[MI148] Non ho mai ucciso nessuno
Posted: Sun Apr 11, 2021 10:54 pm
Il mio commento
Non ho mai ucciso nessuno.
Non ho mai rubato nulla.
E non ho neppure mai fatto finta di non sentire, quando ero l’ultimo in fila dal medico e qualcuno chiedeva: «Chi è l’ultimo?»
Rispondevo: «Sono io, signora. Che deve fare lei? Se si tratta solo di un’impegnativa può anche andare prima di me, che tanto ci mette un attimo.»
«La ringrazio, giovanotto.»
Capito come? Un manifesto vivente di gentilezza e buone maniere.
Una benedizione per la società.
Eppure eccomi qui.
Davanti al portone del carcere di massima sicurezza.
Il secondino mi spinge e io non posso fare a meno di pensare e ripensare al mio processo per direttissima.
Ergastolo per “Alterazione dolosa di regolare svolgimento di fila dal medico di base con aggravamento per attribuzione impropria di ultima posizione”.
«L’articolo 3281481024 comma 16ter solo questa settimana ne ha fatti saltare tre. Ma perché non state più attenti, Dio santo?» ha dichiarato il giudice, con un tono laconico per niente convincente.
Io non sapevo che cosa rispondere e sono rimasto in silenzio.
Ho solo chiesto perché non potessi avere un avvocato a difendermi e mi hanno risposto che nessuno aveva voluto sporcarsi le mani con una simile sozzura.
«Nemmeno uno d’ufficio?» ho insistito.
E loro: «Nemmeno uno d’ufficio.»
Il mio compagno di cella è dentro per ergastolo come me. È qui da una settimana e piange ogni notte. Al Conad ha preso il numero per il bancone Gastronomia e l’ha usato erroneamente per il bancone Panetteria.
Io cerco di restare lucido, perché so di avere ragione. Ero l’ultimo in fila dal dottor Masi e non riesco a capire il perché di una simile accusa.
Cerco di riordinare nella testa gli eventi di quel terribile pomeriggio, ma è davvero difficile: i rumori del cantiere vanno avanti incessanti a tutte le ore. A una martellata corrisponde una trapanata. A una trapanata corrisponde una martellata. Stanno costruendo una nuova ala del carcere, perché soltanto questa settimana ci sono stati centosettanta nuovi ingressi. E a sentire il chiacchiericcio dei secondini, durante la nostra ora d’aria, la situazione in tutta Italia non è da meno. Qualcuno dice che nell’intero mondo le cose stiano prendendo risvolti abbastanza simili. Si compiono reati terribili come pubblicare ricette di cibi ipercalorici sui social network, che vengono poi viste da persone a dieta o guardare video sugli smartphone a volume alto e senza cuffie in luoghi pubblici o ancora toccare altre persone, mentre si parla.
I processi vengono tutti smaltiti in pochi secondi e le carceri riempite con grandi secchiate di malfattori e canaglie della peggior specie.
«Lunedì verrete trasferiti tutti in Sicilia, che verrà evacuata dai civili e diventerà un’isola interamente dedicata al confinamento giudiziario» ha gracchiato stamattina la voce del direttore del carcere dall’altoparlante. La notizia ha sconvolto sia me sia il mio compagno di stanza con la lacrima facile, che ha cominciato a schiaffeggiarsi e a maledire la scelta di essere andato al Conad.
«Alla Coop sarebbero stati più tolleranti!» ha urlato d’un tratto, prima di menarsi un ultimo poderoso manrovescio.
In Sicilia posso quantomeno godere di un buon clima e di un buon odore di mare nella mia ora d’aria. Tutta l’isola è stata tappezzata di prefabbricati rinforzati e ci muoviamo fra un gabbiotto di plastica e l’altro. Il mio compagno di cella è stato trasferito altrove. Con me adesso c’è un ragazzo, che ha pubblicato sui social una foto con un suo amico.
«Si è indiavolato perché sosteneva di essere venuto male e gli rovinavo la reputazione» mi ha spiegato questa mattina. Poi ha continuato: «Bastava dirmelo subito, no? Invece mi ha scagliato contro un sacco di amici e poi è arrivata altra gente a caso, solo per fare polemica e attaccarmi. Sono stati quattro minuti terribili. Il processo è arrivato immediatamente e non ho neppure avuto un avvocato.»
