Etruschi a merenda
Posted: Wed Apr 07, 2021 7:58 am
Commento
Leo e Marta sono in silenzio da quasi venti minuti; questo può significare che o il capitolo sugli Etruschi è più interessante del previsto o che stanno pensando ai fatti loro.
Succede spesso che i due amici studino insieme, in una casa o nell’altra, non importa quale; come dice sempre la mamma di Leo: mal comune, mezzo gaudio.
«A che punto sei?» chiede Marta sbirciando l’amico da sotto in su.
«Quasi finito,» mormora Leo seguendo il testo con un dito teso. «Forti sti Etruschi, eh?»
Marta alza le spalle e chiude il libro. «Lasciamo perdere Etruschi, Romani e compagnia e andiamo a fare merenda? Sto davvero morendo di...»
Un boato fragoroso gli spara il cuore nelle orecchie. Marta e Leo sbiancano, poi Leo sorride incerto.
«Sarà caduto qualcosa in cucina,» dice come se non fosse niente di speciale, ma gli trema la voce. «Andiamo a vedere, così facciamo merenda.»
Marta annuisce, ma il batticuore non le passa, ma non vuole che Leo pensi che è una fifona, così fa scivolare la sedia da sotto il tavolo e si alza.
Leo si mette in piedi, lo sguardo fisso sulla porta della cucina. Marta va al suo fianco. Non ci pensa nemmeno a rimanere per ultima e sicuro nemmeno per prima. Meglio stare uno di fianco all’altro.
La cucina è distante pochi metri, ma i passi dei due amici sono lenti e pesanti, li portano indietro, non avanti. Quasi camminano sul posto.
Si avvicinano alla cucina come formiche. Manca per sbirciare oltre la soglia. Si bloccano senza fiatare. Fissano la porta socchiusa senza riuscire a decidere se allungare una mano e spalancarla o se chiuderla e scappare nella direzione opposta.
Leo non resiste e afferra una mano di Marta che risponde alla stretta.
«Non facciamo i fifoni,» sussurra Leo.
Marta scuote la testa, poi annuisce. «È caduto qualcosa con il vento, magari è rimasta una finestra aperta.»
«Va bene, entriamo.» Leo allunga il palmo aperto verso la porta per aprirla con un colpo solo.
Un clangore di metallo esplode dalla cucina, un secondo più tardi la porta si chiude con un botto e le dita di Leo quasi ci rimangono in mezzo.
I due amici sono più bianchi del muro della scuola. Poi Marta urla e Leo anche e corrono a nascondersi dietro al divano. Si fanno piccoli piccoli, due palle tremolanti di vestiti sudaticci e cuori al galoppo.
«C’è qualcuno in casa, Marta!» sussurra Leo.
«Ma chi?»
«I ladri, chi altro?»
«Leo, siamo al quinto piano, come ci sono entrati qui?»
«Loro entrano dappertutto.»
«Siamo sempre stati al tavolo,» sbuffa Marta indicando il centro del salotto. «Non potevano passare senza che li vedessimo.»
Marta vede Leo cercare una risposta ragionevole, ma non la trova. I ladri sono entrati anche da sua nonna, però fuori dal palazzo c’erano le impalcature e i ladri l’avevano scalata per intrufolarsi in camera da letto: avevano rubato tutto quello che c’era. Non avevano preso altro perché la famiglia al completo stava pranzando in sala. Fuori dalla cucina di Leo non ci sono impalcature però, quindi o questi ladri volano o la spiegazione è un’altra.
«Leo.» Marta lo scuote perché sembra che sia rimasto ipnotizzato dal bracciolo del divano. «Non sono ladri. Nessuno può arrampicarsi fino quassù.»
«Loro entrano ovunque!» bisbiglia Leo e Marta pensa che i suoi occhi le fanno tremare le ginocchia. Allora lo abbraccia, così non li vede più.
