[MI150] Una questione di equilibrio.
Posted: Sun May 09, 2021 9:58 pm
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Traccia di Mezzogiorno di @L'illusoillusore "Padrone del tempo"
Una questione di equilibrio.
Ce l'aveva ancora in bocca il sapore. Sangue e mojito. Più qualche scheggia di vetro incastrata tra denti e gengive.
Il Cane non l'aveva presa bene e gli aveva mandato quei due a spiegarglielo. Sarebbe ancora lì, con le budella sparse sul tappeto se non avesse dato retta al suo vecchio. E infatti il karate gli era tornato utile più di una volta. Karate e parkour.
Ma che s'era messo in testa, il Cane? Solo perché s'era scopato qualche volta la sua ragazzina, avrebbe dovuto sposarla? Certo quindici anni sono pochi, ma quella la dava a tutti e lui non era certo il primo. Se poi non aveva saputo nemmeno scegliersi il medico per abortire e c'era rimasta, quello non era un problema suo.
Il motore gli ronzava sotto al culo. L'alba cominciava a sbiadire dietro il costone e Chat Baker riempiva di blu l'abitacolo.
Forse fottergli i soldi e la figlia non era stata una grande idea. Su certe cose il Cane si irrigidiva. Ma dargli quella valigetta da portare a Marsiglia, nemmeno quella era stata una grande idea. Quattrocentomila euro. Avrebbe dovuto immaginarselo. Del resto il mondo è pieno di coglioni che sembrano fatti apposta per farsi fregare. E il Cane era uno di questi.
Il dispaly del cellulare si illuminò. Era lui.
«Ce l'hai sotto al culo,stronzetto».
«Sì, e tira i centocinquanta che è una meraviglia. Come sapevi che mi piacciono le Jaguar?»
«Un'ora. Hai un'ora di tempo per tornare. Se non lo fai salti per aria tu e la tua Jaguar di merda»
«Non ci credo».
«Un'ora. Sii puntuale, ti conviene».
" Calma. Ci sta provando. Chiunque al posto suo lo farebbe. Non c'è nessuna bomba".
Nuvole nere ricacciavano indietro l'alba. Fanali di auto che lampeggiavano dietro al guardrail e, proprio davanti, un corteo di camion che arrancava sul dosso.
"Se l'è presa per i soldi, certo. O per la ragazzina. O per tutt'e due le cose. Non c'è nessuna bomba ".
Un cartello: tra mille metri restringimento di carreggiata.
No, non sarebbe rimasto dietro a quei bestioni. Non con una Jaguar e quattrocentomila euro dentro una valigetta. Scalò la marcia, pestò il pedale dell'acceleratore e volò via.
Salvo! Più o meno… L'idea che il Cane gli avesse piazzato una bomba sotto il culo gli martellava il cervello.
Un'ora. Adesso meno.
Un lampo attraversò il cielo e andò a schiantarsi lontano. Gocce sul parabrezza. Sempre più fitte. Un muro d'acqua.
A cinquanta metri l'insegna sbilenca di una stazione di servizio.
"Saranno capaci sti coglioni di guardare dentro una macchina, no? E se la bomba gli scoppia in faccia, chissene frega. Almeno non ci sto seduto sopra". Parcheggiò di traverso, entrò di corsa nel bar. Nessuno.
«C'è speranza di avere una birra?» gridò inferocito.
Il vecchio entrò da una porta laterale con un sigaro spento tra le labbra.
«La speranza è l'ultima a morire. Almeno così dicono».
«Voglio una birra e un meccanico».
Il vecchio scosse la testa «Impossibile».
«C'è l'insegna dell'officina e questo è un bar!»
«Se è per questo è anche una locanda. Vuole una stanza?»
«Voglio una cazzo di birra e un meccanico. È difficile da capire?»
«Non si scaldi, non fa bene alle coronarie. Il mio medico…»
«Senta, mi ascolti bene: ho urgente bisogno di un meccanico. Urgente, capisce?»
