[MI148] Al tappeto
Posted: Sun Apr 11, 2021 9:39 pm
Traccia di Mezzogiorno: La maledizione delle piccole cose
Al tappeto
Dino aprì la porta e notò che lo zerbino della dirimpettaia era appoggiato allo stipite, lo stesso per quello della vicina a fianco, abbassando lo sguardo non trovò il proprio e sporgendosi dall’ingresso lo vide arrotolato in verticale a ridosso degli scalini appena lavati. Perché era stato arrotolato solo il suo? Era un gesto di delicatezza o di fastidio? No, non di delicatezza. Il pianerottolo era ristretto e senz’altro i tre stuoini dovevano essere d’intralcio per le signore delle pulizie. I tappeti dei vicini erano piccoli, ma pesanti, in cocco. Il suo era sottile e più facile da piegare. Era mercoledì, sapeva che era il giorno delle pulizie. Avrebbe dovuto pensarci la sera prima e toglierlo in anticipo. Perché un pensiero così semplice non gli veniva mai? Le due donne dell’impresa iniziavano alle 07:00 partendo dall’ultimo piano a scendere, una spazzava, l’altra lavava. Dino avvertiva i loro passi frettolosi, i movimenti rapidi. Si scambiavano poche frasi spazientite che perdevano d’intensità digradando. Prima di uscire attendeva sempre che passassero al palazzo accanto per evitare qualche rimprovero, aveva la sensazione che se le avesse incontrate lo avrebbero guardato in quel modo insopportabile che vuol dire tutto, senza bisogno di parole, un tutto che non si sentiva in grado di prevedere e interpretare in modo corretto e allora avrebbe dovuto cercare di apparire gentile, grato per il loro duro lavoro, magari disinvolto e di certo avrebbe esitato, cercato le parole… Che errore fatale! Si sarebbero guardate, avrebbero riso di lui o, peggio ancora, lo avrebbero salutato con un lieve disprezzo che avrebbe registrato.
Attese che i gradini tornassero opachi, le zebrature di bagnato cominciarono a ridursi, non doveva lasciare un’orma sporca, taglia 44, su un pianerottolo di scarpe massimo 36. Dalla porta accanto avvertì i movimenti della Perfettina che, già pronta a dar battaglia, spostava cose e animava la casa come forse quella del suo corrispondente al piano di sotto, presto sarebbe uscita e l’avrebbe visto lì, fermo a dirimere pensieri. Lo avrebbe salutato richiamando l’attenzione della Pettegola di fronte, che di certo non si sarebbe affacciata, ma sarebbe rimasta dietro lo spioncino ad auscultare e interpretare significati nascosti da spargere alle diverse coordinate della rete fognaria femminile del comprensorio. No, doveva far presto.
Si allungò fino al punto più asciutto possibile e afferrò il rotolo, lo aprì e lo fece ricadere per terra davanti alla propria porta; ma il tappeto non si appiattì, rimase imbarcato e non ci fu verso di piegarlo al suo volere, nonostante lo avesse pestato più volte. Lo osservò, rendendosi conto che la questione avrebbe richiesto più tempo del previsto. Era sporco, polveroso, non proprio un piacere da toccare con le mani; su quelli di cocco la polvere finiva nascosta tra le fibre ma il suo, rasato, lasciava in bella vista ogni traccia d’impurità. Era chiaro che si rendeva necessario un intervento manuale per il ripristino della forma e ciò non si poteva realizzare a mani nude, non di questi tempi. Rientrò in casa, lasciando accostata la porta, si lavò le mani in bagno e cercò un paio di guanti in lattice che erano tanto di moda adesso. Se li infilò pensando che comunque si sarebbe rilavato le mani dopo, perché puzzavano troppo e non voleva attirare l’attenzione su di sé. Si diresse verso la porta quando vide la Perfettina dentro casa sua, oltre la soglia di ben un metro!
<<Oh!>> si sorprese la donna sibilando le sue scuse con occhi a falce e zigomi rigonfi dietro la mascherina, forse un sorriso o un’antipatia malcelata? <<Mi scusi tanto signor Luci, ho visto aperto, lo zerbino così strano, pensavo che ci fosse qualche p…>> notando in ritardo le mani in posa da chirurgo di Dino <<problema?>>. Le scuse virarono in modo innaturale in domanda con un acuto sull’ultima sillaba.
