[MI148] Novgorod

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Commento: Qui

Traccia di mezzanotte: il carcere.

Non ho paura. Mostro il tesserino alla guardia che mi squadra dall'alto in basso con fare sprezzante e con un impercettibile movimento della testa mi fa segno di andare. Prima di oltrepassare quel confine invisibile sbatto per bene i vecchi scarponi liberandoli dalla neve ed entro dalla piccola porta ricavata nel grosso e pesante portone d’ingresso. Ora sono dentro il carcere di massima sicurezza di Novgorod e posso rilassarmi un istante. Mi dirigo con fare sicuro verso le scale alla mia sinistra, quelle che scendono di sotto, non bado a ciò che ho davanti. Altre guardie mi osservano ma non mi fermano, hanno riconosciuto in me la giovane che nei giorni scorsi veniva accompagnata da un inserviente per imparare le mansioni da svolgere e il tragitto da fare una volta entrata. Oggi è il primo giorno che mi avventuro da sola tra quelle spesse mura in cui centinaia di uomini sono rinchiusi. La tensione torna a farsi sentire e devo fare bene attenzione a non scivolare sulle scale umide. Mi tengo al corrimano consumato dalle migliaia di mani che lo hanno percorso prima delle mie. Sto sudando troppo, mi slaccio il pesante cappotto e tolgo il copricapo di pelliccia anche se so già che non è il caldo umido che si respira lì dentro ad arrossarmi le guance. Mi faccio coraggio «il più è fatto, sei dentro, basta seguire il piano.» mi dico per trovare la forza di continuare la prova che mi è stata assegnata. Prendo un bel respiro profondo e apro le pesanti porte basculanti, entro nelle cucine. Subito un lezzo nauseante mi pervade le narici. Un misto di grasso animale e rancido, mi sforzo di non farmi venire la nausea, non ora, perlomeno. Mi dirigo come un automa negli spogliatoi, come se conoscessi la strada da chissà quanto. Mi cambio più veloce che posso e torno velocemente tra i pentoloni fumanti. L’inserviente il giorno prima mi ha confidato che la grassa Irina non tollera che si perda tempo, nemmeno un minuto. Perciò metto su un sorriso imbarazzato tra l’umile e l’ossequioso e mi presento al suo cospetto. La capo cucina ha lo stesso atteggiamento della guardia al portone e mi sbatte con aria di superiorità a tagliare patate. Meglio così. Per fortuna sono piuttosto abile per quel compito, a casa sono sempre io a farlo. E poi, quando mai si è visto una donna russa che non sa pelare le patate? Anche se sono mezze marce e quelle appena commestibili hanno già i germogli tossici non mi faccio scrupoli, sbuccio tutto quello che mi capita sotto le mani, sciacquo i tuberi in una tinozza di acqua sporca e le butto nel pentolone fumante. Pela, sciacqua, butta, pela, sciacqua, butta. Dopo qualche minuto ho le mani marroni di terra e la pelle marcita dall'acqua. I movimenti si fanno meccanici e la mente può concentrarsi sulla prova. Mi fermo solo un secondo per non richiamare lo sguardo di Irina, asciugo la mano sul grembiule lercio e palpo la tasca dei pantaloni di tessuto grezzo. Il sacchettino è lì, rassicurante, e mi tranquillizzo. Con un gesto automatico sistemo una ciocca di capelli sfuggita alla cuffia. Mi guardo attorno e riprendo a pelare. Nessuno degli addetti alle cucine alza mai lo sguardo e le guardie di turno sembrano più annoiate che mai. E il momento, sebbene non riesca a controllare il tremolio alle mani decido di agire comunque. Un’ultima occhiata e via. Prendo un tubero particolarmente grande, ci scavo un interstizio con la punta del pelapatate e quando lo ritengo della misura giusta sciacquo rapidamente con la mano sinistra mentre con l’altra mano prendo fulminea il sacchettino dalla tasca. Nel frattempo prego con tutto il cuore che non mi cada dalle mani e che nessuno mi stia osservando. Pochi secondi dopo con il pollice schiaccio il sacchetto nella patata e la getto nel pentolone. So di avere le guance arrossate, sento la pelle bollente, mi passo il braccio sul viso per togliermi il sudore, ho caldo, mi sento soffocare e il cuore non vuole rallentare la sua corsa. Provo a ricominciare il lavoro meccanico che mi è stato assegnato, ma il pelapatate mi sfugge di mano e cade sul pavimento, attirando l’attenzione della grassona. Lo raccolgo ma subito dopo mi accascio a terra fingendo un mancamento. Sento i passi di Irina avvicinarsi senza fretta e dopo pochi secondi gli scarponi militari di una guardia sono a pochi centimetri dal mio viso. Cerco di riprendermi. Un’altra donna si è accostata ma Irina la allontana apostrofandola in malo modo. La capo cucina mi solleva senza apparente sforzo e mi riaccompagna negli spogliatoi. Il fresco mi rianima, mi siedo sulla panca, sfinita.
«Sei troppo delicata per questo lavoro.» mi rimprovera.
«Ho bisogno di lavorare.» rispondo tremante. La supplico di farmi restare anche se in realtà non desidero altro che uscire da quella prigione.
«Torna domani.» replica seccata lei lanciandomi in grembo il mio pesante cappotto. Poi mi lascia sola. Mi cambio con calma, riprendo il controllo, respiro a fondo ritrovando la sicurezza perduta. Prendo le scale senza guardarmi indietro, non ci tornerò più in questo posto. Di questo sono sicura. Al massimo mi ritroverò di sopra dietro le sbarre della sezione femminile, per aver avvelenato una dozzina di carcerati. Mi scappa quasi un sorriso, è solo un attimo, prima di riprendere l’aspetto sofferente chi si addice al caso. Esco senza ulteriori intoppi. Mi fermo sul marciapiede e aspetto, chiudo per un momento gli occhi e sento solo il rumore della neve sotto gli scarponi e l'aria frizzante in faccia. Una Lada nera accosta. Salgo. Dimitri riparte e dopo qualche centinaio di metri mi pone la domanda fatidica: «tutto a posto?»
Faccio cenno di si con la testa.
Sorride. «Se è così facile superare i controlli di un carcere di massima sicurezza, il nostro rapporto farà cadere molte teste là dentro.»
Ultima modifica di Brutus il dom apr 11, 2021 4:31 pm, modificato 1 volta in totale.

