Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Edu ha scritto: racconta
Pensavo alla parte finale del Simposio, quando Alcibiade paragona Socrate alle statuette dei Sileni che contenevano immagini di dèi. Se ti va di leggere i passi completi, i luoghi sono questi: 215 a 4 - 222 b 7. Si tratta del discorso che chiude il dialogo, in cui Alcibiade elogia Socrate (forse la più bella dichiarazione d'amore che io abbia mai letto).
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Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Ciao @Ippolita 
Racconto intenso, struggente. Anche io ho notato il tuo incipit – sembrerebbe funzionale alla traccia – Ma io trasfiguro le parole a seconda del mio sentire intimo, che non cambia mai. Io ci vedo la protagonista che inizia a parlare rispondendo a una domanda superiore.
Il Dio dei musulmani non vuole che si ritragga la figura umana. Se un uomo dipinge la figura umana, si sentirà dire da Dio, quando sarà al suo cospetto – Hai dipinto un uomo. Ora dagli la vita-
Non è il tuo caso ma il Dio nel quale la tua protagonista crede potrà un giorno chiederle di raccontargli la sua vita partendo dalla sua ultima azione, conseguenza di azioni precedenti.
Più che dire “mi chiedi un racconto…” alla luce della mia piccola introspezione sincretista gli farei dire “Mi chiedi di raccontarti…”
Ma considera quanto ti ho detto solo un mio esercizio mentale, una diversa prospettiva, non certo un’imposizione.
Per quanto riguarda il racconto, bellezza è la parola giusta, anche se è arduo associare questa parola alla Morte.
Un credente può farlo, pur provando dolore per i suoi vincoli terreni, in vista di un “dopo”.
La protagonista, la figlia della donna morta, ci tiene che sulla lapide della madre ci sia qualcosa che riporti al Cristo. Ci tiene a far sapere che si sappia. Non è dato sapere con certezza se ci crede anche lei, per quanto si palesi qualche domanda a tal proposito.
Di contro c’è la tomba di un ragazzo allestita, mi viene da dire, quasi come le antiche tombe egizie o etrusche, dove venivano raffigurati i morti durante le loro incombenze quotidiane, circondati da oggetti che erano appartenuti loro in vita. Addirittura una panchina davanti alla tomba, forse perché chi ha amato il ragazzo in vita, i suoi genitori, possano sedersi a rimirare le sue fattezze sul marmo, ricordando.
Anche questo è oltremodo commovente, per quanto non si faccia riferimento a nessun simbolo religioso. Ma sicuramente c’è, credo.
Poi c’è il ritorno alla rievocazione degli ultimi momenti di vita della madre. Entrare in ospedale per un quasi nulla e uscirne morti, come nella novella di Buzzati “Sette piani”, non la sola a descrivere l’orrore fisico che si presenta all’improvviso nella vita. (Conoscerai un’altra sua novella “Una cosa che comincia con elle”).
La madre del tuo racconto appare come una donna coraggiosa, fin dal momento della nascita di sua figlia, in un mondo che non concepiva certi atteggiamenti e poi lungo la sua vita che accenni con brevi tratti, molto efficaci.
Commovente la storia del pupazzetto, mi ha colpito. Un grande gesto da parte della madre nei confronti della figlia bambina, nonostante le ristrettezze economiche, pur di accontentarla nel suo innocente desiderio.
Piaciuto molto il gesto dei due iris viola (bellissimo colore); l’accostamento del gesto a quello di una diva del muto, che serve a rendere la visione di una scena d’altri tempi, arcaica, struggente, patinata, per quanto non fosse nelle intenzioni della protagonista che anzi appare dispiaciuta da questo accostamento.
Una bella scrittura, calibrata e dosata al punto giusto.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Alberto Tosciri ha scritto:
Più che dire “mi chiedi un racconto…” alla luce della mia piccola introspezione sincretista gli farei dire “Mi chiedi di raccontarti…"
Un buon suggerimento.
Alberto Tosciri ha scritto: ven mag 28, 2021 6:38 pm
Anche questo è oltremodo commovente, per quanto non si faccia riferimento a nessun simbolo religioso. Ma sicuramente c’è, credo.
Sì, è una tomba cristiana, al Verano.
Alberto Tosciri ha scritto: ven mag 28, 2021 6:38 pmpiaciuto molto il gesto dei due iris viola (bellissimo colore)
Un colore magnifico, soprattutto in natura.
Ti ringrazio tanto, Alberto, per il commento attento e gentile, e mi scuso per il ritardo nella risposta.
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Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Cara Ippolita
Come sempre il racconto è scritto benissimo ed è veramente toccante. Complimenti.