<<N-no, nessun problema,>> Dino si chiese perché quella donna fosse in casa sua, cosa poteva averle dato il diritto di entrare così a curiosare senza permesso. Le si avvicinò lentamente con le mani inguantate sempre alzate e senza mascherina, solo adesso si rendeva conto di averla dimenticata. Sperava che lo spazio vitale intorno a lui avesse una tale densità da respingerla fuori casa senza doverla toccare, mentre avanzava a passi lenti <<stavo per uscire>>.
<<Ah, bene, bene, meglio così. Mi scusi, eh!>> rispose la donna che non accennava a spostarsi.
Dino estrasse l’arma segreta, si lasciò sfuggire un primo colpo di tosse leggero e poi un secondo, rinforzato. Ottenne l’effetto desiderato e la Perfettina indietreggiò verso il pianerottolo <<Arrivederci>>. Dino allungò il passo sperando di richiudere la porta, per poi decidere con tutta calma come e quando ripulire lo zerbino e in quel mentre si ricordò: lo zerbino! E il fatto strano fu che per Dino parve proprio esser stata quella ritrovata consapevolezza a innescare l’inciampo della Perfettina sullo stuoino ribelle. La donna con un gridolino si ritrovò a terra, su un fianco, producendo un tonfo sordo. Dino fissò la scena al rallentatore nei suoi ricordi e la raggiunse sul pianerottolo.
Con occhi preoccupati la fissava dolorante a terra, le mani ora abbassate verso di lei, ma immobile perché si stava chiedendo se fosse il caso di toccarla per aiutarla. Quanto peserà? Lo avrebbe accettato? In fondo l’aveva quasi spinta lui da un certo punto di vista. Non poteva respirarle addosso, forse avrebbe dovuto mettersi prima la mascherina. Avrebbe dovuto scusarsi? Ma lui non voleva farla cadere, è vero ma lo zerbino era il suo. Si però lei era entrata senza permesso. Comunque non poteva lasciarla a terra così senza aiutarla. E se l’avesse spostata causandole altri danni? Sarà il caso di chiamare un’ambulanza? Magari non è niente. Era tanto che non aveva contatti fisici con una donna, già si sentiva a disagio solo ad averla vicina <<Sta bene signora?>> riuscì a dire ritenendo che fosse la domanda più appropriata da porre in quel frangente in attesa di decidere come muoversi.
<<No!>> rispose lei <<Ho dolore!>> continuando a lamentarsi e a piagnucolare.
<<Mascalzone! Assassino! Vergogna!>> Dino guardò verso la porta di fronte, la Pettegola da dietro il suo spioncino tuonava potente <<Ho visto tutto! Ti denuncio!>> ai suoi occhi quell’uomo incombente sulla donna a terra doveva aver fatto qualcosa di terribile, aveva pure i guanti. Allungò la mano sul telefono e chiamò la polizia.
Dino, preso dal panico, cercò di tirare su la vicina mentre all’altra donna nascosta ripeteva <<Aspetti non è come crede!>>, tuttavia la contusa nel sentirsi tirare gridò di dolore e ricadde giù pesante, forse si era fratturata qualcosa, pensò Dino. Poi ebbe una rivelazione: l’aveva toccata, forse qualcosa nella sua vita stava per cambiare e ne fu stravolto. Si guardò i guanti, assente.
<<Fate presto! La uccide! La sento gridare! Oh mamma mia!>> le grida della gòrgone attirarono l’attenzione in tutto il palazzo, c’era chi non osava affacciarsi per paura, chi scese per trovarsi di fronte alla scena di violenza tra vicini, il tutto incitato dalle grida provenienti da una porta chiusa. Presto si sentirono le sirene della polizia accedere nel comprensorio, il cortile interno si affollò. Dino fu bloccato e portato via, mentre gli agenti prestarono un primo soccorso alla donna per terra.
<<Cosa le ha fatto signora?>> le chiese un agente mentre un altro bussava di fronte.
<<Non so, mi veniva incontro… coi guanti, minaccioso, mi ha fatta cadere, tossiva senza la mascherina. Ho avuto paura e sono finita per terra>>.
Tutti chiedevano, qualcuno rispondeva, chi da una finestra, chi dall’ingresso. Presto fu chiaro quale vicino fosse impazzito.
<<Io lo sapevo! Quello era strano, era matto!>> spiegava la Pettegola dalla porta ora aperta <<Stava lì imbambolato, la fissava per terra, con la testa vuota! Che paura.>> l’agente prendeva nota sostando sullo zerbino ormai appiattito.
