[MI149] Attenzione che la barca ondeggia
Posted: Sun Apr 25, 2021 11:08 pm
Il mio commento
Traccia di Mezzogiorno
«Siamo abbastanza lontani?» chiese Daniele, tirando i remi a bordo. Aveva le braccia legnose di stanchezza, era sudato e ardeva di sete. Eppure, andava bene così perché Laura, sdraiata sul fondo della barca, era di una bellezza da cavarsi gli occhi. Nel suo bikini rosa, nella corona di capelli corvini, nel suo vitino stretto, era così sfavillante da convincerlo a remare per ore al largo nel Mar Padano, con la promessa che si sarebbero amati per la prima volta.
Nei loro sedici anni, avrebbe remato fino a Bergamo per una aspettativa del genere.
Lei si alzò sui gomiti, sorridendogli e arrossendo addirittura un poco. Scrutò oltre le mura della barchetta. La terra era il lontano profilo delle colline da cui provenivano. C’era un silenzio profondo, ritmato dal leggero sciabordare delle onde contro i fianchi della barca. Il sole giganteggiava nel cielo terso. E nessuno in vista.
«Ho un po’ di paura» mormorò lei mentre annuiva in risposta a Daniele: sì, lì andava bene.
Le si sdraiò accanto, anche lui nervoso. Non voleva darlo a vedere, ma temeva di non saper fare le cose giuste e pensò perfino di approfittare delle parole della ragazza per una rinuncia onorevole. Ma Laura posò le labbra sulle sue e il desiderio azzerò ogni timore. Si baciarono con trasporto, avvinghiandosi sempre più bramosi. L’elastico del top venne slacciato scoprendo seni acerbi, candidi, e Daniele prese a baciarli, eccitato dal gemito spezzato con cui Laura lo accolse.
La barca cominciò a ondeggiare ma non se ne accorsero, lei con gli occhi stretti, lui alle prese con il primo capezzolo della sua vita. Non notarono neppure l’acqua ribollire e una massa emergerne imponente.
«Venti minuti per il bagno!» urlò una voce, persa nel lampeggiare di centinaia di flash.
Daniele e Laura scattarono seduti, stupefatti. Vergognosi d’esser stati scoperti e capendo che sarebbero finiti sugli album dei turisti giapponesi che li stavano fotografando attraverso le pareti vetrate del sommergibile. Il ragazzo sentì il dovere di frapporsi tra gli obiettivi e i seni esposti, che lei in realtà, notò sorpreso, nulla fece per nascondere.
«Merda, siamo finiti sopra Bologna. Cosa facciamo?» chiese, mentre i turisti si tuffavano per la pausa-bagno del loro tour. Laura si sdraiò nuovamente sul fondo, senza rimettersi il top:
«Portami da un’altra parte»
Così Marco ricominciò a vogare, con negli occhi la posa conturbante della ragazza e nel corpo un desiderio pronto a esplodere.
Dovette remare a lungo, perché a quell’ora i sottomarini saltavano fuori a frotte con i loro carichi di stranieri. L’intera economia del territorio dipendeva da quel turismo delle città sommerse, ma a lui nulla interessava: voleva amare Laura da impazzire. Tanto gli dolevano le braccia per lo sforzo, quanto i suoi lombi ardevano d’amore.
«Qui va bene?» domandò infine, ansimante.
Si era avvicinato alla costa, ma erano ancora abbastanza lontani da non essere infastiditi dai gitanti che invadevano le acque vicino alla riva. La terra residua era impervia e scoscesa, troppo stretta per tutti, e il mare era il luogo dove si fuggiva non appena possibile. Con barche, barchette, zattere e qualsiasi altro mezzo galleggiante. Troppi occhi indiscreti: per quella ragione Laura aveva voluto che andassero al largo ad amarsi.
La ragazza gli sorrise invitante, gli zigomi e il naso leggermente arrossati di sole. Così come la pelle bianca dei seni. Chiuse gli occhi e con un lento movimento delle dita, sciolse il fiocco sinistro del costume. Non si scoprì granché, ma la reazione di Daniele fu poderosa.
Sentì la salivazione aumentare a dismisura e messosi in ginocchio davanti a lei, si chinò per baciarne il ventre. Si perse nel sapore leggermente salato della sua pelle, mentre Laura si struggeva fremente per i baci.
Erano talmente presi dalle loro sensazioni, da non accorgersi che la barca prese a ondeggiare, scossa dalle onde di un due alberi che si accostava a dritta.
