[MI150] Eclissi
Posted: Sun May 09, 2021 8:32 pm
Traccia di Mezzogiorno: "Padrone del Tempo" Link al Commento
«No! Sulla Terra no! Non mi può fare questo! Devo organizzarmi!»
«Spiacente, a livello ospedaliero è stato fatto tutto il possibile. O lo porta a casa o a una Dimora. La invito nel frattempo a regolarizzare la retta.»
«A quanto ammonta?»
«1 bitcoin.»
«Cosa? Mi volete derubare? Pago a rate, in Terrerzi. Quante rate posso fare?»
«Due, Signor 6.459.825.360.»
Sei-ze’, come lo abbreviava il nonno, dopo un attimo di sbigottimento gonfiò il petto e fece piombare un pugno sulla pelata metallica del direttore Orbit-15, tanto che la base inferiore urtò per terra mandandolo in stand-by per qualche tempo.
Subito un altro della serie “direttori”, Orbit-9, di grado superiore, lo raggiunse vorticandogli intorno: «Ha danneggiato il mio sottoposto, questo le costerà il doppio. Concilia?»
«Mpfh!» Sei-ze’ si trattenne dall’esternare ancora.
«Dito, prego!» esortò il direttore con voce sintetica.
Sotto al display si illuminò una sorta di cavità per la lettura delle impronte. Sei-ze’ sollevò il medio e lo avvicinò alla fessura, ma l’Orbit-9 aggiornato col firmware “Insulti” lo redarguì: «Indice, prego.»
«Eccomi nonno!» Sei-ze’ si chinò sul vecchio. «Come ti senti oggi?» stirò un sorriso, tradito solo dall’arrossamento del volto.
«Che hai?» gli occhi del vecchio Un-nove emersero dal torpore riversandosi sul nipote con attenzione, mentre la bocca, ancora aperta per la domanda appena posta, appariva stretta per la pelle tirata e smagrita.
«No niente, sai… ho deciso di portarti via. In un posto più bello, che ne dici?» Sei-ze’ guardò il suo vecchio con affetto, surrogando le maledizioni che avrebbe voluto veicolare altrove.
«Uh-sssì!» disse Un-nove piegando la testa in avanti e strizzando gli occhi per la gioia. «Che bello», posò la testa sul cuscino, poi si girò verso Sei-ze’ e aggiunse: «Avrei una voglia.»
«Certo, dimmi, cosa vuoi?» sospirò un po’ più rilassato il nipote.
«Funghi!» gli occhi erano ancora fissi su di lui.
«Cosa?» si stupì Sei-ze’.
«Ho voglia di funghi» lo sguardo furbo lasciava poco spazio a malintesi.
«Ma sono sulla Terra, non ho tempo, ci dobbiamo preparare» dentro di sé, però, si stava interrogando “Come lo realizzo questo desiderio?”.
«Eh già» conveniva Un-nove con tono mesto, continuando a masticare aria.
«Adesso riposa, torno dopo» scivolò la mano sulla testa del nonno in una carezza di cui non si conosceva capace.
Le strade laser erano intasate, lo spazio non era più tale da ormai molto tempo. Sei-ze’ aveva preso una di quelle Lucicolari a Tema, organizzate con tappe fisse tra le stazioni orbitanti, in base alle necessità dell’utenza: era salito sulla Lucicolare Sanitaria - Linea D - Dimore. Le Dimore erano l’ultimo ricovero per gli anziani. Teneva abbassata la visiera sugli occhi, in quel tratto di spazio stava avendo luogo un’eclissi di sole e comunque non aveva voglia di scambiare sguardi con i passeggeri. Ognuno era perso nei propri meandri interiori. “Che linea triste” aveva pensato.
La prima Dimora orbitante che aveva visitato era "spaziale" anche come costi, sarebbe stato bello portare lì il nonno. Lo avrebbero accompagnato nel suo “ultimo viaggio” esaudendo ogni sua necessità. Sei-ze’ sapeva di non essere in grado di offrirgli quel tipo di assistenza sulla Terra. Lasciò a malincuore la piattaforma sentendosi un poveraccio inutile. Nella visiera scorreva inesorabile il tempo, promemoria inviatogli dalla clinica con il conto alla rovescia dell’eiezione.
La seconda Dimora, vista dalla lucicolare, sembrava ben tenuta. Attraccò e, non visto, si intrufolò per i corridoi saltando le presentazioni alla reception. Scoprì ben presto che l’ingresso era insonorizzato, perché addentrandosi verso gli alloggi rimase impietrito dalle grida disperate di alcuni ospiti. Forse era normale che qualcuno desse di matto e magari non erano trascurati, ma ne ebbe un’impressione così forte che non poté andare oltre, così non proseguì verso le cabine e tornò al veicolo.
