[MI 158] (*) Paristoria de Pilimu
Posted: Sun Nov 14, 2021 8:15 pm
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Traccia di mezzanotte: Rinascita
Traccia di mezzanotte: Rinascita
Le donne del paese sparsero la voce che don Emanuele aveva portato in chiesa un vestito da battesimo trovato in una cassapanca, sepolta dentro una casa del villaggio abbandonato di Eltili.
La notizia giunse a Pilimu mentre in cantina stava travasando il vino nuovo da botti grandi a botti più piccole. Pilimu lasciò il lavoro e andò a sedersi in cortile, appoggiato alla ruota del suo carro. Annedda, sua moglie, era stata in chiesa con le altre donne per vedere la novità di questo vestito e che il prete voleva darlo a un museo, visto che Eltili era abbandonato da secoli. Tornando a casa e vedendo il marito con la faccia persa, e lei sapeva cosa vedeva, si preoccupò, ma non osava avvicinarsi; intuiva che aveva saputo di quel vestito, non sapeva come.
—Vuoi andare a vederlo? — gli disse.
—Non servirà— rispose lui senza guardarla.
—Giurami che non servirà. Giurami che non mi lascerai!— implorò lei fra le lacrime.
—Non ho mai giurato Annedda. Non lo farò adesso.
—Pensa ai nostri figli!
Pilimu si alzò a fatica. —Ci penso. Ma te l’avevo sempre detto che poteva succedere.
—Non è colpa mia se don Emanuele è andato a Eltili…
—I preti devono stare in chiesa. Non devono andare a cercare nei paesi abbandonati. Non sarebbe successo. Ma andrò a vedere il vestito, anche se so che è quello.
Pilimu entrò in casa a cambiarsi. Indossò l’abito delle feste di velluto nero, camicia bianca, gambali lucidi e borchiati, berretta nera. Annedda lo guardava affranta, i loro tre figli non proferivano parola, ammutoliti. Pilimu baciò sulla fronte sua moglie e i suoi figli e uscì. I paesani lo guardavano incuriositi per il suo abito, visto che non era domenica. Qualcuno gli parlò, ma lui non rispose a nessuno. Nell’aria si sentiva l’odore del vino delle cantine e per un attimo Pilimu rallentò il passo, chiuse gli occhi per respirarne il profumo, ricordando la sua umile felice vita con Annedda. Entrò in chiesa che doveva cominciare l’ultima messa, i suoi passi riecheggiarono fino alla balaustra davanti all’altare, dove si levò il berretto segnandosi davanti al Santissimo. Le donne che lo guardavano videro la luce dei suoi occhi e si segnarono a loro volta.
Il prete era in sagrestia, due chierichetti lo aiutavano a vestirsi.
—Cosa vuoi?— chiese a Pilimu guardandolo di traverso.
—Voglio vedere il vestito che siete andato a togliere a Eltili.
—L’ho trovato mentre andavo a caccia. E adesso non è ora di vedere niente.
—Io voglio vederlo. Adesso.
—Stai bene attento…
Pilimu si rimise il berretto. —Non ho paura delle vostre maledizioni. E sapete bene perché. State attento voi. Fatemi vedere il vestito.
Il prete fece cenno ai chierichetti di uscire, andò verso un grande armadio, lo aprì e tirò fuori un lungo abito bianco impreziosito da sottili trine ricamate che lo avvolgevano come una nuvola. Pilimu appoggiò con grande delicatezza un dito sulla cuffietta, lo levò subito, socchiuse gli occhi.
—Sei sempre stato un bravo cristiano…— disse il prete.
—Altrimenti vi avrei già ucciso. Ma non vi perdonerò mai. Un giorno ne renderete conto.
—Non sai quello che dici. Affidati…
—No! Ho il mio destino. Voi lo sapevate bene. Devo andarmene. Lo avete fatto di proposito, lo so. Ma vi dico una cosa: So che avete messo gli occhi su Annedda e sui miei figli. Verrò a sapere se entrerete nella loro vita!
—Come ti permetti…
—È stabilito che quelli come me non andranno all’inferno e nemmeno al purgatorio. Voi lo sapete, avete paura e siete geloso. Indegno di un prete. Ma se toccherete la mia famiglia io rinuncerò a questo privilegio e tornerò. Non vi serviranno le vostre malie a fermarmi. Andremo assieme all’inferno, per l’eternità.
Pilimu uscì dalla chiesa. Percorreva la via principale fra due ali di gente, come in trionfo, mentre tutti lo guardavano in silenzio. Era scesa una leggera nebbia, il cielo diventato colore del piombo incombeva sopra le montagne di granito bianco che cingevano il paese.