«Ehi voi, chi siete? Fatevi riconoscere o vi considereremo degli invasori!» urlò una voce cattiva, con un arpione sulla spalla e un fazzoletto blu al collo. Identico ai tre compari che gli stavano ai lati.
Imprecando, Daniele si rimise seduto. Sapeva che le Ronde del Mar Padano erano sempre in caccia di invasori. Ovvero disperati che attraversavano il mare in cerca di un futuro e che loro seppellivano negli abissi senza tanti complimenti.
Alzò le mani perché riconobbe la voce. Purtroppo conosceva il ragazzo che aveva urlato: era del suo paese e tra loro non correva buon sangue.
«Sono Daniele Ferro! E lei è Laura Santi, non ci riconosci, Emilio?»
Il nuovo arrivato rispose dando di gomito al vicino e indicando Laura con il mento. Sorrideva cùpido, leccandosi le labbra.
Daniele ebbe paura, si voltò verso di lei per metterla in guardia e si stupì di vederla ancora distesa, con le gambe un po’ troppo divaricate e il costume che si era leggermente spostato, lasciando intravvedere un’ombra scura. I seni si muovevano al suo respiro affannato, mentre lo sguardo rimaneva fisso su di lui. Aveva gli occhi di un cerbiatto spaventato.
Una risata si alzò dalla barca a vela, i commenti che sentiva non lasciavano dubbi sulle loro intenzioni, come poteva salvare Laura?
Fu allora che riconobbe Marco, il tipo alla destra di Emilio, ed ebbe un’idea:
«Siamo contenti di vedervi, ragazzi! Com’è vero che la terra è piatta!» disse.
«La terra non è piatta, idiota!» urlò Marco, arrabbiato.
«Ma certo che è piatta!» replicò ancor più furente Emilio, mollandogli un cazzotto.
Daniele mise rapido i remi negli scalmi e prese a vogare con tutte le forze, mentre il suo piano funzionava e sul due alberi si scatenava una zuffa tra terrapiattisti e non.
«Se non è piatta, come ha fatto ad allagarsi?», fu l’ultimo grido che sentì prima di essersi allontanato abbastanza.
Non riusciva quasi a muovere le braccia quando arrivarono più vicini alla costa. Si infilarono in un gruppetto di palazzi che spuntava dalle acque. Nessuno era in vista.
Ansimante, sorrise a Laura e lei, in cambio, «Mio eroe» disse, e si sfilò il costume, mostrandosi com’era venuta al mondo.
Il ragazzo sentiva le orecchie ronzare impazzite. Non sapeva se fosse la fatica o la folle eccitazione per ciò che ammirava, per come lei lo attendeva, ma sentiva il cuore pulsare roboante e non si accorse subito che la barca ondeggiava.
Solo quando un oggetto colpì la prua a pochi centimetri dal viso di Laura, si ridestò dalla sua trance e vide una dozzina di persone che dai tetti scagliava ogni genere di cose per scacciarli: perché erano dei maiali e c’erano dei bambini, perché lei era una svergognata ed erano stufi di vederla da quelle parti.
Per l’ennesima volta Daniele spinse su remi. L’acido lattico bruciava i muscoli, mentre malediceva quei negazionisti che continuavano ad abitare i loro palazzi (la parte emersa, almeno), perché “non era vera la storia del clima, e le acque com’erano arrivate se ne sarebbero andate, e loro mica avrebbero lasciato le loro cose…” «Coglioni» si disse, con la testa che girava per la fatica.
«Qui va bene, amore» sentì sussurrare da una voce mielosa.
Nel suo sfiancamento, era quasi dimentico della ragazza. Alzò gli occhi e rimase a bocca aperta, senza riuscire neppure a deglutire. Laura si era piegata in avanti sul bordo della barca e quel che gli mostrava di sé non sembrava da prima volta. Esaltato, si spogliò, avvicinandosi alle sue forme.
La bramava e nel suo muoversi non si accorse che la barca ondeggiava. Non capì che il peso di entrambi sullo stesso fianco era eccessivo e che fosse naturale che, nel medesimo momento in cui sfiorava la pelle della ragazza, la barca si rovesciasse.
Così finirono in acqua.
E mentre Laura, squittendo felice, nuotava verso la vicina costa, Daniele scoprì incredulo di essere troppo stanco, di avere le braccia troppo pesanti per tenersi a galla.
Affondò.
Annegava, e con lo sguardo verso l’alto, dove Laura galleggiava stagliandosi nuda contro la luminosità del cielo, non credeva più che per lei sarebbe stata la prima volta.
