[MI 146] Il vero nome

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Traccia di mezzogiorno.

Il vero nome

La lama era affondata nella schiena, sotto la scapola. Ricordava bene il dettaglio perché al momento di sferrare il colpo ne aveva visto la sagoma rettangolare affiorare dalla pelle chiara.
Con un unico colpo aveva ucciso anche la madre che giaceva sotto di lui. Aveva preso il coltello per il pane e la lunga lama li aveva infilzati entrambi. Se fossero morti allo stesso tempo non sapeva. Perché lui era riuscito a scappare. Aveva preso un treno e aveva attraversato il confine la notte stessa. Non lo avevano mai trovato. Ed erano ormai passati cinque anni.

Tomasz si svegliò presto anche se era domenica. Le energie che non spendeva per lavorare in fabbrica sembravano dover esplodere nei giorni di riposo. Il lavoro era ripetitivo e faticoso, l'ideale per lui. La fatica gli ottundeva i sensi e la ragione, ed era un sollievo non dovere pensare né ricordare. Si mise la tuta e le scarpe da ginnastica e uscì. Nessuno se ne stupiva, era solo uno dei tanti che faceva jogging sul lungolago. Correva e scaricava l'energia in eccesso.
Quel giorno fece l'errore di fermarsi. Una nebbiolina ricopriva la superficie del lago, ricordava in modo inequivocabile il lago Balaton, i pomeriggi passati sulla riva con i genitori. Si sedette su una panchina e si lasciò andare ai ricordi.
- Tomasz, tuo padre ti sta chiamando - sua madre sorrideva e indicava verso Ferenc. Lui sceglieva i sassi piatti per farli rimbalzare sull'acqua e lo incitava a imitarlo. Era più bravo di lui, ma solo perché era più grande. Il sasso lanciato da Ferenc fece cinque salti. Li aveva contati: uno, due, tre, quattro. Il quinto gli sembrò irreale, eppure avvenne, naturale come un miracolo. Il sasso di Tomasz fece tre salti.
- Non male - aveva detto Ferenc, come avrebbe fatto qualsiasi padre.
Non gli era mai venuto in mente che fosse troppo giovane per essere suo padre o che sua madre fosse troppo vecchia per lui. Sono cose che agli occhi di un bambino non hanno significato. Sua madre era sua madre e Ferenc era suo padre. Punto. Tutte le elucubrazioni sull'età poteva farle solo con il senno di poi.
- Ciao. Un po' freddo oggi, vero?
Tomasz si voltò di scatto verso chi gli aveva rivolto la parola. Era una runner come lui e doveva avere più o meno la sua età. Non disse nulla e continuò a squadrarla. Il suo sguardo era duro. Lo aveva sorpreso in un attimo di intimità, in uno dei rari momenti in cui si lasciava andare ai ricordi, e se ne vergognava.
- Scusami, non volevo disturbarti - disse la ragazza - È che ti vedo spesso qui a correre e mi sembra di conoscerti.
Tomasz si sorprese, pensava di essere invisibile agli altri, uno straniero che lavora e si fa i fatti suoi. Ma evidentemente non era così.
- Non preoccuparti - rispose - Non mi hai disturbato, ero solo sovrappensiero.
Si sentì in dovere di dire qualcosa in più:
- Allora anche tu vieni spesso qui a correre?
- Sì - rispose lei - tutte le domeniche. Come te.
Dunque lei lo aveva visto più volte, lo aveva osservato. Ma era solo una ragazza, come lui. In questi anni aveva messo da parte le ragazze, come qualsiasi altra cosa che avesse a che fare con il genere umano. Lei gli stava ricordando che era ancora vivo, che era giovane e che poteva piacere.
- Come ti chiami? - le chiese.
- Martina, e tu?
- Ho un nome strano.
Rispondeva sempre così a chi glielo aveva chiesto in quegli anni. Per evitare di dare informazioni su di sé e perché il suo nome, sia il vero che quello falso, era legato alla bugia. La bugia che aveva sentito raccontare per diciassette anni, quella per cui si chiamava Tomasz e in cui Ferenc era suo padre.
- Strano come? - domandò lei.
- È ungherese.
Di solito qui finiva la curiosità della gente. Le persone non hanno la pazienza di imparare nomi strani e non vanno oltre.
- Va bene, ma non puoi dirmi come ti chiami?
Lei non si era fermata. Voleva conoscere lui, proprio lui.
- Tomasz. Mi chiamo Tomasz.
- Non è poi così strano.
Certo, pensò lui. Aveva detto il suo vecchio nome, quello della bugia. Il suo nome attuale, che usava da quando era fuggitivo era Balázs, che suonava molto più strano. In qualche modo gli sembrava anche il suo nome più vero, perché da quando si chiamava Balázs sapeva la verità. Ferenc non era solo suo padre, era anche suo fratello. Ma siccome la verità era troppo mostruosa, la madre aveva ripetuto a entrambi quella pietosa bugia. L'aveva ripetuta così tante volte che avevano finito per crederci. Tutti e due.
- Beh, piacere di conoscerti, Tomasz - disse Martina.
Non sapeva perché aveva detto il suo vero nome a quella ragazza. Si rese conto che lei aveva aperto senza volere una breccia nella sua corazza. Non aveva avuto paura di essere scoperto in quel preciso momento. Si chiese solo quale fosse il suo vero nome. Il nome vero del periodo della bugia? O il nome falso del periodo della verità? Probabilmente lo erano entrambi.
- Piacere, Martina.
Le tese la mano e lei gliela strinse. Sentì la sua pelle liscia, il primo contatto con una ragazza dopo tanto tempo, e comprese che chi fosse non aveva poi così importanza.

