[MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Traccia di mezzogiorno

Mi chiedi un racconto che parta dalla fine, ma non saprei dirti se è davvero questa, la fine. 
So soltanto che ora sono in macchina, e appena vedo un bar mi fermo e cerco un bagno. Potrebbe essere che mi metta due dita in gola per vomitare, così, solo per provare anche un po' di dolore fisico, oppure che chieda un toast al prosciutto cotto e una coca cola, o magari soltanto un caffè macchiato.
Posso dirti che non più di un'ora fa la bara è stata calata giù, fino in fondo nella fossa, e noi, pochi, che stavamo lì intorno, abbiamo gettato sopra il legno qualche fiore preso dalle corone sparse qua e là. 
Ho scelto due iris viola e, prima di lanciarli, li ho baciati a lungo, per pentirmene subito dopo perché c'è chi mi ha guardato come fossi un'attrice del muto, hai presente, quelle che si muovevano come se stessero sempre per accasciarsi a terra, e tutto volevo sembrare tranne una che attira l'attenzione. Il bacio era un saluto, un gesto d'amore, e, a pensarci bene, lo rifarei; andassero a quel paese quelli che pensano male.

Ti dicevo, dunque, che non so se quella di oggi si possa chiamare "fine", visto che i tizi del cimitero hanno detto che tra un paio di mesi si potrà pensare alla lapide; tornerò sicuramente, quindi, per controllare che tutto sia stato fatto a modo e, nel frattempo, avrò scelto come farla, questa lapide. Semplice, questo è certo. Di marmo bianco, con davanti la terra, per poter piantare un po' di verde. Vorrei farci scrivere sopra un versetto dei vangeli, forse Giovanni, qualcosa che faccia capire a chi legge (ma chi legge? era vuoto, oggi, il cimitero) che chi sta lì sotto credeva in Gesù Cristo. 
Ecco, e qui ritorno al discorso di prima, quando ti accennavo al fatto che non saprei dirti quale mai possa essere la fine del mio racconto: forse scriverò la parola "fine" quando la lapide sarà stata posizionata? Oppure quando rimuoveranno i resti tra dieci o quindici anni, e le ossa saranno raccolte in una piccola teca? Oppure una fine non c'è, perché forse Dio esiste davvero e l'aver seppellito oggi mia madre è solo un passaggio obbligato per andare da qualche altra parte, come quando in autostrada paghiamo il pedaggio? Ammesso che sia così, mi chiedo comunque quanti anni mi separino dal rivederla e, soprattutto, se siano anni umani o divini.

Poco lontano da dove l'hanno seppellita ho visto un grande salice piangente, e, prima di andarmene, sono passata a controllare di chi ombreggiasse la tomba.
Un ragazzo: un diciottenne, mi pare. 
Sullo spazio davanti alla lapide c'era una statua che lo raffigurava mentre calciava il pallone. Davanti era stata sistemata una panchina in legno chiaro e ferro battuto. L'avranno voluta lì i genitori, ne sono certa. Per poter avere la sensazione di guardarlo ancora giocare. E poi c'erano fiori sparsi dappertutto, e qua e là piccoli giochi, scudetti, animali di pezza. Eppure, ho letto, il ragazzo è morto sedici anni fa. Sembrava una tomba vivente, per quanto movimento c'era intorno.
Forse, un giorno, se mai andrò a trovare mia madre, potrò incontrare quei genitori. Forse m'inviteranno a sedere accanto a loro e, come tu ora, mi chiederanno di raccontare la mia storia dalla fine.

