[MI 152] Terra e acqua

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Traccia di mezzanotte.

Terra e acqua


U zu Badassaru affondò il remo nell'acqua per spingersi via dalla riva. Quell'inciuria, il nome del personaggio della processione di vent'anni prima, gli era rimasto appiccicato addosso come una seconda pelle, a lui e a suo fratello Barabba. Totuccio lo aspettava dall'altra sponda. Si era deciso finalmente a vendere la baracca con tutti i burattini dentro. Che l'avrebbe venduta proprio a lui, suo zio, non aveva mai avuto dubbi. "Si l'avi a bennere, megghiu a mia ca a 'navutru"', sempre glielo aveva ripetuto. E Totuccio s'era deciso, per maritarsi Rosidda e poi andarsene in continente. A travagghiare, diceva, nella stessa fabbrica dove stava suo fratello. "E ca 'un ci voi tornari?" gli chiedeva u zu Badassaru, ma intanto rideva perché le due proprietà insieme erano un'altra cosa. Pure il mulo si sarebbe venduto, ché ormai, con la terra sua e quella di suo fratello, a che ci serviva?
"Quel mulu favusu!" disse ad alta voce mentre remava. Era favusu, dava calci a tutti, pure a lui che era il suo padrone, e se ne sarebbe liberato. "Come a Barabba". Questo non lo disse, ma lo sentì risuonare dentro di lui. Una voce che veniva dal cuore più che dal cervello. Tirò su i remi e si asciugò il sudore con il fazzoletto. La barca era ferma in mezzo al lago e u zu Badassaru guardò giù, verso il fondo. L'acqua era ferma, di un blu intatto, placido. Turbata appena dalla brezza che ne increspava la superficie. Cercò di vedere qualcosa tra i massi, ma era tutto fermo. Le pietre erano nere, viste da lì, ma u zu sapeva che era un'illusione, un inganno della vista. Lo sapeva perché lui c'era stato lì sotto, dove l'acqua era verde e pullulava di sabbia che si alzava brillante ad ogni bracciata. Lì dove tutto, alghe, sassi e corpi, si disfaceva in pezzettini così piccoli che non si potevano né prendere né toccare. Come la terra, la sua terra, quella che un pezzo alla volta gli avevano portato via i fratelli prima e i nipoti dopo. Anche se solo lui l'aveva lavorata, con la vanga e il sudore, e l'unico aiuto il mulu favusu glielo aveva dato.
"Favusu comu a iddi".
Mise la mano in acqua. Tanti cerchi concentrici tinsero di argento quel poco che si vedeva del fondo. Aspettò che l'acqua si fermasse per tornare a guardare. I massi apparvero di nuovo, sfumati come fantasmi. Il punto era quello. Ogni domenica prendeva la barca e andava lì, a ritrovare il luogo esatto e a guardarlo mutare. I cambiamenti erano impercettibili, ma c'erano. Anche i fantasmi cambiano, u zu ne era convinto. Sapeva che Barabba, ovunque fosse adesso, lo aveva perdonato. Perdonato e capito, ché lui colpe non ne aveva. Ci aveva provato a tirarlo su, si raccontava, ma non c'era riuscito. E Barabba, domenica dopo domenica, ci aveva creduto anche lui. Era l'acqua stessa dal lago a dirglielo, quei massi fantasmi che erano stati i testimoni.
Dall'altra sponda u zu vide Totuccio. Era solo e sbracciava. Prese i remi e gli andò incontro. Il nipote si era tolto le scarpe e aveva arrotolato i bordi del pantalone. Non ci fu bisogno di dirgli di salire in barca. Perché Totuccio salutò suo zio e in modo goffo ci salì. Fece ondeggiare l'imbarcazione e si sedette di fronte a lui con le scarpe in mano.
U zu si mise a remare verso il centro del lago. Totuccio sorrideva. U zu scrollò il capo, non si capacitava del perché suo nipote sorridesse ma nemmeno capiva perché lo stesse portando proprio là dove avvenne la disgrazia. Erano le sue stesse braccia a comandare, quelle braccia che per tanti anni non avevano fatto altro che zappare.
La barca si fermò sopra i fantasmi.
Totuccio si schiarì la voce.
"Vossia avi a sapiri..." disse.
"Chi cosa?" rispose u zu Badassaru.
"Io e Rosidda ce la vogliamo tenere la terra".
U zu Badassaru non disse niente. Guardò di nuovo verso il fondo, dove giaceva ormai decomposto, il fantasma di Barabba, il padre di Totuccio.
Poi parlò: "Unnu sapia che non s'a firava a natari. Unnu sapia".
Totuccio non capiva, di chi parlava? Barabba era scomparso vent'anni prima, il corpo non era mai stato ritrovato, manco si sapeva se fosse morto o se fosse scappato.
La barca iniziò a ondeggiare. Forse fu Totuccio a smuoverla, o forse fu lu zu. Oppure fu l'acqua stessa, anche nei laghi ci sono le onde e le correnti. E l'acqua ferma non è mai. Fatto sta che Totuccio cadde.
Che manco lui se la fidasse a nuotare, u zu Badassaru non lo sapeva proprio. Come poteva saperlo se mai erano andati in barca insieme. Lui c'era sempre andato da solo, anche prima che Barabba cadesse in quello stesso punto in cui annaspava adesso Totuccio. Afferrò il remo per aiutarlo a risalire ma non lo usò. L'acqua lo tirava giù e lui rimase a guardare, affascinato, uno spettacolo che aveva già visto. Pensò a Barabba, alla terra, al mulu, a Totuccio con Rosidda nella sua terra, ai fantasmi racchiusi nei massi, a tutte queste cose insieme, e si tuffò.
Totuccio affondava, sempre più giù, e u zu lo afferrò per le braccia. Arrivarono a toccare il fondo insieme, abbracciati. Il volto di Totuccio sfigurato dal dolore e avvolto da spirali di pulviscolo lucente. U zu rimase con lui a lungo lì sotto, a guardarlo, inerme come vent'anni prima, perché l'acqua lo tratteneva con la stessa forza, finché sentì i polmoni che scoppiavano. Lasciò la presa e si sentì sollevare. Due forze agivano in senso opposto: una portava Badassaru in superficie e l'altra teneva Totuccio ancorato al fondo. Lì dove già iniziava a scomporsi in minuscole particelle e a unirsi a quelle del padre.

