[MI147] Maria e Samir
Posted: Sun Mar 28, 2021 11:59 pm
Vorrei tu ascoltassi: Strade parallele di Giuni Russo e ...
Lo guardo dormire e penso che sta invecchiando. Anche io sto invecchiando e dormire sotto le stelle non è cosa per me. Ma come si fa a dormire sotto le stelle senza neanche un tetto sopra la testa? Solo le pareti. Le pareti intorno, le porte, le finestre e neanche un tetto a ripararci. E’ vero, qui non piove mai, poco più in là il deserto, ma un tetto ci vuole.
… e neanche un materasso sotto la schiena, solo tappeti.
Samir dice che presto lo avremmo un letto, ma non è questo. E’ anche questo, ma non solo questo.
Alzo gli occhi e vedo le stelle. Un milione di stelle sopra di noi, non ne ho mai viste tante tutte insieme come in questi mesi. Sembrano così vicine. Come quest’uomo che mi dorme a fianco. Lo amo più di tutto, più di mio marito.
Si chiamava Antonio mio marito. Eravamo due ragazzini; abbiamo avuto le figlie subito, una dietro l’altra, neanche un po’ di tempo per noi. E poi è morto in un incidente d’auto. Mi ha lasciata sola a crescere le figlie, a farle studiare, a consolarle nei momenti difficili . Mi sono arrangiata pulendo lo sporco degli altri, adattandomi a qualsiasi cosa.
Io e Antonio non abbiamo mai neanche davvero fatto l’amore. E’ stato Samir ad insegnarmelo. Con lui ho scoperto un sacco di cose. Solo Samir mi ha guardata in mezzo alle gambe, mio marito non lo aveva mai fatto. Ora so il sapore dei baci e il calore che ti viene da dentro.
Samir l’ho conosciuto in Italia. Al mio paese. L’ho conosciuto per caso. Lui al mattino aspettava il pullman per andare al lavoro e io passavo di lì in bicicletta.
E’ stato lui ad accorgersi di me.
Mi ha salutata un giorno, poi un altro giorno… io non volevo nemmeno dargli corda e non gliene davo, ma lui ha saputo strapparmi un sorriso con il suo essere educato e gentile.
Un giorno mi ha regalato un mazzolino di fiori di gelsomino, qui lo chiamano Machmum. Mi ha detto che avrei dovuto portarlo dietro l’orecchio e mentre si avvicinava mi è piaciuto il suo profumo, il calore che emanava il suo corpo, mi è piaciuto come mi guardava. Nessuno mi aveva mai guardata così.
Fermarsi a parlare con lui nei giorni seguenti è stato naturale, come accettare il suo invito a cena e poi accompagnarlo a Venezia perché lui a Venezia non c’era mai stato. E’ stato naturale innamorarmi di lui e accettare di seguirlo in questo paese. Ci ho pensato a lungo prima di farlo, forse non troppo lungo come ci si sarebbe aspettati da me, ma non sono una sprovveduta.
Il fatto è che io non so nemmeno la sua lingua. Solo lui qui conosce la mia e per qualsiasi cosa ho bisogno di lui. Anche per comprare la farina. Qui c’è davvero poco a parte orizzonti sconfinati. Lui mi è sempre presente, ama starmi accanto e cerca di farmi stare bene è che a me è passata la voglia.
Mi mancano le miei figlie, i miei nipoti, mi manca la mia bicicletta, la mia casa, le travi sopra alla testa, il freddo d’inverno, i fiori del mio giardino. Mi commuovo solo a pensarli… i fiori.
Samir non può compensare tutto questo, lui è solo un uomo. A me manca la vita, le mie abitudini, mi piaceva stare sola prima di lui, mi manca pure quello, ma poi lo guardo… lo sfioro con la mano. Anche adesso, lo sfioro e lui la bacia nel sonno. Dormendo mi bacia la mano e l’appoggia sul cuore. Mi fa così male pensare di non svegliarmi più al suo fianco.