«Ora vado a vedere io. Non rimarremo qui nascosti.»
«Aspettiamo che torni la mamma; quanto vuoi che ci metta a fare la spesa?»
Però Marta ha deciso: Leo l’aiuta sempre con compiti e interrogazioni. Non importa se ha paura, questa volta sarà lei ad aiutarlo. Scioglie l’abbraccio e si alza in piedi. «Tu stai qua, vedrai che non è niente.»
Prima che Leo possa dire altro, Marta va verso la cucina. Si ripete che nessuno è entrato, l’avrebbero visto. Davanti alla porta si ferma e ascolta. Sente solo il ronzio del frigo. Marta allunga la mano, poi esita e si gira. «Aaah!»
Leo l’ha raggiunta senza fare rumore ed è in piedi dietro di lei.
«Scusa. Vengo con te.»
I due amici si prendono per mano, poi Marta abbassa la maniglia e spalanca la porta.
La cucina è vuota e immobile, la portafinestra del balcone è socchiusa. A terra c’è la grossa terrina di metallo in cui la mamma di Leo fa l’insalata; più in là ci sono dei piatti rotti.
«Vedi?» esclama Marta trascinando l’amico verso la finestra. «È stato il vento.» Fuori il sole splende, più in basso qualcuno ride sul prato del condominio. «Tutto a posto, Le...»
Una scheggia seguita da un miagolio schizza tra di loro, salta sulla ringhiera del balcone e poi nel vuoto. Marta e Leo si buttano dietro al gatto e guardano giù: non c’è traccia di lui.
«Un gatto!» Marta scoppia a ridere in una di quelle risate che sembra continueranno per sempre. Poco dopo anche Leo esplode. Ridono così tanto che gli scendono le lacrime. Ridono così forte che che si tengono la pancia. Ridono così di gusto che si devono sedere per terra. «Un gatto!» ripete Leo quando riprendono fiato.
Marta sorride. «Andiamo a fare merenda.»
I due amici si alzano e rientrano in cucina.
Leo e Marta sono in silenzio da quasi venti minuti; questo può significare che o il capitolo sugli Etruschi è più interessante del previsto o che stanno pensando ai fatti loro.
Succede spesso che i due amici studino insieme, in una casa o nell’altra, non importa quale; come dice sempre la mamma di Leo: mal comune, mezzo gaudio.
«A che punto sei?» chiede Marta sbirciando l’amico da sotto in su.
«Quasi finito,» mormora Leo seguendo il testo con un dito teso. «Forti sti Etruschi, eh?»
Marta alza le spalle e chiude il libro. «Lasciamo perdere Etruschi, Romani e compagnia e andiamo a fare merenda? Sto davvero morendo di...»
Un boato fragoroso gli spara il cuore nelle orecchie. Marta e Leo sbiancano, poi Leo sorride incerto.
«Sarà caduto qualcosa in cucina,» dice come se non fosse niente di speciale, ma gli trema la voce. «Andiamo a vedere, così facciamo merenda.»
Marta annuisce, ma il batticuore non le passa, ma non vuole che Leo pensi che è una fifona, così fa scivolare la sedia da sotto il tavolo e si alza.
Leo si mette in piedi, lo sguardo fisso sulla porta della cucina. Marta va al suo fianco. Non ci pensa nemmeno a rimanere per ultima e sicuro nemmeno per prima. Meglio stare uno di fianco all’altro.
La cucina è distante pochi metri, ma i passi dei due amici sono lenti e pesanti, li portano indietro, non avanti. Quasi camminano sul posto.
Si avvicinano alla cucina come formiche. Manca per sbirciare oltre la soglia. Si bloccano senza fiatare. Fissano la porta socchiusa senza riuscire a decidere se allungare una mano e spalancarla o se chiuderla e scappare nella direzione opposta.
Leo non resiste e afferra una mano di Marta che risponde alla stretta.