Re: [MI148] Novgorod

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Ciao @Brutus ,
credo di averti incrociato una volta sola prima di adesso. Ti farò un commento spaccando un po' il capello, per postare a mia volta. Sono notoriamente un rompiscatole, quindi non ti risentire... Ma magari non mi lascerai la possibilità di farti alcuna osservazione... chissà... vado a leggere :-) 
Brutus ha scritto: Mostro [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif] il tesserino alla guardia che mi squadra dall'alto in basso con fare sprezzante e con un impercettibile movimento della testa .[M]i fa segno  cenno di andare [con la testa].[/font]
Allora: questo modo di periodare si può snellire, evitando subordinate e ripetizioni sia di termini che di concetti. Ti ho fatto giusto un esempi di quanti caratteri potresti risparmiare in una sola frase. "dall'alto in basso" e "con fare sprezzante", come espressioni, praticamente si equivalgono. Stavo per barrare solo la prima, ma poi ho pensato che già il termine "squadra" contiene in sè il concetto che vuoi esprimere. Tutti e tre insieme mi sembrano davvero di troppo, al limite lascerei dall'alto in basso, ma allora opterei per "guarda" (anche se poi è cacofonico non "guardia")- Un cenno è un segno fatto con un impercettibile movimento (altri caratteri persi). Se proprio ci tieni aggiungi della testa, ma nemmeno questo è essenziale.
Perché tutta sta cura dimagrante? Beh, anche ad impatto visivo il tuo testo si preannuncia un arrampicata su una parete di testo... è solo un esempio su come si può dire senza stancare troppo l settore. Si evita anche la ripetizione "con" "con"
Brutus ha scritto: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Prima di oltrepassare quel confine invisibile sbatto per bene i vecchi scarponi liberandoli dalla neve ed entro dalla piccola porta ricavata nel grosso e pesante portone [/font]d’ingresso
Mmm... medesimo discorso: attento ad appesantire così tanto, anche perché incappi in contraddizioni: il confine, in realtà, è visibile, ed è rappresentato dal portone che menzioni. è importante il preambolo? Non direi, zack! Eviterei anche di dare tutte queste indicazioni grosso/piccolo ecc. Ogni parola che aggiungi pesa un po', deve valerne la pena, less is more: se puoi dire con meno è meglio
Brutus ha scritto: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Altre guardie mi osservano ma non mi fermano, hanno riconosciuto in me la giovane che nei giorni scorsi veniva accompagnata da un inserviente per imparare le mansioni da svolgere e il tragitto da fare una volta [/font]entrata
Ok, non ti ripeterò più le medesime osservazioni, il discorso vale un po' in generale. Ho l'impressione che a furia di subordinate rischi di perderti anche proprio nel significato delle cose che dici. La giovane è andata per imparare il tragitto da fare o piuttosto imparare il tragitto da fare è strumentale a ciò per cui è andata? Ti sembrerà questione di lana caprina, ma da lettore mi ci intoppo.
Brutus ha scritto: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]mi avventuro da sola tra quelle spesse [/font]mura
è già dentro, giusto? Dunque direi "queste"
Brutus ha scritto: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]devo fare bene attenzione a non scivolare sulle scale umide. Mi tengo al corrimano consumato dalle migliaia di mani che lo hanno percorso prima delle [/font]mie
Perché sono umide, le scale? Non me le figuro, e non mi risulta verosimile. Migliaia le hanno percorse prima della protagonista. Ok, non adesso, nel corso del tempo. Ma inevitabilmente mi viene in mente una scena di capitomboli multipli. Ha una funzione l'umidità delle scale, nella narrazione, o è una immagine estemporanea? Me lo chiederei, perché ti fa perdere qualche punto di verosimiglianza

