[MI151] Muri di parole
Posted: Sun May 23, 2021 10:56 pm
Traccia di mezzogiorno
Boa: Acima/Amica
Commento:
viewtopic.php?p=16613#p16613
A volte le parole sono calcestruzzo. Una a una sono mattoni con cui si alzano muri, oppure diventano oceani sterminati, catene montuose invalicabili.
Bisogna scegliere bene le parole che adoperiamo, altrimenti potremmo pentirci di averne usate a sproposito.
“Sentire ci sente; prima o poi parlerà” lo disse a mia madre e tutti e due tornarono alle loro occupazioni.
Sorda: primo mattone sul muro della solitudine. Non ero sorda, ero attenta, e avevo scambiato l’indifferenza con la normalità.
Io non so scrivere. Mia madre pretendeva voti non al disotto dell’otto, il mio rendimento scolastico, invece, rasentava la sufficienza. Non di rado correggeva i miei compiti con un sistematico e puntiglioso atteggiamento. Riversava in quel rituale tutte le sue mancanze.
“Ma sei proprio strana! Che tema è questo?”
Mi piaceva molto inventare storie, dopo quella volta ho continuato a scriverle ma non ho più osato farle leggere a qualcuno.
Mia madre strappò il foglio e mi fece riscrivere il tema, (Descrivi te stessa) dove io non ero più Fata Acima dotata di poteri soprannaturali, con i quali guarivo gli animali. Mi ero data delle doti che non figuravano la mia vera personalità, secondo lei.
Strana: isola penale nel mare dell’autostima.
Ripensando adesso alla mia adolescenza, capisco bene certe mie paure. Gli amici, i parenti, mia sorella e quanti mi conoscevano, non sapevano come avvicinarmi e, quindi, forse mi evitavano e basta. Un giorno capii da una battuta in un film il mio rapporto con i membri della mia famiglia, fu una rivelazione. Cominciai, poco a poco, a lasciar andare quelli che nella loro assenza avevano innalzato barriere intorno a me e a loro stessi.
Il film era “Ragazze vincenti” con Geena Davis. In un dialogo Kit descrive a Dottie, sua sorella maggiore, il modo in cui si sente defraudata del suo posto in famiglia.
Hai sentito nostro padre quando ci presenta? — lei è Dottie, la nostra primogenita, lei, invece, è Kit, la sorella di Dottie. —
Avevo solo sedici anni e cominciai a lavorare di martello e piccone per la mia serenità. Smantellare la mia visione del mondo e di me stessa è stata veramente dura. Collezionavo parole calde, benevole con le quali mi prendevo cura di me, per fortuna la scrittura, le mie storie fantastiche erano uno scudo. Fu facile, in seguito, incontrare persone diverse e riuscire a farmi apprezzare.
Attraverso gli squarci che andavo creando sui limiti che mi separavano dal mondo, alcuni mi davano una mano a uscirne. Il padre di Viola era uno di loro, purtroppo se n’è andato troppo presto, altrimenti non sarei così apprensiva e preoccupata per mia figlia.
È stata Viola a smantellare la maggior parte delle mie paure e delle mie debolezze, con la sua forza che cresceva dentro di me ho fatto spazio per noi due e per il resto del mondo.
— Devi prendere una decisione, io non sarò qui per sempre. Ho solo questi tre giorni di permesso per il funerale, ed è stato anche difficile averli.
— lo so. Davvero mamma, non ora.
— Io non ti capisco, avere un figlio è una cosa seria. Sei troppo giovane e devi ancora finire gli studi. Pensaci bene, devi lavorare per mantenerti, più avanti potrai avere altri bambini.
— Mamma, scusami ma adesso voglio restare sola…
— Fai come vuoi. Ricordati però, che il mio lavoro non mi permette di fare la nonna, e tu sei sola adesso. Come il solito non vedi le priorità. Sei incinta di sole quattro settimane, il tuo compagno è morto! Cosa aspetti a… tornerà tutto come prima, finirai gli studi e poi ricomincerai …
Sola: se gli avessi creduto, ora lo sarei per davvero.
Chiusi la porta del nostro piccolo appartamento sul suo viso. Cominciai a mettere da parte parole rassicuranti, dolci, allegre e confortanti da regalare a mia figlia o mio figlio. Non ci saranno orizzonti inarrivabili, decisi in quell'istante, ogni cosa sarà possibile.
------------------
Il mare, la sabbia calda e mia figlia che corre all’indietro per paura dei cavalloni. Seduta sull’asciugamano, mi godo un fuggevole fine settimana all’aria aperta. Solo poche ore, ma mi bastano per staccare un po'.
— Viola, vieni qua! Mettiamo un po' di crema solare.
— Mamma, il mare è pauroso oggi, torniamo quando è piatto piatto?
— Non avere paura, io sono qui, ti guardo, se il mare ti fa cadere io vengo a prenderti. Torneremo la settimana prossima e vedrai che sarà piatto piatto.
— Portiamo anche Giovanni? Sua madre è simpatica vero?
— Certo, vai a giocare adesso.
Viola, così piccola e già così saggia. Lo chiederò davvero ad Ambra se vorrà venire con suo figlio, tu giocherai con Giovanni e io e sua madre ci terremo compagnia. Sto facendo del tutto per lasciarti vivere senza ostacoli da abbattere. Sto ancora demolendo i miei e le macerie ostruiscono i pensieri, le scelte da prendere. A volte sono così stanca… ma per fortuna ci sei tu, a dispetto di tutto, degli oceani infiniti, dei monti impossibili da scalare e dei recinti peni di parole sbagliate.
Boa: Acima/Amica
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Muri di parole.