Sei-ze’ cominciò a disperare. Era stanco, avrebbe voluto riportare il nonno con sé, a casa. Ma come avrebbe fatto ad assisterlo. Non aveva aiuti. Il tempo si riduceva sempre più. Doveva trovare la migliore soluzione possibile. L’eclissi era completa adesso, l’anello di luce conteneva il globo nero della Terra, casa sua. Era il suo pensiero quel globo nero, lo respirava, ne sentiva il peso. Le cifre davanti ai suoi occhi scorrevano nell’angolo in alto a destra. “Almeno non inciamperò nel tempo che sto perdendo” rifletté sentendo lievitare l’ansia.
Arrivò all’ultima Dimora, tra quelle che poteva permettersi. Entrò, ma non trovò nessuno da evitare. Si chiese com’era possibile accedere così liberamente in una struttura sanitaria. Era l’ora del pasto, ma non incontrò nessuno. Si addentrò fino a un’ampia sala comune su cui si affacciavano le cabine dei degenti. Vide anziani addormentati sulle poltrone galleggianti, ormeggiate qua e là. Giacevano scomposti, come colti da un sonno improvviso. Vecchi stracci abbandonati. Non c’era nessun drone di servizio nei paraggi, né direttori Orbit, né braccia meccaniche o altri automatismi che potessero consolare, curare o semplicemente alleviare un bisogno, una richiesta o anche solo vegliare, tutelare… magari proprio suo nonno.
Disperato Sei-ze’ riprese la lucicolare e scese ai turbo-ascensori della Luna. Fu sparato sulla Terra, in Italia. Non esistevano più le città, ma palazzi ovunque e coordinate per individuare le zone. Doveva essere estate, ma non esistevano più nemmeno le stagioni. Non esistevano più i negozi, né i centri commerciali. Ogni prodotto arrivava da un unico magazzino, centrale in ogni stato. Sei-ze’ dal suo loculo al 102° piano, latitudine 43°47'29"665 e longitudine 11°14'5"994, posò il dito sul lettore in ingresso e vocalizzò: «Funghi». Gli si palesò l’immagine luminescente di un prestigioso barattolo in vetro criogenizzato nell’anno 2087 e l’ordinò. Attese la consegna del drone a luce spenta, infilato nella sua cuccetta, un braccio sugli occhi, una mano pronta ad aprire l’abitacolo.
Sei-ze’ aspettò che il barattolo si aprisse, ma non accadde, lo agitò ma rimase chiuso. Cominciò a irritarsi. Il nonno allungò il braccio verso di lui. «Gira» facendo il verso con la mano e annuendo con energia.
Il nipote aprì il barattolo e infilzò due funghi con una forchetta a due rebbi, facendo colare lo strano liquido viscoso che li ricopriva. Imboccò Un-nove, che cominciò a biascicare con gusto, lo sguardo perso davanti a sé. Ogni tanto girava la testa verso Sei-Ze’ aprendo la bocca con fiducia.
«Ti piacciono? Mi dispiace, non ho trovato di meglio.»
«Sono buoni! Ne avevo una voglia!» sputacchiò Un-nove.
«Sai, non abbiamo più tempo» Sei-ze’ abbassò gli occhi sui funghi.
«Sei-ze’, non ce n’è mai. T’importa davvero?” con la lingua si leccò baffi inesistenti.
«Volevo portarti in un posto migliore, ma non l’ho trovato» la forchetta sconfitta ravanò nel liquido giallo.
«Come il tempo, ne’? Non si trova mai» era anziano ma sapeva ancora stoccare una palla buona.
«Ho visitato delle Dimore» Sei-ze’ attese una reazione.
«Ce li hanno i funghi?» domandò il nonno interessato.
«Non lo so, non credo» ne infilzò altri due.
«È un problema»
«Già» sospirò il nipote.
Orbit-15 apparve sulla soglia della cabina. «Signori, vi ringraziamo per aver scelto la nostra clinica e ci auguriamo che le prestazioni effettuate siano state soddisfacenti. Avete le coordinate della Dimora scelta?» la pelata era ancora ammaccata.
«No, non lo mando in una Dimora» Sei-ze’ strinse la mano del nonno prima che la capsula-letto si chiudesse del tutto.
«In tal caso l’eiezione avrà luogo tra 10 minuti.»
«Se le do le coordinate di casa, può farmelo recapitare lì? Ma… pago un extra… per favore, non lo eietti con l’economica.»
«Certamente Signor 6.459.825.360, per noi i clienti sono persone, non numeri. Dito, prego.»
