filosofia in intimo femminile

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 Il testo è estratto da un brano più lungo


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Ero consapevole del fatto che Maria Pia avrebbe continuato a ignorarmi fino a quando non avrei pescato da chissà dove un’idea alternativa, una possibilità, una canzone che piacesse a entrambi e che avremmo potuto opporre alla desolazione dell’ennesimo buco nell’acqua. Il disco de I Cani era quasi concluso, avevo pensato che fosse una buona idea ascoltare un po’ di radio e staccare Spotify, anche perché ero quasi a secco di giga e l’offerta mi si sarebbe rinnovata non prima di due settimane, il che rappresentava uno di quei fastidi impossibili da risolvere e da ignorare, e la radio dopotutto trasmetteva ancora qualche bel pezzo di musica leggera.
La teoria del cigno nero sostiene che siamo un branco di idioti. Solo perché hai sempre visto solo e soltanto drammi concludersi con drammi ancora peggiori, non significa che non esistano drammi che finiscono in qualcosa di bello. Le persone coinvolte nell’incidente avrebbero riferito che il tutto si era verificato con una velocità tale, da rendere traumatico credere di esserne stati testimoni.
Tra i miei amici c’era tutta una filosofia sul modo in cui le persone diventavano intime e iniziavano a frequentarsi e a scopare tra di loro e non sembrava possibile che due persone si amassero e basta senza prima essere state amiche o forse nemiche e questa convinzione si era cristallizzata negli anni e alcuni di loro ne avevano fatto una ragione di vita, finendo per spogliarsi ogni sera davanti a una donna che li aveva visti pisciare dietro un cespuglio o vomitare dietro una macchina non più tardi di cinque anni prima, una donna che era uno specchio, una mamma, davanti a cui il triste finale già scritto prevedeva di smettere di svestirsi e basta; c’era stato un periodo in cui con loro eravamo soliti affrontare discorsi e fiumi di birra discutendo dell’opportunità di copulare solo con chi si conoscesse bene, con chi avessimo un passato, delle radici, una storia affidabile da tramandare alle generazioni future, un vissuto che non riservasse sorprese, evitando di avventurarsi in quelli che i miei amici dell’epoca chiamavano Avventure Pericolose e che consistevano nell’abbordaggio di turiste albanesi in fila fuori dal bagno di locali con un solo wc per uomini e donne, durante i periodi turistici in cui turisti e autoctoni si fermavano fino a tardi in giro per il centro, stipati in bar privi di condizionatore, o di giovani ragazze fuori dal cono di luce del nostro ruggente circolo sociale, mettiamo perché avevano cominciato il liceo quando noi l’avevamo già concluso, o perché si erano trasferite da poco e indossavano ancora salopette di jeans o Vans e magari si facevano qualche spinello di nascosto, negli stessi bagni unisex in cui le turiste albanesi erano poi costrette ad attendere il loro turno per rifarsi le unghie, o magari perché avevano studiato in un altro istituto e appartenevano a un’altra tribù, fondata su rituali che ci erano sconosciuti e che nemmeno morivamo dalla voglia di conoscere e dunque di appropriarcene attraverso il nostro linguaggio e la nostra façon de voir, ragazze che masticavano gomme con la bocca aperta — cosa che del resto erano solite fare anche le amiche del gruppo smuovendo in noi un appetito indefinibile se non con gesti accennati della testa. Le ragazze del nostro gruppo erano poche e a me non piacevano, ma non perché fossero brutte o con la pelle rovinata dall’acne, quanto perché mi ricordavano troppo da vicino chi ero o meglio chi ero stato e con loro dovevo continuare a indossare la giacca di pelle e fare battute su certi alberi di arance che un manipolo di eroi — ragazzi che entravano e uscivano dal giro; non so perché i confini, per i componenti di sesso maschile, fossero più elastici; maschi entravano e abbandonavano il gruppo come se questo fosse una membrana facile da perforare — aveva preso a coltivare sul terrazzino da casa-universitaria e che avevano prodotto due arance striminzite, rugose, che una volta avevo definito Arance Culo Di Vecchio, cosa che aveva fatto ridere alcune ragazze del gruppo, vai a capire il perché. Le ragazze del giro avevo smesso di frequentarle dopo aver attraversato a mia volta quella membrana, che non mi era sembrata né accogliente, né facile da perforare.
Le coppie che si formano in modi inconsueti devono spesso venire a patti con alluci valghi, tempi comici fuori sincro, gusti sessuali divergenti. A uno magari piace infilare l’alluce nel culo dell’altra, o viceversa. Oggetti di vetro che potrebbero rompersi quando non è proprio il caso. Sono cose che è meglio tirare fuori subito, e non dopo che, per l’altra persona, sei mansueto come un girino.
Trovare casa era stato di per sé piuttosto complicato, il mondo delle agenzie immobiliari è un ricettacolo di disonestà e segnali sessuali impliciti. Infiliamo la chiave. Giriamo la chiave. Ve la faccio vedere subito. Aspettate che ve la apro. Trovare l’arredamento, ragazzi, è lì che le cose si complicarono. Cercare l’arredamento era stato come sollevare un bilanciere di cento chili, dopo che per tutto l’anno precedente avevi bevuto Batida De Coco spiaggiato su un lettino di una qualche piscina d’hotel.
E dire che avrei dovuto saperlo che Maria Pia aveva gusti difficili, ricercati; era una che non si accontentava di due cuori e una capanna; la madre di Maria Pia aveva fatto di tutto per farmelo capire, a modo suo, durante una cena a casa di quelli che ormai sono i miei ex suoceri, una cena lunga, complicata dalla cattiva digestione del padre di Maria Pia, che proprio in quei giorni aveva iniziato a soffrire di un disturbo autoimmune, che avrebbe giocato un ruolo importante nella fine del matrimonio tra me e Maria Pia. La madre di Maria Pia aveva detto La nostra Maria Pia, da bambina, cambiava amicizie ogni due per tre, ma odiava stare da sola anche se da sola ci stava bene.
Quando il Sorprendente Album D’Esordio De I Cani finì, giocai con la radio e scoprimmo dell’incidente, del tamponamento a catena, del disastro di ferraglia che ci eravamo lasciati alle spalle, quasi fosse stato un meteorite che aveva sfiorato la Terra frantumandosi nell’atmosfera. Tanto per dire come uno può appropriarsi delle tragedie collettive razionalizzandole nel personale. Io continuai a guidare fino a casa, un appartamento in cui c’era solo un letto e un progetto di bagno, oltre al vecchio divano che le persone che ci avevano venduto la casa avevano lasciato lì, più per pietà che per altro, e che era stato oggetto di un’estenuante trattativa al rialzo da cui io e Maria Pia eravamo usciti vincitori, ma era stata una Vittoria di Pirro, perché ci eravamo resi conto fin da subito che quel divano era sfondato, rovinato, puzzava di sigaro e di qualcosa che ricordava piscio di gatto, anche se un gatto lì non pareva esserci stato, e sarebbe stato meglio disfarcene quando avremmo potuto farlo, con onere dei precedenti proprietari, perché portare quel relitto giù per i quattro piani del condominio senza ascensore suonava come una condanna da posticipare il più possibile.
Le coppie che si formano dopo un incontro al buio devono fare i conti con tutte le bugie che si sono raccontate prima che la luce illuminasse la curva dei loro occhi desiderosi di piacere all’altra, con i gusti difficili in materia di appetiti sessuali, di perversioni, di giochetti tipo leccate di perineo e lacci emostatici stretti alla base di cazzi purpurei.