Al tappeto
Dino aprì la porta e notò che lo zerbino della dirimpettaia era appoggiato allo stipite, lo stesso per quello della vicina a fianco, abbassando lo sguardo non trovò il proprio e sporgendosi dall’ingresso lo vide arrotolato in verticale a ridosso degli scalini appena lavati. Perché era stato arrotolato solo il suo? Era un gesto di delicatezza o di fastidio? No, non di delicatezza. Il pianerottolo era ristretto e senz’altro i tre stuoini dovevano essere d’intralcio per le signore delle pulizie. I tappeti dei vicini erano piccoli, ma pesanti, in cocco. Il suo era sottile e più facile da piegare. Era mercoledì, sapeva che era il giorno delle pulizie. Avrebbe dovuto pensarci la sera prima e toglierlo in anticipo. Perché un pensiero così semplice non gli veniva mai? Le due donne dell’impresa iniziavano alle 07:00 partendo dall’ultimo piano a scendere, una spazzava, l’altra lavava. Dino avvertiva i loro passi frettolosi, i movimenti rapidi. Si scambiavano poche frasi spazientite che perdevano d’intensità digradando. Prima di uscire attendeva sempre che passassero al palazzo accanto per evitare qualche rimprovero, aveva la sensazione che se le avesse incontrate lo avrebbero guardato in quel modo insopportabile che vuol dire tutto, senza bisogno di parole, un tutto che non si sentiva in grado di prevedere e interpretare in modo corretto e allora avrebbe dovuto cercare di apparire gentile, grato per il loro duro lavoro, magari disinvolto e di certo avrebbe esitato, cercato le parole… Che errore fatale! Si sarebbero guardate, avrebbero riso di lui o, peggio ancora, lo avrebbero salutato con un lieve disprezzo che avrebbe registrato.
Attese che i gradini tornassero opachi, le zebrature di bagnato cominciarono a ridursi, non doveva lasciare un’orma sporca, taglia 44, su un pianerottolo di scarpe massimo 36. Dalla porta accanto avvertì i movimenti della Perfettina che, già pronta a dar battaglia, spostava cose e animava la casa come forse quella del suo corrispondente al piano di sotto, presto sarebbe uscita e l’avrebbe visto lì, fermo a dirimere pensieri. Lo avrebbe salutato richiamando l’attenzione della Pettegola di fronte, che di certo non si sarebbe affacciata, ma sarebbe rimasta dietro lo spioncino ad auscultare e interpretare significati nascosti da spargere alle diverse coordinate della rete fognaria femminile del comprensorio. No, doveva far presto.
Si allungò fino al punto più asciutto possibile e afferrò il rotolo, lo aprì e lo fece ricadere per terra davanti alla propria porta; ma il tappeto non si appiattì, rimase imbarcato e non ci fu verso di piegarlo al suo volere, nonostante lo avesse pestato più volte. Lo osservò, rendendosi conto che la questione avrebbe richiesto più tempo del previsto. Era sporco, polveroso, non proprio un piacere da toccare con le mani; su quelli di cocco la polvere finiva nascosta tra le fibre ma il suo, rasato, lasciava in bella vista ogni traccia d’impurità. Era chiaro che si rendeva necessario un intervento manuale per il ripristino della forma e ciò non si poteva realizzare a mani nude, non di questi tempi. Rientrò in casa, lasciando accostata la porta, si lavò le mani in bagno e cercò un paio di guanti in lattice che erano tanto di moda adesso. Se li infilò pensando che comunque si sarebbe rilavato le mani dopo, perché puzzavano troppo e non voleva attirare l’attenzione su di sé. Si diresse verso la porta quando vide la Perfettina dentro casa sua, oltre la soglia di ben un metro!
<<Oh!>> si sorprese la donna sibilando le sue scuse con occhi a falce e zigomi rigonfi dietro la mascherina, forse un sorriso o un’antipatia malcelata? <<Mi scusi tanto signor Luci, ho visto aperto, lo zerbino così strano, pensavo che ci fosse qualche p…>> notando in ritardo le mani in posa da chirurgo di Dino <<problema?>>. Le scuse virarono in modo innaturale in domanda con un acuto sull’ultima sillaba.