«Nessuno avrebbe tollerato una simile sozzura?»
«Già.»
«Anche a me è successa la stessa cosa. Mi chiedo se ci sia qualcosa che gli avvocati tollerino ancora.»
«La prego mi perdoni. La scongiuro.»
Un uomo di mezza età si è tuffato davanti a me. Se ne sta con le ginocchia piegate sulla terra rossa e le mani giunte.
«Ascolti, deve aver preso un abbaglio. Io non la conosco.»
«Ma come no! Sono il signor Persichetti. Il responsabile della sua incarcerazione.»
«Le ripeto che non so chi sia. Mi lasci stare, per cortesia.»
«Ero dietro la colonna quel maledetto giorno. Per questo non mi ha visto.»
Lo guardo e non riesco a capire a cosa si riferisca. Di che colonna sta parlando?
«Ero io l’ultimo. Non lei. E ha fatto passare quella maledetta vecchia avanti a entrambi. Che Dio la fulmini ora, ovunque si trovi. Quale impegnativa! Quale! Ha approfittato e si è fatta visitare. Mi ha fatto perdere tre appuntamenti quel dannato giorno, perché poi ho dovuto aspettare anche lei.»
«Sei stato tu.»
Riesco a dirgli solo questo. Sento la rabbia fluire verso la testa e obnubilarmi il raziocinio. Tra un momento inizierò a prenderlo a calci sul muso.
«Ma non pensavo si arrivasse a tanto! Ho messo solo la foto sul gruppo “Scalciapignazzo - segnalazioni e denunce”. Sai, il gruppo dove noi Scalciapignazzoni sottolineiamo qualche gesto vandalico, qualche divieto di sosta, qualche torto subito. Pensavo ci fossi anche tu. Che ci fossero tutti gli abitanti di Scalciapignazzo. È una dannata frazione di tremila abitanti, Dio mio. Mi aspettavo un tuo commento. Che ci saremmo presi a male parole e sarebbe finita lì. Invece si sono indignati tutti esageratamente e la cosa deve essere stata segnalata alle autorità in qualche modo. Mi devi credere. Io ho solo messo la foto e ho scritto che eri stato uno stronzo maleducato. Niente di più.»
L’uomo ha iniziato a piangere e per un attimo ho pensato di dargli una ginocchiata in faccia. Ma i secondini devono aver capito che la situazione si stava scaldando e ci hanno separato.
Voci vogliono che anche l’Australia sia ormai troppo piena e che presto sarà evacuata l’Africa per farci posto. Altre voci più catastrofiche sostengono che le nuove carceri sorgeranno su tutto il territorio dell’Europa e dell’Asia e che qualcuno a turno dovrà stare a mollo nel mar Nero con tanto di salvagente e fucile puntato in testa da un secondino, perché sulla terraferma non ci si entra tutti. Alcuni dicono addirittura che ormai le uniche persone che non hanno commesso reati vivano in due, massimo tre città al mondo.
Il mio compagno di cella non è sopravvissuto al veleno dello scorpione e sto aspettando che lo rimpiazzino.
All’improvviso il piantone del mio corridoio scuote la testa, lascia cadere il manganello a terra ed entra nella mia cella. Quindi tira le chiavi sul pavimento di fuori e batte la porta dietro di sé, con un tonfo sordo.
«Che succede?»
«È scoppiato un putiferio sui social. Hanno scritto che non do mai il buongiorno ai carcerati. Ho preferito accelerare i tempi e rinchiudermi direttamente.»
«Ma come? E le chiavi? Perché non le hai date a un collega?»
«A quale collega, perdonami?»
«A un altro secondino.»
«Non c’è rimasto più nessuno fuori. Io ero l’ultimo.»
Non ho mai ucciso nessuno.
Non ho mai rubato nulla.
E non ho neppure mai fatto finta di non sentire, quando ero l’ultimo in fila dal medico e qualcuno chiedeva: «Chi è l’ultimo?»
Rispondevo: «Sono io, signora. Che deve fare lei? Se si tratta solo di un’impegnativa può anche andare prima di me, che tanto ci mette un attimo.»
