L'ultima tentazione di San Tommaso d'Aquino

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Tommaso immerse il pesante corpo nella tinozza d’acqua tiepida, pensando inevitabilmente ad Archimede. I confratelli lo prendevano in giro per il suo amore per la pulizia, retaggio della sua discendenza nobiliare. Lui soprassedeva, anche perché quel suo piccolo vezzo lo aiutava a capire fino a che punto si potessero circoscrivere i “peccati veniali.” Tendenzialmente, era un liberale. Non voleva essere come quei dottori della legge che, secondo Gesù, caricano gli uomini di pesi insopportabili che, essi stessi, non sarebbero in grado di reggere…
Intanto, da dietro un paravento che doveva salvare la sua verecondia, continuava a dettare incessantemente la Somma Teologica a fra’ Fortunato. L’amanuense stava bene attento a non perdersi una sola parola del futuro santo, che aveva la tendenza a terminare le frasi in un indistinto mormorio. Tommaso, mentre si detergeva, e dettava il compendio del pensiero cattolico dell’epoca (e, secondo alcuni, di ogni epoca), sfogliava un trattato naturalistico di Aristotele. La verità era che (udite, udite) la teologia gli stava venendo a noia. Ormai era convinto d’aver esplorato ogni suo ambito, per quanto il Signore gli concedeva di comprendere. Sentiva che, come continuava a dettare il trattato sull’Eucarestia, a cui sarebbero seguiti gli altri sacramenti e poi il Purgatorio, si stava avvicinando una resistenza. Quella difficoltà, come tutte le altre, sarebbe presto stata vinta dalla preghiera e dallo studio. Ancora pochi mesi di lavoro e la Summa Theologiae, il compendio che ogni buon cattolico avrebbe letto e studiato con profitto per i secoli a venire, sarebbe giunto a termine. Tommaso, come tutti i santi, era umile, però si rendeva conto che quanto andava componendo era un monumento del pensiero umano che sarebbe perdurato fino alla fine dei giorni. Si chiedeva a volte perché il Signore avesse scelto lui. Si diceva (sempre per volare basso) che ciò era dovuto alla sua straordinaria memoria e alla sua incredibile capacità di lavoro, e poco altro. Del resto, era soprannominato “il bue,” anche per via del suo aspetto. Il soprannome gli piaceva, perché un bue, secondo la tradizione, aveva scaldato la Sacra famiglia nelle notti della natività.
«Tommaso, mi spiace, ma deve ripetere l’ultima frase…» disse fra’ Fortunato, in volgare. Tommaso farfugliò qualche parola e riprese il filo. Conclusa la “questione,” (i capitoli da cui era composto il grande testo) si alzò dalla vasca da bagno. Gli piaceva sentire l’acqua scorrere lungo il corpaccione.
«Abbastanza per oggi?» chiese Fortunato, speranzoso di potersi finalmente riposare. Tommaso “faceva fuori” un amanuense dopo l’altro. Lui voleva durare quanto più a lungo possibile. Era onorato di essere stato scelto per quel lavoro. Nessuno si sarebbe ricordato di lui (tranne voi, che leggete questo racconto, e che, a questa anonima figura da me inventate potete associare chi, altrettanto umile e preziose, rende il mondo in cui viviamo degno d’essere vissuto), ma Fortunato ne sarebbe stato sempre… orgoglioso? No, l’orgoglio era un peccato grave. Fiero, andava bene? Neppure. Si disse, sospirando, che l’importante era fare la volontà del Signore, e si segnò.
Sempre da quando frequentava (distrattamente) il mondo, Tommaso aveva con sé un accappatoio nero, pregiato, pieni di ricami, che la sua famiglia gli aveva pregato di portarsi in convento. Era ormai abbastanza logoro e vetusto perché non potesse considerarsi come un lusso e, ogni volta, gli faceva pensare con affetto alla madre e a i fratelli.
«Riprendiamo durante la cena» disse, implacabile. «Ora vado un’ora in cella per pregare.»
«Farò lo stesso…» s’affrettò ad aggiungere Fortunato.
Una volta nel suo spazio privato, Tommaso, infilato il saio, s’inginocchio e si concentrò istantaneamente nella comunicazione col Signore. Pensò alla resistenza che ancora vedeva prima del termine del trattato. Chiese a Dio di superarla. Il suo desiderio fu esaudito all’istante. D’improvviso, il “compendio” (una poderosa serie di tomi per un totale di circa cinquemila pagine nelle edizioni moderne) si completò nella sua mente. Ogni particella era andata al suo posto. Il Regno si era schiuso a lui, l’umile Aquinate. La scienza teologica era fissata una volta e per sempre nella storia dell’uomo. Non restava che dettarla.
Mentre s’alzava faticosamente dall’inginocchiatoio (era pesante, e quasi cinquantenne) sentì una voce dal tono neutro chiedere:
«Sei tu Dio?»

