La strategia dello spaghetto Revisionato
Posted: Thu Apr 15, 2021 12:26 pm
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Testo revisionato con i suggerimenti di @Kikki (nel contempo ne approfitto per vedere se funziona il metodo per caricare i testi)
In radio passano un revival del ’67. Tra un boccone e l'altro, Fred Bongusto con la sua voce sexy ci accarezza le orecchie: “Spaghetti, pollo, insalatina e una tazzina di caffè...”
Il nostro menù è pressoché lo stesso, ma noi al caffè non ci arriveremo. L’ho capito dopo la seconda forchettata di spaghetti.
Infatti…
Finita l’insalatina, attratti da una forza misteriosa e magnetica, intrecciamo le mani e ci allunghiamo sul tavolo scambiandoci il nostro primo bacio; tra di noi una bottiglia di Grillo frizzante.
Dal soggiorno si intravede uno spigolo di letto, ci voltiamo insieme in quella direzione.
Finiamo lì il pranzo mordendoci, leccandoci, succhiandoci come fossimo crostacei.
Tra le lenzuola aggrovigliate io soffoco i miei gridolini, lui i suoi grugniti eccitati.
Mi ha invitato a pranzo a casa sua per parlare di lavoro: “Strategie che è meglio non mettere sotto gli occhi dei colleghi” ha detto. Poi: “Quelli sono sempre pronti a rubarti le idee, per farti le scarpe”.
Dell’agenzia pubblicitaria in cui lavoriamo siamo i migliori. Sforniamo idee e slogan per accalappiare clienti e farli felici con mille bugie, più o meno innocenti.
Il fine giustifica i mezzi, si dice, e noi siamo il mezzo migliore. Per il pubblico da sedurre produciamo i nostri brevi film, tutti a lieto fine.
Niente di meglio per tirare avanti in questa vita di inganni.
In realtà, io ed Ettore, siamo rivali, ci affrontiamo di continuo spuntandola alternativamente.
Per questo nuovo cliente mi ha detto: “Dobbiamo unire gli sforzi, trovare l’afflato e arrivare alla soddisfazione comune.”
“Ok – ho pensato – finalmente una tregua.”
Da tempo subisco in segreto il fascino di quest’uomo uomo. La sua mente è una vera fucina di trovate capaci di sbalordire chiunque.
Ricevere l’invito è stata una reale sorpresa. Che finalmente si fosse accorto di me come donna? Che abbia provato anche lui qualcosa che va oltre il rapporto lavorativo?
“Lo so – mi sono detta – è solo un pranzo di lavoro, non farti illusioni. – Poi ho anche aggiunto – Ma se vuoi sperare, spera.”
Ho tenuto le dita incrociate finché non ha aperto la porta.
E adesso sono qui a gemere sotto le sue mani che ottengono più di quanto abbia mai concesso in tutta la mia vita. Di tanto in tanto si sofferma, sembra assapori qualcosa, o cerchi di rintracciare un gusto, non so.
Quello che so è che sono felice di essere ciò che mordicchia e sbaciucchia. Siamo un tutt’uno in quell’amalgama di sensi dove non si riesce più a scindere il corpo dell’uno dall’anima dell’altra.
Se andremo avanti così faremo scintille anche sul campo privato. La nostra intesa è perfetta.
Che potesse eccellere anche sul piano fisico non era certo scontato.
Lui, che del lavoro ha fatto la sua sola bandiera, adesso sembra apprezzare il mio corpo, lo agguanta e ci sprofonda; davvero pare non pensi altro.
Dopo la scorpacciata di baci, carezze e pizzicotti, però, c’è da rimettersi mutande e maglione, sedersi al tavolo e discutere della nuova campagna commissionata da un’industria che produce oli aromatizzati per cucina.
«Direi che funzionano» esordisce Ettore mentre, ancora mezzo nudo, recupera un calzino finito sulla maniglia della porta.
Rimango perplessa: «Funzionano? Cosa?»
«Gli oli aromatizzati, per i quali stiamo lavorando.»
«Stiamo lavorando?»
Sono ancora stordita dall’amplesso e quindi non riesco a comprendere bene cosa intenda dire. Non so ancora nemmeno come si chiama il cliente, me ne avrebbe parlato oggi, non lo ricorda? Provo uno strano brivido e stringo le lenzuola intorno al corpo preda di un improvviso senso di pudore, mentre penso “Non li abbiamo ancora assaggiati, gli oli, come fa a dire che funzionano. E poi, funzionano su cosa? Non capisco.”
Guardo Ettore, mi sorride.
È un sorriso furbo, di quelli che si condividono con un complice, tira su il labbro solo da una parte e attende il mio consenso.
Non afferro ancora.
Ettore punta con gli occhi il tavolo e gli avanzi del pranzo.
Raggelo e m’infiammo in un nanosecondo.
Non posso fare la figura della cretina che ci è cascata come una liceale.
“Bene – mi dico –, tirati su e ammortizza il colpo”.
«Hai proprio ragione Ettore, gli oli aromatizzati, faranno un enorme successo. Il pollo era secco, l’insalata era plastica pura e… lo spaghetto? Santo cielo! Era schifosamente scotto, ma nonostante tutto mi è venuta voglia lo stesso di scoparmi un coglione.»