Trovo curiose le critiche alla prima frase che secondo me ci sta benissimo, e incuriosisce come dovrebbe fare un incipit. E per come scrivi ti puoi permettere qualsiasi cosa, anche di deviare da presunte regole di buona scrittura. Mi pare il classico “cercare il pelo nell’uovo” in un racconto perfetto. Non si capisce a chi ti rivolgi? embè? 

Forse il tuo tocco profondo ma anche lieve fa un po’ invidia.



Non so più come si mette la @Ippolita

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Ciao Ippolita,

casualmente mi sono imbattuto in questo tuo racconto, molto, molto bello… citi il Buzzati di cui apprezzo  tutte le novelle in “La boutique del mistero” che trattano o sottendono il tema della morte (chiedersi di cosa parlino “I due autisti” mentre portano la salma è geniale…), ma  specialmente Il cane che ha visto Dio che, coincidenza (come sai una mia fissa, spero innocua per il lettore) mi ha suggerito il commento nel nuovo gioco proposto in Agorà: Il profumo del (nuovo) gioco.
La reciprocità da, la reciprocità rende…

"Al mattino entravo in camera sua prima di andare al giornale. ‘Come va?', chiedevo. ‘Stanotte ho dormito', rispondeva (sfido, a forza di iniezioni). Facevo due tre passi nel corridoio e mi raggiungeva la temuta voce: ‘Ci sei a pranzo?' Sì. ‘E a cena?' Dio mio, quanto innocente e grande e nello stesso tempo piccolo desiderio c'era nella sua domanda. Non chiedeva, non pretendeva, domandava soltanto un'informazione. Ma io avevo appuntamenti cretini e l'idea di tornare nella casa triste, avvelenata dalla vecchiaia e dalla malattia, mi repelleva, perché non si deve avere il coraggio di confessare queste orribili cose quando sono vere? Io andavo in giro ridendo e scherzando con gli amici, idiota, delinquente che ero, mentre il costrutto della mia stessa vita, l'unico mio vero sostegno, l'unica creatura capace di sanguinare per me, stava morendo. Le sarebbero bastate due parole prima di cena, io seduto sul piccolo divano e lei distesa sul letto, qualche informazione sulla mia vita e sul mio lavoro. E poi mi avrebbe lasciato andare volentieri dove diavolo volevo, non le sarebbe dispiaciuto, anzi, era lieta se avevo occasione di svagarmi.
Così poco chiedeva. E io neanche questo, per il mio schifoso egoismo. Perché io ero il figlio e nel mio egoismo di figlio mi rifiutavo di capire quanto bene le volessi". (Dino Buzzati, "I due autisti").
 
Il tuo racconto mi ha richiamato alla memoria il Buzzati… c’è una leggerezza nello scrivere che vi accomuna, complimenti.