Ma Samir stesso dice che i miei occhi stanno cambiando, dice che stanno virando al
sunset stone, perché sono pieni, pieni zeppi di lacrime, mntre quando mi ha conosciuto, erano color ematite, scintillanti e luminosi come le stelle nel deserto.
Almeno fosse stato siciliano Samir, come la canzone che mi canta sempre… invece è tunisino.
Un’altra cultura, un'altra lingua, altre abitudini, un altro mondo e io ormai sono troppo vecchia per adattarmi e le figlie che non mi parlano. Mi ricattano. Dicono che fino a che non torno indietro non mi perdoneranno e che se non faccio presto i nipoti non mi riconosceranno.
Perché le figlie non capiscono quanto ho bisogno di amore?
Eppure sono donne anche loro, eppure loro stesse hanno amiche che si sono allontanate inseguendo i loro sogni, i loro uomini, i loro amori, perché io non posso? Perché non mi hanno sostenuta?
Ma se lo avessero fatto, ora sarebbe stato diverso? Davvero? Io non lo so.
Samir è un brav’uomo, si prende cura di me come meglio può, mi vive accanto. Mi fa l’amore, mi fa ballare. Mi ricopre di regali, mi ha portata a visitare le cascate di Tamerice, a volte ci ubriachiamo con il vino di palma e poi ridiamo fino alle lacrime, mi porta nel deserto a vedere i miraggi, ma il mio miraggio è sempre lo stesso, la mia casa di Via del Bon, quella che ho donato alle figlie prima di partire per dimostrare loro che Samir non mi usa e che mi ama davvero.
Loro non ci credono. Mi hanno sempre vista in bianco e nero, non possono pensare ch’io sia anche colore.
Come ho potuto pensare di riuscire a vivere qui, in questo posto così diverso dal mio? Io che per mestiere ho pulito sempre lo sporco degli altri, qui non so mai nemmeno da dove cominciare. Qui non c’è nemmeno un pavimento come lo intendiamo noi. Qui c’è terra battuta e ricoperta da tappeti così logori e lisi che non si vedono nemmeno i disegni.
E poi ho il mal di schiena e le ore non passano mai.
La prossima settimana torno a casa.
Samir mi accompagnerà all'aeroporto.
Domani parto.
Questa sera abbiamo fatto l’amore, con gli occhi pieni di lacrime.
Abbiamo bevuto, abbiamo ballato. Ha voluto che indossassi il mio abito rosso, il suo preferito, si è inginocchiato e mi ha sollevato la gonna, esattamente come aveva fatto quella sera, la prima volta che abbiamo dormito insieme.
Io e Samir avevamo un sogno.
Per un po’ il sogno è stato lo stesso. Poi ha preso direzioni diverse.
Io voglio vivere in Via del Bon, dove conosco tutti, dove per fare la spesa non ho bisogno dell’interprete, dove le travi mi riparano dalla pioggia. Dove c’è il sole e fa caldo e freddo ci sono le stagioni e i miei nipoti mi chiamano nonna.
E mentre penso a questo lui apre gli occhi e mi sussurra:
“Habibi, habibi”.
e io gli rispondo: “ ti amo”.
E poi aggiungo: “Ti aspetto in Italia”.
E lui risponde di sì e lo sappiamo che non è vero e pingiamo e ridimo e facciamo l’amore e poi mi accompagna all’aeroporto e io non mi giro a guardare. In cuor mio so che non lo rivedrò mai più e lo amo più della mia vita ma porca miseria amo più la mia vita. E allora torno a casa e la mia casa è ancora come l’ho lasciata.
Le figlie mi dicono: grazie a dio sei rinsavita, i nipoti mi stringono forte e di quella vacanza non ne parliamo mai più.
Nessuno ne parla più e anche i vicini curiosi, dopo poco si stancano di farmi domande e io riprendo a fare la nonna e la vita continua.
E solo qualche volte accendo lo stereo, metto il disco che ascoltavamo insieme, prendo il telefono e faccio il suo numero.
