[MI 149] La stanza
Posted: Sun Apr 25, 2021 5:20 pm
Traccia di mezzanotte
La stanza
Giorno 31
Ho preso coraggio. Mi sono armata di buona volontà e ho preso coraggio. Scopa e paletta in mano, ho pulito il pavimento, ho tolto la spazzatura accumulata in giro. Alla fine ho riempito un bel sacco grosso, di quelli neri. Da quando Lina non viene più la sporcizia si è accumulata negli angoli, sotto ai mobili, nei posti più strani. Ha smesso di venire quando hanno iniziato a suonare le sirene. Prima una volta al giorno, verso il tramonto, poi sempre più spesso. Ormai è una colonna sonora continua, uno sfondo fatto di alti e bassi: sirene lontane che si avvicinano e poi si allontanano di nuovo, intersecate ad altre che si muovono più in là o più in qua. La cara Lina è venuta fin quando ha potuto, credo. Non ci avrebbe abbandonato altrimenti. È anche per lei che sto registrando questi messaggi vocali. Sono sicura che se potrà accedere al sito di raccolta delle persone disperse, ci cercherà. Di lei, intanto, nessuna traccia. Gli altri non li cerco: non voglio sprecare la poca connessione dati che mi resta per loro. Sapevano benissimo che Matteo, con la gamba in quelle condizioni, non poteva certo mettersi in cammino. "Vieni via tu" mi ha sussurrato Marta, prima di fuggire. Non le ho neanche risposto. Adesso toccava a Matteo rimanere indietro. E poi? A chi sarebbe toccato?
Giorno 27
La casa ha quasi una parvenza normale. È pulita e ordinata. Ho ancora diversi viveri: scatolette di conserve e pacchi di farina. Preparo delle focaccette rudimentali, impasto la farina con l'acqua e il sale e poi le cuocio in padella. Non sono male. Anche Matteo ne mangia un poco, un paio di morsi, non di più, per via della mascella. Il male gli ha preso le ossa e non riesce quasi più a muoversi. Impastare mi fa passare anche il tempo, anche perché Matteo non parla quasi più. E poi dormo. Faccio brevi sonnellini di giorno, così la notte posso stare sveglia e sorvegliare la casa. Le presenze ci sono, non lo nego. Si approfittano dei momenti in cui perdo conoscenza, mica posso stare sempre sveglia, e attraversano la casa. Sono silenziose, ma io le percepisco. Sento gli spostamenti d'aria, i passi furtivi. Ma a me non si avvicinano, non osano. Dormo in poltrona, seduta, con la scopa a portata di mano, io.
Giorno 19
Guardò dalla finestra ciò che resta della nostra città. I marciapiedi neri, brulicanti di vita. Ma che vita è quella? Non è vita, è morte che si muove, movimento che corrompe, che corrode. La città è un cadavere in decomposizione, ciò che sembra vivo è un groviglio di vermi e mosche che ne mangiano la carne rimasta.
Non ho visto nemmeno una macchina passare, le sirene sono un ricordo lontano. Le presenze in casa, invece, si sono fatte più concrete. Quando mi sveglio ne raccolgo le tracce. Piccole palline nere, a mucchietti, ne testimoniano il passaggio. Le raccolgo e le butto nei sacchi neri. Ne ho riempiti diversi, ormai. Giacciono davanti all'ingresso di casa, come se fossero una barriera. Non oso certo scendere in strada a buttarli.
Matteo ormai non si alza e non parla più. Gli metto qualche cucchiaio di conserva in bocca. Lo prende e lo ingoia, ma mi guarda con due occhi enormi e imploranti. Forse vuole solo essere lasciato in pace. La mia marmellata vorrebbe riportarlo in vita, mentre lui scivolerebbe via, dall'altra parte, insieme alle presenze.
Giorno 11
Oggi l'ho vista. Non è scappata via come al solito. Una presenza è salita sul tavolo a mangiare le ultime briciole di focaccette. Non ne avevo ancora vista una così da vicino. È un essere piccolo, in fondo. Non è nera come la immaginavo. È di un colore strano, tra il grigio e il marrone, molto scura. Il colore della sporcizia. Le ho urlato contro. Non si è scomposta. Si è girata a guardarmi e ha continuato a mangiare come se niente fosse. Ho visto il suo muso, i denti, osceni nel mostrarsi a banchettare i nostri resti.
Lina, mia cara Lina, se mi senti, non tornare qui. Non c'è più nulla. Fuggi lontano e basta.
Giorno 5
Ho spostato Matteo in una stanza. Quella più lontana da dove sto io. Ho pianto, ho pianto tanto. Ma l'ho fatto lo stesso. Le presenze gli passeggiavano sopra tranquillamente. Le ho scacciate con la scopa. Scappavano ma poi tornavano sui loro passi. Una mi è passata sui piedi. Allora sono scappata io. Quando la situazione si è calmata ho spostato Matteo.
Giorno 2
Non so se Matteo sia ancora vivo. Ho sbirciato dal buco della serratura dentro la sua stanza. Non riesco a vedere niente. Solo movimenti, movimenti scuri.
Giorno 1
Cara Lina o chiunque tu sia, non so se riuscirò a lasciare un altro messaggio vocale. La connessione dati sta finendo e anche le conserve. La farina è terminata da tempo. Dovrei andare via, o almeno provarci. Ma ho un'ultima stanza incontaminata. Le presenze non osano ancora entrarci. Ho capito perché. Finché resisto non mi avranno. Sentono quando si inizia a cedere alla sporcizia, alla morte e piano piano ti invadono. Ma io resisto. Resisto ancora.