Re: [MI 152] Terra e acqua

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@ivalibri  Braaaava! Bravissima!  :)    (y)

Una storia triste e impietosa che ruota intorno al significato della terra  (la "roba" del Verga) e dell'acqua per il protagonista.
Un unico consiglio: mettere alla fine della storia un glossario che traduca la lingua siciliana.
A questo proposito, penso che a @dyskolos  farebbe piacere leggere questo racconto.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI 152] Terra e acqua

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ivalibri ha scritto: Come la terra, la sua terra, quella che un pezzo alla volta gli avevano portato via i fratelli prima e i nipoti dopo. Anche se solo lui l'aveva lavorata, con la vanga e il sudore, e l'unico aiuto il mulu favusu glielo aveva dato
Questo sopra mi pare rappresenti il cuore pulsante del racconto, e la motivazione ultima del duplice omicidio: fratello e nipote. 
Un esperimento, il tuo, Ivana, davvero ben riuscito. Molto ben articolate e suggestive le scene che si svolgono in fondo all'acqua. 

Non mi è chiara del tutto la dinamica del movente:
ivalibri ha scritto: "E ca 'un ci voi tornari?" gli chiedeva u zu Badassaru, ma intanto rideva perché le due proprietà insieme erano un'altra cosa. Pure il mulo si sarebbe venduto, ché ormai, con la terra sua e quella di suo fratello, a che ci serviva?
 non ho capito se la terra è persa o se ormai è tutta di Totuccio, sebbene qui sopra pare quasi sia ancora di u zu. 
ivalibri ha scritto: "Vossia avi a sapiri..." disse
"Chi cosa?" rispose u zu Badassaru.
"Io e Rosidda ce la vogliamo tenere la terra".
Avrei voglia di capire meglio, perché mi interessa molto. Grazie e complimenti, @ivalibri  
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Re: [MI 152] Terra e acqua

