*Leggere attentamente il foglietto illustrativo

1
Mike, l’Uomo e SilkRoad


– Cioè, non è proprio una startup, capisci?

Penso: ma che cazzo. Ho fatto millecinquecentotrenta miglia per venire in questo buco di culo di mondo che sembra fermo al pleistocene e il tipo non la smette di parlare di echinacee, frumento e produzione equa e solidale. Pensavo ne sarebbe valsa la pena, che avrei trovato il grand’Uomo, con la U maiuscola e una montagna di soldi da tuffarcisi dentro. Cioè, io parlo di business. Business vero, non quella roba che fanno a San Francisco in mezzo ai tavoli da ping-pong; e invece questo neanche mi guarda in faccia e continua a caricare sacchi di iuta su un vecchio camion rosso sfasciato che sembra pronto per il paradiso delle auto.

– Amico, oh. Non mi schiattare eh?

– Ai miei tempi, se vedevamo un vecchio affaticato, ci toglievamo il berretto, rimboccavamo le maniche e gli facevamo “Tranquillo, capo. Si riposi, qui ci pensiamo noi”. Puah!

– Sì, beh… doveva essere un mucchio di tempo fa, eh? Oh! Sputalo da un’altra parte quel tabacco. Cristo, per un pelo non mi rovinavi i pantaloni nuovi.

– Tu sei Mike, vero?

– Eh, e tu sei… –

– Io sono io e tu sei tu, tanto basta.

– Sì ok. Allora, la vediamo questa roba?

– Heh… roba. “Vediamo questa roba”, dice lui.

– Dai, hai capito. I server, l’infrastruttura. Quella roba là. Facciamo un po’ di business, amico!





Balloon


A volte non so se sono più fatto io o il mio cane. Cioè, ogni tanto qualche pasticca glie la do, da quando gli era venuto un mal di pancia atroce e al posto del lassativo gli ho dato del clonazepam. Non l’ho mica fatto apposta, quella roba è tutta uguale: bianca, piccola e tonda. Neanche una scritta o un disegnino stampato sopra come le candy. Da allora se non gli ficco giù una o due pillole in una fetta di prosciutto ogni tanto gli schizza il cervello, da di matto e mi fa un casino insopportabile in casa.

Appena siamo arrivati in questo scolo di rifiuti è saltato giù dal finestrino e si è messo a pisciare dappertutto, ma l’Uomo non l’ha degnato di uno sguardo. Ha continuato a caricare i sacchi di iuta come se Balloon non gli avesse appena pisciato su tutto il raccolto di cavoli o che so io.

– Woof, woof!

– Hey. Hey bello, vieni qua. Vieni qua, Balloon.

Niente, segue quel vecchio neanche fosse nostro signore sceso in terra. Guarda là che feste che gli fa. Stronzo bastardo.





Anfetamine, South L.A. e Bret Easton Ellis



– Da dov’è che vieni?

Il vecchio si è deciso a parlare. Balloon gli piace, e lui piace a Balloon. Chissà com’è che vecchi e cani vanno subito d’accordo. Forse perché hanno più o meno la stessa età, e hanno visto entrambi un mucchio di merda che la metà a me basterebbe per dire che ho campato una vita serena.

– Da Harvard.

– Stronzate.

– Giuro, da Harvard Park. Sud di Los Angeles.

– Ah… heh. Bel posto del cazzo per morire.

– Io lì non ci muoio, amico. Per questo sono qui.

– Ah… vuoi morire qui?

– Cristo, no. Qui ci voglio fare i soldi. Voglio morire in un bel posto tranquillo, al sole, con un drink in mano e una bella fica a sventolarmi in faccia.

– Ah… ne ho avute, di quelle. Alla fine, uno si stufa di tutto.

La cosa sta andando sul filosofico. Ha uno sguardo vacuo, non riesco a capire se è tocco di natura o è strafatto di qualcosa.

– Si, beh. Senti, l’indirizzo me l’ha dato Steve. Steve, hai presente? Capelli biondi, ricci, pisello corto come una striscia di coca.

– Ah… come ha il pisello non lo so.

– Giuro su dio, amico. Come una striscia di coca. Allora, questi server?

– Mmh… sul retro. Vieni con me.

Entriamo nel prefabbricato dove tiene i sacchi di iuta. C’è un lavandino sospeso a mezzo metro da terra con un bocchettone di gomma per l’acqua. Non so come mi viene voglia di osservarlo da vicino. Sarà che è l’unica cosa che c’è in questa stanza oltre a quei merdosissimi sacchi di iuta. Da come è incrostato il lavello direi che lo usa sia per bere che per pisciare. Probabilmente sta qui tutto il giorno a… non so, a caricare e scaricare sacchi, credo.