 
Brutus ha scritto: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]mi sforzo di non farmi venire la [/font]nausea

Direi che se la nausea viene viene. Che ne dici di "reprimo il senso di nausea"?
Brutus ha scritto: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]un sorriso imbarazzato tra l’umile e [/font]l’ossequioso
Vai di sottrazione: tre aggettivi per un sorriso, troppo, l'immagine non viene fuori
Brutus ha scritto: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]La capo cucina ha lo stesso atteggiamento della guardia al portone e mi sbatte con aria di superiorità a tagliare [/font]patate
scegli bene i verbi. Talmente bene che contengo già quanto aggiungi di superfluo
Brutus ha scritto: Per fortuna sono piuttosto abile per quel compito, a casa sono sempre io a farlo. E poi, quando mai si è visto una donna russa che non sa pelare le patate?
Medesimo discorso. Anzi, d'ora in poi non te lo segnalo più, direi che è un esercizio in cui potresticimentarti. Asciuga un po' il periodare e i termini superflui
Brutus ha scritto: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]il pelapatate mi sfugge di mano e cade sul pavimento, attirando l’attenzione della grassona. Lo raccolgo ma subito dopo mi accascio a terra fingendo un [/font]mancamento
Perché finge il mancamento? Così facendo attira un bel po' di attenzione su di sé. Solo perché le è scivolato il pelapatate di mano? Un po' esagerato, direi. Per uscire prima da lì? Magari può trovare una scusa meno teatrale...
Brutus ha scritto: mi [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]pone la domanda fatidica: «tutto a posto?»[/font]
Tutto a posto è una domanda fatidica? Anche l'enfasi, cum grano salis.


Ok, @Brutus , lo so, sono stato un vero scassapasso, ma credo che il racconto abbia quei due o tre difetti di scrittura che ti ho fatto notare, e che magari potresti individuarli e lavorarci per migliorare la resa. Le frasi sono spesso paratattiche, il che, quando non ti incarti un po', appesantisce. Proverei a segmentare, sfrondando al contempo dal ricorso eccessivo a paragoni, specificazioni, similitudini ecc. Farei attenzione poi alla tenuta della verosimiglianza, che a tratti non è perfetta.
Detto ciò il racconto non è tutto da buttar via. Ma se vuoi rendere bene la tensione della scena, usare per esplicito a più riprese termini come "tremante" o "soffocare" ha l'effetto opposto di disinnescare la tensione. Magari, la stessa identica storia, raccontata svelando piano piano la tensione della protagonista, tramite dettagli piuttosto che per esplicito, avrebbe potuto avere molto più mordente.
Spero di essere stato scazzapasto sì, ma non inutle.
Alla prox 
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI148] Novgorod

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Brutus ha scritto: Mi faccio coraggio «il più è fatto, sei dentro, basta seguire il piano.»
Il pensiero lo avrei espresso solo col corsivo per non “sprecare” le caporali utili eventualmente per un dialogo.
Mi faccio [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]coraggio [/font][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]il più è fatto, sei dentro, basta seguire il piano.[/font]
Brutus ha scritto: Mi cambio più veloce che posso e torno velocemente
Forse meglio: Mi cambio più veloce che posso  e torno subito (eviterei gli avverbi in -mente laddove possibile. Rallentano la lettura)
Brutus ha scritto: L’inserviente il giorno prima mi ha confidat
L’inserviente, il giorno prima, mi ha...
Brutus ha scritto: la grassa Irina
Eviterei l’aggettivo grassa. È bruttino da leggere
Brutus ha scritto: quel compito, a casa sono sempre io a farlo. E
Qui ci avrei visto bene due punti visto che spieghi.  quel  compito: a casa sono sempre io a farlo.
Brutus ha scritto: E il momento,
È il momento. 
Brutus ha scritto: controllare il tremolio alle mani decido di agire comunque
controllare il tremolio alle mani, decido di agire comunque. (Metterei una virgola)