In ospedale, due giorni fa, mi hanno fatto andare via subito, nonostante sapessero che mamma aveva solo me, e non ci sarebbe stata la fila di parenti. Avrebbero potuto lasciarmi un po' sola con lei, visto che quando è morta, due ore prima che arrivassi, non c'ero. 
Di tre mesi di ricovero ricordo l'attesa fuori della terapia intensiva: tutti seduti davanti a quella porta che non s'apriva mai. 
Eppure, quando è entrata in ospedale non c'era urgenza, sembrava una cosa da poco. Non so quante volte ho pensato a Buzzati, al suo racconto Sette piani, hai presente? Mi era odioso parlare ogni giorno con quei maledetti medici, che volevano sembrare tutti Dio sceso in terra, e a noi che aspettavamo da loro una parola di speranza dicevano ogni volta "ma che venite a fare, se ci sono novità vi chiamiamo".
Forse speranze non ce n'erano neppure quando stava su al reparto, forse sono io che non ho capito niente dall'inizio. Ma almeno lì mi guardava, si muoveva. Mi aveva anche chiesto i quotidiani e la "Settimana enigmistica", quindi tanto male non poteva stare.
Ci si è messa di mezzo l'età, mi hanno detto. E io voglio crederci. Se capita che per un'appendicite muoia un bambino, e so che accade, a maggior ragione è possibile che non ce la faccia una donna anziana. 
Se penso che quando è stata ricoverata ero in trasferta, e ha chiamato da sola l'ambulanza, mi convinco che è stata davvero una donna eccezionale. Far nascere una figlia da sola, in Sicilia, con addosso le maldicenze di tutti, e poi venire a Torino, senza una lira, e lavorare tutta la vita solo per farmi studiare.

Vorrei cercare di ricordare l'inizio di tutta questa storia, che per me coincide con l'ultima volta che l'ho vista davvero felice.
Sì, ecco, mi sono ricordata. Non la laurea, e neppure quando m'hanno assunta al giornale. Meno che mai quando le presentavo i miei fidanzati. 
Dunque, avrò avuto dieci, undici anni, e mi ero accorta che il giorno dopo sarebbe scaduto il termine per spedire i bollini ritagliati dalle fette biscottate con cui facevo colazione. Come premio avevo scelto uno strano pupazzetto, alto una trentina di centimetri, che nascondeva dentro matite colorate, gomme da cancellare di tutte le forme e blocchetti di carta. Mi piaceva da matti, ma i bollini non bastavano. 
Mia madre mi vide così triste che mi portò di corsa al supermercato e lì, anche se i soldi non bastavano mai, comprammo insieme una montagna di prodotti della stessa marca delle fette biscottate. 
La sera ritagliammo tutti i bollini, e la mattina dopo lei spedì la busta.

Ecco, sì. Quel pupazzetto, si può dire, è stato l'inizio.


(Boa: "non", "aveva")
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Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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ciao @Ippolita. Apro con questa frase: " le mie speranze si consumarono nei lunghi corridoi del quarto piano ". Le mie speranze erano quelle di vedere guarire mia madre, ma non fu così, ci lasciò a soli 49 anni per un brutto tumore.
Perdonami se ti parlo di questo, ma la tua frase  " [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Non so quante volte ho pensato a Buzzati, al suo racconto [/font][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Sette piani[/font][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif], " è qualcosa che fa parte dei miei ricordi, tuttora oggi, a distanza di 40 anni.[/font]

[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Detto questo, ho notato che non hai avuto problemi con l'impostazione a rebours della traccia. Sei stata ordinata e il ritornare indietro è piacevole, come quando stai a passare ore a crogiolarti in ricordi struggenti. Vedo che anche te porti rispetto al Giorno del Signore e lo usi per cose dell'anima... :love3:[/font]
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Ippolita ha scritto: Mi chiedi un racconto che parta dalla fine 
Pur nel pieno rispetto della traccia, mi chiedo se sia credibile un incipit del genere da parte della protagonista, voce narrante, reduce dall'aver sepolto l'amata madre. Parlo della prima metà della frase: Mi chiedi un racconto, dove "un racconto"  mi stona nel contesto. E a chi è rivolto?