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ivalibri ha scritto: Come la terra, la sua terra, quella che un pezzo alla volta gli avevano portato via i fratelli prima e i nipoti dopo. Anche se solo lui l'aveva lavorata, con la vanga e il sudore, e l'unico aiuto il mulu favusu glielo aveva dato.
Gli hanno rubato tutto, però non ho capito bene se ha ucciso o lasciato morire il fratello. Il nipote si, credo che una parte di lui volesse salvarlo ma alla fine, sono morti tutti e due?
Una bella storia, in sicilia come anche in altri posti, ancora fino a pochi anni fa, non si scrivevano gli accordi tra fratelli, le spartizioni rimanevano solo verbali e poi succedevano cose molto strane. So di due fralli che hanno litigato par anni, l'ogetto della contesa era la catena del camino, quella che teneva su il paiolo nella casa paterna. Una cosa assurda, ma i nipoti litigano ancora per decine di altre cose dette ma non scritte. Ci ho scritto un racconto per uno dei MI del WD.
 A me è piaciuta moltissimo, vado pazza per storie del genere, poi la tua scrittura è impeccabile.
Non rimane che farti i miei complimenti.
 

Re: [MI 152] Terra e acqua

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Poeta Zaza ha scritto: penso che a @dyskolos  farebbe piacere leggere questo racconto.
Grazie, Zaza! Ottima segnalazione. Il racconto mi è piaciuto molto :)


ivalibri ha scritto:
Se dyskolos avrà voglia di leggere il racconto sarebbe fantastico, anche se sono un po' timorosa di ricevere un parere da un siciliano doc!

Tranquilla! Non mangio scrittrici, specie quelle brave. Le altre magari a volte me le mangio, ho il frigo pieno ;)


Bel racconto. Poetico. Anche a me è piaciuto e poi scrivi molto bene. I personaggi sono ben caratterizzati. L'incipit è molto buono e, si sa, che ben comincia è già a metà dell'opera :)

L'atmosfera "verghiana" non manca: la roba era importante. La ricchezza di una persona era data dalla terra posseduta, non dal denaro. Si facevano anche i matrimoni d'interesse per accumulare ricchezza e così anche le figlie femmine servivano a qualcosa. Si davano al figlio di qualcuno che possedeva tanta terra e così si mettevano le mani sulla "roba".
Mi piace molto l'ironia che usi, per esempio qui:
ivalibri ha scritto: Poi parlò: "Unnu sapia che non s'a firava a natari. Unnu sapia".
 
Ma lui lo sapeva benissimo. In ogni caso c'era un remo pronto.
Una specie di giustificazione bisogna pur darsela, almeno per salvarsi la coscienza, come fanno certi mafiosi che pregano sempre e la domenica vanno a Messa. Che bravi cristiani, non c'è che dire!

ivalibri ha scritto: Poi parlò: "Unnu sapia che non s'a firava a natari. Unnu sapia".
Totuccio non capiva, di chi parlava? Barabba era scomparso vent'anni prima, il corpo non era mai stato ritrovato, manco si sapeva se fosse morto o se fosse scappato.
La barca iniziò a ondeggiare. Forse fu Totuccio a smuoverla, o forse fu lu zu. Oppure fu l'acqua stessa, anche nei laghi ci sono le onde e le correnti. E l'acqua ferma non è mai. Fatto sta che Totuccio cadde.
Che manco lui se la fidasse a nuotare, u zu Badassaru non lo sapeva proprio
Certo, l'acqua non si ferma mai ;)

Dieci e lode per questo passo. Ottimo uso della lingua siciliana. Hai usato il rotacismo nell'orale (fiRava), e poi l'hai evitato nella parte narrata (fiDasse).
Qua è da glossario, in effetti. Perché "fidarsi" in siciliano significa "essere capaci di", mentre in italiano significa un'altra roba. È un "amicu fausu" ("false friend", in inglish).
Da glossario è anche la parola "inciuria" che usi sopra. Uno sarebbe portato a tradurla come "ingiuria", mentre "inciuria" è un semplice soprannome che si usava affibbiare alle persone. Una volta le persone si conoscevano più per inciura che per nome e cognome. Anche io avevo la mia inciuria di famiglia, ereditata da mio nonno quando è morto :P

Se hai usato il siciliano come l'hai sentito uscire della bocca dai tuoi genitori, potrei anche dirti da quale area della Sicilia provengono :)
Il Sommo Misantropo