A volte le parole sono calcestruzzo. Una a una sono mattoni con cui si alzano muri, oppure diventano oceani sterminati, catene montuose invalicabili.
Bisogna scegliere bene le parole che adoperiamo, altrimenti potremmo pentirci di averne usate a sproposito.
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Mio padre pensava che io fossi sorda, non parlavo pur avendone l’età giusta. Un giorno rientrando in casa dal lavoro mi chiamò; Io ero seduta sul pavimento e gli davo le spalle, lasciai i miei giochi, mi girai al suo richiamo e lo guardai senza dire nulla. “Sentire ci sente; prima o poi parlerà” lo disse a mia madre e tutti e due tornarono alle loro occupazioni.
Sorda: primo mattone sul muro della solitudine. Non ero sorda, ero attenta, e avevo scambiato l’indifferenza con la normalità.
Io non so scrivere. Mia madre pretendeva voti non al disotto dell’otto, il mio rendimento scolastico, invece, rasentava la sufficienza. Non di rado correggeva i miei compiti con un sistematico e puntiglioso atteggiamento. Riversava in quel rituale tutte le sue mancanze.
“Ma sei proprio strana! Che tema è questo?”
Mi piaceva molto inventare storie, dopo quella volta ho continuato a scriverle ma non ho più osato farle leggere a qualcuno.
Mia madre strappò il foglio e mi fece riscrivere il tema, (Descrivi te stessa) dove io non ero più Fata Acima dotata di poteri soprannaturali, con i quali guarivo gli animali. Mi ero data delle doti che non figuravano la mia vera personalità, secondo lei.
Strana: isola penale nel mare dell’autostima.
Ripensando adesso alla mia adolescenza, capisco bene certe mie paure. Gli amici, i parenti, mia sorella e quanti mi conoscevano, non sapevano come avvicinarmi e, quindi, forse mi evitavano e basta. Un giorno capii da una battuta in un film il mio rapporto con i membri della mia famiglia, fu una rivelazione. Cominciai, poco a poco, a lasciar andare quelli che nella loro assenza avevano innalzato barriere intorno a me e a loro stessi.
Il film era “Ragazze vincenti” con Geena Davis. In un dialogo Kit descrive a Dottie, sua sorella maggiore, il modo in cui si sente defraudata del suo posto in famiglia.
Hai sentito nostro padre quando ci presenta? — lei è Dottie, la nostra primogenita, lei, invece, è Kit, la sorella di Dottie. —
Avevo solo sedici anni e cominciai a lavorare di martello e piccone per la mia serenità. Smantellare la mia visione del mondo e di me stessa è stata veramente dura. Collezionavo parole calde, benevole con le quali mi prendevo cura di me, per fortuna la scrittura, le mie storie fantastiche erano uno scudo. Fu facile, in seguito, incontrare persone diverse e riuscire a farmi apprezzare.
Attraverso gli squarci che andavo creando sui limiti che mi separavano dal mondo, alcuni mi davano una mano a uscirne. Il padre di Viola era uno di loro, purtroppo se n’è andato troppo presto, altrimenti non sarei così apprensiva e preoccupata per mia figlia.
È stata Viola a smantellare la maggior parte delle mie paure e delle mie debolezze, con la sua forza che cresceva dentro di me ho fatto spazio per noi due e per il resto del mondo.
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— Mamma, ora non vorrei più parlarne.— Devi prendere una decisione, io non sarò qui per sempre. Ho solo questi tre giorni di permesso per il funerale, ed è stato anche difficile averli.
— lo so. Davvero mamma, non ora.
— Io non ti capisco, avere un figlio è una cosa seria. Sei troppo giovane e devi ancora finire gli studi. Pensaci bene, devi lavorare per mantenerti, più avanti potrai avere altri bambini.
— Mamma, scusami ma adesso voglio restare sola…
— Fai come vuoi. Ricordati però, che il mio lavoro non mi permette di fare la nonna, e tu sei sola adesso. Come il solito non vedi le priorità. Sei incinta di sole quattro settimane, il tuo compagno è morto! Cosa aspetti a… tornerà tutto come prima, finirai gli studi e poi ricomincerai …
Sola: se gli avessi creduto, ora lo sarei per davvero.
Chiusi la porta del nostro piccolo appartamento sul suo viso. Cominciai a mettere da parte parole rassicuranti, dolci, allegre e confortanti da regalare a mia figlia o mio figlio. Non ci saranno orizzonti inarrivabili, decisi in quell'istante, ogni cosa sarà possibile.
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Il mare, la sabbia calda e mia figlia che corre all’indietro per paura dei cavalloni. Seduta sull’asciugamano, mi godo un fuggevole fine settimana all’aria aperta. Solo poche ore, ma mi bastano per staccare un po'.
— Viola, vieni qua! Mettiamo un po' di crema solare.
— Mamma, il mare è pauroso oggi, torniamo quando è piatto piatto?
— Non avere paura, io sono qui, ti guardo, se il mare ti fa cadere io vengo a prenderti. Torneremo la settimana prossima e vedrai che sarà piatto piatto.
— Portiamo anche Giovanni? Sua madre è simpatica vero?
— Certo, vai a giocare adesso.
Viola, così piccola e già così saggia. Lo chiederò davvero ad Ambra se vorrà venire con suo figlio, tu giocherai con Giovanni e io e sua madre ci terremo compagnia. Sto facendo del tutto per lasciarti vivere senza ostacoli da abbattere. Sto ancora demolendo i miei e le macerie ostruiscono i pensieri, le scelte da prendere. A volte sono così stanca… ma per fortuna ci sei tu, a dispetto di tutto, degli oceani infiniti, dei monti impossibili da scalare e dei recinti peni di parole sbagliate.