[RNT1] Il Tempo è solo un'opinione
Posted: Sat Jul 10, 2021 10:07 pm
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· Traccia 2: 48 A.C. Giulio Cesare ordina una spedizione militare contro l'Egitto. Vi trovate ad Alessandria poco prima dell'incendio della grande biblioteca cittadina.
· Personaggio: Teresa. Un chimico; appassionata di tutte le scienze sperimentali.
Caldo. Odore dolciastro, bituminoso. Le tornò alla mente quell'hotel extra-lusso di Tunisi, specchi e seta, bitume e sterco di cammello. Certa Africa è come certo Oriente. Tutto uguale .
«Capra. Se è questo quello che ti riporti a casa, tanto vale che smetti di viaggiare.»
E infatti aveva smesso. Ma per un altro motivo. Per quella palla da tennis che gli si era abbarbicata al cervello, che ci aveva montato dentro una sala di proiezione e mandava vecchi film a vanvera. «Allucinazioni,Teresa. È un effetto collaterale. L'importante è che tu sappia riconoscerle.» L'importante sarebbe stato chiudere quel cinema una volta per tutte. «Mi spiace. Non è operabile.» Balle. L'unico dispiacere era dover rinunciare ai ventimila euro dell'intervento . Professor Amerigo Vespucci. La sua America si chiamava Villa Salus. Le era sempre stato sulle palle, soprattutto per quel vizietto di sbattersi le ragazze senza chiedere
permesso . Presto l'antipatia divenne reciproca. Probabilmente a seguito di quell'incidentino con la Dark-Blue.
«Fidati,Amerigo. Con questa te la scopi tutta la notte.»
«Sei tu il chimico. A buon rendere.»
Aveva omesso di dirgli che la faccenda avrebbe riguardato anche le dimensioni. Sparì per una settimana. Difficile andare in giro con un tronco di mezzo metro. Gli disse che era un inaspettato effetto collaterale. Non la prese bene .
« Mi spiace. Non è operabile. » Lo disse lentamente. Era la sua rivincita.
«Ma figurati, Amerigo. Cosa vuoi che sia.»
Caldo. Odore dolciastro, bituminoso. La testa le scoppiava.
Il braccio cominciò a pulsare. Mille aghi. Cercò di alzarsi.
«Ferma, stai giù» L'uomo si avvicinò e le mise una pezza fresca sulla fronte.
Teresa cercò di mettere a fuoco l'immagine «Chi?...»
«Sunu. Ci chiamano così.»
«Significa dottore.»
L'uomo annuì «Il braccio ti farà male ancora per un po'. Ma non per molto. Quello che mi preoccupa è la gamba.»
Fu allora che Teresa lo sentì. Come il morso di una tigre inferocita L'uomo si avvicinò con un boccale di coccio.
«Bevi. Piccoli sorsi.»
Denso. Amaro. Teresa tentò di voltare la testa.
«Tutto»
Il liquido scese giù a bruciarle la gola, lo stomaco. D'un tratto il fiume di lava si spense. Si mutò in acqua cristallina, penetrò ogni fibra del suo corpo e , a poco a poco , dissolse ogni dolore.
Si guardò il braccio. Pelle integra, nessuna ferita. L'uomo era chino sulla sua gamba. Le doleva ancora, ma non come prima.
«Dove siamo? Cosa è successo?»
L'uomo la guardò, sorrise e riprese ad occuparsi della gamba.
«D'accordo, dottor Sunu.»
«Sunu e basta. È inutile ripetere le cose.»
«Giusto. Cominciamo dall'inizio: dove siamo?»
«Ecco fatto» disse l'uomo. Versò in un bacile un liquido verdastro, vi immerse le mani e le asciugò con un panno di lino candido «Siamo al sicuro. Sei stata aggredita dai miliziani di Cesare. Hanno daghe infette, cosa che li rende più pericolosi del dovuto, anche se sono troppo cretini per rendersene conto.»
«Aggredita? Perché?»