«La ringrazio, giovanotto.»
Capito come? Un manifesto vivente di gentilezza e buone maniere.
Una benedizione per la società.
Eppure eccomi qui.
Davanti al portone del carcere di massima sicurezza.
Il secondino mi spinge e io non posso fare a meno di pensare e ripensare al mio processo per direttissima.
Ergastolo per “Alterazione dolosa di regolare svolgimento di fila dal medico di base con aggravamento per attribuzione impropria di ultima posizione”.
«L’articolo 3281481024 comma 16ter solo questa settimana ne ha fatti saltare tre. Ma perché non state più attenti, Dio santo?» ha dichiarato il giudice, con un tono laconico per niente convincente.
Io non sapevo che cosa rispondere e sono rimasto in silenzio.
Ho solo chiesto perché non potessi avere un avvocato a difendermi e mi hanno risposto che nessuno aveva voluto sporcarsi le mani con una simile sozzura.
«Nemmeno uno d’ufficio?» ho insistito.
E loro: «Nemmeno uno d’ufficio.»
Il mio compagno di cella è dentro per ergastolo come me. È qui da una settimana e piange ogni notte. Al Conad ha preso il numero per il bancone Gastronomia e l’ha usato erroneamente per il bancone Panetteria.
Io cerco di restare lucido, perché so di avere ragione. Ero l’ultimo in fila dal dottor Masi e non riesco a capire il perché di una simile accusa.
Cerco di riordinare nella testa gli eventi di quel terribile pomeriggio, ma è davvero difficile: i rumori del cantiere vanno avanti incessanti a tutte le ore. A una martellata corrisponde una trapanata. A una trapanata corrisponde una martellata. Stanno costruendo una nuova ala del carcere, perché soltanto questa settimana ci sono stati centosettanta nuovi ingressi. E a sentire il chiacchiericcio dei secondini, durante la nostra ora d’aria, la situazione in tutta Italia non è da meno. Qualcuno dice che nell’intero mondo le cose stiano prendendo risvolti abbastanza simili. Si compiono reati terribili come pubblicare ricette di cibi ipercalorici sui social network, che vengono poi viste da persone a dieta o guardare video sugli smartphone a volume alto e senza cuffie in luoghi pubblici o ancora toccare altre persone, mentre si parla.
I processi vengono tutti smaltiti in pochi secondi e le carceri riempite con grandi secchiate di malfattori e canaglie della peggior specie.
«Lunedì verrete trasferiti tutti in Sicilia, che verrà evacuata dai civili e diventerà un’isola interamente dedicata al confinamento giudiziario» ha gracchiato stamattina la voce del direttore del carcere dall’altoparlante. La notizia ha sconvolto sia me sia il mio compagno di stanza con la lacrima facile, che ha cominciato a schiaffeggiarsi e a maledire la scelta di essere andato al Conad.
«Alla Coop sarebbero stati più tolleranti!» ha urlato d’un tratto, prima di menarsi un ultimo poderoso manrovescio.
In Sicilia posso quantomeno godere di un buon clima e di un buon odore di mare nella mia ora d’aria. Tutta l’isola è stata tappezzata di prefabbricati rinforzati e ci muoviamo fra un gabbiotto di plastica e l’altro. Il mio compagno di cella è stato trasferito altrove. Con me adesso c’è un ragazzo, che ha pubblicato sui social una foto con un suo amico.
«Si è indiavolato perché sosteneva di essere venuto male e gli rovinavo la reputazione» mi ha spiegato questa mattina. Poi ha continuato: «Bastava dirmelo subito, no? Invece mi ha scagliato contro un sacco di amici e poi è arrivata altra gente a caso, solo per fare polemica e attaccarmi. Sono stati quattro minuti terribili. Il processo è arrivato immediatamente e non ho neppure avuto un avvocato.»
«Nessuno avrebbe tollerato una simile sozzura?»
«Già.»
«Anche a me è successa la stessa cosa. Mi chiedo se ci sia qualcosa che gli avvocati tollerino ancora.»