(in tema, se ti va di leggere:  https://www.lamacchinadiluce.com/2021/0 ... no-a1.html)


Galvan
https://www.lamacchinadiluce.com/

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Cara amica mia @Ippolita 

E’ bello e intenso questo tuo racconto, sarà una coincidenza, ma, mia ha riportato alle sensazioni del recente libro della Perrin che ho letto in queste ultime settimane: “Cambiare l’acqua ai fiori”.
Questo rapporto con la morte che ci tocca, quando siamo nell’ età adulta, per la scomparsa di un nostro genitore.
Quante volte quando era ancora in vita, non abbiamo potuto evitare di pensare a come sarebbe stato il momento del distacco da chi ci aveva generato.
A me, che li ho persi entrambi, a distanza di due anni per una malattia incurabile, per altro assai comune come ragione di morte nei nostri tempi, era accaduto, man mano che la loro età avanzava, senza che mai avessi supposto quella causa.
Eppure la vita dovrebbe averci insegnato che procede sempre secondo un suo disegno, non tiene conto delle nostre congetture, dei nostri progetti e dei nostri tempi.
So di aver pianto la loro morte molti anni prima del giorno in cui è avvenuta:
Per mia madre accadde quando avevo trent’ anni, si era al mare e nel cuore della notte mio padre mi svegliò dicendomi che aveva chiamato l’ambulanza, perché lei si stava dissanguando per una forte emorragia.
RRicordo il mio pianto accorato, nel vederla esanime e cianotica, poi le lacrime che mi impedivano di vedre la strada, mentre seguivo in auto, a tavoletta, la corsa dell’ambulanza verso l’ospedale.
Avevo in cuore la sensazione tragica che la stavamo perdendo.
Mio padre pensai di vederlo morire, quando ebbe un infarto: era solo nella casa che i miei avevano in affitto in liguria, quando comprese cosa gli stava accadendo, invece di chiamare il 118, si fece un biglietto alla stazione di La Spezia e viaggiò nella notte fino a Torino, dalla stazione andò al pronto soccorso del Mauriziano e si fece ricoverare.
Era un sardo roccino, ex minatore ed ex fabbro, disse che se doveva morire, voleva farlo a casa vicino alla famiglia.
Sapendo cosa era successo, nonchè l’aggravante dato alla cosa, per quel comportamento folle, credtti davvero che non ce l’avrebbe fatta.
Entrambi sono vissuti ancora oltre vent’anni da quegli episodi.
Dandomi la quasi convinzione che fossero eterni.

Come nel tuo racconto, quando la loro fine è avvenuta, il dolore aveva modi e forme diverse da quelle immaginate.
La notizia della morte di mio padre mi giunse al cell mentre mi trovavo far le bancarelle di un meracto, in un insolito giorno di sole pieno, come a novembre difficilmente se ne vedono.
Ricordo di aver pensato che tutta quella luce era insultante, offensiva.
Nulla dei momenti della loro morte e dei riti funebri che ne sono seguiti, si è svolto seguendo il mio copione mentale degli eventi.

Questo nel tuo bel racconto è un concetto che analizzi con una penetrazione psicologica estremamente centrata e puntuale.
Così come lo è il non sapere dire nel doverne fare un racconto a una terza persone quali siano i fatti che ci toccano e ci restano in quei momenti.
Al più siamo in grado di elencare cose secondarie e accessorie, di ciò che abbiamo visto e fatto.
Dentro noi, il dolore sovente trova strade più sotterranee delle lacrime immediate, il dolore si colora di ricordi piacevoli o amari, di consolazione per cose ricevute o rimpianto per cose rimandate e non fatte e dette,

Complimenti, inoltre per il titolo, che è un piccolo gioiello di poesia.

E’ sempre un piacere per gli occhi e la mente leggerti, complimenti.
Un abbraccio :)

Re: [MI151] Due iris viola, un salice piangente

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Nightafter ha scritto: dom lug 18, 2021 7:36 pmEntrambi sono vissuti ancora oltre vent’anni da quegli episodi.
Dandomi la quasi convinzione che fossero eterni.
(...)
Ricordo di aver pensato che tutta quella luce era insultante, offensiva.
@Nightafter, amico mio, 
come ringraziarti per questa pagina commovente, di cui ho riportato qui sopra solo poche, intense righe? Vorrei scrivere tante cose in risposta, ma mi limito a un grazie gigante e a un altrettanto gigante abbraccio.
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