«E la birra? Non la vuole più la birra?»
«D'accordo, sì. Mi dia una birra».
Il vecchio tirò fuori una scatola di cerini, si accese il sigaro e scosse la testa «Impossibile».
L'altro sferrò un pugno su l bancone «Vaffanculo!» e uscì.
Trenta minuti. Forse meno. Sicuramente meno!
"Ci sarà pure un'altra officina in questo posto di merda!"
Tentò di accendere il navigatore. Una volta, due volte. Niente.
"Il Cane, è stato lui! Maledetto!" Si guardò le mani. Tremavano.
"Stai calmo. Adesso tu ingrani la marcia, te ne vai da qui e vedrai che tra qualche chilometro risolvi tutto".
Aveva smesso di piovere e le nuvole lasciavano che l'alba si prendesse tutto il cielo, le colline e i campi. L'auto scivolava veloce sulla strada. A cinquanta metri l'insegna sbilenca di una stazione di servizio.
«Finalmente!» disse, ma il sorriso gli si gelò sulla faccia.
Il vecchio, seduto accanto all'ingresso del bar, lo salutò con un cenno della mano. L'altro fece una sterzata e ripartì sgommando.
"Devo aver sbagliato strada. Ma dove? In che punto? Sono andato sempre dritto!"
Continuò cercando di orientarsi con il sole. Ma le colline glielo impedivano.
D'una tratto la vide. Era un'insegna. Era quella insegna.
Inchiodò. Cercò di innestare la retromarcia. Bloccata. Decise di proseguire.
Dopo poco l'insegna. Quella insegna.
Si arrese. Entrò nello spiazzo, parcheggiò e scese dall'auto.
«Sembra che sia impossibile andarsene da qui» disse.
Il vecchio lo guardò sornione «Non esattamente. È una questione di equilibri. Come in tutte le cose»
«Non capisco»
«C'è un mucchio di lavoro da fare. Comincerei con il tetto.»
«Si accomodi»
«Non ha capito. È lei che salirà a mettere a posto il tetto».
«Ma è pazzo. Non ci penso nemmeno!»
«Non credo che abbia molto da scegliere» disse il vecchio accendendo il sigaro «Guardi il cielo. Non s'è accorto di niente?»
«Mi sono accorto che la macchina non funziona, che mi sono perso e che…»
«E che è l'alba. Si è chiesto da quante ore è l'alba?»
L'altro si strinse nelle spalle.
«Se lei non aggiusta il tetto resterà così».
«No, scusi, vuole dirmi che se non aggiusto il tetto non sorge il sole? Ma questa è follia pura! »
«Il suo non sorgerà di certo. Faccia come vuole»
«No, no! Ma che sta succedendo?»
«Non sta succedendo niente. È già successo tutto» disse il vecchio. Entrò nel bar e ne uscì poco dopo con una birra «La vuole ancora la sua birra?» L'altro allungò la mano, ma quello la ritrasse di scatto « Prima il tetto, poi la birra».
Quando ebbe finito era giorno fatto. Stormi di uccelli sfrecciavano felici e la brezza accarezzava erba e papaveri nei campi.
«Avrei bisogno di una doccia» disse asciugandosi la fronte con il braccio.
«Dopo. Adesso c'è il trattore da lavare. È facile, come mettere la cera».
«Io l'ho visto questo film!»
«Sì, anch'io. Grazioso».
«E la mia birra?»
« Il trattore»
Dopo il trattore ci fu la staccionata, il fieno, i vetri, fuori e dentro. E quando fu dentro, già che c'era, ci furono i pavimenti, la polvere sui mobili, una porta che cigolava, uno scaffale che pendeva e il tavolo che traballava.
«Io avrei finito» disse esausto.
«Sì, anch'io».
«Ma lei non ha fatto un tubo!»
