[MI 154] La cucina della gioia

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Traccia di mezzanotte - In cucina
Commento

Di mia nonna ho ricordi un po’ confusi, ma quella che mi è rimasta impressa è la sua cucina.
I miei genitori mi spedivano a ogni estate nella sua casa in campagna, una vecchia cascina nel Canavese, dove lei viveva da sola dopo la morte del nonno.
Ricordo che la cucina era abbastanza piccola, con i pavimenti in legno e un grandissimo acquaio di pietra. C’era una grande stufa, di quelle con i cerchi in ghisa e un armadietto che faceva da dispensa.
Il resto delle camere era avvolto da quella trasandatezza fatta di mobili vecchi, letti coperti da teli sbiaditi, lampade dalla luce incerta, sedie e poltrone tarlate.
Ho ricordi vaghi è vero, ma la cucina l’ho ancora chiara nella mente.
Non che mia nonna fosse quella gran cuoca. Mi preparava sempre le solite cose, gli agnolotti alla piemontese, la frittata verde, l’arrosto, insomma poche cose ma buone.
Spesso venivano a trovarmi i miei cugini e mia nonna non faceva altro che aumentare le dosi e via, tutti ci sedevamo intorno al vecchio tavolo coperto da una cerata a quadretti.
Aveva ancora, a quei tempi, un piccolo pollaio e un orto che ormai regalava solo qualche pomodoro se proprio la stagione era caldissima, un po’ di insalata, qualche erba aromatica, e zucchine a profusione. Aveva anche una mucca, Giustina, abbastanza vecchia ma ancora in grado di fornire il latte sufficiente alla mia colazione.
Comunque pur con quei pochi e scarsi materiali e con quella ancor più scarsa fantasia che la contraddistingueva, ricordo molto bene che da mia nonna mangiavo così bene, ma così bene, che tutta la mia anima era come se ne gioisse tant’è che i miei genitori erano quasi stupiti dalla felicità che mi prendeva alla fine della scuola. In fondo quello di mia nonna era un paese sperduto abitato da poche anime, e anche se avevo la compagnia dei miei cugini, ci si poteva ragionevolmente aspettare che cercassi altri luoghi, altri divertimenti. Invece no, io ero felice lì.
Del resto mia nonna, che conosceva bene le erbe della campagna, me lo diceva sempre: “Qui c’è qualcosa di di magico, lo sai NIna? Per questo tutto quello che ti faccio ti piace, e per questo mangi così di gusto”.
Si cominciava la mattina presto, con l’odore del latte bollito e del pane scaldato sulla stufa.
Mangiavo di corsa e uscivo con la mia bicicletta fiammante, che poi a rivederla adesso non era fiammante per niente, era di un rosa sbiadito e pure con un po’di ruggine. Era estate e tutto intorno a me splendeva di colori accesi, gli alberi che costeggiavano il fiume lasciavano trasparire una luce perlacea che il fiume rifletteva con un luccichio ceruleo.
Mia nonna non mi chiamava per pranzo, sapeva che sarei arrivata affamata dopo una nuotata nel fiume.
A casa correvo direttamente in cucina, non stavo nemmeno a guardare cosa mi avesse preparato la nonna, tiravo giù tutto, perché, certo, ero morta di fame, ma anche perché nella cucina di mia nonna davvero era come se ci fosse qualcosa di magico, qualcosa che rendeva tutto straordinariamente buono, qualcosa che mi rendeva felice. Ovviamente mia madre, sua nuora, un po’ si scocciava. Lei che in quei lontani anni ‘70 cominciava ad
apprezzare i vari cocktail di scampi, i prosciutti in bellavista, le vellutate, gli aspic, lei che cominciava a cucinare al mattino del sabato per ricevere gli ospiti la domenica sera, lei che andava al mercato all’alba con la cameriera per scegliere verdure e pesci freschissimi, lei che apparecchiava con il servizio di nozze e le posate da pesce, lei che cambiava piatto a ogni portata. Lei, mia madre, non si capacitava di come io preferissi mangiare degli agnolotti irregolari e fatti con quello che il misero orto offriva, bere un latte ormai povero di qualsiasi nutrimento, divorare frittate e perfino (incredibile ma vero) minestre di verdura, arrosti di carne in cui la carne era un contorno al sugo di verdura.

Mia madre non si capacitava e nemmeno mio padre, in realtà, che pur essendo figlio della nonna da troppo tempo era lontano dalla campagna, preso dal lavoro, e da quella vita agiata che aveva costruito per sé e per noi in quegli anni. Però mio padre qualcosa si ricordava e quando la mamma brontolava perché io assaggiavo svogliatamente i suoi manicaretti sottolineando che la nonna raccontava di pasti divorati in un nano secondo, lui sorridendo le diceva “Lasciala stare, non te la prendere, lo sai che l’aria di città è pesante, anche io quando stavo da mia madre ero più sereno, vedevo tutto rosa e anche il mio stomaco funzionava meglio, l’aria di campagna è un toccasana”.