Re: [MI 152] Terra e acqua

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Ciao! Hai tirato fuori un racconto molto cinico, di quelli che piacciono a me. Il personaggio ha dei suoi valori e li porta avanti fino alla fine, con un'estrema determinazione. Anche io avrei preferito un glossario per capire alcuni passaggi sui quali sono dovuto tornare, ma capisco il fascino della scrittura in dialetto. Il dialetto comunica delle cose in un modo diverso e anche solo una nota a margine non restituisce tutto il mondo che c'è in quella parola da un' "altra" lingua. Piaciuto moltissimo! Complimenti <3

Re: [MI 152] Terra e acqua

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Ciao cara @Ippolita,
Il movente del duplice delitto è quello di unire le due proprietà, quella di u zu e quella del fratello, poi passata al nipote. Come dice giustamente @Alba359 fino a pochi anni fa gli accordi per le eredità venivano fatti oralmente e spesso secondo criteri che andrebbero contro la legge. Si spartiva la terra solo tra i figli maschi, oppure si escludevano dall'eredità i figli a cui era data la possibilità di studiare (è successo a mio padre, per esempio). Quando sono entrati nelle questioni i notai le cose si sono complicate perché i figli sono tutti uguali e le parti andrebbero spartite in modo uguale. Questo ha spesso provocato litigi (mio papà ha rinunciato apposta al suo pezzo di terra: per non litigare con i nipoti). Ho lasciato forse un po' troppo sul vago questa parte, così come il fatto che u zu abbia avuto una parte attiva nella morte di fratello e nipote. Ma l'idea era quella di mostrare la sua avidità, la sua smania di ampliare la terra in possesso. Anche stare a guardare un parente che muore e non salvarlo è un modo di ucciderlo. Quindi il dubbio di Alba è giusto, ho voluto lasciare aperta all'interpretazione del lettore la questione .
Grazie davvero a entrambe per le vostre domande e per l'apprezzamento!
A presto!
Grazie per il passaggio e l'apprezzamento anche a @L (wow! Addirittura professionale! Arrossisco...)
Grazie davvero a @dyskolos,
Mi ha fatto davvero piacere che tu sia passato a leggere e a commentare. Sono contenta che ti sia piaciuto il racconto e di avere la tua approvazione sull'uso del siciliano. Ho usato le parole che sento dire dai miei genitori, direttamente dalla loro bocca (mia madre soprattutto, che ha sempre usato il dialetto in casa). La diversa grafia di "firava". "fidasse" l'ho scelta perché quando i miei parenti parlano in dialetto si percepisce chiaramente la R, quando "traducono" in italiano dicono "te la fidi?", in cui si sente l'interferenza dell'italiano. Quanto alle "inciurie" usate nel testo sono autentiche: in paese c'erano i Badassaru (Baltassarre) e i Barabba, ma anche tanti altri soprannomi fantastici che quando ero piccola mi sembravano mitologici. Non c'è niente da fare: la Sicilia è un serbatoio linguistico e culturale eccezionale e non a caso il siciliano è una delle nostre lingue letterarie per eccellenza.
Grazie ancora per il tuo gradito commento!
Ciao @Loscrittoreincolore,
Hai ragione a proposito delle note, per questo motivo ho pensato a non metterle. D'altra parte non tutti masticano il siciliano....
Grazie per il tuo commento! Felice che ti sia piaciuto!

Re: [MI 152] Terra e acqua

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ivalibri ha scritto: Quanto alle "inciurie" usate nel testo sono autentiche: in paese c'erano i Badassaru (Baltassarre) e i Barabba, ma anche tanti altri soprannomi fantastici che quando ero piccola mi sembravano mitologici
La parte che ho messo in grassetto mi appare abbastanza strana. Probabilmente ho interpretato troppo e male :)
Badassaru dovrebbe essere (o almeno io ho interpretato così) uno dei tre Re Magi, i cui nomi tradizionali in italiano sono Gaspare, Baldassare e Melchiorre. In siciliano (mantenendo lo stesso ordine) diventano Aspanu, Batassanu e Minzioni. "Badassaru" mi suona un po' strano  :facepalm:
Io infatti avrei chiamato il personaggio "zu Batassanu".