« Non creda. In ogni caso ho finito. La saluto» e fece per uscire.
«No, aspetti! Che vuol dire?»
«Ha ragione, mi scusi. Lei vuole una spiegazione,vero?»
«Direi! Mi sono fatto un mazzo così, penso di averne diritto».
Il vecchio aprì il frigorifero e mise due birre sul tavolo «Prego».
«Davvero?»
«Certo» disse sedendosi «Dunque, vediamo… Sì, ecco: lei è uno stronzo».
«Ma…!»
«Dia retta, lo sa anche lei» dette una sorsata e si asciugò con il dorso della mano «Lo dico perché io di stronzi me ne intendo. Ero come lei quando sono arrivato qui. Ho fatto la stessa trafila e adesso è venuto il momento di andare».
«Non capisco»
«L'equilibrio, ricorda? Uno va e uno viene. È così che funziona. Certo ci vuole tempo. Nel mio caso trecento anni. Nel suo, mi faccia fare il conto… Sì, direi cinquecento».
«Vuol dire che sono qui da cinquecento anni?»
«Anno più, anno meno».
«Ma scusi, se lei ha finito prima… »
«Vede, ci sono dei fattori da considerare. In primo luogo il suo tempo non ha la stessa velocità del mio. Non esistono due velocità uguali, nemmeno per la stessa persona. E poi c'è il tempo morale. In fondo siamo qui per questo. Non avrei potuto lasciarla senza che avesse finito».
«Ma questo significa…»
«Che la bomba c'era. Lei è saltato per aria e l'esplosione ha coinvolto anche un paio di camion e varie macchine. Qualcuno di loro dovrebbe arrivare. Anzi, mi faccia andare. Non vorrei mi trovassero qui. Sa, per la faccenda dell'equilibrio».
«Scusi, una domanda ancora : che posto è questo?»
Il vecchio si strinse nelle spalle «Che dirle? Qualcuno lo chiama Purgatorio, ma io non ci ho mai creduto . Mi stia bene» .
Traccia di Mezzogiorno di @L'illusoillusore "Padrone del tempo"
Una questione di equilibrio.
Ce l'aveva ancora in bocca il sapore. Sangue e mojito. Più qualche scheggia di vetro incastrata tra denti e gengive.
Il Cane non l'aveva presa bene e gli aveva mandato quei due a spiegarglielo. Sarebbe ancora lì, con le budella sparse sul tappeto se non avesse dato retta al suo vecchio. E infatti il karate gli era tornato utile più di una volta. Karate e parkour.
Ma che s'era messo in testa, il Cane? Solo perché s'era scopato qualche volta la sua ragazzina, avrebbe dovuto sposarla? Certo quindici anni sono pochi, ma quella la dava a tutti e lui non era certo il primo. Se poi non aveva saputo nemmeno scegliersi il medico per abortire e c'era rimasta, quello non era un problema suo.
Il motore gli ronzava sotto al culo. L'alba cominciava a sbiadire dietro il costone e Chat Baker riempiva di blu l'abitacolo.
Forse fottergli i soldi e la figlia non era stata una grande idea. Su certe cose il Cane si irrigidiva. Ma dargli quella valigetta da portare a Marsiglia, nemmeno quella era stata una grande idea. Quattrocentomila euro. Avrebbe dovuto immaginarselo. Del resto il mondo è pieno di coglioni che sembrano fatti apposta per farsi fregare. E il Cane era uno di questi.
Il dispaly del cellulare si illuminò. Era lui.
«Ce l'hai sotto al culo,stronzetto».
«Sì, e tira i centocinquanta che è una meraviglia. Come sapevi che mi piacciono le Jaguar?»
«Un'ora. Hai un'ora di tempo per tornare. Se non lo fai salti per aria tu e la tua Jaguar di merda»
«Non ci credo».
«Un'ora. Sii puntuale, ti conviene».
