Le panchine sotto i tigli

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Angela arrossisce tuttora al ricordo di quell'afosa sera d'estate di un anno fa.
Il caldo insopportabile spingeva il gruppetto a riunirsi anche dopo cena. Lei e Vincenzo erano sempre gli ultimi a lasciare le postazioni, un po' perché non ne avevano mai abbastanza di stare in compagnia e un po' perché, tra bastone lui e deambulatore lei, non potevano definirsi scattanti.
"Voglio raccontarti un segreto. Sai che quando avevo diciassette anni sono stata eletta reginetta di bellezza?" Lottando contro l'artrite che le aveva deformato le dita, cercò di estrarre dalla tasca una vecchia foto seppiata. La allungò all'amico facendola vibrare, ormai la mano ferma era un lontano ricordo.
Le guance scarne dell'uomo si sollevarono trascinando la pelle ingiallita attorno agli zigomi svuotati. Era un tentativo di sorriso lusingato.
Angela si era già pentita di questo atto di vanità. La terza età non è la fase giusta per la civetteria, si diceva sentendosi infuocare il viso e il cuore battere in gola.
Ma Vincenzo sollevò i profondi occhi neri e le rispose in maniera inaspettata:

"Mi mostri la foto
Di tempi migliori:
La pelle è liscia
I capelli neri.

Sembravi dipinta
Da grande maestro,
Sembravi scolpita,
Bianco alabastro.

Bella eri bella
Senz'alcun dubbio.
Ma vuoto di vita
Nel tuo bagaglio.

Stanotte, invece,
Sul viso segnato
Splende una donna
Che mi ha stregato.

Non più abbagliato
Da delizie esteriori
Vedo un'anima
E i suoi mille colori. "


Glielo confessò così: in poesia.
Angela se ne andò più velocemente che riuscì, senza nemmeno salutarlo. Cosa le era venuto in mente di fare: sedurlo con una foto? Alla sua età! Che vergogna.
E infatti per la vergogna non riuscì più a parlarci finché, pochi giorni dopo, come ogni tanto accadeva a qualche membro del gruppo, Vincenzo se ne andò.
Il suo posto sulla panchina è rimasto vuoto da allora, solo Sergio ogni tanto ci appoggia il giornale, quando gli si intrecciano gli occhi per la stanchezza.
E quando Sergio usa quello spazio come poggiarivista, in Angela si accende qualcosa, quasi quello fosse un suo interruttore.
"Vincenzo ci ha lasciati". Questo il triste annuncio che Maria Rosa diede alla compagnia. "Mi ha detto il figlio che ha avuto un un infarto nel sonno."
Angela sentì una fitta in pieno petto e rimase senza fiato alcuni secondi. In fondo se lo aspettava, erano tre giorni che l'uomo non si presentava più alle panchine sotto i tigli. Rimase immobile e non disse una parola. Un altro addio.
"Ciao Angela! Ti ho portato un mazzolino." Una voce squillante la distoglie dal suo rimuginare e le fa spostare lo sguardo fissato sulla corteccia irregolare di un albero.
"Stamani ho trovato solo fiori di malva e margherite, ma sono belle, vero?" Prosegue la bambina, scuotendo i codini biondi e girando sulle caviglie in modo che la gonna rosa faccia la ruota.
"Grazie, Diana, sei gentile." Angela adora quando i bimbi del paese si fermano a salutarla e a raccontarle qualcosa.
"La mamma mi ha comprato i biscotti col cioccolato per merenda, ne vuoi uno?" Diana estrae dal sacchetto un disco di pasta frolla e comincia a sgranocchiare davanti al gruppetto di anziani e fa venire loro, tutti a dieta rigorosa, l'acquolina in bocca.
"Non posso. Dopo aver lavorato quarant'anni in Svizzera, ho mangiato troppa.."
"... cioccolata e mi è venuto il diabete!" Le fanno eco gli amici.
"Angela, ormai la sappiamo a memoria la tua storia della Svizzera." Balbetta Sergio, cercando di controllare la voce e la mano destra che ha cominciato a distribuire saluti alle formiche. La blocca con la sinistra e se la ripone in grembo.
Il gruppetto comincia a sghignazzare, hanno imparato a prendere la vita con leggerezza. Ma un colpo di vento mette tutti a tacere.
Le ampie gonne svolazzano mostrando polpacci disegnati dalle varici e caviglie gonfie. Con gesti pudichi le signore recuperano i lembi e li portano al loro posto. Anche i cappelli dei signori hanno un moto di indipendenza e tentano di andarsene dalle chiome spelacchiate, ma vengono tutti recuperati.
Sulla sottana scura di Angela si adagiano tre allegri semi di tiglio con le loro eliche. Ne prende uno in mano e ripensa alle parole di Vincenzo.
"Non so se Leonardo da Vinci si fosse ispirato a queste foglie eoliche per progettare la sua macchina volante, ma io invidio la loro leggerezza. La vecchiaia ha incatenato le mie gambe e la mia libertà. Mi piacerebbe volare ancora una volta come loro. Ti ho mai raccontato di quando facevo i lanci col paracadute e vedevo il tramonto dal cielo?"
Angela si osserva le mani con cui tiene l'infiorescenza. Quante cose aveva fatto nella sua vita con quelle mani rigate da vene viola e piene di macchie solari. Eppure non aveva mai trovato il coraggio di appoggiare una carezza sul volto di Vincenzo. E adesso era troppo tardi, mai più avrebbe potuto rimediare.
È certa che se lo avesse fatto, l'emozione di quel contatto avrebbe avuto l'odore dei tigli.
Aveva letto da qualche parte che quegli alberi maestosi possono essere molto longevi e, pertanto, adatti a offrire riparo a quel ritrovo di anziani.
Le loro chiome erano dorate, tendenti al bruno, il giorno in cui Angela aveva percepito uno strano subbuglio alla bocca dello stomaco nel ritrovarsi sola con Vincenzo. Era stato un caso che quella mattina d'autunno nessun'altro si fosse presentato alle panchine.
Avevano parlato di molte cose e quel discorrere intimo, quello scambiarsi confidenze tra il volteggiare delle foglie secche, aveva spinto Angela, molti mesi dopo, a mostrare la foto.
Se solo non avesse avuto tale ardimentoso, quanto inutile, comportamento, forse si sarebbe potuta godere la compagnia di Vincenzo ancora per qualche giorno. Invece lui se ne era andato col dubbio che lei non avesse apprezzato la poetica dichiarazione.
Quando un amico lascia libero lo spazio sulla panchina, Angela non è mai troppo triste per lui, alla loro età la morte assomiglia a un sollievo. Anche lei la sta aspettando.
E infatti per Vincenzo non aveva provato tristezza: lo immaginava a volteggiare come un seme di tiglio in un caldo tramonto estivo.
È per sé stessa che aveva sussultato. È per sé stessa che aveva pianto di nascosto una volta tornata a casa. Mai più strizzatine d'occhio per le battute incomprensibili di Sergio, mai più i pettegolezzi sui finti acciacchi di Rosa o le prese in giro a Giuseppe che si addormentava sempre. E mai più quel trovarsi d'accordo su tutti gli argomenti, come se pensassero all'unisono.
Eppure alla sua età il "mai più" avrebbe dovuto accettarlo. Così aveva creduto finché non si era trattato di Vincenzo.
Angela avverte un capogiro e poi un senso di vuoto sotto i piedi. Le sembra di venir risucchiata dalla panchina e appoggia le mani sul bordo della seduta per aggrapparsi.
"Angela, tutto bene?" Le chiede Franca, "sei impallidita all'improvviso".
"Tutto a posto, cara. Niente, forse solo un po' di stanchezza."
Alcuni di loro cominciano ad alzarsi e salutare. Chi ha figli e nipoti a cena, chi è stato chiamato dalla badante che ha ordini precisi sull'orario, chi semplicemente avverte il bisogno della solitudine.
Nonostante la brezza che smuove le chiome dei tigli e le fa chiudere il golfino, Angela aspetta che tutti rincasino. Aspetta per guardare il sole tingere di arancio i cirri. Sa che sarebbero diventati grigi appena l'astro fosse sceso sotto l'orizzonte. Si alzano in volo mille semi di tiglio che portano nell'aria anche il profumo dei loro fiori. Sfiorandole la guancia come carezza, il vento sussurra all'orecchio parole d'amore:
"Vedo un'anima
E i suoi mille colori".