@Brutus  Ho letto con piacere questo racconto. Mi ha tenuta sulla corda fino alla fine. Lo trovo originale e con una buona tensione narrativa che potrai migliorare, ma che ė già ben presente. 
Ci sono dei piccoli difetti, ma se lo hai scritto col tempo contato è più che normale.
Mi è piaciuta la scelta narrativa in prima persona al presente indicativo. È particolarmente adatta a quello che stai rappresentando e anch’io, quando posso,  la preferisco ad altre forme.
Il veleno inserito nella patata sarà sufficiente? Oppure l’acqua della bollitura lo renderà innocuo? 
Pare estratto da un lavoro più grande. L’atmosfera è resa molto bene e mi piacerebbe leggerne ancora. Quindi pollice su 👍



Re: [MI148] Novgorod

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@Edu 
grazie per essere passato. Assolutamente non mi risento, anzi ti ringrazio infinitamente per le dritte! A dirla tutta a parte l'ambientazione da pseudo thriller è un racconto molto distante dalle mie corde. Volevo fare un esercizio, estemporaneo come mio solito. Non scrivo mai in prima persona e uso molto i dialoghi, normale quindi che il muro sia uscito piuttosto traballante.
@Monica
grazie anche a te. La fretta e il poco tempo non giustificano sempre gli errori, devo sicuramente imparare a rivedere meglio i miei scritti. Io mi sono divertito e mi fa piacere il tuo apprezzamento, alle volte esagero con il non detto con il rischio che il lettore non colga il colpo di scena. Devo lavorarci...

Re: [MI148] Novgorod

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ciao @Brutus . Hai realizzato bene l'aria oppressiva che si respira in un luogo di detenzione, specialmente quelli della ex Unione sovietica.
Per mia abitudine non faccio mai commenti su scrittura e grammatica, preferendo commentare su altri elementi. Mi pare che la trama sia un po limitata al solo piano dei due " infiltrati" e non vi è una storia con una grande impronta. ciao
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI148] Novgorod

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Bella la scena delle patate. Ho letto il racconto molto volentieri, e sono arrivata in fretta alla fine perché ero davvero curiosa di sapere. Come Monica, ho avuto anch'io l'impressione che fosse parte di una storia più lunga. Sono d'accordo con Edu riguardo ai consigli che ti ha dato: sfoltire qua e là renderebbe ancora più piacevole un racconto già solido. 
Un saluto e grazie, @Brutus.
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Re: [MI148] Novgorod

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[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Mi è piaciuto @brutos,  va via quasi senza respiro, anche perché mi sembra che non vai mai a capo. Probabilmente è una tua scelta. Mi ha colto di sorpresa il finale. E le sorprese sono sempre più interessanti delle cose prevedibili.[/font]

[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Una curiosità:[/font]
Un’ultima occhiata e via. Prendo un tubero particolarmente grande, ci scavo un interstizio con la punta del pelapatate e quando lo ritengo della misura giusta sciacquo rapidamente con la mano sinistra mentre con l’altra mano prendo fulminea il sacchettino dalla tasca. Nel frattempo prego con tutto il cuore che non mi cada dalle mani e che nessuno mi stia osservando. Pochi secondi dopo con il pollice schiaccio il sacchetto nella patata e la getto nel pentolone. 

Non mi è completamente chiaro: il veleno è nel sacchetto? Avrebbe avuto effetto solo nella patata in cui era incorporato, oppure avrebbe contaminato tutto il pentolone? E il sacchetto si sarebbe sciolto col bollore o sarebbe rimasto come residuo? Non poteva metterlo direttamente nel pentolone?
Scusa la curiosità. Da quelle parti mi sembra che vanno di modo le contaminazioni radioattive.
Alla prossima

Re: [MI148] Novgorod

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Grazie a tutti quelli che sono passati. Alcune precisazioni sparse per chiarire quanto non sono riuscito a fare con il racconto. Come ho già detto ho il vizio del non detto e a una rilettura più attenta da parte mia avrei dovuto togliere altro e aggiungere qualcosa per rendere meglio il tutto. Sorry.
Le scale sono umide perché se fuori c'è la neve quella che hai sugli scarponi al caldo si scioglie...
Finge un mancamento per uscire prima possibile di lì, quindi deve attirare l'attenzione...
Ho usato grassa e ho spinto con gli aggettivi sul sorriso per far capire come la protagonista si trovi in un posto che solitamente non frequenta e che è tutt'altro che una servetta, ma la cosa non mi è riuscita proprio bene...
La domanda "tutto a posto?" riguarda la riuscita della prova e speravo che la frase di Dimitri fosse esplicativa del colpo di scena finale ma, ahimè, è risultata troppo ermetica. Forse se avessi messo in corsivo la parola rapporto si sarebbe capito che i due non erano altro che addetti al controllo del livello di sicurezza del carcere, non due assassini della mafia russa o del Kgb. 
Amen.