Lo spazio in Sicilia è terminato dopo tre giorni. Siamo stati imbarcati su mille aerei cargo e portati in Australia. I civili sono stati evacuati e qualche simpaticone ha già cambiato il nome in “Claustralia”, visto che il problema ha ormai raggiunto dimensioni mondiali e la più grande isola del continente oceanico è foderata di farabutti e delinquenti. Da Perth a Sydney, passando per il deserto rosso, non c’è un centimetro che non sia calpestato da un lestofante.
Qui l’ora d’aria è complicata. Ci sono ragni grossi come un mio pugno e persino scorpioni velenosi. Il mio nuovo compagno di cella, un uomo che aggiungeva sconosciuti su Facebook e poi li inseriva ripetutamente in gruppi creati da lui medesimo, è stato punto questa mattina. L’hanno portato in infermeria e speriamo si salvi. È un po’ egocentrico, ma mi sta simpatico. «La prego mi perdoni. La scongiuro.»
Un uomo di mezza età si è tuffato davanti a me. Se ne sta con le ginocchia piegate sulla terra rossa e le mani giunte.
«Ascolti, deve aver preso un abbaglio. Io non la conosco.»
«Ma come no! Sono il signor Persichetti. Il responsabile della sua incarcerazione.»
«Le ripeto che non so chi sia. Mi lasci stare, per cortesia.»
«Ero dietro la colonna quel maledetto giorno. Per questo non mi ha visto.»
Lo guardo e non riesco a capire a cosa si riferisca. Di che colonna sta parlando?
«Ero io l’ultimo. Non lei. E ha fatto passare quella maledetta vecchia avanti a entrambi. Che Dio la fulmini ora, ovunque si trovi. Quale impegnativa! Quale! Ha approfittato e si è fatta visitare. Mi ha fatto perdere tre appuntamenti quel dannato giorno, perché poi ho dovuto aspettare anche lei.»
«Sei stato tu.»
Riesco a dirgli solo questo. Sento la rabbia fluire verso la testa e obnubilarmi il raziocinio. Tra un momento inizierò a prenderlo a calci sul muso.
«Ma non pensavo si arrivasse a tanto! Ho messo solo la foto sul gruppo “Scalciapignazzo - segnalazioni e denunce”. Sai, il gruppo dove noi Scalciapignazzoni sottolineiamo qualche gesto vandalico, qualche divieto di sosta, qualche torto subito. Pensavo ci fossi anche tu. Che ci fossero tutti gli abitanti di Scalciapignazzo. È una dannata frazione di tremila abitanti, Dio mio. Mi aspettavo un tuo commento. Che ci saremmo presi a male parole e sarebbe finita lì. Invece si sono indignati tutti esageratamente e la cosa deve essere stata segnalata alle autorità in qualche modo. Mi devi credere. Io ho solo messo la foto e ho scritto che eri stato uno stronzo maleducato. Niente di più.»
L’uomo ha iniziato a piangere e per un attimo ho pensato di dargli una ginocchiata in faccia. Ma i secondini devono aver capito che la situazione si stava scaldando e ci hanno separato.
Voci vogliono che anche l’Australia sia ormai troppo piena e che presto sarà evacuata l’Africa per farci posto. Altre voci più catastrofiche sostengono che le nuove carceri sorgeranno su tutto il territorio dell’Europa e dell’Asia e che qualcuno a turno dovrà stare a mollo nel mar Nero con tanto di salvagente e fucile puntato in testa da un secondino, perché sulla terraferma non ci si entra tutti. Alcuni dicono addirittura che ormai le uniche persone che non hanno commesso reati vivano in due, massimo tre città al mondo.
Il mio compagno di cella non è sopravvissuto al veleno dello scorpione e sto aspettando che lo rimpiazzino.
All’improvviso il piantone del mio corridoio scuote la testa, lascia cadere il manganello a terra ed entra nella mia cella. Quindi tira le chiavi sul pavimento di fuori e batte la porta dietro di sé, con un tonfo sordo.
«Che succede?»
«È scoppiato un putiferio sui social. Hanno scritto che non do mai il buongiorno ai carcerati. Ho preferito accelerare i tempi e rinchiudermi direttamente.»
«Ma come? E le chiavi? Perché non le hai date a un collega?»
«A quale collega, perdonami?»
«A un altro secondino.»
«Non c’è rimasto più nessuno fuori. Io ero l’ultimo.»