«Credi di potertene andare in giro con i tuoi aggeggi senza conseguenze?» disse mettendole in grembo il cellulare.
«Ma è solo un telefono… Un momento! Hai detto miliziani di Cesare?»
Sunu annuì «Credo che sia tu ad avere un mucchio di cose da spiegare, non credi?» disse divertito.
«Ma allora ce l'ho fatta!»
«Sì, non morirai. Non per ora, almeno.»
«Laurionite, 240% di potenziamento del sistema immunitario. E Natron.»
«Va bene, e allora?»
«Sono un chimico.»
«Mi fa piacere.»
«Vengo dal ventunesimo secolo.»
«Pure questo mi fa piacere. Anche se lo capisco un po' meno.»
«Però sai usare la Laurionite e il Natron.»
«Come ogni buon imbalsamatore.»
«E noi, qui, adesso, siamo nella biblioteca di Alessandria, giusto?»
Sunu si irrigidì «Non esattamente.»
«Invece sì. Perché sarebbe ben strano che il deposito di tutto quello che si sa, il più grande al mondo, restasse così, senza che nessuno si chieda cosa farne. Senza avere un laboratorio dove esplorarne i confini, dove sperimentarne le possibilità.»
«Ti sbagli.»
«No. E tu lo sai. Così bene che mi hai guarito.»
«Erano ferite superficiali.»
«Daghe infette che in pochissimo tempo non lasciano tracce?»
Sunu la fissò con la fronte aggrottata «Cosa vuoi da me?»
«Ho un cancro che mi sta divorando il cervello. Avevo trovato un modo per risolvere la faccenda, molto simile a quello che hai usato con le mie ferite superficiali. Ho bisogno di saperne di più.»
Sunu sospirò «Sei sicura?»
«Ho un conto in sospeso con certa Africa e certo Oriente. Mi piacerebbe vivere ancora per saldarlo. Se non altro per rispetto.»
«Seguimi.»
Scesero una scalea di pietra che si inabissava nell'ombra. Scesero e scesero ancora finchè giunsero davanti a un portale di legno e ottone. Di lato, un pannello quadrato con nove tasselli. Sunu ne spinse alcuni. Si udì uno scatto secco e il portale si aprì lentamente. Percorsero un corridoio, una sala dietro l'altra. Scaffali ingombri di rotoli, tavoli con vasi di terracotta e fuochi su cui ribollivano ampolle di varia grandezza.
Il laboratorio segreto della biblioteca di Alessandria.
«Lo sapevo, doveva esserci! » disse Teresa «Non poteva che essere così.»
Sunu la condusse a un tavolo su cui giaceva un corpo grigiastro con le braccia incrociate sul petto.
Al collo, polsi e caviglie, cannule collegate a recipienti di vetro piene di liquido scuro.
«Guarda.» disse Sunu.
Azionò alcune levette e dai recipienti il liquido cominciò a defluire nelle cannule. Quasi subito il corpo prese colore. Labbra, pelle e muscoli di distesero, mentre nelle orbite i bulbi oculari riprendevano il loro posto e la cassa toracica cominciava ad alzarsi e abbassarsi.
«Respira» disse Teresa incredula «sta respirando!»
Sotto i suoi occhi quel corpo tornava alla vita. Alzò la testa, la guardò e le regalò il sorriso più dolce che avesse mai visto. All'improvviso, tutto si fermò. La pelle tornò grigia e raggrinzita sulle orbite vuote.
«In quelle teche ne ho a decine» disse Sunu indicando il fondo della sala.
«Direi che sei a un punto morto.»
«Spirito chimico, mi piace.»
«A me un po' meno. Il processo ha collassato perché il ponte cellulare non è riuscito a creare un connettivo stabile.»
«Tu dici?»
«Dico. Non ci sono riuscita nemmeno con l'elettrolisi. Ma che te lo spiego a fare? Tanto non capiresti.»
Sunu la guardò sornione «Voi giovani, per il solo fatto di arrivare dopo siete convinti di essere avanti.»