Mio nonno aveva per nciuria "lu mammanu", maschilizzazione di "la mammana", che in Sicilia (e non solo) era la levatrice, quella che faceva nascere i bambini (o quella che faceva abortire le donne di nascosto), ma lui sosteneva che, tra le sue antenate, non c'erano mammane, quindi tuttora la nciuria è di origine misteriosa. Lui si chiamava Giuseppe e in paese era conosciuto come "u zu Pippinu u mammanu" ;)
Nel mio paese c'era uno che aveva per nciuria "Cacammucca" (="caca in bocca"), poi le nciurie si trasferivano, oltre che ai figli, anche alle mogli. Quando si sposò, c'era il signor Cacammucca e la signora Cacammucca, poi nacquero le signorine Cacammucca ;) ;) 
C'era anche la signora Abballallùmmira (="balla all'ombra"). Alcuni sembravano davvero mitologici :) 
ivalibri ha scritto: Non c'è niente da fare: la Sicilia è un serbatoio linguistico e culturale eccezionale e non a caso il siciliano è una delle nostre lingue letterarie per eccellenza.
(y)(y)(y)


Complimenti di nuovo per il racconto :)
Il Sommo Misantropo

Re: [MI 152] Terra e acqua

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ciao @ivalibri. Si fa un pò fatica a tradurre, ma comunque il messaggio è chiaro. Come non potrei apprezzare questo racconto, dato che sono un quasi terrone? Dal richiamo della terra non si scappa a lungo e prima o poi ci ritroviamo sommersi... meno male che il mulo che scalcia non manca nella storia; io gli darei l'Oscar come attore non protagonista ( al mulo)... :P  ciao a presto
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI 152] Terra e acqua

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Ciao @ivalibri 
Piaciuto moltissimo. Pur non essendo Siciliano ma Sardo riesco a capire quel mondo e quei comportamenti. Ho letto molto Verga e Pirandello e ho sempre ammirato certe costruzioni di personaggi e di ambienti e familiarizzato con i primi rudimenti del siciliano che talvolta usavano nelle loro opere classiche. Non ho avuto modo di leggere quelle con più riferimenti dialettali, confesso la mia difficoltà nel leggere Camilleri…
La tua sembrerebbe una storia d’altri tempi ma confrontando con gli accadimenti che ho visto dalle mie parti attualmente, penso sussistano ancora. La “roba”, i possedimenti erano e sono di  vitale importanza, sono la vita, specialmente quando non si ha molto da scialare. E davanti alla propria vita talvolta, purtroppo, alcuni non si fanno scrupoli a “levare di torno” chi può interferire. Fossero pure parenti, come in questo caso.
Il non uccidere direttamente ma lasciare morire senza intervenire è anche peggio secondo me.
Hai dipinto bellissime e cupe atmosfere, anche il paesaggio, il lago sembra ricordare, partecipare, ripetere e fare in modo che si ripeta quanto è già accaduto nelle sue acque.  C’è una “memoria” anche nell’acqua. Intendevo qualcosa del genere nella traccia.
Hai creato una breve ma intensa tragedia shakespeariana.
Complimenti.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 152] Terra e acqua