Il vero toccasana, i miei genitori lo scoprirono quando la nonna morì, e loro misero in vendita la cascina.
Destino volle che a essere interessato fosse un maresciallo dei carabinieri.
Fu al primo sopralluogo, presente anche l'agente incaricato della vendita.
Il pollaio non c’era più, Giustina era ormai morta, e dell’orto esistevano solo più i solchi aridi e anneriti dal sole.
Ma al maresciallo bastò guardarsi intorno. Oserei dire che gli bastò annusare l’aria.
Perché il piccolo prato che circondava la casa non era più stato tagliato dalla nonna e nemmeno brucato da Giustina, o becchettato dalle galline. E l’orto si era seccato.
Nel prato erano cresciute libere delle piante la cui natura fu immediatamente chiara allo sguardo del maresciallo, così come in un attimo fu chiara a tutti l’origine della mia (e dei miei cugini e di mio padre) felicità nello stare dalla nonna…
La sua era davvero la cucina della gioia!

Re: [MI 154] La cucina della gioia

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Cicciuzza ha scritto: Era estate e tutto intorno a me splendeva di colori accesi, gli alberi che costeggiavano il fiume lasciavano trasparire una luce perlacea che il fiume rifletteva con un luccichio ceruleo.
Che bella questa immagine, @Cicciuzza    :)
Cicciuzza ha scritto: nemmeno mio padre, in realtà, che virgola pur essendo figlio della nonna virgola da troppo tempo era lontano dalla campagna, preso dal lavoro, e da quella vita agiata che aveva costruito per sé e per noi in quegli anni.
hai saltato un inciso importante.
Cicciuzza ha scritto: Nel prato erano cresciute libere delle piante la cui natura fu immediatamente chiara allo sguardo del maresciallo, così come in un attimo fu chiara a tutti l’origine della mia (e dei miei cugini e di mio padre) felicità nello stare dalla nonna…
Un finale a sorpresa, del tutto inaspettato, per me. Quindi, brava!
Cicciuzza ha scritto: La sua era davvero la cucina della gioia!
(y)

P.S.: Bentornata tra noi! :saltello:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI 154] La cucina della gioia

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Sono cresciuta in campagna, il tuo  racconto mi ha riportata a sensazioni e atmosfere  radicate nel profondo. Ho davvero gradito!
Scorrevole la narrazione, garbato il fraseggio e il finale a sospresa dà una "scossa" ben riuscita al quadro idiliaco.
Piccolo appunto: la storia non rimane "chiusa" in cucina.
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com

Re: [MI 154] La cucina della gioia

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Ciao @Cicciuzza,
molto ben calibrato e intenso questo racconto, un piccolo scrigno che racchiude con delicatezza teneri ricordi.
Quindi leggo il testo immaginando bucolici scorci d'infanzia e poi... arriva il final!
E son qui che mi dico: non può aver scritto questo!
E invece sì!
Che genialata!
Mi piacciono i testi con il guizzo finale inaspettato e spiazzante!
Cicciuzza ha scritto: con quella ancor più scarsa fantasia che la contraddistingueva, ricordo molto bene che da mia nonna mangiavo così bene, ma così bene, che tutta la mia anima era come se ne gioisse tant’è che i miei genitori erano quasi stupiti dalla felicità che mi prendeva alla fine della scuola. In fondo quello di mia nonna era un paese sperduto abitato da poche anime, e anche se avevo la compagnia dei miei cugini, ci si poteva ragionevolmente aspettare che cercassi altri luoghi, altri divertimenti.
Ho notato l'abbondanza di che nel testo (un esempio in questa frase).
Quisquillie in confronto a tutte le emozioni che mi hai regalato!

Re: [MI 154] La cucina della gioia

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Ciao @Cicciuzza 
 Racconto che mi ha appassionato e ho letto tutto d’un fiato e che alla fine mi ha davvero divertito. Ma chi avrebbe mai potuto immaginare… è stata una vera sorpresa il finale.
Molto bella la descrizione di questa antica e povera cucina di campagna, dei poveri ingredienti, sempre gli stessi, ma della grande gioia della bambina e del suo desiderio di andare sempre dalla nonna. Conoscendo già il finale appare anche più chiaro perché agli occhi della bambina tutto apparisse fiammante e colorato, la bicicletta rosa fiammante, gli alberi, il fiume.
Anche nei ricordi del padre l’uomo ricorda che si sentiva più sereno quando era dalla nonna, da bambino.
Un vero e proprio colpo di scena il finale, ma anche abbastanza plausibile.
Pure dalle mie parti si conoscevano un tempo delle piante particolari (qui abbondano e sono naturali, bisogna conoscerle bene) sia per curare malanni e ferite sia anche, pestate per far uscire il succo, gettato poi nei fiumi, per far “ubriacare” le anguille che saltavano come impazzite fuori dall’acqua, subito catturate dentro canestri.
Antiche conoscenze ormai perse. Tra l’altro pescare le anguille in quel modo oggi sarebbe proibitissimo.
Non ti ho detto naturalmente che hai scritto bene, considerandolo naturale.
A rileggerti.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 154] La cucina della gioia