«Riprendiamo?» chiese Fortunato, che aveva portato il libro al tavolo, sotto lo sguardo distratto degli altri commensali, a dire il vero anche un po’ preoccupati della portata che assumeva quel testo: poi toccava di studiarlo a puntino…
«Abbiamo terminato» disse Tommaso, con molta calma, impugnando forchetta e coltello coi suoi perfetti modi nobiliari.
«Ma dobbiamo ancora finire i sacramenti, e poi ci sarebbe da trattare…»
«Il lavoro è concluso» disse Tommaso, seccamente.
Fortunato era tentato di chiedere per quale motivo il geniale frate non volesse andare avanti col lavoro. Non resistette alla tentazione.
«Perché?»
«Ho visto troppo» concluse il santo, accigliandosi.
Tre settimane dopo, morì.

Questa è una mia piccola versione del motivo per cui la Summa Teologica potrebbe non essere stata conclusa dal Santo. Naturalmente è solo una suggestione, senza fondamento nella realtà, ma era una storia che avevo voglia di raccontare. Mi scuso con le persone, infinitamente più sagge e serie di me, che nei secoli portano avanti lo studio e la divulgazione dell’inestimabile testo. 
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Re: L'ultima tentazione di San Tommaso d'Aquino

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Questo è un esempio di come, secondo me, non dovrebbe essere scritto un racconto. La cosa che non mi torna, è quell'udite udite. onestamente, lo toglierei, perchè per il resto il testo scorre. Tra l'altro, questo testo mi incuriosisce perchè sono un laureato in teologia. Quando trovo questi testi, mi scatta la 'razionalità teologica' come la chiamo io, nel senso che mi fanno scaturire tutta una serie di riflessioni. Quando scrivi testi che hanno a che fare con questioni teologiche, il mio consiglio è quello di informarti bene, perchè si rischia di dire cose con cui ci si espone al rischio di porsi contro la fede della Chiesa. Inoltre, consiglierei di informarti bene anche sulla vita del Sommo Dottore Angelico, così da fare un testo completo e a tutto tondo. Comunque sia, mi sembra che il personaggio di San Tommaso sia assolutamente ben tracciato e reso a tutto tondo. In ogni caso, per quanto mi riguarda è un ottimo testo.  
Ultima modifica di Luca Canetti il gio set 09, 2021 4:23 pm, modificato 1 volta in totale.

Re: L'ultima tentazione di San Tommaso d'Aquino

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Ciao Domenico,
io lo trovo un esercizio riuscito: mi diverte il personaggio di Tommaso, scelto da Dio a dispetto delle sue sembianze poco "ascetiche". Ignoro i dettagli biografici e mi sono lasciato trasportare dalla lettura.
Interessante, nella sua enigmaticità, la presenza della voce dal tono neutro.
Il finale, secco e definitivo, lo trovo particolarmente riuscito.

A rileggerti.
RC

Re: L'ultima tentazione di San Tommaso d'Aquino

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Ciao @Domenico S. 
  
Mi piacciono molto i racconti storici, io stesso mi sono cimentato a scriverne alcuni pur non avendo titoli o dottorati ma solo passione  e ricerca da sempre. Certamente un teologo potrebbe anche scrivere un ottimo romanzo o un episodio della vita di San Tommaso D’Aquino e un filosofo su Platone o Spinoza ma penso che nel mondo si scriverebbe di meno, in forma romanzata intendo, a tal proposito.
Secondo il mio umile parere non è imperativo essere “dottori”, con grande rispetto del dottorato, per stendere un romanzo  o un racconto su basi storiche.
È necessario documentarsi sui fondamentali e per me tu lo hai fatto egregiamente.
Io non sono certo un critico. Nel tuo scritto ho rilevato attinenza a episodi della vita di San Tommaso che hai riportato nel corpo del racconto, il che denota la tua ricerca. Se ti fossi addentrato nella Summa Theologiae avresti scritto un saggio e di quelli ce ne sono già. Forse io avrei usato uno stile più asciutto, “arcaico”, un’atmosfera più cupa.  Avrei messo meno informazioni dal punto di vista dell’autore onnisciente con il senno di poi, che spezzano il ritmo del racconto, distraggono il lettore; mi sarei limitato a “mostrare” San Tommaso solo nelle sue azioni quotidiane, senza commentare sulla natura di ciò che stava scrivendo, su ciò che sarebbe diventato nell’interpretazione dei posteri.
Hemingway diceva che bisognava scrivere solo di ciò che si conosceva, che si era vissuto. Ma non tutti, come lui, avevano vissuto la Prima Guerra Mondiale, la Guerra Civile Spagnola, la Seconda Guerra Mondiale, nonché safari in Africa e frequenza del mondo delle corride in Spagna, su cui scrisse magistralmente. Quindi nessun altro che avesse vissuto quelle avventure avrebbe potuto scriverne?
Per scrivere di Rembrandt bisogna essere pittori?
Hendrik Willem Van Loon non era un pittore ma nel suo magistrale The Life and Times of Rembrandt Van Rijn scrisse qualcosa di sublime sulla vita di Rembrandt, sia dal punto di vista personale che pittorico.
Taylor Caldwell scrisse ottimi romanzi storici e biografie romanzate su San Paolo, San Luca, Cicerone… Quello su San Paolo, Il Leone di Dio, oltre a essere suggestivo è una miniera di informazioni sulla vita di Gerusalemme ai tempi del Messia.
Questo panegirico per dirti che chi ha la passione per scrivere può cimentarsi anche a romanzare la vita di un santo Dottore della Chiesa o di un matematico senza essere addentrato e addottorato nella specifica materia, conoscendone, certamente, una giusta sintesi da riferire però come compendio al racconto, non certo come saggio approfondito, che non è il tuo caso ovviamente. Per un racconto va bene illustrare i pensieri, le circostanze, l’ambiente che portarono San Tommaso a scrivere la sua opera, inframmezzato dagli episodi della sua vita, ricreata e immaginata su basi reali e biografiche. Far vedere i particolari, anche materiali, che lo circondavano, far sentire i suoi pensieri, i dialoghi umanamente plausibili che poteva avere con i suoi confratelli, parole che poteva dire, che poteva sentire, inventando sempre nel suo contesto per far apparire il tutto veritiero.
Capisco e apprezzo il tuo desiderio di scrivere, di illustrare, che è anche il mio. Ho apprezzato il tuo scritto. Bisogna insistere, continuare.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: L'ultima tentazione di San Tommaso d'Aquino