Ma è l'unico appunto che ti posso fare in questo triste ma  delicato e lirico viaggio nel dolore dell'assenza, prima, sino a risalire agli affettuosi gesti materni della prima infanzia. A ritroso, in un ricordare che lascia la dolcezza in cuore, assieme alla speranza che si affaccia nell'incipit:
Ippolita ha scritto: dom mag 23, 2021 9:34 pm ma non saprei dirti se è davvero questa, la fine. 
Complimenti!  Brava, @Ippolita   :sss:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Ho colto una dolcezza infinita in questo racconto che non mi stupirei se fosse autobiografico.
Si avverte la realtà negli avvenimenti, ho sentito empatia verso la protagonista e perfino con la madre che non può fare a meno di fare una spesa grossa per terminare la raccolta dei bollini.
Bellissimo  lo svolgimento al contrario, dal pensiero per la lapide al pupazzetto portamatite :flower:

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Ciao @Ippolita,
Il tuo racconto è delicato e toccante. Si riconosce la tua voce, il tuo equilibrio nel narrare, nel cercare la luce nell'ombra. Mi è piaciuta anche la gradualità con cui è venuta fuori la figura della madre. Insomma un bellissimo pezzo.
Nella lettura ho condiviso la stessa perplessità di Poeta Zaza, ossia perché dichiarare che è un racconto richiesto? Da chi? A chi si rivolge la voce narrante? Mi è venuto il dubbio a posteriori che la scelta sia legata al fatto che sia una giornalista ma non mi pare chiara la relazione. Chiarirei questo punto.
A presto!

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Ciao @Ippolita, fantastico affresco di sentimenti.

Inizialmente ho trovato un po' spiazzante la rottura della quarta parete, ma andando avanti, ho capito che è il punto forte del racconto, il tono spigliato, a volte polemico di questa lettera aperta, e le molte domande rivolte all'interlocutore come mezzo per farle a sè stessa, beh, trasmettono il ritmo di un fiume emotivo che vuole rompere gli argini, oltre al realismo delle scene, che rimanda all'autobiografico.

Complimenti davvero! (y)

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Ciao @Ippolita, che dire? Il tuo racconto è davvero molto delicato, e come in quello di Alberto Tosciri ci ho visto una scrittura viva, probabilmente scaturita da un'esperienza personale che poi si è trasformata in questo racconto, pur non perdendo ciò che la rende, appunto, reale. Il tuo racconto ha un'aspra dolcezza, parla di morte ma lascia intravedere la speranza, il ricordo dei sacrifici della madre per quel pupazzetto, e proprio quell'immagine finale lascia qualcosa di positivo al lettore. Secondo me "partire dalla fine" ha aiutato molto, mi è veramente piaciuto il modo in cui hai chiuso il racconto! Una scrittura intima, la tua, ma che sa comunicare, complimenti!

Anche a me ha un po' spaziato la parte iniziale, perchè mi è sembrata un po' artificiale. Sicuramente, però, non toglie nulla al racconto!
Ippolita ha scritto: Mi chiedi un racconto che parta dalla fine
  Una piccola sciocchezza. Quando ho letto questa frase mi sono tornati in mente gli stratagemmi utilizzati nelle kvæði per, appunto, introdurre una storia. Una delle più famose, la Ormurin Langi, inizia proprio così:
 Jens Christian Djurhuus ha scritto: Viljið tær hoyra kvæði mítt,
Vilja tær orðum trúgva,

Um hann Ólav Trygvason,
Hagar skal ríman snúgva.
Che più o meno si può tradurre con: Ascolterai la mia canzone?/Crederai alle mie parole su Olaf Tryggvason?/Il componimento inizierà qui.

Ci si legge in giro! :)

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Shinobi ha scritto: Inizialmente ho trovato un po' spiazzante la rottura della quarta parete
Ciao, @Shinobi
Approfitto del tuo gradito commento per rispondere subito alla domanda pertinente di @Poeta Zaza@ivalibri e @Ólafr (i quali, per ora, ringrazio qui), affinché non vi siano incomprensioni di sorta: come sottolinea giustamente Vito qui sopra, ho adottato una soluzione metanarrativa, riallacciandomi al dettato della traccia. 