Nell’aria odore dei primi fuochi dei camini, odore forte di vino pervadeva l’aria, erano tutti contadini e tutti avevano fatto un buon vino quell’anno. Peccato.
Alle sue spalle Pilimu sentiva brusio di gente e poi un urlo disperato: Annedda urlava il suo nome, tenuta da altre donne vestite di nero, con gli scialli che si alzavano in aria..
Pilimu aveva il volto rigato di lacrime, ma non si voltò. Alcuni vecchi intonarono un canto per accompagnarlo. All’uscita del paese un ragazzo stava vicino a un cavallo sellato. Si tolse il berretto al suo arrivo, porgendogli le redini. Pilimu montò in sella agilmente.
—Lo ritroverai legato al carrubo di funtana Raminosa.
—Lo so zio Pilimu. Andate con Dio.
—Dio ama così i suoi figli prediletti. Dillo in paese.
Spronò e si allontanò.
Dopo un’ora di cavalcata Pilimu arrivò alla fontana, legò il cavallo al carrubo e si allontanò di poco. Chiuse gli occhi e aspettò. Il cavallo sbuffò nervoso e impaurito. Pilimu sentì un piede che si metteva delicatamente sopra il suo. Aprì gli occhi e la vide.
Maria Eltiledda era una donna senza età che pure un giorno aveva vissuto anche lei. Il suo viso era pieno di tatuaggi, i suoi occhi neri di cerbiatta scrutavano a fondo dalla cornice del fazzoletto nero avvolto di monetine e monili d’oro. Una catenella le attraversava il viso, i capi legati ai lati del fazzoletto.
—Sapevo che saresti tornato.
—Doveva succedere.
—Ma non sei contento.
Pilimu chinò il suo sguardo su di lei, non potendo fare a meno di vedere la sua bellezza.
—Sono solo un uomo Maria Eltiledda. Non capisco tutto.
—Ma è cosi che deve essere. Dobbiamo tornare a Eltili.
—In quel mondo di rovine? Dicono che sono morti di peste tempo fa. Solo tu sei rimasta viva. Non mi hai mai detto se hai fatto l’accabbadora(**) con i morenti. Lo hai fatto?
Maria Eltiledda guardò i monti oltre i quali c’era il mare infinito.
—I pirati che sbarcarono qui vicino mi rapirono da bambina e mi portarono nel loro regno. Ci rimasi tanti anni. Lo sai. Quando mi riscattarono e tornai io non parlavo più la lingua di Eltili e pregavo Dio in modo diverso. Nessuno mi voleva.
—Perché sei sopravvissuta alla peste di allora?
—Perché l’avevo già presa quando ero in prigionia.
—Ma non è semplice che vivi da secoli.
—Poi sono diventata una jana. (***) Le janas vivono secoli.
—E sono cristiane?
—Possono, si. Come avrebbe fatto il prete a battezzare nostro figlio?
—È morto subito dopo. Segno che era maledetto. Mi avevi ingannato.
—No. Ma noi non conosciamo tutto, Pilimu. Non possiamo. Dobbiamo obbedire.
—Per me è difficile. Ho lasciato una moglie, dei figli…
Maria Eltiledda si adombrò. —Prima di loro ero stata io tua moglie e un figlio lo avevi avuto da me… Ti avevo detto che potevi andare via se volevi. Ma se un giorno qualcuno avesse trovato il vestito del battesimo di nostro figlio tu dovevi tornare o saresti morto con coloro che amavi.
—Forse era meglio.
—No. Resterai con me solo cento anni. Poi tornerai alla tua famiglia.
—E chi troverò dopo cento anni? Rovine anche lì?
—Per i tuoi sarà solo passato un giorno. Un giorno che sarai stato fuori a lavorare nelle tancas (****) vicino al mare.
—Me lo giuri?
—Ti ho mentito quando ti ho detto che potevi andare via? Non l’ho fatto allora e non lo faccio adesso.
Maria Eltiledda gli tese la mano e Pilimu, tremante, la prese. Si addentrarono nella boscaglia profonda oltre la quale c’erano le rovine di Eltili. Ci passavano talvolta cacciatori e viandanti, ma nessuno aveva mai visto o sentito niente in mezzo a quelle pietre.
Glossario.
(*) Paristoria: intraducibile. All’incirca evocazione mitica e leggendaria, racconto di miti arcaici.
(**) Accabadora: “colei che finisce”. È antichissima figura di donna che aveva il compito di portare la morte, con modi diversi, a malati terminali, su richiesta dei parenti o dei malati stessi.
(***) Jana – pl. Janas: antichissime figure di fate e di streghe.
(****) Tanca – pl. Tancas: appezzamenti vasti di terreno di proprietà, spesso vicino al mare, coltivabili.