Re: filosofia in intimo femminile

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m.q.s. ha scritto: Ero consapevole del fatto che Maria Pia avrebbe continuato a ignorarmi fino a quando non avrei pescato da chissà dove un’idea alternativa, una possibilità, una canzone che piacesse a entrambi e che avremmo potuto opporre alla desolazione dell’ennesimo buco nell’acqua.
Ero consapevole del fatto che Maria Pia avrebbe continuato a ignorarmi fino a quando non avrei pescato da chissà dove un’idea alternativa, una possibilità, una canzone che piacesse a entrambi e che avremmo potuto opporre alla desolazione dell’ennesimo buco nell’acqua.

dividerei la frase che nella lunghezza perde forza. Farei così: Ero consapevole che Maria Pia avrebbe continuato a ignorarmi. Avrebbe continuato fino a quando non avessi pescato un'idea alternativa, una possibilità, una canzone che piacesse entrambi. Qualcosa che avremmo potuto opporre alla desolazione dell'ennesimo buco nell'acqua.
m.q.s. ha scritto: Solo perché hai sempre visto solo e soltanto drammi concludersi con drammi ancora peggiori, non significa che non esistano drammi che finiscono in qualcosa di bello.
secondo me qua c'è un po' di confusione del narratore che nella frase precedente usa il plurale "siamo un brabco di idioti" o ora passa alla seconda singola "hai sempre visto". Terrei il plurale, male non fa. Eliminerei o solo o soltanto e modificherei il finale della frase: non significa che non esistano drammi con happy ending/ drammi con lieto fine.
m.q.s. ha scritto: e iniziavano a frequentarsi e a scopare tra di loro
tra di loro è superfluo, si capisce che è tra di loro dal riflessivo

Mi sono fermata a circa metà. All'inizio pensavo che volessi provare un qualche stile senza a capo e senza punti, ma andando avanti, secondo me, ci sono stati problemi di formattazione, mi sembra che alcune frasi non finiscano, tipo qua:
m.q.s. ha scritto: fare battute su certi alberi di arance che un manipolo di eroi — ragazzi che entravano e uscivano dal giro; non so perché i confini, per i componenti di sesso maschile, fossero più elastici; maschi entravano e abbandonavano il gruppo come se questo fosse una membrana facile da perforare — aveva preso a coltivare sul terrazzino da casa-univ
faccio fatica a collegare ogni frase a un soggetto. 
È sicuramente molto tempo che non leggo qualcosa di tuo, ma non ricordo frasi così lunghe e complicate. Stai facendo un qualche tipo di esperimento di scrittura? 
Non trovo una vera trama, non mi è chiaro che ruolo giochi l'incidente. Insomma, mi sa che era meglio leggerti in un altro momento, forse adesso ho troppa fame e il mio cervello capisce poco. Mi sfugge anche il legame del titolo al testo.
In generale, ti direi di controllare tutta la punteggiatura, fare frasi più corte e meno contorte e di andare a capo. Nello specifico, invece, non so che dire, se non che forse non ho capito niente io.
https://www.edizioniel.com/prodotto/lan ... 866568070/
https://www.edizionipiuma.com/it/i-disobbedienti/
Linda e la montagna di fuoco

Re: filosofia in intimo femminile

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Ciao @Kikki 
sì esatto, si tratta di un esperimento, e visto che questa è un'officina, ho pensato fosse il posto migliore per espormi a critiche e suggerimenti :) dunque ti ringrazio molto per il tuo feedback. 
Si tratta di un pezzo estrapolato da un brano più lungo, come specificato nello spoiler. Ecco perché non ci trovi una vera trama.
La verità è che avrei preferito postare in "frammenti", ma non ho trovato l'apposita sezione  :bandiera:

ti auguro una buona serata!

