Grandi e piccoli
Posted: Wed Apr 14, 2021 4:44 pm
Commento
«Smettila di chiederlo, lo sai già che non ci puoi andare,» dice mamma.
Eva fissa le sue sorelle che corrono su e giù per lo scivolo insieme agli altri bambini.
«Qui ci sono solo i piccoli, mamma,» prova ancora. «Le mie amiche sono nel cortile della scuola. Perché loro sì e io no?»
«Forse loro non sanno che non si può entrare. Forse le loro mamme non gliel’hanno detto.»
Eva ha l’impressione che ci sia qualcosa che mamma non sta dicendo, ma non sa cosa sia. Sbuffa e si appoggia allo schienale della panchina.
«Mi annoio senza le mie amiche.» Mamma non batte ciglio, non la guarda nemmeno. Le sorelle di Eva le gridano di andare a giocare con loro, lei scuote la testa e spera che non insistano. È troppo grande per fare lo scivolo con i bimbi dell’asilo. Non per lo scivolo, quello le piace, sono i bambini a essere troppo piccoli.
Da qualche settimana le sue amiche si ritrovano nel cortile della scuola materna; da quando il comune l’ha rimesso a nuovo e hanno montato i giochi, è diventato il posto più bello del mondo. E così tutti ci vanno. Tutti a parte Eva. Perché è proibito. I maestri della scuola materna hanno appiccicato un cartello grande come una lavagna sul cancello: Proibito entrare in cortile e usare i giochi quando la scuola è chiusa. Cioè proibito sempre, perché quando la scuola è aperta i giochi li usano i piccoli.
Dopo le prime incursioni delle sue amiche, i maestri hanno avvertito le mamme che avrebbero chiamato la polizia se non avessero tenuto le figlie sotto controllo.
«Un disastro,» hanno detto i maestri sconsolati. «Cartacce e lattine ovunque. L’altalena è già rotta. Questi giochi sono per i piccoli, non per i grandi.»
La mamma di Eva ha preso l’avvertimento sul serio, così a Eva non è permesso andarci. Perché le sue amiche non hanno paura che le vedano i maestri? Perché non hanno paura che le sgridi la polizia? Perché non hanno paura di essere messe in punizione dai genitori? Eva è certa che se lei entrasse a giocare e venisse scoperta, sua mamma la metterebbe in punizione e si arrabbierebbe molto perché ha disobbedito.
Un momento, però. Se venisse scoperta.
«Mi annoio,» ripete Eva facendo dondolare i piedi dalla panchina.
Mamma distoglie lo sguardo dal libro e le sorride. «Vai a giocare con le tue sorelle se non sai cosa fare.»
Le sorelle di Eva sono due e gridano come pazze insieme agli altri piccoli della materna e dell’asilo. Non c’è pericolo che Eva vada a correre con lo loro, se passasse qualcuno della sua classe e la vedesse penserebbe che fa giochi da bambina, mentre lei è una ragazzina. «Posso fare un giro in bici?»
Mamma sembra pensarci un momento, Eva ha paura che dica di no e allora finirebbe a giocare coi piccoli, perché su quella panchina non ci vuole più stare.
«Va bene, solo dentro il parco però.»
Eva annuisce a scatta verso la bici che ha lasciato contro la ringhiera dello spazio giochi. Salta in sella e saluta la mamma che ha ancora l’espressione strana di prima. Vorrebbe dire qualcosa che però tiene chiuso in bocca.
Eva pedala lungo il sentiero verso la fontana al centro del parco, da lì girerà a sinistra, fino al cancello principale e uscirà sul marciapiede. La scuola materna è proprio lì a fianco, quindi non è proprio come disobbedire del tutto.
Si gira, mamma è già scomparsa dietro gli alberi e la gente che passeggia. Non la vedrà.
Arrivata al cancello principale frena, mette giù i piedi e guarda verso le inferriate che dividono il parco dalla scuola materna. Sente le risate delle amiche arrivare da dietro gli alberi. Di sicuro sono in altalena, quella nuova che al posto del sedile ha una ciambella nera su cui si può salire in due. Anche in tre. È così che si è rotta l’altra. Eva ha sentito che lo raccontavano a scuola e ridevano. Loro. Lei non ci è potuta andare.
Inforca i pedali, esce dal cancello e copre i metri che la separano dalla scuola. Eva frena e si attacca alla ringhiera con le mani.
«Ciao, ragazze!» Le sue amiche se ne stanno appollaiate sull’altalena, le gambe attorcigliate fanno pensare che non siano tre, ma una specie di mostro con tre corpi e tre teste.
«Eva! Finalmente! Vieni, ci stai anche tu.»
«Non posso.»
«La mamma non vuole?»
«Hai paura che la polizia ti metta in prigione?»
«Dai, Eva, non fare la fifona, non ci vede nessuno!»
È vero, nessuno dei passanti presta attenzione a quello che succede nel cortile della scuola; quelli che guardano sorridono e vanno per la loro strada.
Eva è tentata. Potrebbe entrare per qualche minuto. Nessuno lo verrebbe a sapere, né la mamma né la polizia. Eva scende dal sellino e appoggia i piedi a terra, le fa male lo stomaco e non riesce a smettere di pensare a mamma. A cosa è giusto e a cosa è sbagliato. Non sa decidere, non riesce a capire. L’unica cosa certa è che mamma si arrabbierebbe se la scoprisse e a Eva non piace per niente essere sgridata. Risale sulla bici, gira il manubrio in direzione del parco.
«Oggi non posso, ragazze, devo badare alle mie sorelle, volevo solo salutarvi.» Eva saluta con la mano, le sue amiche rispondono ridacchiando e poi lei rientra nel parco.
Ci andrò un altro giorno, pensa Eva e mentre pedala verso le altalene le passa il mal di pancia.