" Calma. Ci sta provando. Chiunque al posto suo lo farebbe. Non c'è nessuna bomba".
Nuvole nere ricacciavano indietro l'alba. Fanali di auto che lampeggiavano dietro al guardrail e, proprio davanti, un corteo di camion che arrancava sul dosso.
"Se l'è presa per i soldi, certo. O per la ragazzina. O per tutt'e due le cose. Non c'è nessuna bomba ".
Un cartello: tra mille metri restringimento di carreggiata.
No, non sarebbe rimasto dietro a quei bestioni. Non con una Jaguar e quattrocentomila euro dentro una valigetta. Scalò la marcia, pestò il pedale dell'acceleratore e volò via.
Salvo! Più o meno… L'idea che il Cane gli avesse piazzato una bomba sotto il culo gli martellava il cervello.
Un'ora. Adesso meno.
Un lampo attraversò il cielo e andò a schiantarsi lontano. Gocce sul parabrezza. Sempre più fitte. Un muro d'acqua.
A cinquanta metri l'insegna sbilenca di una stazione di servizio.
"Saranno capaci sti coglioni di guardare dentro una macchina, no? E se la bomba gli scoppia in faccia, chissene frega. Almeno non ci sto seduto sopra". Parcheggiò di traverso, entrò di corsa nel bar. Nessuno.
«C'è speranza di avere una birra?» gridò inferocito.
Il vecchio entrò da una porta laterale con un sigaro spento tra le labbra.
«La speranza è l'ultima a morire. Almeno così dicono».
«Voglio una birra e un meccanico».
Il vecchio scosse la testa «Impossibile».
«C'è l'insegna dell'officina e questo è un bar!»
«Se è per questo è anche una locanda. Vuole una stanza?»
«Voglio una cazzo di birra e un meccanico. È difficile da capire?»
«Non si scaldi, non fa bene alle coronarie. Il mio medico…»
«Senta, mi ascolti bene: ho urgente bisogno di un meccanico. Urgente, capisce?»
«E la birra? Non la vuole più la birra?»
«D'accordo, sì. Mi dia una birra».
Il vecchio tirò fuori una scatola di cerini, si accese il sigaro e scosse la testa «Impossibile».
L'altro sferrò un pugno su l bancone «Vaffanculo!» e uscì.
Trenta minuti. Forse meno. Sicuramente meno!
"Ci sarà pure un'altra officina in questo posto di merda!"
Tentò di accendere il navigatore. Una volta, due volte. Niente.
"Il Cane, è stato lui! Maledetto!" Si guardò le mani. Tremavano.
"Stai calmo. Adesso tu ingrani la marcia, te ne vai da qui e vedrai che tra qualche chilometro risolvi tutto".
Aveva smesso di piovere e le nuvole lasciavano che l'alba si prendesse tutto il cielo, le colline e i campi. L'auto scivolava veloce sulla strada. A cinquanta metri l'insegna sbilenca di una stazione di servizio.
«Finalmente!» disse, ma il sorriso gli si gelò sulla faccia.
Il vecchio, seduto accanto all'ingresso del bar, lo salutò con un cenno della mano. L'altro fece una sterzata e ripartì sgommando.
"Devo aver sbagliato strada. Ma dove? In che punto? Sono andato sempre dritto!"
Continuò cercando di orientarsi con il sole. Ma le colline glielo impedivano.
D'una tratto la vide. Era un'insegna. Era quella insegna.
Inchiodò. Cercò di innestare la retromarcia. Bloccata. Decise di proseguire.
Dopo poco l'insegna. Quella insegna.
Si arrese. Entrò nello spiazzo, parcheggiò e scese dall'auto.
«Sembra che sia impossibile andarsene da qui» disse.
Il vecchio lo guardò sornione «Non esattamente. È una questione di equilibri. Come in tutte le cose»
«Non capisco»
«C'è un mucchio di lavoro da fare. Comincerei con il tetto.»