Testo revisionato con i suggerimenti di @Kikki (nel contempo ne approfitto per vedere se funziona il metodo per caricare i testi)
In radio passano un revival del ’67. Tra un boccone e l'altro, Fred Bongusto con la sua voce sexy ci accarezza le orecchie: “Spaghetti, pollo, insalatina e una tazzina di caffè...”
Il nostro menù è pressoché lo stesso, ma noi al caffè non ci arriveremo. L’ho capito dopo la seconda forchettata di spaghetti.
Infatti…
Finita l’insalatina, attratti da una forza misteriosa e magnetica, intrecciamo le mani e ci allunghiamo sul tavolo scambiandoci il nostro primo bacio; tra di noi una bottiglia di Grillo frizzante.
Dal soggiorno si intravede uno spigolo di letto, ci voltiamo insieme in quella direzione.
Finiamo lì il pranzo mordendoci, leccandoci, succhiandoci come fossimo crostacei.
Tra le lenzuola aggrovigliate io soffoco i miei gridolini, lui i suoi grugniti eccitati.
Mi ha invitato a pranzo a casa sua per parlare di lavoro: “Strategie che è meglio non mettere sotto gli occhi dei colleghi” ha detto. Poi: “Quelli sono sempre pronti a rubarti le idee, per farti le scarpe”.
Dell’agenzia pubblicitaria in cui lavoriamo siamo i migliori. Sforniamo idee e slogan per accalappiare clienti e farli felici con mille bugie, più o meno innocenti.
Il fine giustifica i mezzi, si dice, e noi siamo il mezzo migliore. Per il pubblico da sedurre produciamo i nostri brevi film, tutti a lieto fine.
Niente di meglio per tirare avanti in questa vita di inganni.
In realtà, io ed Ettore, siamo rivali, ci affrontiamo di continuo spuntandola alternativamente.
Per questo nuovo cliente mi ha detto: “Dobbiamo unire gli sforzi, trovare l’afflato e arrivare alla soddisfazione comune.”
“Ok – ho pensato – finalmente una tregua.”
Da tempo subisco in segreto il fascino di quest’uomo uomo. La sua mente è una vera fucina di trovate capaci di sbalordire chiunque.
Ricevere l’invito è stata una reale sorpresa. Che finalmente si fosse accorto di me come donna? Che abbia provato anche lui qualcosa che va oltre il rapporto lavorativo?
“Lo so – mi sono detta – è solo un pranzo di lavoro, non farti illusioni. – Poi ho anche aggiunto – Ma se vuoi sperare, spera.”
Ho tenuto le dita incrociate finché non ha aperto la porta.
E adesso sono qui a gemere sotto le sue mani che ottengono più di quanto abbia mai concesso in tutta la mia vita. Di tanto in tanto si sofferma, sembra assapori qualcosa, o cerchi di rintracciare un gusto, non so.
Quello che so è che sono felice di essere ciò che mordicchia e sbaciucchia. Siamo un tutt’uno in quell’amalgama di sensi dove non si riesce più a scindere il corpo dell’uno dall’anima dell’altra.
Se andremo avanti così faremo scintille anche sul campo privato. La nostra intesa è perfetta.
Che potesse eccellere anche sul piano fisico non era certo scontato.
Lui, che del lavoro ha fatto la sua sola bandiera, adesso sembra apprezzare il mio corpo, lo agguanta e ci sprofonda; davvero pare non pensi altro.
Dopo la scorpacciata di baci, carezze e pizzicotti, però, c’è da rimettersi mutande e maglione, sedersi al tavolo e discutere della nuova campagna commissionata da un’industria che produce oli aromatizzati per cucina.
«Direi che funzionano» esordisce Ettore mentre, ancora mezzo nudo, recupera un calzino finito sulla maniglia della porta.
Rimango perplessa: «Funzionano? Cosa?»
«Gli oli aromatizzati, per i quali stiamo lavorando.»
«Stiamo lavorando?»
Sono ancora stordita dall’amplesso e quindi non riesco a comprendere bene cosa intenda dire. Non so ancora nemmeno come si chiama il cliente, me ne avrebbe parlato oggi, non lo ricorda? Provo uno strano brivido e stringo le lenzuola intorno al corpo preda di un improvviso senso di pudore, mentre penso “Non li abbiamo ancora assaggiati, gli oli, come fa a dire che funzionano. E poi, funzionano su cosa? Non capisco.”
Guardo Ettore, mi sorride.
È un sorriso furbo, di quelli che si condividono con un complice, tira su il labbro solo da una parte e attende il mio consenso.
Non afferro ancora.
Ettore punta con gli occhi il tavolo e gli avanzi del pranzo.
Raggelo e m’infiammo in un nanosecondo.
Non posso fare la figura della cretina che ci è cascata come una liceale.
“Bene – mi dico –, tirati su e ammortizza il colpo”.
«Hai proprio ragione Ettore, gli oli aromatizzati, faranno un enorme successo. Il pollo era secco, l’insalata era plastica pura e… lo spaghetto? Santo cielo! Era schifosamente scotto, ma nonostante tutto mi è venuta voglia lo stesso di scoparmi un coglione.»