You can't always get what you want

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Rosa! Ah! Che nome. Me lo sento in bocca con tutto il gusto della rugiada fresca di primavera. Rosa. R-O-S-A. Calda e avvolgente come seta lanugine. Rosae, rosarum, rosis. Vibrante Chateau Lafite del ’74. Rrrrosa.



RRRRRRRRR.

RRRRRRRRRRRRRRRRR.

RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR.



«Puoi spegnere questo coso infernale?»

La sirena arrabbiata ulula dall’interno del cassonetto sulla saracinesca. Lei entra decisa. L’esile stelo flessuoso che ondeggia tra gli spasmi della brezza mattutina. Petali rossi attorno a un bocciòlo di viso. Diamante Rosa di De Beers.

Dita sinuose, piccole spine che donano eleganza. Gira il chiavistello del timer e l’allarme si ferma. La sirena muore ammutolita, e non rimane che il suono del mio corpo. Un ansito infinito. Dining Room del Four Seasons di Firenze.

«Sbaglio o è la terza volta ‘sta settimana? Quanto cavolo guadagnerà un fioraio, dico io.»

I suoi occhi, gemme di rugiada, scandagliano il bugigattolo e sembrano esser tanto penetranti da star lì a contarmi le cellule. Se sorridesse adesso, potrei morire.

«Pare ti abbiano preso di mira. Cos’hanno rubato ‘sta volta?»

La goccioline di sudore sul suo volto sembrano cristallizzarsi come crisalidi e risplendere al caldo del sole mattutino. Patek Philippe Ororosa del ’52.

«L’aria qui dentro è asfissiante. Non t’avevo detto di comprare un ventilatore?»

Un intenso aroma di pesco, tarassaco e frutti rossi sovrasta quello dei fiori nel negozio che non possono reggere il confronto.

«Compiliamo ‘sto verbale va’. Dammi una penna.»

Il sol sfiorarle la mano, con un gesto meticolosamente casuale, provoca in me fremiti indicibili. Stilografica Montblanc del ’68.



RRRRRRRRR.

RRRRRRRRRRRRRRRRR.

RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR.



«10-58 on hold. 42nd FFFF street corner to Glasgow FFFF 10-58 FFFF hold. 42nd street…»

«NCP3 a centrale, siamo in zona.»

«Ha detto sulla 42esima?»

«Già…»

«Non ci credo. Di nuovo?»

«Senti che ti dico Rose, quello lo fa apposta.»

Nel 1982 a Norfolk, Virginia la cosa più pericolosa che vi potesse capitare era di farvi mettere sotto da un guidatore della domenica o da uno di quei camionisti che fanno la spola tra Nashville e Philadelphia e si sgobbano una nottata di asfalto e deserto prima di arrivare in città con l’alba, farsi qualche birra di troppo per tenersi svegli, e proseguire fino a New York.

In pratica non era successo più niente da quando avevano ritrovato il corpo di Susan Long l’11 Marzo del ’70. Dodici anni dopo, questa ridicola banda di ladri di fiori.

«Che vuoi dire che lo fa apposta? Come fa uno a farlo apposta a farsi rapinare?»

«Bah. Ma è assurdo, no? Chi mai rapinerebbe un fioraio due, tre volte alla settimana?»

«E io che cazzo ne so. Sapere il perché mi è utile quanto il tuo caffè spompato la mattina.»

«Secondo me non rubano i fiori. Quel tizio tiene tutte quelle robe pregiate in bella vista e questi rubano solo i fiori?»

Rose giocherella con la Montblanc che Joe il fioraio ha dimenticato di reclamare quando siamo andati via l’ultima volta. Le dita tozze non riescono a descrivere un arco completo nell’aria e la penna sbatte contro la tazza di caffè nel portavivande.

«A proposito, vedo che la penna te la sei tenuta.»

«Sta zitto e parcheggia.»

Un tipo mezzo ubriaco barcolla fuori l’ingresso della metro. Semmai vi trovaste da queste parti, vi consiglio di fermarvi da Spoons. I migliori Margaritas da qui a New Manchester, per quel che conta.

Se poi dopo i Margaritas decidete di fare una capatina al cesso pubblico di Glasgow Ave, ricordatevi questo: non è il peggior odore che possiate sentire in vita vostra.

«Ciao Joe. Un’altra rapina eh?»

La sirena assordante gli impedisce di sentirmi. Rose fa un gesto stizzito e va a spegnerla.

«Che è successo ‘sta volta? Gardenie? Asfodeli? Una cazzo di violetta?»