Re: [MI148] Novgorod

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ciao @Brutus, passo per un commento veloce.
Brutus ha scritto: Altre guardie mi osservano ma non mi fermano, hanno riconosciuto in me la giovane che
ammetto di aver pensato, all'inizio che si trattasse di un protagonista. Qui ho avuto una rivelazione.
Un'altra cosa che riguarda la forma è "il blocco di testo". Non ho capito se è una tua scelta o dipende dalla formattazione mancata quando hai postato sul forum. 
Il muro di testo mi ha creato qualche difficoltà di lettura.
BrutusE poi, quando mai si è visto una donna russa che non sa pelare le patate?  ha scritto: Brutus
E poi, quando mai si è visto una donna russa che non sa pelare le patate? 
Con questo stereotipo ho riso moltissimo. 
Al livello contenutistico penso che abbia rispettato la traccia in un modo inatteso, anche perché sono riuscita a tenere alta l'attenzione su un gesto semplice come pelare le patate e mi è sfuggita la vera identità della protagonista e le sue motivazioni. Una vera sorpresa!

Re: [MI148] Novgorod

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@Brutus  non so cosa sia successo, ma il mio primo vero commento é sparito.
Forse sono stata troppo logorroica e il destino mi consiglia la sintesi.
quindi:
1.) Mi é piaciuto moltissimo
2.) La fine per me é stata chiarissima: sono due adetti al controllo della sicurezza
3.) Sono d'accordo che si possa snellire qua e la, ma in realtá durante la lettura non sono stata disturbata da alcun elemento
4.) il tuo racconto mi ha fatto viaggiare parecchio. Prima ho pensato che dovesse far arrivare un messaggio a qualcuno. E mi sono chiesta come quella patata ripiena potesse arrivare alla persona giusta, ma soprattutto perché? Primo plot twist nella mia testa quando dichiara che sarebbero morti diversi ospiti delle carceri. Qui ho esultato per un momento: finalmente la storia di una rara serial killer femminile! Che gioia! Che suspence! Quale sará la molla interiore che la rende assassina? Plot twist numero due: é un'addetta ai controlli. È davvero coerente con quello che era l'unione sovietica la fine del tuo racconto: cosa contano una dozzina di carcerati riepstto a un controllo fatto come si deve?

Piaciuto davvero tanto!

Re: [MI148] Novgorod

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ciao, @Brutus 
Brutus ha scritto: «il più è fatto, sei dentro, basta seguire il piano.» mi dico
via il punto
Brutus ha scritto: «Sei troppo delicata per questo lavoro.» mi rimprovera.
«Ho bisogno di lavorare.» rispondo tremante.
anche qui, un refuso ricorrente. Punto e minuscolo non dovrebbero andare assieme
Brutus ha scritto: replica seccata lei lanciandomi in grembo il mio pesante cappotto.
Brutus ha scritto: Faccio cenno di si

Brutus ha scritto: «Se è così facile superare i controlli di un carcere di massima sicurezza, il nostro rapporto farà cadere molte teste là dentro.»
Ci sono alcune cose che non mi tornano, sono inezie colmate dalla sospensione dell'incredulità che spesso adotto, specie nella narrazione di genere, ma è giusto che te le faccia notare. Non credo sia così semplice riuscire ad accedervi, i controlli immagino siano molto stringenti, difficile far entrare qualcosa di potenzialmente letale, soprattutto considerando il tipo di carcerato di un isituto di sicurezza. Persone pericolose, criminali importanti, mafiosi ecc., gente che qualcuno della stessa risma vorrebbe morta, come conferma anche il tuo racconto. Immagino che per ovviare a ciò, nella realtà, la gestione del vitto sia endogena, come si vede nei film o si legge nei libri.
Inoltre il là dentro, vero errore che chiude il racconto, non tiene conto del fatto che con una dozzina di morti difficilmente la protagonista avrebbe potuto ripetere quanto già fatto.
Ciao, a presto.
Barone sbracato che non chiede dazio né gabella.