«Giovane?» protestò Teresa «Ho sessantacinque anni e dovrei già essere a godermi la pensione. Se solo ... »
«Fossi in te non pontificherei di ponti cellulari, connettivi e elettrolisi» disse Sunu «Non con me.»
Prese uno specchio e glielo porse. Teresa si guardò. Quella che vide non aveva più di trentacinque anni.
«E per quanto riguarda il tuo cancro, il ponte cellulare è più che stabile. Perché, vedi cara, Dopo non significa necessariamente Avanti. »
In quel momento si udì un trambusto.
«Presto, nascondit!» disse Sunu.
Lei scivolò sotto il tavolo appena in tempo.
«Dottore, vedo che siamo a un punto morto.»
Quella voce!
Teresa si sporse e lo vide: Amerigo Vespucci. Stesso tono, stessa faccia di cazzo.
Proprio vero: il tempo è un'opinione. Non avrebbero fatto Star Gate, altrimenti.
«Abbiamo un contratto da rispettare, dottore. Capitali internazionali, lei capisce, vero?»
«Ci sto lavorando.»
«Forse non abbastanza. Due giorni. Dopo di che saremo costretti a… lei m'intende.»
«Certo.»
Quando furono soli, Teresa lo guardò. «Non sei a un punto morto, vero?»
Lui scosse la testa «Metti acqua, vivi. Togli acqua muori. In fondo non è difficile. Si tratta di pilotare gli equilibri osmotici. Le piante lo sanno da sempre.»
«Quello è un cazzone, lo sai?»
«Lo paga Cesare.»
«Appunto. Che intendi fare?»
«Direi che possiamo fermarci qui.»
Teresa lo guardò avvicinarsi alla torcia. Lo vide staccarla dal muro. Vide le fiamme divampare. Vide la sua mano nel fumo.
«Teresa, vieni!»
«Come sai il mio nome?»
La lucina verde ebbe un ultimo sobbalzo, poi corse dritta con il suo beeep.
«L'abbiamo persa, dottore.»
«Abbiamo qualche parente da avvisare?»
· Traccia 2: 48 A.C. Giulio Cesare ordina una spedizione militare contro l'Egitto. Vi trovate ad Alessandria poco prima dell'incendio della grande biblioteca cittadina.
· Personaggio: Teresa. Un chimico; appassionata di tutte le scienze sperimentali.
Caldo. Odore dolciastro, bituminoso. Le tornò alla mente quell'hotel extra-lusso di Tunisi, specchi e seta, bitume e sterco di cammello. Certa Africa è come certo Oriente. Tutto uguale .
«Capra. Se è questo quello che ti riporti a casa, tanto vale che smetti di viaggiare.»
E infatti aveva smesso. Ma per un altro motivo. Per quella palla da tennis che gli si era abbarbicata al cervello, che ci aveva montato dentro una sala di proiezione e mandava vecchi film a vanvera. «Allucinazioni,Teresa. È un effetto collaterale. L'importante è che tu sappia riconoscerle.» L'importante sarebbe stato chiudere quel cinema una volta per tutte. «Mi spiace. Non è operabile.» Balle. L'unico dispiacere era dover rinunciare ai ventimila euro dell'intervento . Professor Amerigo Vespucci. La sua America si chiamava Villa Salus. Le era sempre stato sulle palle, soprattutto per quel vizietto di sbattersi le ragazze senza chiedere
permesso . Presto l'antipatia divenne reciproca. Probabilmente a seguito di quell'incidentino con la Dark-Blue.
«Fidati,Amerigo. Con questa te la scopi tutta la notte.»
«Sei tu il chimico. A buon rendere.»
Aveva omesso di dirgli che la faccenda avrebbe riguardato anche le dimensioni. Sparì per una settimana. Difficile andare in giro con un tronco di mezzo metro. Gli disse che era un inaspettato effetto collaterale. Non la prese bene .
« Mi spiace. Non è operabile. » Lo disse lentamente. Era la sua rivincita.
