Ciao,
@Ton, ho letto il tuo racconto. Provo a darti la mia opinione attingendo alle mie personali esperienze da autrice e editor.
Il racconto presenta diversi punti di forza: la voce narrante della ragazzina è ben resa, l'afflato narrativo è chiaro e forte. Hai ben costruito la tensione fino alla fine per due motivi: in primis, non hai rivelato subito che il luogo in cui si trovano i personaggi è un ospedale, perciò il lettore ha avuto modo di partecipare alla narrazione colmando i vuoti con la curiosità. Inoltre, nel momento in cui hai rivelato che si trattava di un ospedale (peggio, un manicomio) hai parlato della morte della nonna, perciò il lettore ha iniziato a temere che la processione del parentado fosse per dare l'ultimo saluto al padre della protagonista ignara. Questa tecnica narrativa, unita al fatto che avevi già costruito e mostrato immagini emotive che legavano padre e figlia, ti ha permesso di generare una naturale empatia nel lettore nei confronti della ragazzina che, forse, sta per ricevere una bruttissima sorpresa.
Più che veri e propri aspetti di debolezza, rilevo nel testo alcuni dettagli che potresti potenziare o, a seconda dell'esigenza, correggere.
Potenziamenti:
- MESSAGGIO
Poiché, come ha giustamente intuito e chiarito
@Adel J. Pellitteri, che ringrazio, il messaggio del racconto, superbamente espresso nel finale, è:
Adel J. Pellitteri wrote: Urlare per farsi sentire mentre nessuno ti ascolta.
ti suggerirei di inserire a ritroso non solo i gorgogli del padre mentre tenta di leggere, ma anche il fatto che si accompagnassero a uno sguardo intenso e supplichevole (o vedrai tu come descriverlo) da parte del padre, uno sguardo che la figlia non poteva decifrare appieno. Inserirei, in altre parole, qualcosa - di accennato, nulla di didascalico - che rafforzi il tema dell'incomunicabilità e dello stato d'impotenza del padre, che altrimenti lungo il racconto non sembra vivere in modo così drammatico la condizione di sordità.
In tale ottica, anche nel dialogo finale ribadirei che la voce del padre ha elementi di stranezza e che solo lei riesce, ormai per abitudine, a decifrare ciò che dice, altrimenti sembra che, di colpo, parli senza problemi. E' vero, si dice che la ragazza resta stupita del fatto di aver ricevuto una risposta da parte del padre, ma sembra che la meraviglia provenga dal fatto di aver ricevuto una risposta, non dal modo in cui il padre si esprime; inoltre, lui la stava fissando: da cosa la protagonista deduce che ci sente? L'uomo non era voltato di spalle verso la finestra, ha notato il movimento della porta che si apriva e si è girato a guardarla. Il padre prima come parlava? E perché di colpo sembra parlare benissimo? Deriva dall'impianto?
Il messaggio finale, potente e necessario, rischia così di venire un po' meno, dato che un uomo che si faceva comprendere dalla famiglia (senza voler minimizzare la condizione di sordità, lungi da me: parlo solo di ciò che, narrativamente, si trova nel testo a disposizione del lettore) non viveva o non sembrava vivere uno stato d'impotenza e isolamento così paralizzante e disperato da venire rappresentato dall'urlo finale della pazza che nessuno ascolta o ode.
- PERSONAGGI
La protagonista è ben delineata, della madre qualcosina si sa. Il fratello e la sorella sono presenti solo come "ingombro" prima che giunga il turno della protagonista. Il mio consiglio è di assegnare loro un piccolo dettaglio, in accordo con l'afflato narrativo di cui hai permeato il racconto, che possa renderli riconoscibili. Michele potrebbe avere le unghie sporche perché ha lavorato in fabbrica o nei campi (ad esempio); magari ha potuto correre all'ospedale solo una volta finito il turno, perché alla paga non si poteva rinunciare. Per Simona potresti inserire un altro piccolo dettaglio, così da rendere identificabile questa famiglia (potresti prendere a esempio i personaggi del romanzo "Furore" di J. Steinbeck).
- QUESTIONI LOGISTICHE
All'inizio si parla di una stanza stretta, poi di corridoi dell'ospedale e solo dopo della camera del padre. Cos'è la stanza stretta inziale? Non è chiarissimo neanche a posteriori, una volta compreso che si trovano in un ospedale. Sottolineerei qualcosa di relativo alla sala d'attesa, magari un cartello con scritto proprio "SALA D'ATTESA" che la ragazzina potrebbe commentare con un suo pensiero.
- MULTISENSORIALITA'
Nel manicomio sarebbe bene se inserissi almeno un odore, qualcosa che identifichi sensorialmente il luogo. Noi percepiamo la realtà grazie al bombardamento simultaneo da parte dei nostri cinque sensi: non è indispensabile menzionarli tutti, ma un piccolo accenno può aiutare a rendere una scena ancora più tridimensionale.
Correzioni:
- VOCE NARRANTE, ORTOGRAFIA E PUNTEGGIATURA
Come detto, hai reso in modo efficace la voce della protagonista e la sua età. Buona la motivazione narrativa che hai dato per il fatto che conosca più termini dei suoi coetanei: sei riuscito a renderlo un elemento che funziona perché è intimamente connesso all'argomento e al tema centrale del libro, ossia la sordità del padre.
Bisogna però dire che, poiché la protagonista è più acculturata dei coetanei, e poiché quello che hai scritto non è il suo diario, dove lei avrebbe potuto riportare degli errori ortografici o di punteggiatura per amplificare l'estrazione sociale povera della famiglia, nonostante le letture fatte, alcune imperfezioni nel testo sarebbe opportuno correggerle. Ad esempio, "difronte", un errore ortografico comune in luogo della forma corretta, "di fronte"; "fa" al posto della forma corretta in caso di imperativo, "fa'"; e in generale, qui e là, l'uso della punteggiatura, soprattutto con i vocativi (ad es., "Ciao tesoro" invece di "Ciao, tesoro").
Spero di averti dato qualche spunto di riflessione costruttivo e di aver espresso il mio pensiero in modo chiaro. Ancora complimenti per il racconto. Buona giornata.