Ad Angela si inumidiscono gli occhi mentre aspetta di guardare l'ennesimo tramonto, quasi fosse la prima volta. O come fosse l'ultimo della sua vita.


[Racconto scritto in occasione del Ferragosto d'Inchiostro 2019 - https://www.writersdream.org/forum/foru ... ent-773897 ]

Re: Le panchine sotto i tigli

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Talia ha scritto: dom gen 03, 2021 10:01 am "Mi mostri la foto
Di tempi migliori:
La pelle è liscia
I capelli neri.

Sembravi dipinta
Da grande maestro,
Sembravi scolpita,
Bianco alabastro.

Bella eri bella
Senz'alcun dubbio.
Ma vuoto di vita
Nel tuo bagaglio.

Stanotte, invece,
Sul viso segnato
Splende una donna
Che mi ha stregato.

Non più abbagliato
Da delizie esteriori
Vedo un'anima
E i suoi mille colori. "
Che bel racconto Talia! Mi piace tutto quello che parla di anziani oltre che di bambini, chissà perché. Sei stata proprio delicata e attenta ai dettagli, ne parli quasi come se sapessi, come se quei dolori che descrivi li avessi provati sulla pelle. L'unico cambiamente che porterei è nella poesia che mi pare un po' lunga per essere un'improvvisazione. Però chissà, in fondo, di Vincenzo non ci hai mica detto che lavoro faceva, magari era poeta e gli veniva meglio esprimersi in rima. Molto piacevole da leggere, un fondo malinconico che però non mette tristezza.
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Linda e la montagna di fuoco

Re: Le panchine sotto i tigli

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Kikki ha scritto: mar gen 05, 2021 2:51 pm Che bel racconto Talia! Mi piace tutto quello che parla di anziani oltre che di bambini, chissà perché. Sei stata proprio delicata e attenta ai dettagli, ne parli quasi come se sapessi, come se quei dolori che descrivi li avessi provati sulla pelle. L'unico cambiamente che porterei è nella poesia che mi pare un po' lunga per essere un'improvvisazione. Però chissà, in fondo, di Vincenzo non ci hai mica detto che lavoro faceva, magari era poeta e gli veniva meglio esprimersi in rima. Molto piacevole da leggere, un fondo malinconico che però non mette tristezza.
Grazie @Kikki! :romance-smileyheart: :romance-wub:

Sono molto contenta del tuo apprezzamento.
Grazie :happy-smileyflower:


Talia :happy-sunny:

Re: Le panchine sotto i tigli

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Me lo ricordo questo racconto, se non sbaglio il FdI dell'anno scorso. :lol: Uno dei tuoi che mi erano piaciuti di più e avevo votato. Una storia di rara delicatezza e con quel pizzico di ironia che la fa brillare. Hai fatto bene a trasferirlo :romance-smileyheart:
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)
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