Ciò che fece Sandra
Posted: Wed May 19, 2021 12:12 am
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Faceva ancora buio quando suonò il cellulare. Prima di rispondere, Franco dette un’occhiata alla sveglia. Sbirciò attraverso le palpebre appiccicate dal sonno: erano le 5.47. Con la punta delle dita ancora intorpidite fece quasi cadere il telefono nel tentativo di afferrarlo in modo da non rifiutare la chiamata. Era Paolo.
- Franco! Ti devo avvisare di una cosa importante… c’è Sandra che… sta facendo delle cose, in giro… la polizia la sta cercando per fermarla!-
Franco maledisse la propria sbadataggine per aver dimenticato di silenziare il cellulare. Paolo era un vero rompipalle: puntiglioso, nevrastenico ed esagerato.
- Cosa? Paolo… non ho capito niente… stavo dormendo… cos’è successo a Sandra?-
- È successo un casino. Le ha dato di volta il cervello, credo per via della morte di suo padre. Adesso sta dando la caccia ai suoi amici uno ad uno!-
- Ma che dici? Sandra? Dà la caccia agli amici di suo padre?-
In quel momento qualcuno bussò alla porta d’ingresso e Franco quasi cadde dal letto per il soprassalto.
- A noi! Sta dando la caccia a noi! A me! A te! A noi! -
- Ha…hanno bussato…- Franco scostò le lenzuola e si alzò lentamente. Ebbe la sensazione di non essersi ancora svegliato, di essere nelle prime fasi di un brutto sogno. La camera era illuminata solo dal display del suo Samsung.
- È lei! Non aprire! Ha spaccato il cranio a Claudio!-
- Co…?- Non riuscì a finire la frase perché un groppo in gola gliela mozzò. Nonostante si sentisse frastornato si diresse brancolando verso il corridoio buio. Da fuori bussarono più forte.
- È così! Fà finta di non essere in casa! Chiama subito la polizia! Fà come ti dico!-
- Ma che cavolo… m-ma perché?-
- Ha un martello, Franco! Ha un martello e lo ha già usato per spaccare la testa a Claudio! Adesso riattacco così chiami subito la polizia.-
- No! Aspe…- L’altro aveva chiuso la chiamata. Franco guardò con sgomento la porta, come se da un momento all’altro si aspettasse di vederla sfondare da qualche forza malvagia.
D’improvviso una nuova scarica di colpi gli dette una scossa elettrica al cuore, tanto che ebbe paura di vederselo espellere fuori dal petto.
Deglutì. Respirò. Come poteva trattarsi di Sandra? Era possibile che la sua amica fosse uscita di senno e avesse preso a girare per la città di notte, portandosi dietro un martello ed aggredendo i suoi stessi amici? L’immagine di Claudio, riverso in una pozza di sangue, gli balenò davanti.
Doveva esserci una spiegazione, si disse, mentre stringeva in mano il cellulare e cominciava a comporre le prime cifre del 113, più per darsi coraggio che non per l’intenzione di chiamare. In fondo la conosceva da anni e non era possibile che tutt’ad un tratto si fosse trasformata in una serial killer.
“Queste cose non succedono nella vita reale. A Claudio sarà capitato un incidente… oppure lo avrà aggredito qualcuno… ma non lei!”
Prese una decisione.
-Chi è?- Chiese, cercando di non lasciar trasparire la paura nel tono della propria voce.
- Franco? S-sono io… Sandra.- Era proprio la sua voce.
- Sandra?- Le gambe di Franco erano pronte a correre in direzione contraria alla porta, nonostante questa fosse ancora chiusa.
- Scusa per l’ora. Ho… bisogno di parlarti. Mi è successa una cosa…-
- Stai bene? – Franco pensò di prendere tempo facendole delle domande.
- Sì… cioè no.- Lui accostò l’orecchio alla porta per cercare di capire cosa succedeva dall’altra parte. La sentì sospirare. – La polizia mi sta cercando. Pensano che abbia fatto… una cosa orribile. –
- Perché? – Domandò. Ma subito si sentì stupido a parlarle attraverso una porta chiusa: lei sembrava spaventata ed era andata da lui per cercare aiuto, mentre lui si stava mostrando spaventato come un coniglio finito in mezzo a un’autostrada.
Sentì dei singhiozzi provenire dall’esterno. Sandra stava piangendo. Ed era da sola.
