[MI149] Un animale grosso come te
Posted: Sun Apr 25, 2021 4:48 pm
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Traccia di mezzanotte: ne avete il coraggio
Traccia di mezzanotte: ne avete il coraggio
Ma guardati, un animale grande e grosso come te! Quanto peserai? Duecento volte me? E allora perché tutta questa paura negli occhi?
Sarà per via del fatto che sei legato? No, non credo. Avresti paura comunque: noi facciamo questo effetto. Vai a capire perché, non siamo mica più pericolosi di cani o scoiattoli.
Beh, un po’ però fai bene ad aver paura. Sono indeciso: rosicchio un po’ la corda che ti costringe i polsi o rosicchio un po’ te? Non potresti biasimarmi mica, sai. Noi al limite mordiamo per fame, voi vi azzuffate per avidità e brama di potere. Ma guardati, come ti hanno ridotto! Manganelli, eh? Olio di ricino?
Come dici? Ah, giusto. Beh, si vede che sei una persona intelligente: temi più il nero delle camicie che il mio grigio topo. Come darti torto. Ecco perché quest’espressione atterrita.
Non sono poi così diverse la mia società e la tua, sai? Noi viviamo in un sistema di tane e gallerie intercomunicanti, un po’ come voi. Ogni gruppo ha un maschio dominante che sottomette gli altri finché non ne viene scalzato. E per sottomette intendo proprio che ottiene privilegi in termini di ricchezza alimentare. Un po’ come voi, insomma: cerchiamo sempre il topo forte.
Sì, concordo. Sta sul cazzo anche a me. Quasi quasi rosicchio la corda: mi stai simpatico. Come ti chiami? Antonio? Molto piacere. Nome alquanto banale, per la verità, ma qualcosa mi dice che come persona non sei banale affatto.
Da quanto tempo sei qui? Quattro anni? Madonna! È un tempo per me inconcepibile: non campiamo tanto. Non devono passare mai, quattro anni, in queste condizioni… Come fai a resistere? Ah, giusto, scrivi. Scritti politici e letterari? Interessante, interessante davvero.
Pensi servirà a qualcosa? Mah, io con l’età sono diventato scettico. Ho un anno e mezzo. Cinico no, cinico non direi. L’esser cinici si addice più ai cani che ai topi. Ma scettico sì: non credo che la mia specie abbandonerà mai il modello del topo forte, è una storia che va avanti inalterata da secoli, è scritto nella nostra etologia. Come dici? La cultura? Voi uomini a volte mi fate ridere. Ancora a ostinarvi con questa storia: ma lo volete capire che siete animali come tutti gli altri?
Pessimismo della ragione e ottimismo della volontà? Ma sai che sei un bel tipo davvero… Quasi quasi mi convinci. Quasi quasi rosicchio la corda. Non vorrei che però ti inganni e fai una brutta fine.
Stai a sentire uno scemo: sono un ratto, ma sono anche un deus ex machina, e alcune cose le so. So ad esempio che avete il vizio di dimenticare. Prendi quelle tre paroline: Liberté, Égalité, Fraternité. Vogliamo parlarne?
C’erano un sacco di ratti, a Parigi, nel 1789. Una città meravigliosa, lercia da fare appetito. Sai che la storia della tua specie è legata a doppio filo con quella della mia? Il boom demografico del Settecento lo dovete a noi: vedi che bel pelo corto e lucido che ho? Se non avessimo migrato dall’Asia, proprio in quel periodo, stareste ancora alle prese con i ratti a pelo lungo portatori delle pulci della peste. E addio crescita demografica, addio rivoluzione francese, addio Liberté, Égalité, Fraternité.
Scusami, lo so, divago. Era per dire: non mi sottovalutare per via del fatto che rosicchio e faccio schifo, sono un interlocutore accreditato.
Divago ma poi torno sul punto.
Libertà, uguaglianza, fratellanza: nel momento presente state messi male sotto tutti e tre i punti di vista, e tu ne sei la prova vivente. Verranno tempi migliori, questo te lo posso dire.
Però queste tre parole le svuoterete di significato. Rimarranno lì, nelle carte costituzionali, come fiocchetti, ma la solfa si ripeterà come sempre.
Quanto a Fraternité, fattelo dire: nemmeno la soddisfazione di essere evocata a sproposito nei talk show. Ve la dimenticherete proprio. Verranno nuove malattie (non la peste bubbonica, ma insomma, poco ci manca) e non vorrete condividere con il mondo i vaccini. Mentre la gente perderà il lavoro, i ricchi leveranno gli scudi perché non si tassi loro lo 0,2% del reddito. Ti pare Fraternité questa, Anto’?
In mare continuerete a fare la fine dei topi. Ti pare Fraternité?
No, scusami, non ti voglio demoralizzare. Insomma… stai combinato di questa maniera, non voglio appesantire il carico. Ma non mi piace nemmeno mandarla a raccontare.
Comunque ti assicuro che si starà molto meglio di adesso. Tu, ad esempio, non saresti qui.
Sì. Hai ragione. Sarà pure merito tuo. Scrivi, scrivi: a qualcosa serve. Scettico, ma mai cinico, ricordatelo.
Su una cosa vi invidio proprio: vivete alla luce del sole, e non sottoterra. Il sole è democratico davvero, non trovi? Non discrimina, riscalda gli oppressi come gli oppressori. E non devi aver nessun’ansia di piacergli, ti prendi i raggi in faccia e basta. Dai, su questo l’ottimismo puoi concedertelo anche con la ragione.
Oh, ho appena fatto una gaffe! Non tu, certo, tu il sole non lo vedi. Mi sa che ho detto una sonora cazzata.