«Lascialo stare, Steve. Mica è colpa sua se l’hanno preso di mira.»

«Già. Beh, ti dico quello che so Joe. So che a nessuno verrebbe in mente di rischiare una notte in cella per rubare dei merdosissimi fiori. Quindi avanti amico, fuori la verità: che cosa rubano davvero? E perché non denunci?»

Rose se ne sta in disparte e sbuffa dal caldo. L’odore in questo locale è insopportabile, l’aria scarseggia e ogni volta che riceviamo la segnalazione maledico il mio vecchio e le sue manie sul continuare la tradizione, che c’è sempre stato un Harmon nella polizia di Norfolk, e sempre ci sarà. Sissignore.

«Guarda qui, dai. Già solo quel coso che hai al polso varrà più di tutto il locale. Perché non te l’hanno sfilato, eh?»

«Steve! Fai il tuo cazzo di lavoro e lascialo in pace.»

«D’accordo! D’accordo allora. Senti amico, non potresti almeno evitare di far scattare l’allarme ogni sacrosanta volta? Voglio dire, sono solo dei fiori no? Non fare il taccagno e lascia che si prendano qualche tulipano o che so io. Non c’è bisogno di tirare qui tutta la polizia della Virginia no? Siamo molto indaffarati.»

«Sì, a bere Margaritas e caffè scadente. Fai una cosa Steve, vattene a scolare un altro eh? Qui finisco io.»

«Rose.»

«Steve?»

A volte maledico il mio vecchio, suo nonno e anche quel figlio di puttana di trisavolo che ha lasciato l’Olanda per venire qui.



RRRRRRRRR.

RRRRRRRRRRRRRRRRR.

RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR.



Questa volta sono in due. Lui non mi piace, ma lo tollero. In effetti, è ininfluente. È un tipo un po’ tracagnotto, di quelli che potrebbero essere ben volentieri il poster child del poliziotto panzone e sfaticato, mangia-ciambelle a pieno servizio. Tavola calda Denny’s di periferia.

Entra per primo e sbatte noncurante contro un vaso cinese aggraziato di primulacee. Pianta grassa in saldo da Walmart.

Quasi mi innervosisce, ripensandoci. Questo momento non sta accadendo per lui. Non è lui. Ma… ah! Rose. Eccola. Tutto svanisce in un candido afflato. Rosa. La mia mente s’avvolge di tepore e ogni pensiero scivola via. Sciarpa Cashmere d’Oriente Brunello Cucinelli.

Sento le loro voci accavallarsi. Quella di lui, che stride e miagola e avvizzisce. Non lo capisco. Sony Walkman in promozione lancio. Rose è statuaria, impassibile. Superiore. Sembra rispondergli ma in realtà sta intonando una melodia, e persino gli angeli piangon di gioia. Overture in stile Francese di Bach.

La pianta grassa esce dal locale, e il coro di cherubini raggiunge l’orgasmo uditivo.

«Joe. Devi smetterla.»

La puntina s’inceppa sul 78 giri e stride nelle mie orecchie.

«Sappiamo entrambi quello che stai facendo. Devi smetterla.»

La dolce sciarpa di cashmere è diventata un cappio di guttaperca che mi strozza.

«Senti. Ho mandato via Steve apposta. Se non vuoi parlarne lo capisco. Non è facile neanche per me. Promettimi solo che non succederà più.»

Rimango imbambolato. Sento il suo sguardo doloroso sulla pelle, come stesse sfogliando una margherita. M’ama, non m’ama.

«Va bene. Se non vuoi promettermelo, sarò costretta a dire tutto a Steve e al capitano. Sono un poliziotto, Joe. Non puoi abusare così del mio tempo. Non puoi. Tu… tu non puoi far scattare un allarme ogni volta che hai voglia di vedermi!»

Chateau Lafite del ’74. Andato a male.

Diamante Rosa di De Beers. In mille pezzi.

Dining Room del Four Seasons di Firenze. Alluvionato.

Patek Philippe Ororosa del ’52. Molla saltata.

Stilografica Montblanc del ’68. Dritta nel mio cuore.

«D’accordo. D’accordo. Calmo adesso. Promettimi che andrai a quel centro di cui abbiamo parlato. Tu promettimelo, e io ti prometto una cena. Solo una cena, Joe. Niente di più.»



Radio Zenith Gold del ’48. Mick Jagger canta

You can’t always get what you want.

No, you can’t always get what you want…

but if you try sometimes, you may find

you get what you need.

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