La stanza
Giorno 31
Ho preso coraggio. Mi sono armata di buona volontà e ho preso coraggio. Scopa e paletta in mano, ho pulito il pavimento, ho tolto la spazzatura accumulata in giro. Alla fine ho riempito un bel sacco grosso, di quelli neri. Da quando Lina non viene più la sporcizia si è accumulata negli angoli, sotto ai mobili, nei posti più strani. Ha smesso di venire quando hanno iniziato a suonare le sirene. Prima una volta al giorno, verso il tramonto, poi sempre più spesso. Ormai è una colonna sonora continua, uno sfondo fatto di alti e bassi: sirene lontane che si avvicinano e poi si allontanano di nuovo, intersecate ad altre che si muovono più in là o più in qua. La cara Lina è venuta fin quando ha potuto, credo. Non ci avrebbe abbandonato altrimenti. È anche per lei che sto registrando questi messaggi vocali. Sono sicura che se potrà accedere al sito di raccolta delle persone disperse, ci cercherà. Di lei, intanto, nessuna traccia. Gli altri non li cerco: non voglio sprecare la poca connessione dati che mi resta per loro. Sapevano benissimo che Matteo, con la gamba in quelle condizioni, non poteva certo mettersi in cammino. "Vieni via tu" mi ha sussurrato Marta, prima di fuggire. Non le ho neanche risposto. Adesso toccava a Matteo rimanere indietro. E poi? A chi sarebbe toccato?
Giorno 27
La casa ha quasi una parvenza normale. È pulita e ordinata. Ho ancora diversi viveri: scatolette di conserve e pacchi di farina. Preparo delle focaccette rudimentali, impasto la farina con l'acqua e il sale e poi le cuocio in padella. Non sono male. Anche Matteo ne mangia un poco, un paio di morsi, non di più, per via della mascella. Il male gli ha preso le ossa e non riesce quasi più a muoversi. Impastare mi fa passare anche il tempo, anche perché Matteo non parla quasi più. E poi dormo. Faccio brevi sonnellini di giorno, così la notte posso stare sveglia e sorvegliare la casa. Le presenze ci sono, non lo nego. Si approfittano dei momenti in cui perdo conoscenza, mica posso stare sempre sveglia, e attraversano la casa. Sono silenziose, ma io le percepisco. Sento gli spostamenti d'aria, i passi furtivi. Ma a me non si avvicinano, non osano. Dormo in poltrona, seduta, con la scopa a portata di mano, io.
Giorno 19
Guardò dalla finestra ciò che resta della nostra città. I marciapiedi neri, brulicanti di vita. Ma che vita è quella? Non è vita, è morte che si muove, movimento che corrompe, che corrode. La città è un cadavere in decomposizione, ciò che sembra vivo è un groviglio di vermi e mosche che ne mangiano la carne rimasta.
Non ho visto nemmeno una macchina passare, le sirene sono un ricordo lontano. Le presenze in casa, invece, si sono fatte più concrete. Quando mi sveglio ne raccolgo le tracce. Piccole palline nere, a mucchietti, ne testimoniano il passaggio. Le raccolgo e le butto nei sacchi neri. Ne ho riempiti diversi, ormai. Giacciono davanti all'ingresso di casa, come se fossero una barriera. Non oso certo scendere in strada a buttarli.
Matteo ormai non si alza e non parla più. Gli metto qualche cucchiaio di conserva in bocca. Lo prende e lo ingoia, ma mi guarda con due occhi enormi e imploranti. Forse vuole solo essere lasciato in pace. La mia marmellata vorrebbe riportarlo in vita, mentre lui scivolerebbe via, dall'altra parte, insieme alle presenze.
Giorno 11
Oggi l'ho vista. Non è scappata via come al solito. Una presenza è salita sul tavolo a mangiare le ultime briciole di focaccette. Non ne avevo ancora vista una così da vicino. È un essere piccolo, in fondo. Non è nera come la immaginavo. È di un colore strano, tra il grigio e il marrone, molto scura. Il colore della sporcizia. Le ho urlato contro. Non si è scomposta. Si è girata a guardarmi e ha continuato a mangiare come se niente fosse. Ho visto il suo muso, i denti, osceni nel mostrarsi a banchettare i nostri resti.
Lina, mia cara Lina, se mi senti, non tornare qui. Non c'è più nulla. Fuggi lontano e basta.
Giorno 5
Ho spostato Matteo in una stanza. Quella più lontana da dove sto io. Ho pianto, ho pianto tanto. Ma l'ho fatto lo stesso. Le presenze gli passeggiavano sopra tranquillamente. Le ho scacciate con la scopa. Scappavano ma poi tornavano sui loro passi. Una mi è passata sui piedi. Allora sono scappata io. Quando la situazione si è calmata ho spostato Matteo.
Giorno 2
Non so se Matteo sia ancora vivo. Ho sbirciato dal buco della serratura dentro la sua stanza. Non riesco a vedere niente. Solo movimenti, movimenti scuri.
Giorno 1
Cara Lina o chiunque tu sia, non so se riuscirò a lasciare un altro messaggio vocale. La connessione dati sta finendo e anche le conserve. La farina è terminata da tempo. Dovrei andare via, o almeno provarci. Ma ho un'ultima stanza incontaminata. Le presenze non osano ancora entrarci. Ho capito perché. Finché resisto non mi avranno. Sentono quando si inizia a cedere alla sporcizia, alla morte e piano piano ti invadono. Ma io resisto. Resisto ancora.