Samir risponde. Sempre.
Lo guardo dormire e penso che sta invecchiando. Anche io sto invecchiando e dormire sotto le stelle non è cosa per me. Ma come si fa a dormire sotto le stelle senza neanche un tetto sopra la testa? Solo le pareti. Le pareti intorno, le porte, le finestre e neanche un tetto a ripararci. E’ vero, qui non piove mai, poco più in là il deserto, ma un tetto ci vuole.
… e neanche un materasso sotto la schiena, solo tappeti.
Samir dice che presto lo avremmo un letto, ma non è questo. E’ anche questo, ma non solo questo.
Alzo gli occhi e vedo le stelle. Un milione di stelle sopra di noi, non ne ho mai viste tante tutte insieme come in questi mesi. Sembrano così vicine. Come quest’uomo che mi dorme a fianco. Lo amo più di tutto, più di mio marito.
Si chiamava Antonio mio marito. Eravamo due ragazzini; abbiamo avuto le figlie subito, una dietro l’altra, neanche un po’ di tempo per noi. E poi è morto in un incidente d’auto. Mi ha lasciata sola a crescere le figlie, a farle studiare, a consolarle nei momenti difficili . Mi sono arrangiata pulendo lo sporco degli altri, adattandomi a qualsiasi cosa.
Io e Antonio non abbiamo mai neanche davvero fatto l’amore. E’ stato Samir ad insegnarmelo. Con lui ho scoperto un sacco di cose. Solo Samir mi ha guardata in mezzo alle gambe, mio marito non lo aveva mai fatto. Ora so il sapore dei baci e il calore che ti viene da dentro.
Samir l’ho conosciuto in Italia. Al mio paese. L’ho conosciuto per caso. Lui al mattino aspettava il pullman per andare al lavoro e io passavo di lì in bicicletta.
E’ stato lui ad accorgersi di me.
Mi ha salutata un giorno, poi un altro giorno… io non volevo nemmeno dargli corda e non gliene davo, ma lui ha saputo strapparmi un sorriso con il suo essere educato e gentile.
Un giorno mi ha regalato un mazzolino di fiori di gelsomino, qui lo chiamano Machmum. Mi ha detto che avrei dovuto portarlo dietro l’orecchio e mentre si avvicinava mi è piaciuto il suo profumo, il calore che emanava il suo corpo, mi è piaciuto come mi guardava. Nessuno mi aveva mai guardata così.
Fermarsi a parlare con lui nei giorni seguenti è stato naturale, come accettare il suo invito a cena e poi accompagnarlo a Venezia perché lui a Venezia non c’era mai stato. E’ stato naturale innamorarmi di lui e accettare di seguirlo in questo paese. Ci ho pensato a lungo prima di farlo, forse non troppo lungo come ci si sarebbe aspettati da me, ma non sono una sprovveduta.
Il fatto è che io non so nemmeno la sua lingua. Solo lui qui conosce la mia e per qualsiasi cosa ho bisogno di lui. Anche per comprare la farina. Qui c’è davvero poco a parte orizzonti sconfinati. Lui mi è sempre presente, ama starmi accanto e cerca di farmi stare bene è che a me è passata la voglia.
Mi mancano le miei figlie, i miei nipoti, mi manca la mia bicicletta, la mia casa, le travi sopra alla testa, il freddo d’inverno, i fiori del mio giardino. Mi commuovo solo a pensarli… i fiori.
Samir non può compensare tutto questo, lui è solo un uomo. A me manca la vita, le mie abitudini, mi piaceva stare sola prima di lui, mi manca pure quello, ma poi lo guardo… lo sfioro con la mano. Anche adesso, lo sfioro e lui la bacia nel sonno. Dormendo mi bacia la mano e l’appoggia sul cuore. Mi fa così male pensare di non svegliarmi più al suo fianco.