Eclissi
«Spiacente, tra 2 giorni, 14 ore, 23 minuti e 43 secondi termina la degenza di suo nonno in questa clinica. In caso di mancata comunicazione della nuova destinazione, sarà eiettato verso la Terra su capsula di trasporto economica.»«No! Sulla Terra no! Non mi può fare questo! Devo organizzarmi!»
«Spiacente, a livello ospedaliero è stato fatto tutto il possibile. O lo porta a casa o a una Dimora. La invito nel frattempo a regolarizzare la retta.»
«A quanto ammonta?»
«1 bitcoin.»
«Cosa? Mi volete derubare? Pago a rate, in Terrerzi. Quante rate posso fare?»
«Due, Signor 6.459.825.360.»
Sei-ze’, come lo abbreviava il nonno, dopo un attimo di sbigottimento gonfiò il petto e fece piombare un pugno sulla pelata metallica del direttore Orbit-15, tanto che la base inferiore urtò per terra mandandolo in stand-by per qualche tempo.
Subito un altro della serie “direttori”, Orbit-9, di grado superiore, lo raggiunse vorticandogli intorno: «Ha danneggiato il mio sottoposto, questo le costerà il doppio. Concilia?»
«Mpfh!» Sei-ze’ si trattenne dall’esternare ancora.
«Dito, prego!» esortò il direttore con voce sintetica.
Sotto al display si illuminò una sorta di cavità per la lettura delle impronte. Sei-ze’ sollevò il medio e lo avvicinò alla fessura, ma l’Orbit-9 aggiornato col firmware “Insulti” lo redarguì: «Indice, prego.»
«Eccomi nonno!» Sei-ze’ si chinò sul vecchio. «Come ti senti oggi?» stirò un sorriso, tradito solo dall’arrossamento del volto.
«Che hai?» gli occhi del vecchio Un-nove emersero dal torpore riversandosi sul nipote con attenzione, mentre la bocca, ancora aperta per la domanda appena posta, appariva stretta per la pelle tirata e smagrita.
«No niente, sai… ho deciso di portarti via. In un posto più bello, che ne dici?» Sei-ze’ guardò il suo vecchio con affetto, surrogando le maledizioni che avrebbe voluto veicolare altrove.
«Uh-sssì!» disse Un-nove piegando la testa in avanti e strizzando gli occhi per la gioia. «Che bello», posò la testa sul cuscino, poi si girò verso Sei-ze’ e aggiunse: «Avrei una voglia.»
«Certo, dimmi, cosa vuoi?» sospirò un po’ più rilassato il nipote.
«Funghi!» gli occhi erano ancora fissi su di lui.
«Cosa?» si stupì Sei-ze’.
«Ho voglia di funghi» lo sguardo furbo lasciava poco spazio a malintesi.
«Ma sono sulla Terra, non ho tempo, ci dobbiamo preparare» dentro di sé, però, si stava interrogando “Come lo realizzo questo desiderio?”.
«Eh già» conveniva Un-nove con tono mesto, continuando a masticare aria.
«Adesso riposa, torno dopo» scivolò la mano sulla testa del nonno in una carezza di cui non si conosceva capace.
Le strade laser erano intasate, lo spazio non era più tale da ormai molto tempo. Sei-ze’ aveva preso una di quelle Lucicolari a Tema, organizzate con tappe fisse tra le stazioni orbitanti, in base alle necessità dell’utenza: era salito sulla Lucicolare Sanitaria - Linea D - Dimore. Le Dimore erano l’ultimo ricovero per gli anziani. Teneva abbassata la visiera sugli occhi, in quel tratto di spazio stava avendo luogo un’eclissi di sole e comunque non aveva voglia di scambiare sguardi con i passeggeri. Ognuno era perso nei propri meandri interiori. “Che linea triste” aveva pensato.
La prima Dimora orbitante che aveva visitato era "spaziale" anche come costi, sarebbe stato bello portare lì il nonno. Lo avrebbero accompagnato nel suo “ultimo viaggio” esaudendo ogni sua necessità. Sei-ze’ sapeva di non essere in grado di offrirgli quel tipo di assistenza sulla Terra. Lasciò a malincuore la piattaforma sentendosi un poveraccio inutile. Nella visiera scorreva inesorabile il tempo, promemoria inviatogli dalla clinica con il conto alla rovescia dell’eiezione.
La seconda Dimora, vista dalla lucicolare, sembrava ben tenuta. Attraccò e, non visto, si intrufolò per i corridoi saltando le presentazioni alla reception. Scoprì ben presto che l’ingresso era insonorizzato, perché addentrandosi verso gli alloggi rimase impietrito dalle grida disperate di alcuni ospiti. Forse era normale che qualcuno desse di matto e magari non erano trascurati, ma ne ebbe un’impressione così forte che non poté andare oltre, così non proseguì verso le cabine e tornò al veicolo.