Re: filosofia in intimo femminile

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m.q.s. ha scritto: avrebbe continuato a ignorarmi fino a quando non avrei pescato da chissà dove un’idea alternativa, 
non avessi pescato
m.q.s. ha scritto: avrebbero riferito che il tutto si era verificato con una velocità tale, da rendere traumatico credere di esserne stati testimoni.
non ci va  quella virgola dopo "tale"
m.q.s. ha scritto: non più tardi di cinque anni prima, una donna che era uno specchio, una mamma, da
meglio un punto e virgola dopo "prima", per fare una pausa maggiore.
m.q.s. ha scritto: con chi avessimo un passato comune, delle radici, una storia affidabile da tramandare alle generazioni future, un vissuto che non riservasse sorprese
  ha scritto:
Tra i miei amici c’era tutta una filosofia sul modo in cui le persone diventavano intime e iniziavano a frequentarsi e a scopare tra di loro e non sembrava possibile che due persone si amassero e basta senza prima essere state amiche o forse nemiche (qui ci va un punto).
 e questa  Questa convinzione si era cristallizzata negli anni e alcuni di loro ne avevano fatto una ragione di vita, finendo per spogliarsi ogni sera davanti a una donna che li aveva visti pisciare dietro un cespuglio o vomitare dietro una macchina non più tardi di cinque anni prima, (qui meglio un punto e virgola); una donna che era uno specchio, una mamma, davanti a cui alla quale il triste finale già scritto prevedeva di smettere di svestirsi e basta; (anche qui serve un punto).
c’era C'era stato un periodo in cui con loro eravamo soliti affrontare discorsi e fiumi di birra discutendo dell’opportunità di copulare solo con chi si conoscesse bene, con chi avessimo un passato, delle radici, una storia affidabile da tramandare alle generazioni future, un vissuto che non riservasse sorprese, evitando di avventurarsi in quelli che i miei amici dell’epoca chiamavano Avventure Pericolose e che consistevano nell’abbordaggio di turiste albanesi in fila fuori dal bagno di locali con un solo wc per uomini e donne, durante i periodi turistici in cui turisti e autoctoni si fermavano fino a tardi in giro per il centro, stipati in bar privi di condizionatore, o di giovani ragazze fuori dal cono di luce del nostro ruggente circolo sociale, mettiamo perché avevano cominciato il liceo quando noi l’avevamo già concluso, o perché si erano trasferite da poco e indossavano ancora salopette di jeans o Vans e magari si facevano qualche spinello di nascosto, negli stessi bagni unisex in cui le turiste albanesi erano poi costrette ad attendere il loro turno per rifarsi le unghie, o magari perché avevano studiato in un altro istituto e appartenevano a un’altra tribù, fondata su rituali che ci erano sconosciuti e che nemmeno morivamo dalla voglia di conoscere e dunque di appropriarcene attraverso il nostro linguaggio e la nostra façon de voir, ragazze che masticavano gomme con la bocca aperta — cosa che del resto erano solite fare anche le amiche del gruppo smuovendo in noi un appetito indefinibile se non con gesti accennati della testa.
Mi fermo a C'era maiuscolo come suggerimenti. In sostanza, capisco che vuoi dare un'idea forte di un flusso di pensieri irrefrenabile, ma mi sembra, come unica frase, esorbitante per il numero di parole.

m.q.s. ha scritto: quasi fosse stato un meteorite che aveva sfiorato la Terra frantumandosi nell’atmosfera.
che avesse sfiorato la Terra...


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Ciao, @m.q.s. , lieta di rivederti e rileggerti  :)
Ti trovo con un racconto diverso dai tuoi standard, che ho apprezzato nei MI (a proposito, mi aspetto quanto prima il tuo ritorno lì, lo spero!)  :si:
Intanto ti chiedo: perché il titolo con iniziale minuscola?
Qui narri sul filo di un flusso di pensieri di un uomo sul metodo di conoscenza della donna, sugli errori da non fare nell'approccio o nella decisione di mettersi insieme senza certi presupposti (o con quelli). A tratti ironico, a tratti caustico e confuso, come da copione della voce parlante giovanile.
Il punto di vista del ragazzo, il modo di vedere le cose maschile che non può collimare con quello femminile, e ben venga solo se si arriva a trovare quell'alchimia delle cose che riesca a trasformare la facon de voir in un arricchimento per entrambi. 
Che qui non arriva, perché non si è appunto raggiunta quell'alchimia che permette di accettare l'altro, mettendo in chiaro, in modo intuitivo e preventivo, l'altro nelle grandi e nelle piccole cose. Nell'intimo come nella routine quotidiana, i cui riflessi danno come risultato o una buona o una infelice unione.
Che non sia assolutamente facile e scontato, lo si vede nella vita quotidiana. In specie all'edonistico giorno d'oggi, dove il singolo membro della coppia difficilmente riesce con continuità a lasciare indietro se stesso per andare verso l'altro. 



 
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi
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