Girò la maniglia. Non fece in tempo ad aprire la porta che l’anta gli piombò sul naso ed il pavimento tutt’ad un tratto si alzò e gli venne contro colpendolo alla nuca. Capì, mentre fuochi d’artificio gli scoppiavano davanti agli occhi sgranati, di essere stato gettato a terra con violenza.
Fu allora che girò la testa per dire qualcosa e vide il martello, stretto nella mano di Sandra.
- È questo il rapporto che vuoi avere con me? È questo, Franco? – Gli chiese lei chinandosi sul suo volto coperto di sangue. Il suo tono era completamente cambiato.
- Cosa? – Fece lui, incredulo e impotente.
- Non ci posso ancora credere. Dopo tutto questo tempo… Non posso credere di essermi sbagliata così tanto su di te. –
Lui cercò di muoversi da quella posizione ma lei con un gesto gli fece intendere che era pronta ad usare il martello contro di lui.
- Ci mancava solo che aggiungessi un’emoticon triste, come ha fatto quell’altro mentecatto. –
- Non capisco…- Franco cercava di riconnettersi con la realtà, ma nel cervello gli stava rombando una grancassa e il naso cominciava a fargli un dolore cane.
- Ah, non capisci, eh?- Lo guardò sprezzante con i suoi occhi profondi, il mascara sbavato. Con gesti lenti si raccolse i capelli dietro la testa, tralasciando una o due ciocche. – “Ti faccio le mie più sentite condoglianze, Sandra.“–
Quella frase gli diceva qualcosa. Rivide il post che aveva scritto sulla bacheca di lei, un paio di giorni prima, dopo aver saputo della morte di suo padre. Aprì la bocca cercando di dire qualcosa di sensato. Alzare la testa da terra gli provocò una fitta lancinante alla base del collo, come se una lama gli si fosse conficcata tra le vertebre.
- Pensavo che fossimo amici. Che magari con uno di voi sarei anche andata a letto. Ma questo… non me lo aspettavo. La peggiore forma di oscenità contemporanea. Le condoglianze su Facebook. A me. Dopo una perdita così dolorosa. –
Franco si ricordò del telefono. Doveva essere caduto da qualche parte, ma non doveva essere lontano. Forse muovendo piano un avambraccio, tastando il pavimento intorno…
- Sai che significa quando una persona cara smette di riconoscerti, ti tratta come fossi una ladra, ti urla addosso cose irripetibili, e tu devi convincerla persino a farsi accompagnare in bagno? No… non lo sai, per te la vita è una ininterrotta condivisione di stronzate sui social. – Improvvisamente la ragazza schiacciò di impeto col tacco di uno stivaletto qualcosa che si ruppe sotto la violenza del colpo. Addio cellulare.
Con uno sforzo Franco riuscì a dire qualcosa. - È… per questo che… Claudio… -
- Già. Claudio. E adesso tu. Poi Paolo, poi Anna… vi ammazzo tutti. Anzi, vi rompo, come questo telefono. Non avete più niente di umano. Scricchiolate quando vi colpisco. E vi spegnete. –
Sandra avanzò verso il ragazzo inerme, il metallo scuro balenò nel buio.
- N-no… ti prego… -
- In fondo lo so che quello che ti dispiace di più è andartene senza un pubblico che ti commenti. - Alzò il martello sulla testa di Franco.
- Polizia! Mettilo giù! – Gridò una voce sconosciuta.
Passò un secondo. Franco udì uno sparo e sentì il tonfo di un corpo che cadeva vicino a lui.
Riuscì a girare la testa e vide Sandra, seduta per terra a gambe distese con la schiena appoggiata al divano. Una macchia color rosso scuro le si stava allargando sul petto.
- Quante… faccine… adesso? –
La ragazza chinò il capo e rimase immobile a fissare il pavimento.
- Franco! Oddio… come stai? – Questa era la voce di Paolo, ma era fuori dal campo visivo del ragazzo, ancora disteso e impietrito dal dolore e dallo shock.
- Si faccia da parte! Non può stare qui! –
- Va bene… volevo solo… oddio, Franco! Non dovevi aprire… che ti avevo detto? Oddio… – La voce dell’amico si allontanava piano.
Prima di perdere i sensi Franco ebbe come l’impressione di udire, per un paio di volte, il flash di una fotocamera.