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Grazie a tutti! Il vostro apprezzamento mi fa particolarmente piacere dopo mesi di assenza 
Ho scritto questo piccolo racconto perché mentre mi ripetevo nella mente le tracce ho letto su FaceBook un articolo in cui si parlava di pranzi nei quali venivano celate droghe leggere…e da lì il collegamento è stato immediato. Ho preso spunto da ricordi  di bambina ma ho anche ricamato parecchio cercando di svelare  e non svelare in modo che il finale fosse comunque una sorpresa. 
Voleva essere un raccontino leggero e se un po’ di leggerezza vi è arrivata beh che dire…sono contenta! 

Re: [MI 154] La cucina della gioia

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@Cicciuzza Ciao, ti ringrazio per aver condiviso questa storia. Cerco di fare un commento, nella speranza che risulti utile e approfondito.

La trama della storia, in apparenza, è semplice. Si tratta di un ritratto di un'anziana della famiglia, di cui spiccano le doti di buon cuore e gentilezza, e la capacità, con la sua presenza e con cose semplici come la cucina e il lavoro dell'orto, d'ingenerare gioia nell'animo della nipote. Il racconto, però, ha una svolta: la morte della protagonista, a cui segue l'incuria del suo orto, ci spinge interrogarci su quanto persone in apparenza umili siano importante nell'equilibrio del mondo. Io stesso avevo una nonna che con la sua bontà e con in pranzi semplici da lei cucinati teneva insieme la famiglia, e ora la sua assenza pesa. Secondo me con la tua storia sei riuscita a toccare una nota universale, e per questo è riuscita. Ho apprezzato anche la sottile critica alla modernità, che tu esemplifichi del progressivo sofisticarsi della cucina. Penso che ora vediamo con rimpianto a un mondo perduto che forse ci manteneva anche in un equilibrio più ecologico. Ma, del resto, il mondo moderno ci porta tanti vantaggi, e forse dobbiamo imparare dai nostri nonni e dai nostri genitori come migliorare un po' quello in cui viviamo. 

Ti faccio solo una piccola critica: a mio avviso la figura della nonna è mostrata più che altro per quello che porta agli altri, ma la sua psicologia non è autenticamente affrontata: mi sarebbe piaciuto per esempio capire in che modo la vedovanza influiva sul suo modo di vivere, o magari sapere se aveva amiche, e come si relazionasse ad esse. La storia si affida alla memoria di una persona che non c'è più, ma questa persona forse poteva esserci mostrata in più aspetti della sua vita con pochi accorgimenti. 

Ho trovato lo stile del racconto semplice come la storia che voleva raccontare, e perciò adatto, senza grandi picchi (che spesso possono essere una tentazione pericolosa per lo scrittore), ma anche senza cadute di stile o avvallamenti. Quindi a mio avviso lo stile andava molto bene.

Nella mia valutazione complessiva, la storia è molto buona, anche perché mi ha fatto pensare a una dimensione della mia vita che non esiste più e che, ahimè, non può ritornare. Fatta salva la mia piccola critica sull'approfondimento psicologico della protagonista.

Grazie per aver condiviso questa bella storia,
Domenico
https://domenicosantoro.art.blog/

Re: [MI 154] La cucina della gioia

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Il tuo racconto è la pagina di un memoriale, le immagini sono coinvolgenti, ci trasportano in quel mondo che oggi, più che mai, tutti sognano senza decidersi veramente a recuperarlo, la campagna. Quella sana, odorosa, non imbellettata per stupire gli amici (prati all'inglese e sterili yukka), ma coltivata per dare nutrimento, l'antico benessere. Le corse in bicicletta, i bagni al fiume, il sapore della libertà, antico anche questo, oggi perduto del tutto.  Mi hai riportato indietro nel tempo, nel luogo dell'infanzia e degli antichi sapori, ma  anche al tempo degli affetti, alle radici.  Alla mente mi sono tornati vocaboli caduti in disuso, oggetti lasciati arrugginire, ma anche terreni abbandonati, magazzini dal tetto sfondato. Il tempo che non ritorna.
Bello. 

Re: [MI 154] La cucina della gioia

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Cicciuzza ha scritto: Nel prato erano cresciute libere delle piante la cui natura fu immediatamente chiara allo sguardo del maresciallo, così come in un attimo fu chiara a tutti l’origine della mia (e dei miei cugini e di mio padre) felicità nello stare dalla nonna…
La sua era davvero la cucina della gioia!
Avevo dimenticato di commentare il finale spiazzante e divertente.  :lol:
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