Edu richiedeva:

"Puoi raccontare qualsiasi storia, ma devi partire dalla fine e arrivare all'inizio dello svolgersi degli eventi".
Il mio racconto tenta di rispondere in modo diretto a questa domanda.

Grazie mille per la lettura attenta e il bel commento! 
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Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Io in realtà apprezzo molto gli espedienti narrativi come questo, che è assolutamente pertinente, data la forma di lettera aperta della narrazione. In fin dei conti ci sono romanzi interi (e belli aggiungerei) scritti così e diversi scrittori di peso iniziano capitoli con domande e lunghe introspezioni a cui rispondono loro stessi, che esulano dalla trama, ma servono ad introdurre quello che segue.

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Ippolita ha scritto: "Puoi raccontare qualsiasi storia, ma devi partire dalla fine e arrivare all'inizio dello svolgersi degli eventi".
Il mio racconto tenta di rispondere in modo diretto a questa domanda.
È proprio questo che stona. Il racconto dovrebbe filare a se stante, a una lettura universale, senza fare l'occhiolino a un gioco, che il lettore esterno ignora.
Per di più, l'argomento è serio.

Questo il mio pensiero sul tuo incipit, @Ippolita

Il resto è  (y)  
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Cara @Ippolita, parto anch'io dal tuo incipit. Se non fossi di questo forum non lo avrei trovato particolarmente strano, come dici tu è un espediente narrativo, non dobbiamo per forza leggerci il nome di Edu.  Potrebbe essere stato chiunque a farle questa richiesta.
Quello che invece mi ha lasciata dubbiosa è ciò che segue:
  ha scritto:So soltanto che ora sono in macchina, e appena vedo un bar mi fermo e cerco un bagno.
O sta guidando e non vedo come possa scrivere, o sta dettando e allora mancherebbe qualche riferimento, o sta riflettendo ma il tono è colloquiale-scritto. Per me avrebbe più senso se si fosse appena fermata a un bar, potrei immaginare che sta scrivendo anche se non lo inserisci e il resto del testo non ne rimarrebbe turbato.

A parte queste mie riflessioni, hai scritto benissimo, il racconto è realistico e toccante. Le piccole cose che si impregnano di un significato e un sentimento immensi. Bravissima <3
"Fare o non fare, non c'è provare." Yoda - Star Wars

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Ippolita ha scritto: Mi chiedi un racconto che parta dalla fine, ma non saprei dirti se è davvero questa, la fine. 
Ok, messaggio forte e chiaro: vuoi mettere i puntini sulle i e far capire chi è la campionessa. Incipit stratosferico, che sono avendo in mano un racconto stratosferico uno si sente di fare. Ancora non leggo, ma ci scommetto.


Ippolita ha scritto: Non so quante volte ho pensato a Buzzati, al suo racconto Sette piani, hai presente?
E come no

La scommessa l'ho vinta io: il racconto è stratosferico. Cosa mi offri?
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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@ElmoInverso, grazie per i complimenti! Sei gentilissima e sono davvero contenta che tu abbia apprezzato il racconto.
Riguardo al tuo appunto, forse hai ragione, ma il testo non voleva essere una lettera o un resoconto con coordinate precise, ma un flusso di pensieri che l'io narrante rivolge nella sua testa a un interlocutore.
Terrò comunque in gran conto quello che hai notato, rileggendo il testo tenendolo a mente.
Grazie ancora per l'attenta lettura!
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Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Ciao @Ippolita, me lo sono immaginato come un dialogo con una parte del proprio io.
Un passaggio con il quale prima o poi dovremo confrontarci. La protagonista lo affronta con serenità, tenerezza e un po' di nostalgia,  consapevole anche della propria fede. Diversamente sarebbe se le parti dovessero invertirsi. E ce lo fai immaginare con il ragazzo all'ombra del salice.
Molto delicato.
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