<<N-no, nessun problema,>> Dino si chiese perché quella donna fosse in casa sua, cosa poteva averle dato il diritto di entrare così a curiosare senza permesso. Le si avvicinò lentamente con le mani inguantate sempre alzate e senza mascherina, solo adesso si rendeva conto di averla dimenticata. Sperava che lo spazio vitale intorno a lui avesse una tale densità da respingerla fuori casa senza doverla toccare, mentre avanzava a passi lenti <<stavo per uscire>>.
<<Ah, bene, bene, meglio così. Mi scusi, eh!>> rispose la donna che non accennava a spostarsi.
Dino estrasse l’arma segreta, si lasciò sfuggire un primo colpo di tosse leggero e poi un secondo, rinforzato. Ottenne l’effetto desiderato e la Perfettina indietreggiò verso il pianerottolo <<Arrivederci>>. Dino allungò il passo sperando di richiudere la porta, per poi decidere con tutta calma come e quando ripulire lo zerbino e in quel mentre si ricordò: lo zerbino! E il fatto strano fu che per Dino parve proprio esser stata quella ritrovata consapevolezza a innescare l’inciampo della Perfettina sullo stuoino ribelle. La donna con un gridolino si ritrovò a terra, su un fianco, producendo un tonfo sordo. Dino fissò la scena al rallentatore nei suoi ricordi e la raggiunse sul pianerottolo.
Con occhi preoccupati la fissava dolorante a terra, le mani ora abbassate verso di lei, ma immobile perché si stava chiedendo se fosse il caso di toccarla per aiutarla. Quanto peserà? Lo avrebbe accettato? In fondo l’aveva quasi spinta lui da un certo punto di vista. Non poteva respirarle addosso, forse avrebbe dovuto mettersi prima la mascherina. Avrebbe dovuto scusarsi? Ma lui non voleva farla cadere, è vero ma lo zerbino era il suo. Si però lei era entrata senza permesso. Comunque non poteva lasciarla a terra così senza aiutarla. E se l’avesse spostata causandole altri danni? Sarà il caso di chiamare un’ambulanza? Magari non è niente. Era tanto che non aveva contatti fisici con una donna, già si sentiva a disagio solo ad averla vicina <<Sta bene signora?>> riuscì a dire ritenendo che fosse la domanda più appropriata da porre in quel frangente in attesa di decidere come muoversi.
<<No!>> rispose lei <<Ho dolore!>> continuando a lamentarsi e a piagnucolare.
<<Mascalzone! Assassino! Vergogna!>> Dino guardò verso la porta di fronte, la Pettegola da dietro il suo spioncino tuonava potente <<Ho visto tutto! Ti denuncio!>> ai suoi occhi quell’uomo incombente sulla donna a terra doveva aver fatto qualcosa di terribile, aveva pure i guanti. Allungò la mano sul telefono e chiamò la polizia.
Dino, preso dal panico, cercò di tirare su la vicina mentre all’altra donna nascosta ripeteva <<Aspetti non è come crede!>>, tuttavia la contusa nel sentirsi tirare gridò di dolore e ricadde giù pesante, forse si era fratturata qualcosa, pensò Dino. Poi ebbe una rivelazione: l’aveva toccata, forse qualcosa nella sua vita stava per cambiare e ne fu stravolto. Si guardò i guanti, assente.
<<Fate presto! La uccide! La sento gridare! Oh mamma mia!>> le grida della gòrgone attirarono l’attenzione in tutto il palazzo, c’era chi non osava affacciarsi per paura, chi scese per trovarsi di fronte alla scena di violenza tra vicini, il tutto incitato dalle grida provenienti da una porta chiusa. Presto si sentirono le sirene della polizia accedere nel comprensorio, il cortile interno si affollò. Dino fu bloccato e portato via, mentre gli agenti prestarono un primo soccorso alla donna per terra.
<<Cosa le ha fatto signora?>> le chiese un agente mentre un altro bussava di fronte.
<<Non so, mi veniva incontro… coi guanti, minaccioso, mi ha fatta cadere, tossiva senza la mascherina. Ho avuto paura e sono finita per terra>>.
Tutti chiedevano, qualcuno rispondeva, chi da una finestra, chi dall’ingresso. Presto fu chiaro quale vicino fosse impazzito.
<<Io lo sapevo! Quello era strano, era matto!>> spiegava la Pettegola dalla porta ora aperta <<Stava lì imbambolato, la fissava per terra, con la testa vuota! Che paura.>> l’agente prendeva nota sostando sullo zerbino ormai appiattito.