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Ciao cettina, finalmente la necessità di commentare per postare mi fa leggere il tuo racconto vincitore. Mado'. scusate il ritardo, come dice Troisi, ma è un periodo bello pieno.
Ok, partiamo, già sai io come funziono.
ivalibri ha scritto: Quell'inciuria
qui non ho capito se è un refuso o è un termine tecnico/marinaresco o dialettale che ignoro. O è ingiuria ed è un mero refuso? O sbagli apposta per scimmiottare il linguaggio del protagonista? Boh, credo che lo scoprirò andando avanti.
ivalibri ha scritto: U zu Badassaru affondò il remo nell'acqua per spingersi via dalla riva. Quell'inciuria, il nome del personaggio della processione di vent'anni prima, gli era rimasto appiccicato addosso come una seconda pelle, a lui e a suo fratello Barabba. Totuccio lo aspettava dall'altra sponda. Si era deciso finalmente a vendere la baracca con tutti i burattini dentro. Che l'avrebbe venduta proprio a lui, suo zio, non aveva mai avuto dubbi. "Si l'avi a bennere, megghiu a mia ca a 'navutru"', sempre glielo aveva ripetuto. E Totuccio s'era deciso, per maritarsi Rosidda e poi andarsene in continente. A travagghiare, diceva, nella stessa fabbrica dove stava suo fratello. "E ca 'un ci voi tornari?" gli chiedeva u zu Badassaru, ma intanto rideva perché le due proprietà insieme erano un'altra cosa. Pure il mulo si sarebbe venduto, ché ormai, con la terra sua e quella di suo fratello, a che ci serviva?
ok, che bellissimo lavoro sul linguaggio! Sembra di leggere Verga. Brava brava brava, orgoglioso di te! Ma sei siciliana? Non lo sapevo. di dove? Che meraviglia la Sicilia! Mi ospiti? Mi basta una ciotola  :brillasguardo:
ivalibri ha scritto: Come la terra, la sua terra, quella che un pezzo alla volta gli avevano portato via i fratelli prima e i nipoti dopo. Anche se solo lui l'aveva lavorata, con la vanga e il sudore, e l'unico aiuto il mulu favusu glielo aveva dato.
Ma ssì! non può che essere ispirato da Verga, e precisamente da "La roba". Ci ho preso?
ivalibri ha scritto: Perdonato e capito, ché lui colpe non ne aveva
questa costruzione fa davvero la differenza. Quando la scrittura è al servizio della narrazione. Davvero ho solo lodi
ivalibri ha scritto: Era l'acqua stessa dal lago
Lago?! Ero sicuro fosse mare... Vabbé... scusa e che lago c'è in Sicilia? Questo è un aspetto di verisimiglianza che non trascurerei, dato che ti curi di rendere una parlata e un ambiente reale.
ivalibri ha scritto: Non ci fu bisogno di dirgli di salire in barca. Perché Totuccio salutò suo zio e in modo goffo ci salì.
Addirittura un punto? Bah, mi sembra un po' too much, per me qui basterebbe una virgola. Ma chiediamo a Marcello (la regola generale, ammesso e non concesso che ci sia), così, giusto per il gusto di rompergli le scatole che è un po' che non compio malefatte antikastaff   :asd:
ivalibri ha scritto: avvenne
era avvenuta? Credo di sì, perché è anteriore
ivalibri ha scritto: La barca si fermò sopra i fantasmi.
bello bello bello bello
ivalibri ha scritto: La barca iniziò a ondeggiare. Forse fu Totuccio a smuoverla, o forse fu lu zu. Oppure fu l'acqua stessa, anche nei laghi ci sono le onde e le correnti. E l'acqua ferma non è mai. Fatto sta che Totuccio cadde.
Che manco lui se la fidasse a nuotare, u zu Badassaru non lo sapeva proprio. Come poteva saperlo se mai erano andati in barca insieme. Lui c'era sempre andato da solo, anche prima che Barabba cadesse in quello stesso punto in cui annaspava adesso Totuccio. Afferrò il remo per aiutarlo a risalire ma non lo usò. L'acqua lo tirava giù e lui rimase a guardare, affascinato, uno spettacolo che aveva già visto. Pensò a Barabba, alla terra, al mulu, a Totuccio con Rosidda nella sua terra, ai fantasmi racchiusi nei massi, a tutte queste cose insieme, e si tuffò.
Totuccio affondava, sempre più giù, e u zu lo afferrò per le braccia. Arrivarono a toccare il fondo insieme, abbracciati. Il volto di Totuccio sfigurato dal dolore e avvolto da spirali di pulviscolo lucente. U zu rimase con lui a lungo lì sotto, a guardarlo, inerme come vent'anni prima, perché l'acqua lo tratteneva con la stessa forza, finché sentì i polmoni che scoppiavano. Lasciò la presa e si sentì sollevare. Due forze agivano in senso opposto: una portava Badassaru in superficie e l'altra teneva Totuccio ancorato al fondo. Lì dove già iniziava a scomporsi in minuscole particelle e a unirsi a quelle del padre.
Finale da brividi!

Che dire, cetty, solo applausi (a parte qualche annotazione di dettaglio). Sei migliorata tantissimo anche tu e non mi stupisce affatto sto racconto abbia vinto, perché è completo: sostanza e forma. C'è una ricerca di scrittura da scrittrice matura. Brava brava brava, sono davvero contento di questo exploit!
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI 152] Terra e acqua

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Mia cara @ivalibri 

Più ti leggo nei tuoi racconti e quindi ti conosco attraverso la scrittura, più provo, di volta in volta, difficoltà a corredare un giudizio critico.
Nel senso che c’è poco da criticare, ma al più da cercare modalità nuove, per non annoiare gli eventuali lettori, nel complimentarmi con ciò che proponi.