Re: [MI148] Novgorod

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@Brutus  , comincio dalla fine.
Brutus ha scritto: Sorride. «Se è così facile superare i controlli di un carcere di massima sicurezza, il nostro rapporto farà cadere molte teste là dentro.»
Beh, non è certo difficile perché:
Brutus ha scritto: Non ho paura. Mostro il tesserino alla guardia che mi squadra dall'alto in basso con fare sprezzante e con un impercettibile movimento della testa mi fa segno di andare. Prima di oltrepassare quel confine invisibile sbatto per bene i vecchi scarponi liberandoli dalla neve ed entro dalla piccola porta ricavata nel grosso e pesante portone d’ingresso. Ora sono dentro il carcere di massima sicurezza di Novgorod e posso rilassarmi un istante. Mi dirigo con fare sicuro verso le scale alla mia sinistra, quelle che scendono di sotto, non bado a ciò che ho davanti. Altre guardie mi osservano ma non mi fermano, hanno riconosciuto in me la giovane che nei giorni scorsi veniva accompagnata da un inserviente per imparare le mansioni da svolgere e il tragitto da fare una volta entrata. Oggi è il primo giorno che mi avventuro da sola tra quelle spesse mura in cui centinaia di uomini sono rinchiusi.
La protagonista ha un tesserino. Quindi in un carcere russo di massima sicurezza dove sono rinchiusi centinaia di uomini - anche se in seguito sapremo che c'è anche una sezione femminile - la direzione ha deciso di affidare il compito di pelar patate - difficile mansione (?) che è stata insegnata alla protagonista nei giorni precedenti - a un elemento esterno a pagamento.
Brutus ha scritto: «Ho bisogno di lavorare.» rispondo tremante.
Ma c'è anche qualche altra stranezza:
Brutus ha scritto: asciugo la mano sul grembiule lercio e palpo la tasca dei pantaloni di tessuto grezzo. Il sacchettino è lì, rassicurante, e mi tranquillizzo
Brutus ha scritto: Prendo un tubero particolarmente grande, ci scavo un interstizio con la punta del pelapatate e quando lo ritengo della misura giusta sciacquo rapidamente con la mano sinistra mentre con l’altra mano prendo fulminea il sacchettino dalla tasca. Nel frattempo prego con tutto il cuore che non mi cada dalle mani e che nessuno mi stia osservando. Pochi secondi dopo con il pollice schiaccio il sacchetto nella patata e la getto nel pentolone
Brutus ha scritto: Al massimo mi ritroverò di sopra dietro le sbarre della sezione femminile, per aver avvelenato una dozzina di carcerati.
Quindi la protagonista - un'inviata dei servizi segreti o dal Ministero dell'Interno - è entrata senza problemi con un sacchettino di veleno in tasca in un carcere di massima sicurezza dove, di certo, come  anche altrove perquisiscono pure gli stessi secondini per evitare che portino qualcosa ai detenuti. Poi mette il veleno in una patata che sarà mangiata da una dozzina di carcerati che moriranno. Boh!


Al di là di queste incongruenze che andrebbero corrette, la trama richiedeva di conoscere come una persona potesse affrontare l'esperienza del carcere, descrivendone le conseguenze. La nota aggiuntiva, poi, chiariva ogni dubbio, se mai ce ne fosse bisogno.
Qui, invece, non c'è alcuna esperienza di detenzione perché la protagonista resta un solo giorno in carcere a pelar patate, non a scontare una pena.

Comunque il carcere c'è, anche se non come lo intendevo io. Per cui lascio ai lettori di tener conto delle mie osservazioni - qualora lo ritengano - in sede di votazione del testo.

Resta solo da dire che la scrittura senza dubbio è accurata e priva di esitazioni e pecche: il racconto è scritto veramente bene.
Sarebbe opportuno, a mio avviso, che rivolgessi la stessa attenzione alla trama e ai particolari della storia, in modo da renderla logica e plausibile.
Se leggi bene questa riga non hai bisogno degli occhiali da vista

Re: [MI148] Novgorod

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Un racconto con un ritmo serrato, che tiene incollati fino alla fine. Ed è proprio la fine a mio avviso ad avere qualche limite. La sequenza delle patate è tesa, ben condotta, per poi passare a poche righe con un nuovo personaggio caratterizzato da una singola frase anche poco naturale e una chiusura che forse banalizza ciò che l'ha preceduta. Avrei lasciato piuttosto un finale aperto, perché se ci racconti la fuga poi vogliamo sapere di più ed entriamo in qualcosa di totalmente nuovo.