No, non lo credeva più.
Non lo.
Più.
Traccia di Mezzogiorno
«Siamo abbastanza lontani?» chiese Daniele, tirando i remi a bordo. Aveva le braccia legnose di stanchezza, era sudato e ardeva di sete. Eppure, andava bene così perché Laura, sdraiata sul fondo della barca, era di una bellezza da cavarsi gli occhi. Nel suo bikini rosa, nella corona di capelli corvini, nel suo vitino stretto, era così sfavillante da convincerlo a remare per ore al largo nel Mar Padano, con la promessa che si sarebbero amati per la prima volta.
Nei loro sedici anni, avrebbe remato fino a Bergamo per una aspettativa del genere.
Lei si alzò sui gomiti, sorridendogli e arrossendo addirittura un poco. Scrutò oltre le mura della barchetta. La terra era il lontano profilo delle colline da cui provenivano. C’era un silenzio profondo, ritmato dal leggero sciabordare delle onde contro i fianchi della barca. Il sole giganteggiava nel cielo terso. E nessuno in vista.
«Ho un po’ di paura» mormorò lei mentre annuiva in risposta a Daniele: sì, lì andava bene.
Le si sdraiò accanto, anche lui nervoso. Non voleva darlo a vedere, ma temeva di non saper fare le cose giuste e pensò perfino di approfittare delle parole della ragazza per una rinuncia onorevole. Ma Laura posò le labbra sulle sue e il desiderio azzerò ogni timore. Si baciarono con trasporto, avvinghiandosi sempre più bramosi. L’elastico del top venne slacciato scoprendo seni acerbi, candidi, e Daniele prese a baciarli, eccitato dal gemito spezzato con cui Laura lo accolse.
La barca cominciò a ondeggiare ma non se ne accorsero, lei con gli occhi stretti, lui alle prese con il primo capezzolo della sua vita. Non notarono neppure l’acqua ribollire e una massa emergerne imponente.
«Venti minuti per il bagno!» urlò una voce, persa nel lampeggiare di centinaia di flash.
Daniele e Laura scattarono seduti, stupefatti. Vergognosi d’esser stati scoperti e capendo che sarebbero finiti sugli album dei turisti giapponesi che li stavano fotografando attraverso le pareti vetrate del sommergibile. Il ragazzo sentì il dovere di frapporsi tra gli obiettivi e i seni esposti, che lei in realtà, notò sorpreso, nulla fece per nascondere.
«Merda, siamo finiti sopra Bologna. Cosa facciamo?» chiese, mentre i turisti si tuffavano per la pausa-bagno del loro tour. Laura si sdraiò nuovamente sul fondo, senza rimettersi il top:
«Portami da un’altra parte»
Così Marco ricominciò a vogare, con negli occhi la posa conturbante della ragazza e nel corpo un desiderio pronto a esplodere.
Dovette remare a lungo, perché a quell’ora i sottomarini saltavano fuori a frotte con i loro carichi di stranieri. L’intera economia del territorio dipendeva da quel turismo delle città sommerse, ma a lui nulla interessava: voleva amare Laura da impazzire. Tanto gli dolevano le braccia per lo sforzo, quanto i suoi lombi ardevano d’amore.
«Qui va bene?» domandò infine, ansimante.
Si era avvicinato alla costa, ma erano ancora abbastanza lontani da non essere infastiditi dai gitanti che invadevano le acque vicino alla riva. La terra residua era impervia e scoscesa, troppo stretta per tutti, e il mare era il luogo dove si fuggiva non appena possibile. Con barche, barchette, zattere e qualsiasi altro mezzo galleggiante. Troppi occhi indiscreti: per quella ragione Laura aveva voluto che andassero al largo ad amarsi.
La ragazza gli sorrise invitante, gli zigomi e il naso leggermente arrossati di sole. Così come la pelle bianca dei seni. Chiuse gli occhi e con un lento movimento delle dita, sciolse il fiocco sinistro del costume. Non si scoprì granché, ma la reazione di Daniele fu poderosa.
Sentì la salivazione aumentare a dismisura e messosi in ginocchio davanti a lei, si chinò per baciarne il ventre. Si perse nel sapore leggermente salato della sua pelle, mentre Laura si struggeva fremente per i baci.
Erano talmente presi dalle loro sensazioni, da non accorgersi che la barca prese a ondeggiare, scossa dalle onde di un due alberi che si accostava a dritta.