Leggerti nel tempo mi da la stessa sensazione che ho sovente provato nel mio controverso avvicinarmi alla musica suonata in prima persona.
Tanto amo la musica quanto la natura ha posto limiti invalicabili alla mia capacità di apprenderne i fondamentali meccanismi e quindi di suonarla.
Mi spiego: quando ancora avevo ingenue velleità di suonare almeno qualcosa di orecchiabile alla chitarra, sovente accadeva che nell’ incontrare qualche nuovo amico, con la stessa passione per lo strumento, fossi naturalmente felice di mostrargli la mia capacità nell’ eseguire qualche semplice pezzo con semplici accordi.
A esempio uno questi miei pezzi forti era “La canzone del sole” di Battisti.
Che invero, in quegli anni era eseguita con maggior o minore capacità da qualche milione di giovani strimpellanti.
Alla fine della mia esibizione, tutto orgoglioso, magari chiedevo all’ altro, di farmi sentire qualcosa di suoa, passandogli lo strumento.

Quello faceva il modesto, si scherniva, diceva che no era capace.
Poi alla fine si metteva a suonare l’assolo di Jimmy Page in Stairway to Heaven dei Led Zeppelin, cacciando grappoli complicatissimi, e a me sconosciuti, di note dallo strumento.

Ecco nel leggerti provo la stessa umiliante invidia che provavo allora per quelle esibizioni prodigiose alla chitarra, che non avrei mai potuto raggiungere ed emulare.

Questo tuo coraggioso brano con elementi in lingua siciliana, è un piccolo capolavoro di bravura.
Lo è nello stile, nel bilanciamento del racconto, nel suo significato morale.
Si respira allo stesso tempo un afflato di classico, di antico nella sua accezione più nobile, ma, allo stesso tempo un ritmo, una cadenza di grande modernità.

Grazie della magnifica lettura.
Un abbraccio.

Re: [MI 152] Terra e acqua

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Ciao @Edu,
Eccomi qui con grande ritardo a risponderti per ringraziarti del commento. Non sono siciliana, lo sono i miei genitori, quindi non posso ospitarti, mi spiace! Vivo a Genova, che è una gran bella città (anche se la Sicilia, beh, è un'altra cosa!) e se passi dalle mie parti non ti farò certo mancare una ciotola!
Grazie!
Caro @Nightafter,
Scusami davvero per il ritardo con cui ti rispondo. La verità è che quando ho letto il tuo commento sono rimasta senza parole. Sono davvero felice che tu legga i miei racconti e, anche se so di non meritare le tue parole (anche perché sono sempre stata una grande ammiratrice dei Led Zeppelin!), non so che altro dirti se non grazie di cuore. Sei troppo buono e generoso!
Grazie e a presto!

Re: [MI 152] Terra e acqua

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Ciao @ivalibri 
leggo con molto ritardo rispetto agli altri. Se non l'avessi fatto, però, avrei perso una perla.
Sì, mi è piaciuto molto. Nella forma, il tuo uso della lingua siciliana, nel contenuto. Ne ho vissuto parola per parola. Un tratteggio profondo ed elegante che non appartiene a un farabutto come me.
Riesco a scrivere solo in maniera tortuosa, a volte sono illeggibile. Misterioso.
Dobbiamo seguire la nostra natura, lasciare che la penna scriva da sola assecondata dalla mano che la regge.
Una storia concepita in un ambito familiare e sarebbe stato facile abbandonarsi su tanti sentieri. Invece la storia è chiara e, come dicevo prima, l'ho vissuta. 

Credo di essere stato anche io sulla barca, con lo zio Baldassarre (non mi esprimo in lingua siciliana per timore di sbagliare). Se fossi stato lui, mi sarei indispettito molto vedendo mio nipote sorridere mentre vivevo un momento intimo e particolare. Sarei stato divorato dai dubbi se vivere da vittima o da carnefice. Forse Baldassarre le ha vissute entrambe. Senza mai pentirsi di essere stato sempre su un binario. Neanche adesso che, in età avanzata, comincia vedere la stazione d'arrivo seppur in lontananza.