«Ma figurati, Amerigo. Cosa vuoi che sia.»
Caldo. Odore dolciastro, bituminoso. La testa le scoppiava.
Il braccio cominciò a pulsare. Mille aghi. Cercò di alzarsi.
«Ferma, stai giù» L'uomo si avvicinò e le mise una pezza fresca sulla fronte.
Teresa cercò di mettere a fuoco l'immagine «Chi?...»
«Sunu. Ci chiamano così.»
«Significa dottore.»
L'uomo annuì «Il braccio ti farà male ancora per un po'. Ma non per molto. Quello che mi preoccupa è la gamba.»
Fu allora che Teresa lo sentì. Come il morso di una tigre inferocita L'uomo si avvicinò con un boccale di coccio.
«Bevi. Piccoli sorsi.»
Denso. Amaro. Teresa tentò di voltare la testa.
«Tutto»
Il liquido scese giù a bruciarle la gola, lo stomaco. D'un tratto il fiume di lava si spense. Si mutò in acqua cristallina, penetrò ogni fibra del suo corpo e , a poco a poco , dissolse ogni dolore.
Si guardò il braccio. Pelle integra, nessuna ferita. L'uomo era chino sulla sua gamba. Le doleva ancora, ma non come prima.
«Dove siamo? Cosa è successo?»
L'uomo la guardò, sorrise e riprese ad occuparsi della gamba.
«D'accordo, dottor Sunu.»
«Sunu e basta. È inutile ripetere le cose.»
«Giusto. Cominciamo dall'inizio: dove siamo?»
«Ecco fatto» disse l'uomo. Versò in un bacile un liquido verdastro, vi immerse le mani e le asciugò con un panno di lino candido «Siamo al sicuro. Sei stata aggredita dai miliziani di Cesare. Hanno daghe infette, cosa che li rende più pericolosi del dovuto, anche se sono troppo cretini per rendersene conto.»
«Aggredita? Perché?»
«Credi di potertene andare in giro con i tuoi aggeggi senza conseguenze?» disse mettendole in grembo il cellulare.
«Ma è solo un telefono… Un momento! Hai detto miliziani di Cesare?»
Sunu annuì «Credo che sia tu ad avere un mucchio di cose da spiegare, non credi?» disse divertito.
«Ma allora ce l'ho fatta!»
«Sì, non morirai. Non per ora, almeno.»
«Laurionite, 240% di potenziamento del sistema immunitario. E Natron.»
«Va bene, e allora?»
«Sono un chimico.»
«Mi fa piacere.»
«Vengo dal ventunesimo secolo.»
«Pure questo mi fa piacere. Anche se lo capisco un po' meno.»
«Però sai usare la Laurionite e il Natron.»
«Come ogni buon imbalsamatore.»
«E noi, qui, adesso, siamo nella biblioteca di Alessandria, giusto?»
Sunu si irrigidì «Non esattamente.»
«Invece sì. Perché sarebbe ben strano che il deposito di tutto quello che si sa, il più grande al mondo, restasse così, senza che nessuno si chieda cosa farne. Senza avere un laboratorio dove esplorarne i confini, dove sperimentarne le possibilità.»
«Ti sbagli.»
«No. E tu lo sai. Così bene che mi hai guarito.»
«Erano ferite superficiali.»
«Daghe infette che in pochissimo tempo non lasciano tracce?»
Sunu la fissò con la fronte aggrottata «Cosa vuoi da me?»
«Ho un cancro che mi sta divorando il cervello. Avevo trovato un modo per risolvere la faccenda, molto simile a quello che hai usato con le mie ferite superficiali. Ho bisogno di saperne di più.»
Sunu sospirò «Sei sicura?»
«Ho un conto in sospeso con certa Africa e certo Oriente. Mi piacerebbe vivere ancora per saldarlo. Se non altro per rispetto.»
«Seguimi.»