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@Alberto Tosciri Ciao, ti ringrazio per l'approfondito commento, che mi ha fatto riflettere. Sicuramente un racconto del genere richiede studio. A mio modo di vedere, il celebre detto di Hemingway è errato. La letteratura richiede immaginazione e immedesimazione. La realtà è piena di ripetizioni e tempi morti, uno cerca di offrire al lettore qualcosa di dilettevole e nutriente per lo spirito, spero di aver fatto qualcosa del genere. Sono d'accordo che posso lavorare di più sull'atmosfera. Grazie per il bel commento, a presto.
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Re: L'ultima tentazione di San Tommaso d'Aquino

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Condivido anche io che il detto di Hemingway sia errato, @Domenico S. 
Diciamo che scrivere di eventi che si sono vissuti, come li ha vissuti lui, di sicuro facilita la scrittura, ma come hai giustamente detto tu
Domenico S. ha scritto: La letteratura richiede immaginazione e immedesimazione. La realtà è piena di ripetizioni e tempi morti, uno cerca di offrire al lettore qualcosa di dilettevole e nutriente per lo spirito, spero di aver fatto qualcosa del genere. 
anche a mio mio modo di vedere è la stessa cosa. Quasi tutta la letteratura si fonda su una meravigliosa finzione che attinge a piene mani dalla vita reale, trasformandola e sublimandola. Una "finzione reale", la chiamerei così.
A risentirci volentieri.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: L'ultima tentazione di San Tommaso d'Aquino

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@Domenico S. questo racconto è di certo apprezzabile e, nonostante gli appunti che ti farò, ti dico che mi è piaciuto. Al di là delle conoscenze specifiche che nemmeno io possiedo, infatti, da lettrice affermo che è godibilissimo. Eppure, non posso fare a meno di farti notare che le affermazioni "udite udite" così come il "tanto per volare basso" e  "tranne voi che leggete..." inseriti tra parentesi, mi sono sembrate messe lì con l'intento di ironizzare. Ma se lo scopo era questo, però, avresti dovuto farlo con più spontaneità. Ti sei comportato come una donna che fa una battutaccia e poi si mette la mano sulla bocca ammiccando; rendo l'idea? Potevi usare un registro ironico per l'intero racconto senza queste sporadiche date di gomito. La mia è solo una perplessità. Non mi è chiara la scelta adottata. Certo potrei rileggere il tutto senza questi inserti e vedere come risulta, e mi sa che farò la prova. 

Leggerti è stato molto gradevole. Bravo

Re: L'ultima tentazione di San Tommaso d'Aquino

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@Alberto Tosciri Diciamo che la cosa detta da Hemingway ha senso nel momento in cui tutti noi abbiamo un vissuto da cui siamo, giocoforza, condizionati al momento di scrivere.

@Adel J. Pellitteri Ciao, sono contento che, nel complesso, il racconto ti sia piaciuto. Questo testo è indirizzato al pubblico di una testata giornalistica locale, perciò ho cercato di usare a volte modi di dire colloquiali, per non intimidire il lettore. Ma, poiché molti mi hanno fatto notare che queste espressioni stonavano, probabilmente ho sbagliato... Grazie!
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Re: L'ultima tentazione di San Tommaso d'Aquino

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Ciao @Domenico S.
un passaggio veloce per dirti che anche a me è piaciuto molto.
Domenico S. ha scritto: Sempre da quando frequentava (distrattamente) il mondo, Tommaso aveva con sé un accappatoio nero, pregiato, pieni di ricami, che la sua famiglia gli aveva pregato di portarsi in convento. 
Ti segnalo in grassetto due errorini.
Mi è piaciuta la scelta del momento che hai deciso di raccontare e come hai caratterizzato Tommaso.
Alla prossima ^_^
"Fare o non fare, non c'è provare." Yoda - Star Wars
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