Ma Samir stesso dice che i miei occhi stanno cambiando, dice che stanno virando al
sunset stone, perché sono pieni, pieni zeppi di lacrime, mntre quando mi ha conosciuto, erano color ematite, scintillanti e luminosi come le stelle nel deserto.
Almeno fosse stato siciliano Samir, come la canzone che mi canta sempre… invece è tunisino.
Un’altra cultura, un'altra lingua, altre abitudini, un altro mondo e io ormai sono troppo vecchia per adattarmi e le figlie che non mi parlano. Mi ricattano. Dicono che fino a che non torno indietro non mi perdoneranno e che se non faccio presto i nipoti non mi riconosceranno.
Perché le figlie non capiscono quanto ho bisogno di amore?
Eppure sono donne anche loro, eppure loro stesse hanno amiche che si sono allontanate inseguendo i loro sogni, i loro uomini, i loro amori, perché io non posso? Perché non mi hanno sostenuta?
Ma se lo avessero fatto, ora sarebbe stato diverso? Davvero? Io non lo so.
Samir è un brav’uomo, si prende cura di me come meglio può, mi vive accanto. Mi fa l’amore, mi fa ballare. Mi ricopre di regali, mi ha portata a visitare le cascate di Tamerice, a volte ci ubriachiamo con il vino di palma e poi ridiamo fino alle lacrime, mi porta nel deserto a vedere i miraggi, ma il mio miraggio è sempre lo stesso, la mia casa di Via del Bon, quella che ho donato alle figlie prima di partire per dimostrare loro che Samir non mi usa e che mi ama davvero.
Loro non ci credono. Mi hanno sempre vista in bianco e nero, non possono pensare ch’io sia anche colore.
Come ho potuto pensare di riuscire a vivere qui, in questo posto così diverso dal mio? Io che per mestiere ho pulito sempre lo sporco degli altri, qui non so mai nemmeno da dove cominciare. Qui non c’è nemmeno un pavimento come lo intendiamo noi. Qui c’è terra battuta e ricoperta da tappeti così logori e lisi che non si vedono nemmeno i disegni.
E poi ho il mal di schiena e le ore non passano mai.
La prossima settimana torno a casa.
Samir mi accompagnerà all'aeroporto.
Domani parto.
Questa sera abbiamo fatto l’amore, con gli occhi pieni di lacrime.
Abbiamo bevuto, abbiamo ballato. Ha voluto che indossassi il mio abito rosso, il suo preferito, si è inginocchiato e mi ha sollevato la gonna, esattamente come aveva fatto quella sera, la prima volta che abbiamo dormito insieme.
Io e Samir avevamo un sogno.
Per un po’ il sogno è stato lo stesso. Poi ha preso direzioni diverse.
Io voglio vivere in Via del Bon, dove conosco tutti, dove per fare la spesa non ho bisogno dell’interprete, dove le travi mi riparano dalla pioggia. Dove c’è il sole e fa caldo e freddo ci sono le stagioni e i miei nipoti mi chiamano nonna.
E mentre penso a questo lui apre gli occhi e mi sussurra:
“Habibi, habibi”.
e io gli rispondo: “ ti amo”.
E poi aggiungo: “Ti aspetto in Italia”.
E lui risponde di sì e lo sappiamo che non è vero e pingiamo e ridimo e facciamo l’amore e poi mi accompagna all’aeroporto e io non mi giro a guardare. In cuor mio so che non lo rivedrò mai più e lo amo più della mia vita ma porca miseria amo più la mia vita. E allora torno a casa e la mia casa è ancora come l’ho lasciata.
Le figlie mi dicono: grazie a dio sei rinsavita, i nipoti mi stringono forte e di quella vacanza non ne parliamo mai più.
Nessuno ne parla più e anche i vicini curiosi, dopo poco si stancano di farmi domande e io riprendo a fare la nonna e la vita continua.
E solo qualche volte accendo lo stereo, metto il disco che ascoltavamo insieme, prendo il telefono e faccio il suo numero.
Samir risponde. Sempre.