E va bene. Saprò rimediare…
Anto’, io rosicchio la corda. Anto’, io adesso ti libero. Ma tu non ti distrarre, non mi morire, per favore. Non mi morire mai.
Sarà per via del fatto che sei legato? No, non credo. Avresti paura comunque: noi facciamo questo effetto. Vai a capire perché, non siamo mica più pericolosi di cani o scoiattoli.
Beh, un po’ però fai bene ad aver paura. Sono indeciso: rosicchio un po’ la corda che ti costringe i polsi o rosicchio un po’ te? Non potresti biasimarmi mica, sai. Noi al limite mordiamo per fame, voi vi azzuffate per avidità e brama di potere. Ma guardati, come ti hanno ridotto! Manganelli, eh? Olio di ricino?
Come dici? Ah, giusto. Beh, si vede che sei una persona intelligente: temi più il nero delle camicie che il mio grigio topo. Come darti torto. Ecco perché quest’espressione atterrita.
Non sono poi così diverse la mia società e la tua, sai? Noi viviamo in un sistema di tane e gallerie intercomunicanti, un po’ come voi. Ogni gruppo ha un maschio dominante che sottomette gli altri finché non ne viene scalzato. E per sottomette intendo proprio che ottiene privilegi in termini di ricchezza alimentare. Un po’ come voi, insomma: cerchiamo sempre il topo forte.
Sì, concordo. Sta sul cazzo anche a me. Quasi quasi rosicchio la corda: mi stai simpatico. Come ti chiami? Antonio? Molto piacere. Nome alquanto banale, per la verità, ma qualcosa mi dice che come persona non sei banale affatto.
Da quanto tempo sei qui? Quattro anni? Madonna! È un tempo per me inconcepibile: non campiamo tanto. Non devono passare mai, quattro anni, in queste condizioni… Come fai a resistere? Ah, giusto, scrivi. Scritti politici e letterari? Interessante, interessante davvero.
Pensi servirà a qualcosa? Mah, io con l’età sono diventato scettico. Ho un anno e mezzo. Cinico no, cinico non direi. L’esser cinici si addice più ai cani che ai topi. Ma scettico sì: non credo che la mia specie abbandonerà mai il modello del topo forte, è una storia che va avanti inalterata da secoli, è scritto nella nostra etologia. Come dici? La cultura? Voi uomini a volte mi fate ridere. Ancora a ostinarvi con questa storia: ma lo volete capire che siete animali come tutti gli altri?
Pessimismo della ragione e ottimismo della volontà? Ma sai che sei un bel tipo davvero… Quasi quasi mi convinci. Quasi quasi rosicchio la corda. Non vorrei che però ti inganni e fai una brutta fine.
Stai a sentire uno scemo: sono un ratto, ma sono anche un deus ex machina, e alcune cose le so. So ad esempio che avete il vizio di dimenticare. Prendi quelle tre paroline: Liberté, Égalité, Fraternité. Vogliamo parlarne?
C’erano un sacco di ratti, a Parigi, nel 1789. Una città meravigliosa, lercia da fare appetito. Sai che la storia della tua specie è legata a doppio filo con quella della mia? Il boom demografico del Settecento lo dovete a noi: vedi che bel pelo corto e lucido che ho? Se non avessimo migrato dall’Asia, proprio in quel periodo, stareste ancora alle prese con i ratti a pelo lungo portatori delle pulci della peste. E addio crescita demografica, addio rivoluzione francese, addio Liberté, Égalité, Fraternité.
Scusami, lo so, divago. Era per dire: non mi sottovalutare per via del fatto che rosicchio e faccio schifo, sono un interlocutore accreditato.
Divago ma poi torno sul punto.
Libertà, uguaglianza, fratellanza: nel momento presente state messi male sotto tutti e tre i punti di vista, e tu ne sei la prova vivente. Verranno tempi migliori, questo te lo posso dire.
Però queste tre parole le svuoterete di significato. Rimarranno lì, nelle carte costituzionali, come fiocchetti, ma la solfa si ripeterà come sempre.
Quanto a Fraternité, fattelo dire: nemmeno la soddisfazione di essere evocata a sproposito nei talk show. Ve la dimenticherete proprio. Verranno nuove malattie (non la peste bubbonica, ma insomma, poco ci manca) e non vorrete condividere con il mondo i vaccini. Mentre la gente perderà il lavoro, i ricchi leveranno gli scudi perché non si tassi loro lo 0,2% del reddito. Ti pare Fraternité questa, Anto’?
In mare continuerete a fare la fine dei topi. Ti pare Fraternité?
No, scusami, non ti voglio demoralizzare. Insomma… stai combinato di questa maniera, non voglio appesantire il carico. Ma non mi piace nemmeno mandarla a raccontare.
Comunque ti assicuro che si starà molto meglio di adesso. Tu, ad esempio, non saresti qui.
Sì. Hai ragione. Sarà pure merito tuo. Scrivi, scrivi: a qualcosa serve. Scettico, ma mai cinico, ricordatelo.
Su una cosa vi invidio proprio: vivete alla luce del sole, e non sottoterra. Il sole è democratico davvero, non trovi? Non discrimina, riscalda gli oppressi come gli oppressori. E non devi aver nessun’ansia di piacergli, ti prendi i raggi in faccia e basta. Dai, su questo l’ottimismo puoi concedertelo anche con la ragione.
Oh, ho appena fatto una gaffe! Non tu, certo, tu il sole non lo vedi. Mi sa che ho detto una sonora cazzata.
E va bene. Saprò rimediare…
Anto’, io rosicchio la corda. Anto’, io adesso ti libero. Ma tu non ti distrarre, non mi morire, per favore. Non mi morire mai.