Se fossi stato il nipote avrei agito come lui. Senza riuscire a distinguere la fine di una vita appena cominciata. E il passero appena sbocciato colò a picco come una nave in balia della tempesta. Quella dell'odio dello zio verso chiunque pensi di sottrargli la terra, ciò per cui aveva lottato e vinto.

Al di là delle mie elucubrazioni, resta un bel racconto. Ottimo.
Non so se hai mai provato a scrivere un romanzo o lo hai già fatto.
Il mio consiglio, in caso contrario, è di scrivere, scrivere, scrivere. Perché sei molto brava.

Grazie per aver condiviso
Atlab

Re: [MI 152] Terra e acqua

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ivalibri ha scritto: Totuccio lo aspettava dall'altra sponda. Si era deciso finalmente a vendere la baracca con tutti i burattini dentro. Che l'avrebbe venduta proprio a lui, suo zio, non aveva mai avuto dubbi.
ivalibri ha scritto: ma intanto rideva perché le due proprietà insieme erano un'altra cosa. Pure il mulo si sarebbe venduto, ché ormai, con la terra sua e quella di suo fratello, a che ci serviva?
La prima parte mi è stata un po' difficile da comprendere alla prima lettura. Non capivo bene chi vendesse a chi, e chi parlasse a chi. Poi rileggendo è tutto chiaro, ma io avrei "compresso" di meno il tutto, rendendolo un po' più chiaro e scorrevole.
ivalibri ha scritto: Tirò su i remi e si asciugò il sudore con il fazzoletto. La barca era ferma in mezzo al lago
In questa parte del testo avrei inserito qualche a capo, per spezzare un po' le scene. Ad esempio in questo caso.


ivalibri ha scritto: Cercò di vedere qualcosa tra i massi, ma era tutto fermo. Le pietre erano nere, viste da lì, ma u zu sapeva che era un'illusione, un inganno della vista. Lo sapeva perché lui c'era stato lì sotto, dove l'acqua era verde e pullulava di sabbia che si alzava brillante ad ogni bracciata. Lì dove tutto, alghe, sassi e corpi, si disfaceva in pezzettini così piccoli che non si potevano né prendere né toccare. Come la terra, la sua terra, quella che un pezzo alla volta gli avevano portato via i fratelli prima e i nipoti dopo. Anche se solo lui l'aveva lavorata, con la vanga e il sudore, e l'unico aiuto il mulu favusu glielo aveva dato.
Secondo me questa parte è fondamentale per capire meglio il racconto. Oltre ad essere descritta molto bene la scena, hai inserito degli elementi che alla prima lettura non si colgono; ma una volta letto il racconto, questi indizi che hai seminato mi aiutano a comprendere meglio il protagonista. Con i suoi rancori  verso i parenti [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]e i suoi conflitti interiori.[/font]
ivalibri ha scritto: Afferrò il remo per aiutarlo a risalire ma non lo usò. L'acqua lo tirava giù e lui rimase a guardare, affascinato, uno spettacolo che aveva già visto. Pensò a Barabba, alla terra, al mulu, a Totuccio con Rosidda nella sua terra, ai fantasmi racchiusi nei massi, a tutte queste cose insieme, e si tuffò.
Anche questa scena mi piace perché da profondità al carattere dello zio.
ivalibri ha scritto: Totuccio affondava, sempre più giù, e u zu lo afferrò per le braccia. Arrivarono a toccare il fondo insieme, abbracciati. Il volto di Totuccio sfigurato dal dolore e avvolto da spirali di pulviscolo lucente. U zu rimase con lui a lungo lì sotto, a guardarlo, inerme come vent'anni prima, perché l'acqua lo tratteneva con la stessa forza, finché sentì i polmoni che scoppiavano. Lasciò la presa e si sentì sollevare. Due forze agivano in senso opposto: una portava Badassaru in superficie e l'altra teneva Totuccio ancorato al fondo. Lì dove già iniziava a scomporsi in minuscole particelle e a unirsi a quelle del padre.
Anche la conclusione mi è piaciuta, molto poetica.

Nel complesso un bel racconto, si respira l'aria di quei tempi e di quei luoghi, sia per l'uso del dialetto, sia per i temi trattati e per "la posta in gioco". In fondo all'epoca davvero il lavoro era un "travaglio" necessario per sopravvivere.
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