[MI 156] Il tuo volto in mille strade
Posted: Sun Oct 17, 2021 11:24 pm
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Traccia di mezzogiorno: colori primari
Traccia di mezzogiorno: colori primari
Anche i lunedì potevano avere qualcosa di positivo. Nonostante in quella fine d'inverno dovesse preparare un paio di esami insidiosi, Veronica aveva mantenuto l'impegno fisso della serata metal tutti i lunedì al Transamerika, il pub in fondo a Via Zamperli. L'unico aspetto negativo di quelle occasioni era la levataccia del giorno seguente e, magari, un po' freddo patito all'andata e al ritorno. Per il resto c'erano solo vantaggi. Poteva incontrare Francesco, con cui (quando non era arpionato a quella disgrazia in calze a rete della sua ragazza) si stava sviluppando un'amicizia fraterna. Poteva stare seduta tutta la sera allo stesso tavolo, con una birra media e la musica che straripava dalle casse, a parlare e, soprattutto, a contemplare Mauro. Senza mezzi termini, erano alcuni mesi che gli sbavava dietro, anche se era terrorizzata all'idea che lui non ricambiasse l'interesse, per cui si limitava a sedersi allo stesso tavolo, che condividevano con un assortimento di amici comuni, e trascorrere le ore del lunedì a immergersi nei discorsi e nel chiasso condiviso.
Quel lunedì, mentre dava la prima pedalata per raggiungere il pub in bicicletta, accese il lettore mp3 che aveva in tasca. Aveva deciso di ascoltare 1999, un disco dei Timoria di qualche anno prima. Era un album strano perché, nonostante parlasse soprattutto di amori finiti male e di gente morta, a lei suscitava solo allegria e voglia di vivere. Forse per quella scultura di mosaico colorato in copertina, o per tutti quei riferimenti a tinte e sfumature nei testi, fatto sta che, quando lo ascoltava, pedalava più veloce e non sentiva il freddo. Le piaceva l'abbinamento fra quelle canzoni e i colori, il blu in particolare, che in quelle melodie perdeva la connotazione triste classica e diventava quasi amichevole, mentre le note diventavano colorate a loro volta.
In quell'ora particolare della sera, mentre pedalava, il cielo sfumava verso il nero, ma prima di arrivarci passava attraverso tutte le sfumature del blu, dal turchese intenso che dura pochi istanti dopo che si sono accesi i lampioni, per arrivare a un blu petrolio, denso e vischioso al punto che ti aspetti che ti goccioli addosso da un momento all'altro. Veronica adorava quei colori e quella mutevolezza così rapida e imprevedibile. Bastava distrarsi un attimo, guardare da un'altra parte, attraversare la strada, ed ecco che si perdevano due o tre gradazioni. A volte, mentre pedalava, correva il rischio di andare a finire sul marciapiede perché si incantava a fissare quella distesa blu sopra di lei, alla ricerca di tutti i cambi di gradazioni.
Arrivò al Transamerika nel tempo di tre canzoni, un pezzo della quarta e due cambi di sfumature di blu in cielo. Legò la bicicletta al solito pilastro, entrò nel pub e scese le scale che portavano alla zona dei metallari. Si guardò intorno e lo individuò subito. Mauro e gli amici del suo stesso paese erano seduti al terzo tavolone di legno dal fondo. Davide, un altro occupante del tavolo, la salutò da lontano. Lei si avvicinò e si sedette, simulando indifferenza. Ci fu uno scambio di saluti generico, poi si passò ad argomenti di carattere musicale, soprattutto prese in giro sull'ultimo disco del tastierista degli Skylark. Come al solito, Veronica approfittava di quei momenti di scambio collettivo per immergersi ancora di più nelle sensazioni colorate che le suscitava Mauro. Le piaceva il modo tranquillo, che lo caratterizzava, di rapportarsi agli altri senza il dovere di sentirsi sempre il migliore, anche se alla fine, per lei, lo era. Veronica non credeva a tutti quei discorsi sui flussi di energia e simili che sentiva dire ogni tanto da qualche compagna di università, ma le sembrava che il modo di essere di Mauro si potesse solidificare attorno a lei come un manto di un blu confortevole che la avvolgesse in un'ondata di sicurezza.
La serata si srotolò lenta, mentre le discussioni si intrecciavano intorno ai tavoli e le birre si mescolavano alla musica. Poi iniziò l'arpeggio di Flying In A Blue Dream di Joe Satriani. Era il momento di tentare. Sempre mascherando un'indifferenza che non aveva, Veronica si rivolse a Mauro.
- A proposito di quello che dicevi la settimana scorsa, ti ho portato questo.
E gli porse un CD masterizzato. Ci aveva registrato gli unici due album dei Cacophony, una band vissuta il tempo di un respiro e rimasta nel mito fra i chitarristi come lui.
- Ma dai! Ti sei ricordata? - disse lui incredulo.
- Figurati, non c'è problema.
- Grazie mille, davvero. Come posso sdebitarmi?
Veronica giocò la carta decisiva e sfoderò la battuta. Ci aveva messo una settimana a pensarla e doveva assolutamente fare un tentativo.
- Se proprio insisti, mi potresti regalare una collana di diamanti. Oppure, mi potresti portare a cena una di queste sere.
Mauro ci mise tre secondi a dire di sì.
A fine serata, si erano scambiati i numeri di telefono e lui aveva assicurato che le avrebbe telefonato la sera seguente per programmare l'uscita. Veronica era talmente fuori di sé dalla gioia che, mentre slegava la bicicletta, si dimenticò di tutto il resto attorno a lei. Vedeva solo un tappeto infinito di blu che si apriva davanti a lei, come se la promessa di un appuntamento e il coraggio di avere osato, mandando a quel paese tutte le insicurezze, le avessero messo addosso un paio di lenti colorate con cui vedere il mondo in chiave migliore. Non esistevano persone negative o eventi cattivi, ma solo quella promessa.
Cominciò a pedalare e, mentre prendeva velocità, le orecchie le si riempirono ancora una volta di musica, questa volta condivisa solo con se stessa e con la sua felicità. Saltò un paio di canzoni sul lettore mp3 e fece partire Profondo blu. Senza pensarci, la cantò tutta, a voce spiegata, come se, attraverso quelle parole, lei volesse condividere la sua esultanza con tutta la città. Come se quelle emozioni potessero arrivare fino al blu petrolio del cielo e mescolarsi a esso. Continuò a cantare fino alla fine della strada e, una volta terminata la canzone, la faceva ripartire da capo, per inondare ancora di blu se stessa e il mondo intorno. E non sbagliò una nota. In quel momento era impossibile stonare.