Traccia di Mezzanotte: "Quando perdiamo la facoltà di agire con coscienza diventiamo tutti pupazzi" (cit. Nerio)
Non ti curar di lor ma guarda e passa
“Il fato che ci opprime è l'ignavia del nostro spirito“ ( Novalis)
Qui si mostrano Dante e il suo méntore Virgilio che discettano, in una pausa tra i gironi dell’Inferno, facendo il punto della situazione.
Virgilio: Fermiamoci a ristoro in questo luogo ch’è parallelo a’ strazi dei golosi. È il nostro anfitrione che lo vuole: che guardino e che soffrano di più.
Separati da uno pseudo vetro divisorio tra il pantano maleodorante dei dannati per il peccato di gola (questi fiaccati dalla pioggia e dall’incombere di Cerbero dalle tre gole), i due compagni sono comodamente seduti a ristorarsi davanti alla locanda “Solo cibo alla brace” con sottotitolo: "Per ospiti graditi di passaggio."
Dante: Questa carne per certo è fiorentina, pur se mai la mangiai con questo taglio. E il vino è della terra mia: il buon Chianti!
I dannati si struggono al vederli libare e banchettare con entusiasmo, e battono frenetici sul vetro, ma senza che il rumore disturbi i due compagni di viaggio. Che neanche li vedono, dal lato del vetro oscurato.
Dante: Tu mi hai detto, Maestro: “Non ti curar di lor ma guarda e passa” a proposito di quei che correan indarno dietro un vessillo, tormentati da insetti, e sangue e lacrime di loro ai vermi. Perdonami se ardisco approfondire. Ho colà riconosciuto il papa che del cielo avea solo il colore sbiadito.
Ben altro colore avea la sua aura da eremita predicatore, nel mezzo del cammin di sua vita: il bianco dell’asceta, mistico e spiritualissimo. Ma divenne pedina nelle mani dei poteri forti di monarchie che volevano tacitare l’avversa opinione pubblica. Sì, altri lo indussero ad accettare il sacro soglio, ed altri a rifiutarlo quando si vide tremar per ogni vena…
Non seppe scegliere di restare quello che meglio sapeva essere: predicatore che, nell’eremitaggio, affinava, nella sua ascetica contemplazione, la dottrina che voleva trasmettere. Vieppiù, dopo essere stato costretto ad accettare, senza ribellarsi, si lasciò guidare a non decidere, così trasmettendo di fatto il sacro soglio proprio a colui che ha portato quel francese in Toscana per paciere, e invece ci lasciò il paese in guerra.
Virgilio: N’hai ben donde a dimandarmi. Son gli ignavi color che fan perenne anticamera all’Inferno, che non li vuole, come non li vuole il Paradiso.
"Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve…"
Essi sono le tristi anime che vissero senza infamia e senza lode, sempre irresoluti a decidere di operare nel bene o nel male, per viltà, per opportunità, per pusillanimità. Risolsero invece di lasciarsi non decidere, o di affidarsi a chi avrebbe deciso per loro.
Un uomo degno di questo nome, invece, deve ascoltare la sua coscienza, sgombrando i pregiudizi e i biechi opportunismi che lo farebbero propendere per un verso anziché per l’altro. Le sue convinzioni devono essere travagliate, setacciate e meditate: la sua strada deve snodarsi lungo le pietre miliari della sua coscienza. Non farsi condurre passivo e inerme sulle altrui strade!
Dante: Capisco, Maestro. Io seguo te non con lo spirito di giudizio chiuso e passivo, bensì con un continuo raffronto e filtro con quello che mi ispira la coscienza. Quel che mi insegni e che mi mostri è un dono che va a colmare il mio bisogno di sapere, con logica e nell’ambito dei valori comuni ed ancestrali.
Virgilio: È il nostro spirito che ci dà la forza per costruire il nostro mondo; nel mentre, dobbiamo opporci a chi invade i nostri spazi, avanzando schiacciandoci con dei valori che non condividiamo.
Mai rassegnarci a essere pedine manovrate da altri nella scacchiera della vita.
Tu sei un decisionista, Dante: come il mio Enea!
I due finiscono la pausa col dolce libum e brindano col Frascati.
Al di là del vetro, i golosi dannati si contorcono nella melma, ululando rabbiosi nell’impotenza.
(Scritto in forma di testo teatrale: Atto unico)