Sei-ze’ cominciò a disperare. Era stanco, avrebbe voluto riportare il nonno con sé, a casa. Ma come avrebbe fatto ad assisterlo. Non aveva aiuti. Il tempo si riduceva sempre più. Doveva trovare la migliore soluzione possibile. L’eclissi era completa adesso, l’anello di luce conteneva il globo nero della Terra, casa sua. Era il suo pensiero quel globo nero, lo respirava, ne sentiva il peso. Le cifre davanti ai suoi occhi scorrevano nell’angolo in alto a destra. “Almeno non inciamperò nel tempo che sto perdendo” rifletté sentendo lievitare l’ansia.
Arrivò all’ultima Dimora, tra quelle che poteva permettersi. Entrò, ma non trovò nessuno da evitare. Si chiese com’era possibile accedere così liberamente in una struttura sanitaria. Era l’ora del pasto, ma non incontrò nessuno. Si addentrò fino a un’ampia sala comune su cui si affacciavano le cabine dei degenti. Vide anziani addormentati sulle poltrone galleggianti, ormeggiate qua e là. Giacevano scomposti, come colti da un sonno improvviso. Vecchi stracci abbandonati. Non c’era nessun drone di servizio nei paraggi, né direttori Orbit, né braccia meccaniche o altri automatismi che potessero consolare, curare o semplicemente alleviare un bisogno, una richiesta o anche solo vegliare, tutelare… magari proprio suo nonno.
Disperato Sei-ze’ riprese la lucicolare e scese ai turbo-ascensori della Luna. Fu sparato sulla Terra, in Italia. Non esistevano più le città, ma palazzi ovunque e coordinate per individuare le zone. Doveva essere estate, ma non esistevano più nemmeno le stagioni. Non esistevano più i negozi, né i centri commerciali. Ogni prodotto arrivava da un unico magazzino, centrale in ogni stato. Sei-ze’ dal suo loculo al 102° piano, latitudine 43°47'29"665 e longitudine 11°14'5"994, posò il dito sul lettore in ingresso e vocalizzò: «Funghi». Gli si palesò l’immagine luminescente di un prestigioso barattolo in vetro criogenizzato nell’anno 2087 e l’ordinò. Attese la consegna del drone a luce spenta, infilato nella sua cuccetta, un braccio sugli occhi, una mano pronta ad aprire l’abitacolo.
Sei-ze’ aspettò che il barattolo si aprisse, ma non accadde, lo agitò ma rimase chiuso. Cominciò a irritarsi. Il nonno allungò il braccio verso di lui. «Gira» facendo il verso con la mano e annuendo con energia.
Il nipote aprì il barattolo e infilzò due funghi con una forchetta a due rebbi, facendo colare lo strano liquido viscoso che li ricopriva. Imboccò Un-nove, che cominciò a biascicare con gusto, lo sguardo perso davanti a sé. Ogni tanto girava la testa verso Sei-Ze’ aprendo la bocca con fiducia.
«Ti piacciono? Mi dispiace, non ho trovato di meglio.»
«Sono buoni! Ne avevo una voglia!» sputacchiò Un-nove.
«Sai, non abbiamo più tempo» Sei-ze’ abbassò gli occhi sui funghi.
«Sei-ze’, non ce n’è mai. T’importa davvero?” con la lingua si leccò baffi inesistenti.
«Volevo portarti in un posto migliore, ma non l’ho trovato» la forchetta sconfitta ravanò nel liquido giallo.
«Come il tempo, ne’? Non si trova mai» era anziano ma sapeva ancora stoccare una palla buona.
«Ho visitato delle Dimore» Sei-ze’ attese una reazione.
«Ce li hanno i funghi?» domandò il nonno interessato.
«Non lo so, non credo» ne infilzò altri due.
«È un problema»
«Già» sospirò il nipote.
Orbit-15 apparve sulla soglia della cabina. «Signori, vi ringraziamo per aver scelto la nostra clinica e ci auguriamo che le prestazioni effettuate siano state soddisfacenti. Avete le coordinate della Dimora scelta?» la pelata era ancora ammaccata.
«No, non lo mando in una Dimora» Sei-ze’ strinse la mano del nonno prima che la capsula-letto si chiudesse del tutto.
«In tal caso l’eiezione avrà luogo tra 10 minuti.»
«Se le do le coordinate di casa, può farmelo recapitare lì? Ma… pago un extra… per favore, non lo eietti con l’economica.»
«Certamente Signor 6.459.825.360, per noi i clienti sono persone, non numeri. Dito, prego.»