– Hey, amico. Hey.

È sparito. Lo cerco in mezzo alla polvere stipata a fette spesse, mi ci infilo a fatica ma per fortuna sono mingherlino.

– Hey, vecchio! Dove cazzo sei?

– Di sotto. Scendi o no?

In fondo al prefabbricato vedo un’altra pila di sacchi, ma questi sono di colore rosso, forse intrecciati a mano, visto lo spessore dei nodi sulla trama. Dietro alla pila, c’è una minuscola porta d’acciaio incassata nel pavimento, lunga più o meno mezzo metro. Sembra acciaio rinforzato, di quello che si usa per i coperchi delle casseforti a muro. È aperta e il vecchio mi chiama da dentro.

– Attento a dove metti i piedi, ci sono parecchi pioli prima della terra ferma.

Se cado, almeno avrò il tempo di finirmi tutti i flashback della mia vita prima di schiantarmi.





METHYLPHENIDATO DIMETHYLTRIPTAMINO



Ma che… mi vengono in mente almeno una ventina di esclamazioni, parolacce e frasi ad effetto; ma nessuna basterebbe a descrivere questo posto. Colonne di armadietti in nero tevlar con una miriade di goccine digitali che bippano e trillano dappertutto.

– Sembra l’Enterprise.

– Mmh?

– L’Enterprise, sai. Star Wars.

– Star Trek, idiota.

Un tipo col naso aquilino e gli occhiali da stronzo sbuca da dietro una parete di plexiglass fumé. Lui sì sembra strafatto.

– E tu chi cazzo sei, Stan Lee?

– Lui è Twilio. Twilio, lui è Mike.

– Sei quello del drug-sharing, vero?

– Drugpal. L’app si chiama Drugpal. Sarà una rivoluzione, amico.

– Sì, certo. Beh, in cosa possiamo esserti utile, amico?

– È lei? Voglio dire… questa è SilkRoad?

L’Uomo annuisce.

– Questa è SilkRoad. Non serve che ti dia qualche numero, ma giusto per capirci: siamo il principale vettore mondiale sul mercato. Il principale smercio sul deep web. Una community grossa tre volte Twitter, e fatturiamo almeno il doppio della Apple. Non ci serve, la tua rivoluzione.

– Lo so, signore.

– Heh… “signore”. Ti adegui in fretta

– Però c’è una cosa che non capisco. Perché qui? Voglio dire, perché tenere tutto nel culo di una fattoria del midwest? Questa roba dovrebbe essere Fort Knox. Voglio dire… un bunker cinquanta metri sotto l’Antartide o roba del genere.

– Cosa vuoi, tutta la biografia? Abbiamo iniziato nel ’70, e questo c’era. Finora non abbiamo mai avuto problemi, non vedo perché cambiare.



– Dì un po’, Twilio.

– Mh?

– Da quant’è che lavori qui?

– Ah… uhm… sai che non lo so?

Ho scoperto poi che i sacchi di iuta erano pieni di ogni ben di dio. Un tipo è venuto, ha portato via il furgone rosso e ne ha lasciato uno color carta di zucchero. Se possibile, più scassato del primo. E così via per tutto il giorno. A metà mattina è arrivato un gruppo di ragazzetti in canottiera con la pelle colore del Messico e hanno continuato a caricare sacchi al posto del vecchio. Candies, meth, strips, LSD, DMT, molly, speed. Pasticche. Pasticche a non finire. Sembrava il lunapark di Balloon.

Alla sera, io e Twilio ci siamo messi a fumare cristalli e a parlare del più e del meno, e ho scoperto che è un cospirazionista di quelli ferventi. Ci crede davvero. Era ancora più fatto della mattina, ma io cominciavo a tenergli testa.

Che non si dica che non sono il più sballato figlio di puttana del West.





Micro-dosing e Keanu Reeves



– Cioè … fammi capire … che vuol dire micro-dosing?

– È … è tipo … tipo che ti droghi, però mica tanto. Non ti sballi. È solo per lavorare meglio … capisci? Per … per fare business.

– Cioè … fammi capire … tu ti droghi … per essere più produttivo?

– Beh … in un certo senso.

– Caaaazzo amico. Se questa non è la più grossa vittoria dei porci capitalisti non so cos’altro.

– …

– … comunque … non è che dicevo che Keanu Reeves è un vampiro proprio. Cioè … più o meno. Ma non di quelli che succhiano sangue … solo immortale. Quelli di Hollywood lo sono tutti.

----

https://www.writersdream.org/forum/foru ... ustrativo/
Rispondi

Torna a “Racconti”