[MI147] Il primo giorno di primavera
Posted: Sun Mar 28, 2021 7:18 pm
Traccia di Mezzogiorno - Storie di traslochi
Il primo giorno di primavera
«Per te si incantano gli elementi:
la pioggia si trattiene dal bagnarti,
al vento piace scompigliarti tiepido i capelli,
al sole carezzarti il viso,
al cielo sorvolarti, scostando nubi per vederti meglio,
alla terra spianarsi sotto i tuoi passi.»
la pioggia si trattiene dal bagnarti,
al vento piace scompigliarti tiepido i capelli,
al sole carezzarti il viso,
al cielo sorvolarti, scostando nubi per vederti meglio,
alla terra spianarsi sotto i tuoi passi.»
Con la luce in obliquo che dava un’aria di mistero all’immagine, la signora Margherita fissava lo sguardo del marito e ripercorreva i momenti salienti del loro rapporto.
La stradina era scoscesa e impervia; Silvano l’aveva superata con la mountain bike voltandosi a guardarla, e così aveva perso il controllo del mezzo, cadendo rovinosamente. Lei l’aveva soccorso e lui si era ripreso quanto bastava per scendere affiancati a un ruscelletto più in basso, a rinfrescarsi.
Quel giorno, lungi dal vedere in lei una sconosciuta, le aveva confidato cose intime del suo vissuto, che Margherita non aveva mai rivelato ad alcuno.
C’erano dieci anni di differenza di età. Lei era dipendente postale e lui faceva il giardiniere in proprio. Le ferie le facevano sempre in montagna. Lui ogni tanto scriveva poesie, anche per lei, la Margherita del suo “campo”.
Un tempo andavano, di weekend in weekend, a scoprire città d’arte, o a un cinema, o passavano ore in giornate di pioggia a giocare a Scarabeo, lottando con passione su ogni parola contestata dall’altro.
Un figlio, Andrea, che lavorava all’estero, in una banca d’affari, che tornava a trovarli appena poteva e li aveva resi nonni. Ultimamente, parlava di tornare a casa. “Faccio trasloco da te” le aveva detto.
Avevano superato le nozze d’argento senza abissi di luce o di ombre. Quand’è che avevano smesso di giocare insieme? Però lo conosceva bene! Quando le nascondeva qualcosa, appena un attimo prima di risponderle, anche se solo evasivo o parziale, un lampo di allarme gli perforava la rétina. Lei lo vedeva, non le sfuggiva nulla…
Credeva fosse così. Adesso, troppo tardi, la verità le arrivava come un schiaffo in pieno viso e le sembrava di stringere ortiche tra le mani, invece dei suoi fiori.
Fu un lampo: una revisione istantanea dei momenti di maggiore vicinanza, i culmini del loro amore, i momenti romantici rivisti alla luce di quei lampi di allarme che aveva trascurato di vedere e che adesso rivedeva al rallentatore nella luce diretta e crudele della consapevolezza.
Quando? Quando la loro vita di coppia era diventata monotona e banale?
Purtroppo, con quel che aveva davanti, aveva pochi dubbi sulla veridicità della sua lucida retrospettiva.
Rosa aveva abitato in una villetta vicina alla loro dieci anni prima. Era bella, simpatica e brillante, molto più giovane di Margherita eppure già vedova, e si era trattenuta nel loro quartiere solo tre anni, per poi fare trasloco a causa del trasferimento della sua azienda.
Sì, era logico che chiedesse un aiuto col giardino a suo marito.
No, Silvano non aveva lavorato con terra e siepi quel giorno; le scarpe blu come avevano la suola quella sera? Un flash back a distanza di tanto tempo può essere desolante…
Sì, era stato normale e spontaneo invitarla a casa loro per un tè quella prima volta.
No, lei aveva versato alla nuova vicina la bevanda nella tazza, mentre lui – senno di poi – come mai le aveva passato sollecito una bustina di zucchero dietetico senza che lei chiedesse?
Sì, era stato bello credere che la poesia, trovata nella tasca di lui il primo giorno di primavera di tanti anni prima, fosse per lei, Margherita, così come aveva ammesso lui: parlava della natura che si piegava amorevole e piena di premure intorno alla persona amata.
No, era per Rosa.
Non cercata, le riecheggiava nella testa l’eco di una canzone di Ornella Vanoni:
E grazie sì, per la noia che gli hai tolto dagli occhi
Io mi c'ero abituata e così
Non mi ero neppure provata…
No, Margherita credeva di avergli dato quello che Silvano cercava.
Era lontano il giorno in cui glielo aveva chiesto: “Voglio un affetto da edera, avvolgente, avvinghiato.”
Per il loro "ultimo trasloco", chiosava lui, aveva scelto in un condominio all’ultimo piano: “Basta giardini da curare” aveva detto.
Un brivido la colse e le fece volgere lo sguardo all’altra immagine, della sua bella e sorridente vicina, alla sinistra di suo marito, che certo non pensava di essere raggiunto prima dall’amante che dalla moglie, alla quale aveva riservato il loculo a destra, nell’attico della colombaia.
Di sicuro, Margherita avrebbe traslocato da quel condominio ancora prima di occuparlo; per l’occasione, ne avrebbe scelto uno al capo opposto del cimitero.
La sirena lacerò l’aria di fine pomeriggio. La colse un leggero capogiro e strinse i montanti della scala a pioli scorrevole. La somma del prima, il meno del poi…
Sì, era la Rosa il suo fiore preferito, nata nel primo giorno di primavera.