Ovviamente sono consigli en passant, perché tutta la tensione della parte delle cucine è scritta ottimamente! Ciao, alla prossima <3

Re: [MI148] Novgorod

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Ciao @Brutus, piacere di leggerti! 
Avevo fatto tutto un commento accuratissimo, scandendoti anche i periodi... ma ha deciso di prendere la via del vento, esplodendo. Vabbè. 

Dicevo: l’ambientazione mi piace, il mood pure. Condivido le perplessità riguardo ai punti centrali della trama di @Macleobond: c’è qualquadra che non cosa, c’è del marcio nelle patate di Russia, non saprei. È vero che la reticenza è un’arma preziosa, ma se ne allarghiamo troppo le trame ci troviamo con dei buchi. 

Per il resto mi sembra ben scritto (il mood, come ho già detto, c’è!), ma rivedrei la scansione dei periodi della prima parte. 
Brutus ha scritto: Mostro il tesserino alla guardia che mi squadra dall'alto in basso con fare sprezzante e con un impercettibile movimento della testa mi fa segno di andare. Prima di oltrepassare quel confine invisibile sbatto per bene i vecchi scarponi liberandoli dalla neve ed entro dalla piccola porta ricavata nel grosso e pesante portone d’ingresso. / Ora sono dentro il carcere di massima sicurezza di Novgorod e posso rilassarmi un istante. / Mi dirigo con fare sicuro verso le scale alla mia sinistra, quelle che scendono di sotto, non bado a ciò che ho davanti. / Altre guardie mi osservano ma non mi fermano, hanno riconosciuto in me la giovane che nei giorni scorsi veniva accompagnata da un inserviente per imparare le mansioni da svolgere e il tragitto da fare una volta entrata. / Oggi è il primo giorno che mi avventuro da sola tra quelle spesse mura in cui centinaia di uomini sono rinchiusi. / La tensione torna a farsi sentire e devo fare bene attenzione a non scivolare sulle scale umide. / Mi tengo al corrimano consumato dalle migliaia di mani che lo hanno percorso prima delle mie. /Sto sudando troppo, mi slaccio il pesante cappotto e tolgo il copricapo di pelliccia anche se so già che non è il caldo umido che si respira lì dentro ad arrossarmi le guance. /
Non è scritto male, anzi, ma la struttura mi sembra un po’ monotona. Ho segnalato in grassetto i punti di congiunzione sui quali potresti intervenire per rendere il ritmo più incalzante: prova ad accorciare qualche frase, a separare delle coordinate (non tutte, ovviamente, ma prova a seguire l’orecchio).  Per renderlo più efficace bastano dei due punti, dei punti fermi, giusto per non ripetere le stesse strutture e tenere sempre il lettore in attenzione. Non che sia sbagliato come l’hai scritto, sia chiaro! Però leggendolo (e provando a farlo ad alta voce) ho avuto questa impressione. 

A rileggiti  (y)

 

Re: [MI148] Novgorod

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Brutus ha scritto: Mi scappa quasi un sorriso, è solo un attimo, prima di riprendere l’aspetto sofferente chi si addice al caso.
Ciao @Brutus, ho aggiunto solo un refuso. La lettura procede rapida fino alla fine con tensione crescente. Forse era necessaria qualche virgola qua e là, non che ne sentissi personalmente il bisogno, :lol:  mi è piaciuto lanciarmi come un missile verso il finale di questa gelida protagonista, che si fa pure scappare un sorriso. Ho avuto davvero freddo, in tutti i sensi. Molto bravo. (y)
"Fare o non fare, non c'è provare." Yoda - Star Wars

Re: [MI148] Novgorod

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@Brutus , mi sei piaciuto. Il tuo racconto è visivo, sensoriale, sospeso come il fiato di chi non può permettersi errori, claustrofobico come tutti gli universi distopici (distopici? Vabbè, [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]per oggi[/font] lasciamelo credere) Piaciuta la meticolosità dell'azione tutta in soggettiva e quelle patate alla [font="Google Sans", arial, sans-serif]Ivan Denisovič. Mi hai fatto essere lì, bravo![/font]
[font="Google Sans", arial, sans-serif]Detto questo, fammi fare un po' di pulci. Cose da niente.[/font]
[font="Google Sans", arial, sans-serif]Cigolano qua e là alcune espressioni un po' manierate, a volte ridondanti. Te ne mostro solo alcune:[/font]
Brutus ha scritto: grosso e pesante portone d’ingresso
Brutus ha scritto: tra quelle spesse mura
Brutus ha scritto: mi presento al suo cospetto.

Brutus ha scritto: con l’altra mano prendo fulminea il sacchettino dalla tasca.