Faceva ancora buio quando suonò il cellulare. Prima di rispondere, Franco dette un’occhiata alla sveglia. Sbirciò attraverso le palpebre appiccicate dal sonno: erano le 5.47. Con la punta delle dita ancora intorpidite fece quasi cadere il telefono nel tentativo di afferrarlo in modo da non rifiutare la chiamata. Era Paolo.
- Franco! Ti devo avvisare di una cosa importante… c’è Sandra che… sta facendo delle cose, in giro… la polizia la sta cercando per fermarla!-
Franco maledisse la propria sbadataggine per aver dimenticato di silenziare il cellulare. Paolo era un vero rompipalle: puntiglioso, nevrastenico ed esagerato.
- Cosa? Paolo… non ho capito niente… stavo dormendo… cos’è successo a Sandra?-
- È successo un casino. Le ha dato di volta il cervello, credo per via della morte di suo padre. Adesso sta dando la caccia ai suoi amici uno ad uno!-
- Ma che dici? Sandra? Dà la caccia agli amici di suo padre?-
In quel momento qualcuno bussò alla porta d’ingresso e Franco quasi cadde dal letto per il soprassalto.
- A noi! Sta dando la caccia a noi! A me! A te! A noi! -
- Ha…hanno bussato…- Franco scostò le lenzuola e si alzò lentamente. Ebbe la sensazione di non essersi ancora svegliato, di essere nelle prime fasi di un brutto sogno. La camera era illuminata solo dal display del suo Samsung.
- È lei! Non aprire! Ha spaccato il cranio a Claudio!-
- Co…?- Non riuscì a finire la frase perché un groppo in gola gliela mozzò. Nonostante si sentisse frastornato si diresse brancolando verso il corridoio buio. Da fuori bussarono più forte.
- È così! Fà finta di non essere in casa! Chiama subito la polizia! Fà come ti dico!-
- Ma che cavolo… m-ma perché?-
- Ha un martello, Franco! Ha un martello e lo ha già usato per spaccare la testa a Claudio! Adesso riattacco così chiami subito la polizia.-
- No! Aspe…- L’altro aveva chiuso la chiamata. Franco guardò con sgomento la porta, come se da un momento all’altro si aspettasse di vederla sfondare da qualche forza malvagia.
D’improvviso una nuova scarica di colpi gli dette una scossa elettrica al cuore, tanto che ebbe paura di vederselo espellere fuori dal petto.
Deglutì. Respirò. Come poteva trattarsi di Sandra? Era possibile che la sua amica fosse uscita di senno e avesse preso a girare per la città di notte, portandosi dietro un martello ed aggredendo i suoi stessi amici? L’immagine di Claudio, riverso in una pozza di sangue, gli balenò davanti.
Doveva esserci una spiegazione, si disse, mentre stringeva in mano il cellulare e cominciava a comporre le prime cifre del 113, più per darsi coraggio che non per l’intenzione di chiamare. In fondo la conosceva da anni e non era possibile che tutt’ad un tratto si fosse trasformata in una serial killer.
“Queste cose non succedono nella vita reale. A Claudio sarà capitato un incidente… oppure lo avrà aggredito qualcuno… ma non lei!”
Prese una decisione.
-Chi è?- Chiese, cercando di non lasciar trasparire la paura nel tono della propria voce.
- Franco? S-sono io… Sandra.- Era proprio la sua voce.
- Sandra?- Le gambe di Franco erano pronte a correre in direzione contraria alla porta, nonostante questa fosse ancora chiusa.
- Scusa per l’ora. Ho… bisogno di parlarti. Mi è successa una cosa…-
- Stai bene? – Franco pensò di prendere tempo facendole delle domande.
- Sì… cioè no.- Lui accostò l’orecchio alla porta per cercare di capire cosa succedeva dall’altra parte. La sentì sospirare. – La polizia mi sta cercando. Pensano che abbia fatto… una cosa orribile. –
- Perché? – Domandò. Ma subito si sentì stupido a parlarle attraverso una porta chiusa: lei sembrava spaventata ed era andata da lui per cercare aiuto, mentre lui si stava mostrando spaventato come un coniglio finito in mezzo a un’autostrada.
Sentì dei singhiozzi provenire dall’esterno. Sandra stava piangendo. Ed era da sola.