«Smettila di chiederlo, lo sai già che non ci puoi andare,» dice mamma.
Eva fissa le sue sorelle che corrono su e giù per lo scivolo insieme agli altri bambini.
«Qui ci sono solo i piccoli, mamma,» prova ancora. «Le mie amiche sono nel cortile della scuola. Perché loro sì e io no?»
«Forse loro non sanno che non si può entrare. Forse le loro mamme non gliel’hanno detto.»
Eva ha l’impressione che ci sia qualcosa che mamma non sta dicendo, ma non sa cosa sia. Sbuffa e si appoggia allo schienale della panchina.
«Mi annoio senza le mie amiche.» Mamma non batte ciglio, non la guarda nemmeno. Le sorelle di Eva le gridano di andare a giocare con loro, lei scuote la testa e spera che non insistano. È troppo grande per fare lo scivolo con i bimbi dell’asilo. Non per lo scivolo, quello le piace, sono i bambini a essere troppo piccoli.
Da qualche settimana le sue amiche si ritrovano nel cortile della scuola materna; da quando il comune l’ha rimesso a nuovo e hanno montato i giochi, è diventato il posto più bello del mondo. E così tutti ci vanno. Tutti a parte Eva. Perché è proibito. I maestri della scuola materna hanno appiccicato un cartello grande come una lavagna sul cancello: Proibito entrare in cortile e usare i giochi quando la scuola è chiusa. Cioè proibito sempre, perché quando la scuola è aperta i giochi li usano i piccoli.
Dopo le prime incursioni delle sue amiche, i maestri hanno avvertito le mamme che avrebbero chiamato la polizia se non avessero tenuto le figlie sotto controllo.
«Un disastro,» hanno detto i maestri sconsolati. «Cartacce e lattine ovunque. L’altalena è già rotta. Questi giochi sono per i piccoli, non per i grandi.»
La mamma di Eva ha preso l’avvertimento sul serio, così a Eva non è permesso andarci. Perché le sue amiche non hanno paura che le vedano i maestri? Perché non hanno paura che le sgridi la polizia? Perché non hanno paura di essere messe in punizione dai genitori? Eva è certa che se lei entrasse a giocare e venisse scoperta, sua mamma la metterebbe in punizione e si arrabbierebbe molto perché ha disobbedito.
Un momento, però. Se venisse scoperta.
«Mi annoio,» ripete Eva facendo dondolare i piedi dalla panchina.
Mamma distoglie lo sguardo dal libro e le sorride. «Vai a giocare con le tue sorelle se non sai cosa fare.»
Le sorelle di Eva sono due e gridano come pazze insieme agli altri piccoli della materna e dell’asilo. Non c’è pericolo che Eva vada a correre con lo loro, se passasse qualcuno della sua classe e la vedesse penserebbe che fa giochi da bambina, mentre lei è una ragazzina. «Posso fare un giro in bici?»
Mamma sembra pensarci un momento, Eva ha paura che dica di no e allora finirebbe a giocare coi piccoli, perché su quella panchina non ci vuole più stare.
«Va bene, solo dentro il parco però.»
Eva annuisce a scatta verso la bici che ha lasciato contro la ringhiera dello spazio giochi. Salta in sella e saluta la mamma che ha ancora l’espressione strana di prima. Vorrebbe dire qualcosa che però tiene chiuso in bocca.
Eva pedala lungo il sentiero verso la fontana al centro del parco, da lì girerà a sinistra, fino al cancello principale e uscirà sul marciapiede. La scuola materna è proprio lì a fianco, quindi non è proprio come disobbedire del tutto.
Si gira, mamma è già scomparsa dietro gli alberi e la gente che passeggia. Non la vedrà.
Arrivata al cancello principale frena, mette giù i piedi e guarda verso le inferriate che dividono il parco dalla scuola materna. Sente le risate delle amiche arrivare da dietro gli alberi. Di sicuro sono in altalena, quella nuova che al posto del sedile ha una ciambella nera su cui si può salire in due. Anche in tre. È così che si è rotta l’altra. Eva ha sentito che lo raccontavano a scuola e ridevano. Loro. Lei non ci è potuta andare.
Inforca i pedali, esce dal cancello e copre i metri che la separano dalla scuola. Eva frena e si attacca alla ringhiera con le mani.
«Ciao, ragazze!» Le sue amiche se ne stanno appollaiate sull’altalena, le gambe attorcigliate fanno pensare che non siano tre, ma una specie di mostro con tre corpi e tre teste.
«Eva! Finalmente! Vieni, ci stai anche tu.»
«Non posso.»
«La mamma non vuole?»
«Hai paura che la polizia ti metta in prigione?»
«Dai, Eva, non fare la fifona, non ci vede nessuno!»
È vero, nessuno dei passanti presta attenzione a quello che succede nel cortile della scuola; quelli che guardano sorridono e vanno per la loro strada.
Eva è tentata. Potrebbe entrare per qualche minuto. Nessuno lo verrebbe a sapere, né la mamma né la polizia. Eva scende dal sellino e appoggia i piedi a terra, le fa male lo stomaco e non riesce a smettere di pensare a mamma. A cosa è giusto e a cosa è sbagliato. Non sa decidere, non riesce a capire. L’unica cosa certa è che mamma si arrabbierebbe se la scoprisse e a Eva non piace per niente essere sgridata. Risale sulla bici, gira il manubrio in direzione del parco.
«Oggi non posso, ragazze, devo badare alle mie sorelle, volevo solo salutarvi.» Eva saluta con la mano, le sue amiche rispondono ridacchiando e poi lei rientra nel parco.
Ci andrò un altro giorno, pensa Eva e mentre pedala verso le altalene le passa il mal di pancia.