«Si accomodi»
«Non ha capito. È lei che salirà a mettere a posto il tetto».
«Ma è pazzo. Non ci penso nemmeno!»
«Non credo che abbia molto da scegliere» disse il vecchio accendendo il sigaro «Guardi il cielo. Non s'è accorto di niente?»
«Mi sono accorto che la macchina non funziona, che mi sono perso e che…»
«E che è l'alba. Si è chiesto da quante ore è l'alba?»
L'altro si strinse nelle spalle.
«Se lei non aggiusta il tetto resterà così».
«No, scusi, vuole dirmi che se non aggiusto il tetto non sorge il sole? Ma questa è follia pura! »
«Il suo non sorgerà di certo. Faccia come vuole»
«No, no! Ma che sta succedendo?»
«Non sta succedendo niente. È già successo tutto» disse il vecchio. Entrò nel bar e ne uscì poco dopo con una birra «La vuole ancora la sua birra?» L'altro allungò la mano, ma quello la ritrasse di scatto « Prima il tetto, poi la birra».
Quando ebbe finito era giorno fatto. Stormi di uccelli sfrecciavano felici e la brezza accarezzava erba e papaveri nei campi.
«Avrei bisogno di una doccia» disse asciugandosi la fronte con il braccio.
«Dopo. Adesso c'è il trattore da lavare. È facile, come mettere la cera».
«Io l'ho visto questo film!»
«Sì, anch'io. Grazioso».
«E la mia birra?»
« Il trattore»
Dopo il trattore ci fu la staccionata, il fieno, i vetri, fuori e dentro. E quando fu dentro, già che c'era, ci furono i pavimenti, la polvere sui mobili, una porta che cigolava, uno scaffale che pendeva e il tavolo che traballava.
«Io avrei finito» disse esausto.
«Sì, anch'io».
«Ma lei non ha fatto un tubo!»
« Non creda. In ogni caso ho finito. La saluto» e fece per uscire.
«No, aspetti! Che vuol dire?»
«Ha ragione, mi scusi. Lei vuole una spiegazione,vero?»
«Direi! Mi sono fatto un mazzo così, penso di averne diritto».
Il vecchio aprì il frigorifero e mise due birre sul tavolo «Prego».
«Davvero?»
«Certo» disse sedendosi «Dunque, vediamo… Sì, ecco: lei è uno stronzo».
«Ma…!»
«Dia retta, lo sa anche lei» dette una sorsata e si asciugò con il dorso della mano «Lo dico perché io di stronzi me ne intendo. Ero come lei quando sono arrivato qui. Ho fatto la stessa trafila e adesso è venuto il momento di andare».
«Non capisco»
«L'equilibrio, ricorda? Uno va e uno viene. È così che funziona. Certo ci vuole tempo. Nel mio caso trecento anni. Nel suo, mi faccia fare il conto… Sì, direi cinquecento».
«Vuol dire che sono qui da cinquecento anni?»
«Anno più, anno meno».
«Ma scusi, se lei ha finito prima… »
«Vede, ci sono dei fattori da considerare. In primo luogo il suo tempo non ha la stessa velocità del mio. Non esistono due velocità uguali, nemmeno per la stessa persona. E poi c'è il tempo morale. In fondo siamo qui per questo. Non avrei potuto lasciarla senza che avesse finito».
«Ma questo significa…»
«Che la bomba c'era. Lei è saltato per aria e l'esplosione ha coinvolto anche un paio di camion e varie macchine. Qualcuno di loro dovrebbe arrivare. Anzi, mi faccia andare. Non vorrei mi trovassero qui. Sa, per la faccenda dell'equilibrio».
«Scusi, una domanda ancora : che posto è questo?»
Il vecchio si strinse nelle spalle «Che dirle? Qualcuno lo chiama Purgatorio, ma io non ci ho mai creduto . Mi stia bene» .