[font="Google Sans", arial, sans-serif]Scivolano nel letterario appannando proprio quell'effetto presenza che il tuo punto forte. Così come alcune incongruenze:[/font]

Brutus ha scritto: Dopo qualche minuto ho le mani marroni di terra e la pelle marcita dall'acqua.
[font="Google Sans", arial, sans-serif]Se hai messo le mani a mollo, sai che non basta qualche minuto per far marcire la pelle. Magari potresti aggiungere che è acqua radioattiva, come lo è tutta la zona, cosa che, senza lungaggini, spiegherebbe anche il motivo dell'impresa.[/font]

Brutus ha scritto: Prendo un tubero particolarmente grande, ci scavo un interstizio con la punta del pelapatate.
[font="Google Sans", arial, sans-serif]Questo non mi è chiaro. Il pelapatate, intendo. Il mio non ha la punta. Dev'essere un modello vecchio[/font]
[font="Google Sans", arial, sans-serif]E' un bel racconto @Brutus. Meriterebbe un finale più ruvido. Qualcosa del tipo:[/font]
[font="Google Sans", arial, sans-serif][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Sorride. «Bene, cadranno molte teste là dentro»[/font][/font]
[font="Google Sans", arial, sans-serif][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Ma queste sono mie fissazioni.[/font][/font]
[font="Google Sans", arial, sans-serif][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]A rileggerti![/font][/font]
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Re: [MI148] Novgorod

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Penso sia un racconto godibile, se dovessi descriverlo con una parola direi impressionista. Tutto è appena pronunciato, non c'è molto se non il carcere, la neve, il freddo e l'obiettivo della protagonista. Mi è piaciuto il clima opprimente che si respira durante la lettura, ma come ha detto un altro utente forse avrei lasciato il finale aperto, e non avrei introdotto un altro personaggio soltanto per una frase a fine racconto.

Se posso darti un consiglio, anche se personalmente mi è piaciuto il modo in cui hai scritto questo racconto, un pò senza sfondo, allargherei un pò il tutto perchè così sembra che non ci sia un vero e proprio motivo per le azioni della protagonista. Perchè ha quel compito, quali sono le sue motivazioni, cosa la spinge ad avvelenare quelle persone? Secondo me, se avessi magari aggiunto un pò di più a quello che hai scritto, il racconto avrebbe guadagnato un pò più di profondità. Mi è comunque piaciuto, e leggerei un altro dei tuoi racconti.

Re: [MI148] Novgorod

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Penso sia un racconto godibile, se dovessi descriverlo con una parola direi [font="Calibri", sans-serif]impressionista[/font]. Tutto è appena pronunciato, non c'è molto se non il carcere, la neve, il freddo e l'obiettivo della protagonista. Mi è piaciuto il clima opprimente che si respira durante la lettura, ma come ha detto un altro utente forse avrei lasciato il finale aperto, e non avrei introdotto un altro personaggio soltanto per una frase a fine racconto.

Se posso darti un consiglio, anche se personalmente mi è piaciuto il modo in cui hai scritto questo racconto, un po’ senza sfondo, allargherei un po’ il tutto perché così sembra che non ci sia un vero e proprio motivo per le azioni della protagonista. Perché ha quel compito, quali sono le sue motivazioni, cosa la spinge ad avvelenare quelle persone? Secondo me, se avessi magari aggiunto un po’ di più a quello che hai scritto, il racconto avrebbe guadagnato un po’ più di profondità. Mi è comunque piaciuto, e leggerei un altro dei tuoi racconti.

Per quanto riguarda lo stile e la grammatica, cambierei qualcosa, vado in ordine:
  1.  I caporali usati per indicare i pensieri della protagonista non mi sembrano la scelta migliore, preferirei le virgolette visto che poi usi i caporali per far parlare l’altro personaggio alla fine.
  2.   Certe volte, come in “Prendo un bel respiro profondo e apro le pesanti porte basculanti, entro nelle cucine.” Mi sembra che il ritmo sia troppo spezzato. Ad esempio questa frase starebbe meglio senza quell’”entro nelle cucine”.
  3.  Forse sono vittima dello stile britannico, ma secondo me dividendo tutto in paragrafi la lettura scorrerebbe molto meglio, così può risultare un po' difficile da leggere.
  4.  Certe volte l’uso delle virgole appesantisce un po' troppo il ritmo, ad esempio: “Al massimo mi ritroverò di sopra dietro le sbarre della sezione femminile, per aver avvelenato una dozzina di carcerati.” La virgola la toglierei, renderebbe la frase meno frammentata.
  5.     In “«tutto a posto?»”, la “t” andrebbe maiuscola.
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