Scesero una scalea di pietra che si inabissava nell'ombra. Scesero e scesero ancora finchè giunsero davanti a un portale di legno e ottone. Di lato, un pannello quadrato con nove tasselli. Sunu ne spinse alcuni. Si udì uno scatto secco e il portale si aprì lentamente. Percorsero un corridoio, una sala dietro l'altra. Scaffali ingombri di rotoli, tavoli con vasi di terracotta e fuochi su cui ribollivano ampolle di varia grandezza.
Il laboratorio segreto della biblioteca di Alessandria.
«Lo sapevo, doveva esserci! » disse Teresa «Non poteva che essere così.»
Sunu la condusse a un tavolo su cui giaceva un corpo grigiastro con le braccia incrociate sul petto.
Al collo, polsi e caviglie, cannule collegate a recipienti di vetro piene di liquido scuro.
«Guarda.» disse Sunu.
Azionò alcune levette e dai recipienti il liquido cominciò a defluire nelle cannule. Quasi subito il corpo prese colore. Labbra, pelle e muscoli di distesero, mentre nelle orbite i bulbi oculari riprendevano il loro posto e la cassa toracica cominciava ad alzarsi e abbassarsi.
«Respira» disse Teresa incredula «sta respirando!»
Sotto i suoi occhi quel corpo tornava alla vita. Alzò la testa, la guardò e le regalò il sorriso più dolce che avesse mai visto. All'improvviso, tutto si fermò. La pelle tornò grigia e raggrinzita sulle orbite vuote.
«In quelle teche ne ho a decine» disse Sunu indicando il fondo della sala.
«Direi che sei a un punto morto.»
«Spirito chimico, mi piace.»
«A me un po' meno. Il processo ha collassato perché il ponte cellulare non è riuscito a creare un connettivo stabile.»
«Tu dici?»
«Dico. Non ci sono riuscita nemmeno con l'elettrolisi. Ma che te lo spiego a fare? Tanto non capiresti.»
Sunu la guardò sornione «Voi giovani, per il solo fatto di arrivare dopo siete convinti di essere avanti.»
«Giovane?» protestò Teresa «Ho sessantacinque anni e dovrei già essere a godermi la pensione. Se solo ... »
«Fossi in te non pontificherei di ponti cellulari, connettivi e elettrolisi» disse Sunu «Non con me.»
Prese uno specchio e glielo porse. Teresa si guardò. Quella che vide non aveva più di trentacinque anni.
«E per quanto riguarda il tuo cancro, il ponte cellulare è più che stabile. Perché, vedi cara, Dopo non significa necessariamente Avanti. »
In quel momento si udì un trambusto.
«Presto, nascondit!» disse Sunu.
Lei scivolò sotto il tavolo appena in tempo.
«Dottore, vedo che siamo a un punto morto.»
Quella voce!
Teresa si sporse e lo vide: Amerigo Vespucci. Stesso tono, stessa faccia di cazzo.
Proprio vero: il tempo è un'opinione. Non avrebbero fatto Star Gate, altrimenti.
«Abbiamo un contratto da rispettare, dottore. Capitali internazionali, lei capisce, vero?»
«Ci sto lavorando.»
«Forse non abbastanza. Due giorni. Dopo di che saremo costretti a… lei m'intende.»
«Certo.»
Quando furono soli, Teresa lo guardò. «Non sei a un punto morto, vero?»
Lui scosse la testa «Metti acqua, vivi. Togli acqua muori. In fondo non è difficile. Si tratta di pilotare gli equilibri osmotici. Le piante lo sanno da sempre.»
«Quello è un cazzone, lo sai?»
«Lo paga Cesare.»
«Appunto. Che intendi fare?»
«Direi che possiamo fermarci qui.»
Teresa lo guardò avvicinarsi alla torcia. Lo vide staccarla dal muro. Vide le fiamme divampare. Vide la sua mano nel fumo.
«Teresa, vieni!»
«Come sai il mio nome?»
La lucina verde ebbe un ultimo sobbalzo, poi corse dritta con il suo beeep.
«L'abbiamo persa, dottore.»
«Abbiamo qualche parente da avvisare?»