«Ehi voi, chi siete? Fatevi riconoscere o vi considereremo degli invasori!» urlò una voce cattiva, con un arpione sulla spalla e un fazzoletto blu al collo. Identico ai tre compari che gli stavano ai lati.
Imprecando, Daniele si rimise seduto. Sapeva che le Ronde del Mar Padano erano sempre in caccia di invasori. Ovvero disperati che attraversavano il mare in cerca di un futuro e che loro seppellivano negli abissi senza tanti complimenti.
Alzò le mani perché riconobbe la voce. Purtroppo conosceva il ragazzo che aveva urlato: era del suo paese e tra loro non correva buon sangue.
«Sono Daniele Ferro! E lei è Laura Santi, non ci riconosci, Emilio?»
Il nuovo arrivato rispose dando di gomito al vicino e indicando Laura con il mento. Sorrideva cùpido, leccandosi le labbra.
Daniele ebbe paura, si voltò verso di lei per metterla in guardia e si stupì di vederla ancora distesa, con le gambe un po’ troppo divaricate e il costume che si era leggermente spostato, lasciando intravvedere un’ombra scura. I seni si muovevano al suo respiro affannato, mentre lo sguardo rimaneva fisso su di lui. Aveva gli occhi di un cerbiatto spaventato.
Una risata si alzò dalla barca a vela, i commenti che sentiva non lasciavano dubbi sulle loro intenzioni, come poteva salvare Laura?
Fu allora che riconobbe Marco, il tipo alla destra di Emilio, ed ebbe un’idea:
«Siamo contenti di vedervi, ragazzi! Com’è vero che la terra è piatta!» disse.
«La terra non è piatta, idiota!» urlò Marco, arrabbiato.
«Ma certo che è piatta!» replicò ancor più furente Emilio, mollandogli un cazzotto.
Daniele mise rapido i remi negli scalmi e prese a vogare con tutte le forze, mentre il suo piano funzionava e sul due alberi si scatenava una zuffa tra terrapiattisti e non.
«Se non è piatta, come ha fatto ad allagarsi?», fu l’ultimo grido che sentì prima di essersi allontanato abbastanza.
Non riusciva quasi a muovere le braccia quando arrivarono più vicini alla costa. Si infilarono in un gruppetto di palazzi che spuntava dalle acque. Nessuno era in vista.
Ansimante, sorrise a Laura e lei, in cambio, «Mio eroe» disse, e si sfilò il costume, mostrandosi com’era venuta al mondo.
Il ragazzo sentiva le orecchie ronzare impazzite. Non sapeva se fosse la fatica o la folle eccitazione per ciò che ammirava, per come lei lo attendeva, ma sentiva il cuore pulsare roboante e non si accorse subito che la barca ondeggiava.
Solo quando un oggetto colpì la prua a pochi centimetri dal viso di Laura, si ridestò dalla sua trance e vide una dozzina di persone che dai tetti scagliava ogni genere di cose per scacciarli: perché erano dei maiali e c’erano dei bambini, perché lei era una svergognata ed erano stufi di vederla da quelle parti.
Per l’ennesima volta Daniele spinse su remi. L’acido lattico bruciava i muscoli, mentre malediceva quei negazionisti che continuavano ad abitare i loro palazzi (la parte emersa, almeno), perché “non era vera la storia del clima, e le acque com’erano arrivate se ne sarebbero andate, e loro mica avrebbero lasciato le loro cose…” «Coglioni» si disse, con la testa che girava per la fatica.
«Qui va bene, amore» sentì sussurrare da una voce mielosa.
Nel suo sfiancamento, era quasi dimentico della ragazza. Alzò gli occhi e rimase a bocca aperta, senza riuscire neppure a deglutire. Laura si era piegata in avanti sul bordo della barca e quel che gli mostrava di sé non sembrava da prima volta. Esaltato, si spogliò, avvicinandosi alle sue forme.
La bramava e nel suo muoversi non si accorse che la barca ondeggiava. Non capì che il peso di entrambi sullo stesso fianco era eccessivo e che fosse naturale che, nel medesimo momento in cui sfiorava la pelle della ragazza, la barca si rovesciasse.
Così finirono in acqua.
E mentre Laura, squittendo felice, nuotava verso la vicina costa, Daniele scoprì incredulo di essere troppo stanco, di avere le braccia troppo pesanti per tenersi a galla.
Affondò.
Annegava, e con lo sguardo verso l’alto, dove Laura galleggiava stagliandosi nuda contro la luminosità del cielo, non credeva più che per lei sarebbe stata la prima volta.
No, non lo credeva più.
Non lo.
Più.