzione, gli occhi da uccello che hanno un'aria beffarda. Sempre che gli aironi possano avere un'aria beffarda.