Girò la maniglia. Non fece in tempo ad aprire la porta che l’anta gli piombò sul naso ed il pavimento tutt’ad un tratto si alzò e gli venne contro colpendolo alla nuca. Capì, mentre fuochi d’artificio gli scoppiavano davanti agli occhi sgranati, di essere stato gettato a terra con violenza.
Fu allora che girò la testa per dire qualcosa e vide il martello, stretto nella mano di Sandra.
- È questo il rapporto che vuoi avere con me? È questo, Franco? – Gli chiese lei chinandosi sul suo volto coperto di sangue. Il suo tono era completamente cambiato.
- Cosa? – Fece lui, incredulo e impotente.
- Non ci posso ancora credere. Dopo tutto questo tempo… Non posso credere di essermi sbagliata così tanto su di te. –
Lui cercò di muoversi da quella posizione ma lei con un gesto gli fece intendere che era pronta ad usare il martello contro di lui.
- Ci mancava solo che aggiungessi un’emoticon triste, come ha fatto quell’altro mentecatto. –
- Non capisco…- Franco cercava di riconnettersi con la realtà, ma nel cervello gli stava rombando una grancassa e il naso cominciava a fargli un dolore cane.
- Ah, non capisci, eh?- Lo guardò sprezzante con i suoi occhi profondi, il mascara sbavato. Con gesti lenti si raccolse i capelli dietro la testa, tralasciando una o due ciocche. – “Ti faccio le mie più sentite condoglianze, Sandra.“–
Quella frase gli diceva qualcosa. Rivide il post che aveva scritto sulla bacheca di lei, un paio di giorni prima, dopo aver saputo della morte di suo padre. Aprì la bocca cercando di dire qualcosa di sensato. Alzare la testa da terra gli provocò una fitta lancinante alla base del collo, come se una lama gli si fosse conficcata tra le vertebre.
- Pensavo che fossimo amici. Che magari con uno di voi sarei anche andata a letto. Ma questo… non me lo aspettavo. La peggiore forma di oscenità contemporanea. Le condoglianze su Facebook. A me. Dopo una perdita così dolorosa. –
Franco si ricordò del telefono. Doveva essere caduto da qualche parte, ma non doveva essere lontano. Forse muovendo piano un avambraccio, tastando il pavimento intorno…
- Sai che significa quando una persona cara smette di riconoscerti, ti tratta come fossi una ladra, ti urla addosso cose irripetibili, e tu devi convincerla persino a farsi accompagnare in bagno? No… non lo sai, per te la vita è una ininterrotta condivisione di stronzate sui social. – Improvvisamente la ragazza schiacciò di impeto col tacco di uno stivaletto qualcosa che si ruppe sotto la violenza del colpo. Addio cellulare.
Con uno sforzo Franco riuscì a dire qualcosa. - È… per questo che… Claudio… -
- Già. Claudio. E adesso tu. Poi Paolo, poi Anna… vi ammazzo tutti. Anzi, vi rompo, come questo telefono. Non avete più niente di umano. Scricchiolate quando vi colpisco. E vi spegnete. –
Sandra avanzò verso il ragazzo inerme, il metallo scuro balenò nel buio.
- N-no… ti prego… -
- In fondo lo so che quello che ti dispiace di più è andartene senza un pubblico che ti commenti. - Alzò il martello sulla testa di Franco.
- Polizia! Mettilo giù! – Gridò una voce sconosciuta.
Passò un secondo. Franco udì uno sparo e sentì il tonfo di un corpo che cadeva vicino a lui.
Riuscì a girare la testa e vide Sandra, seduta per terra a gambe distese con la schiena appoggiata al divano. Una macchia color rosso scuro le si stava allargando sul petto.
- Quante… faccine… adesso? –
La ragazza chinò il capo e rimase immobile a fissare il pavimento.
- Franco! Oddio… come stai? – Questa era la voce di Paolo, ma era fuori dal campo visivo del ragazzo, ancora disteso e impietrito dal dolore e dallo shock.
- Si faccia da parte! Non può stare qui! –
- Va bene… volevo solo… oddio, Franco! Non dovevi aprire… che ti avevo detto? Oddio… – La voce dell’amico si allontanava piano.
Prima di perdere i sensi Franco ebbe come l’impressione di udire, per un paio di volte, il flash di una fotocamera.