[MI152] Nascondino
Posted: Sun Jun 06, 2021 5:54 pm
https://www.costruttoridimondi.org/forum/viewtopic.php?p=17592#p17592
Traccia di Mezzogiorno
Nascondino
Nessuno conosce i nascondigli di Sara.
In una casa così grande, un dedalo di stanze costruite in diversi decenni, riciclate per funzioni differenti da quelle per cui erano state concepite – come scoprire dove sia una bambina di sette anni che non vuole assolutamente essere trovata?
Sara è una campionessa di Nascondino. Quando ci sono ospiti, e quegli ospiti sono bambini, e quei bambini sono disposti a giocare con lei, Sara vince sempre, ma non rivela mai i suoi segreti.
Alla fine del gioco se la ritrovano alle spalle all’improvviso, spesso sporca di polvere, di terra, con le foglie secche tra i capelli. Lei non dice da dov’è sbucata, dov’era fino a quel momento.
Sara parla poco, è una bambina diffidente. Quando si vede che ha pianto, dice che è caduta dalle scale, ma si capisce che è una menzogna. Quando i compagni di classe posano per la foto ricordo della gita scolastica, lei è sempre nell’ultima fila. Le dicono di venire avanti, lei che è la più bassina e minuta, ma Sara scuote la testa. Sta bene dov’è. Sembra che voglia sparire alla vista, diventare tutt'uno con le ombre sullo sfondo.
Qualche volta, i vicini di casa la vedono girovagare per il quartiere. La chiamano, le chiedono cosa ci fa in giro tutta sola. Lei non risponde, corre via, torna a casa. Un’apparizione.
Questo pomeriggio, Sara è sparita. Non è sparita come al solito, è sparita per più tempo, quindi è diverso – ora ci si deve preoccupare.
Si è fatta notte. La cercano nella sua grande casa dalle mille stanze, la nonna e la madre. La cerca nel quartiere, il padre. Poi la cercano tutti quanti – nel quartiere e fuori, per tutta la città.
Si allerta la polizia. Si sguinzagliano i cani molecolari. Si controllano le telecamere e i droni.
Sara, si sa, è brava a Nascondino.
-
Questo pomeriggio, Sara è circondata da una piscina di calore. Il cuore le batte così forte da farle male allo sterno. Ogni volta che sente un suono, le salta in gola, soffocandola. Attorno a lei c’è solo una stanza avvolta dalle ombre dell’ultima ora del giorno. Lunghe e placide, sfumate nei margini. Lei non vede la stanza, lei vede un orso. Vede un orso e un topo, e una mucca grande come lei. Quelle figure silenziose la circondano nella placida oscurità del seminterrato. Respira, con fatica. L'ombra la terrà nascosta. Deve solo resistere per un po', poi potrà uscire dalla porta del seminterrato nel giardino, e da qui all'esterno, al sicuro.
D’improvviso, il suono.
Quei passi di gigante, rapidi e duri, passi di fuoco e metallo sulla scala. Tacchi sbattuti ritmicamente, li conosce bene.
Sara sente una sacca stringersi nella sua tonda pancia infantile.
“Dov’è?” dice la madre, il tono concitato e rabbioso. “Dov’è quella cretina?”
La madre è nel seminterrato. Le labbra sono strette tra loro, gli occhi sono neri e carichi d’odio. Si muove con scatti e gesti rumorosi, ogni passo scuote la casa.
Sara ha paura, il suo cuore sembra non conoscere limiti alla velocità. Le gira la testa, le manca il respiro, ma non si muove. Rimane immobile. Non può vedere la stanza, quindi anche la madre, dalla stanza, non può vedere lei.
La madre gira lo sguardo nella sua direzione. Vede il grande carrello di ferro tinteggiato di giallo che utilizzavano per trasportare i materiali quando nel seminterrato c’era la fabbrica di borse. Suo marito lo ha riempito dei vecchi giocattoli che erano appartenuti a lui e ai suoi fratelli. Ne è stracolmo, è l'unico oggetto abbastanza capiente da contenerli tutti. Si guarda attorno, ma di Sara non c’è traccia.
Frustrata, calcia il carrello. Il cavallo a dondolo che c’è sopra crolla più in basso, incastrandosi tra gli altri giochi. Sara ha le mani davanti alla bocca e prega di non fare rumore. Una scatola di legno le è caduta su una spalla, le ha fatto male, ma lei tace e trema.
“Se la trovo l’ammazzo, stavolta” dice la madre.
Poi se ne va.
Sara ingoia un glomo di veleno con le parole della madre, ma sente il cuore rallentare il battito, finalmente. Ogni passo sulla scala che la conduce lontano da lei solleva la coperta di piombo del terrore.
Si calma. Non la troverà. Non l’ammazzerà. Lo dice sempre, ma non lo farà.
Attorno a lei i peluche sorridono, anche se non distingue bene i loro visi. Il sole è tramontato e nel seminterrato non giunge più un solo raggio di sole, soltanto quel ricordo di luce biancastro e pallido. Il seminterrato è il posto preferito di Sara dove nascondersi, ci sono mille pertugi oscuri dove trovare riparo e una via di fuga per l'esterno.
Ora può uscire e scappare. Tornerà a casa quando la madre si sarà calmata.
Sara prova a spingere via i giocattoli sopra di lei, ma qualcosa non va. Non si muovono.
Spinge più forte.
Crolla più in basso.
I peluche sono troppi attorno a lei, sopra di lei. Sono densi e soffocanti.
La luce stenta a passare, Sara non vede nulla. Prova a gridare, ma i pupazzi attutiscono il suono della sua parola.
Si sente mancare il respiro, è nel panico. La luce si fa sempre più fioca nella stanza, come l’ultima scena di un film che s’annerisce.