«Non facciamo i fifoni,» sussurra Leo.
Marta scuote la testa, poi annuisce. «È caduto qualcosa con il vento, magari è rimasta una finestra aperta.»
«Va bene, entriamo.» Leo allunga il palmo aperto verso la porta per aprirla con un colpo solo.
Un clangore di metallo esplode dalla cucina, un secondo più tardi la porta si chiude con un botto e le dita di Leo quasi ci rimangono in mezzo.
I due amici sono più bianchi del muro della scuola. Poi Marta urla e Leo anche e corrono a nascondersi dietro al divano. Si fanno piccoli piccoli, due palle tremolanti di vestiti sudaticci e cuori al galoppo.
«C’è qualcuno in casa, Marta!» sussurra Leo.
«Ma chi?»
«I ladri, chi altro?»
«Leo, siamo al quinto piano, come ci sono entrati qui?»
«Loro entrano dappertutto.»
«Siamo sempre stati al tavolo,» sbuffa Marta indicando il centro del salotto. «Non potevano passare senza che li vedessimo.»
Marta vede Leo cercare una risposta ragionevole, ma non la trova. I ladri sono entrati anche da sua nonna, però fuori dal palazzo c’erano le impalcature e i ladri l’avevano scalata per intrufolarsi in camera da letto: avevano rubato tutto quello che c’era. Non avevano preso altro perché la famiglia al completo stava pranzando in sala. Fuori dalla cucina di Leo non ci sono impalcature però, quindi o questi ladri volano o la spiegazione è un’altra.
«Leo.» Marta lo scuote perché sembra che sia rimasto ipnotizzato dal bracciolo del divano. «Non sono ladri. Nessuno può arrampicarsi fino quassù.»
«Loro entrano ovunque!» bisbiglia Leo e Marta pensa che i suoi occhi le fanno tremare le ginocchia. Allora lo abbraccia, così non li vede più.
«Ora vado a vedere io. Non rimarremo qui nascosti.»
«Aspettiamo che torni la mamma; quanto vuoi che ci metta a fare la spesa?»
Però Marta ha deciso: Leo l’aiuta sempre con compiti e interrogazioni. Non importa se ha paura, questa volta sarà lei ad aiutarlo. Scioglie l’abbraccio e si alza in piedi. «Tu stai qua, vedrai che non è niente.»
Prima che Leo possa dire altro, Marta va verso la cucina. Si ripete che nessuno è entrato, l’avrebbero visto. Davanti alla porta si ferma e ascolta. Sente solo il ronzio del frigo. Marta allunga la mano, poi esita e si gira. «Aaah!»
Leo l’ha raggiunta senza fare rumore ed è in piedi dietro di lei.
«Scusa. Vengo con te.»
I due amici si prendono per mano, poi Marta abbassa la maniglia e spalanca la porta.
La cucina è vuota e immobile, la portafinestra del balcone è socchiusa. A terra c’è la grossa terrina di metallo in cui la mamma di Leo fa l’insalata; più in là ci sono dei piatti rotti.
«Vedi?» esclama Marta trascinando l’amico verso la finestra. «È stato il vento.» Fuori il sole splende, più in basso qualcuno ride sul prato del condominio. «Tutto a posto, Le...»
Una scheggia seguita da un miagolio schizza tra di loro, salta sulla ringhiera del balcone e poi nel vuoto. Marta e Leo si buttano dietro al gatto e guardano giù: non c’è traccia di lui.
«Un gatto!» Marta scoppia a ridere in una di quelle risate che sembra continueranno per sempre. Poco dopo anche Leo esplode. Ridono così tanto che gli scendono le lacrime. Ridono così forte che che si tengono la pancia. Ridono così di gusto che si devono sedere per terra. «Un gatto!» ripete Leo quando riprendono fiato.
Marta sorride. «Andiamo a fare merenda.»
I due amici si alzano e rientrano in cucina.