L’orso, nel buio, sorride.
Traccia di Mezzogiorno
Nascondino
Nessuno conosce i nascondigli di Sara.
In una casa così grande, un dedalo di stanze costruite in diversi decenni, riciclate per funzioni differenti da quelle per cui erano state concepite – come scoprire dove sia una bambina di sette anni che non vuole assolutamente essere trovata?
Sara è una campionessa di Nascondino. Quando ci sono ospiti, e quegli ospiti sono bambini, e quei bambini sono disposti a giocare con lei, Sara vince sempre, ma non rivela mai i suoi segreti.
Alla fine del gioco se la ritrovano alle spalle all’improvviso, spesso sporca di polvere, di terra, con le foglie secche tra i capelli. Lei non dice da dov’è sbucata, dov’era fino a quel momento.
Sara parla poco, è una bambina diffidente. Quando si vede che ha pianto, dice che è caduta dalle scale, ma si capisce che è una menzogna. Quando i compagni di classe posano per la foto ricordo della gita scolastica, lei è sempre nell’ultima fila. Le dicono di venire avanti, lei che è la più bassina e minuta, ma Sara scuote la testa. Sta bene dov’è. Sembra che voglia sparire alla vista, diventare tutt'uno con le ombre sullo sfondo.
Qualche volta, i vicini di casa la vedono girovagare per il quartiere. La chiamano, le chiedono cosa ci fa in giro tutta sola. Lei non risponde, corre via, torna a casa. Un’apparizione.
Questo pomeriggio, Sara è sparita. Non è sparita come al solito, è sparita per più tempo, quindi è diverso – ora ci si deve preoccupare.
Si è fatta notte. La cercano nella sua grande casa dalle mille stanze, la nonna e la madre. La cerca nel quartiere, il padre. Poi la cercano tutti quanti – nel quartiere e fuori, per tutta la città.
Si allerta la polizia. Si sguinzagliano i cani molecolari. Si controllano le telecamere e i droni.
Sara, si sa, è brava a Nascondino.
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Questo pomeriggio, Sara è circondata da una piscina di calore. Il cuore le batte così forte da farle male allo sterno. Ogni volta che sente un suono, le salta in gola, soffocandola. Attorno a lei c’è solo una stanza avvolta dalle ombre dell’ultima ora del giorno. Lunghe e placide, sfumate nei margini. Lei non vede la stanza, lei vede un orso. Vede un orso e un topo, e una mucca grande come lei. Quelle figure silenziose la circondano nella placida oscurità del seminterrato. Respira, con fatica. L'ombra la terrà nascosta. Deve solo resistere per un po', poi potrà uscire dalla porta del seminterrato nel giardino, e da qui all'esterno, al sicuro.
D’improvviso, il suono.
Quei passi di gigante, rapidi e duri, passi di fuoco e metallo sulla scala. Tacchi sbattuti ritmicamente, li conosce bene.
Sara sente una sacca stringersi nella sua tonda pancia infantile.
“Dov’è?” dice la madre, il tono concitato e rabbioso. “Dov’è quella cretina?”
La madre è nel seminterrato. Le labbra sono strette tra loro, gli occhi sono neri e carichi d’odio. Si muove con scatti e gesti rumorosi, ogni passo scuote la casa.
Sara ha paura, il suo cuore sembra non conoscere limiti alla velocità. Le gira la testa, le manca il respiro, ma non si muove. Rimane immobile. Non può vedere la stanza, quindi anche la madre, dalla stanza, non può vedere lei.
La madre gira lo sguardo nella sua direzione. Vede il grande carrello di ferro tinteggiato di giallo che utilizzavano per trasportare i materiali quando nel seminterrato c’era la fabbrica di borse. Suo marito lo ha riempito dei vecchi giocattoli che erano appartenuti a lui e ai suoi fratelli. Ne è stracolmo, è l'unico oggetto abbastanza capiente da contenerli tutti. Si guarda attorno, ma di Sara non c’è traccia.
Frustrata, calcia il carrello. Il cavallo a dondolo che c’è sopra crolla più in basso, incastrandosi tra gli altri giochi. Sara ha le mani davanti alla bocca e prega di non fare rumore. Una scatola di legno le è caduta su una spalla, le ha fatto male, ma lei tace e trema.
“Se la trovo l’ammazzo, stavolta” dice la madre.
Poi se ne va.
Sara ingoia un glomo di veleno con le parole della madre, ma sente il cuore rallentare il battito, finalmente. Ogni passo sulla scala che la conduce lontano da lei solleva la coperta di piombo del terrore.
Si calma. Non la troverà. Non l’ammazzerà. Lo dice sempre, ma non lo farà.
Attorno a lei i peluche sorridono, anche se non distingue bene i loro visi. Il sole è tramontato e nel seminterrato non giunge più un solo raggio di sole, soltanto quel ricordo di luce biancastro e pallido. Il seminterrato è il posto preferito di Sara dove nascondersi, ci sono mille pertugi oscuri dove trovare riparo e una via di fuga per l'esterno.
Ora può uscire e scappare. Tornerà a casa quando la madre si sarà calmata.
Sara prova a spingere via i giocattoli sopra di lei, ma qualcosa non va. Non si muovono.
Spinge più forte.
Crolla più in basso.
I peluche sono troppi attorno a lei, sopra di lei. Sono densi e soffocanti.
La luce stenta a passare, Sara non vede nulla. Prova a gridare, ma i pupazzi attutiscono il suono della sua parola.
Si sente mancare il respiro, è nel panico. La luce si fa sempre più fioca nella stanza, come l’ultima scena di un film che s’annerisce.
L’orso, nel buio, sorride.