Re: [MI 146] Il vero nome

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Un racconto tutto incentrato su un protagonista con un passato che è un buco nero nel petto. Ha compiuto un atto terribile e ha dovuto sopportare qualcosa di altrettanto orribile, cercando poi di ricostruirsi una nuova vita. I ricordi lo tormentano ancora (e ne ha ben donde direi), ma nella chiusa si crea una labile speranza di rivalsa e ripartenza, seppur ancora piena delle ombre del passato. Piaciuto molto <3

Re: [MI 146] Il vero nome

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@ivalibri :)

Ho letto e riletto il brano per capire le relazioni e i fatti, che non mi sono ancora chiari adesso.
Ci sono tre persone vive e due morte (una madre e suo figlio scoperti a copulare e uccisi dal dodicenne Tomasz?)
I morti erano la nonna e il padre vero di Tomasz?
Ferenc è fratello del morto e padre di Thomasz in quanto la nonna morta copulava anche con lui?
Vedi che mi sono incartata perché non riesco a inserire il ruolo della madre di Thomasz in questa grottesca e licenziosa famiglia?

:facepalm:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI 146] Il vero nome

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Ciao @@Monica (che non ho ancora imparato a taggare, a proposito, come si fa?)
hai ragione: mi è venuta fuori una tragedia esagerata, non so come mai ho tirato fuori una storia del genere... 😁
L'ambientazione è dovuta al fatto che sto rileggendo la Kristof, i romanzi brevi, e il lago ricordi lontani di un viaggio al lago Balaton in Ungheria ... Grazie Monica del tuo passaggio e dell'apprezzamento.
Ciao @Loscrittoreincolore
grazie per il tuo commento! Sono contenta che tu abbia apprezzato!
A presto!
Ciao @Poeta Zaza
provo a fare un po' di chiarezza:
Ci sono due morti: il padre e la madre di Tomasz (non c'è la nonna...). La stranezza è dovuta dal fatto che Ferenc è sia padre che fratello di Tomasz (quindi c'è stato un rapporto incestuoso tra la madre e suo figlio). Ma se non hai ben capito le relazioni tra i personaggi sarà senz'altro colpa mia che, come al solito, non brillo per chiarezza! Grazie per il commento!

Re: [MI 146] Il vero nome

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ivalibri ha scritto: dom mar 07, 2021 9:11 pm Commento:
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Traccia di mezzogiorno.

Il vero nome


Tomasz si svegliò presto anche se era domenica. Le energie che non spendeva per lavorare in fabbrica sembravano dover esplodere nei giorni di riposo. Il lavoro era ripetitivo e faticoso, l'ideale per lui. La fatica gli ottundeva i sensi e la ragione, ed era un sollievo non dovere pensare né ricordare. Si mise la tuta e le scarpe da ginnastica e uscì. Nessuno se ne stupiva, era solo uno dei tanti che faceva jogging sul lungolago. Correva e scaricava l'energia in eccesso.
Quel giorno fece l'errore di fermarsi. Una nebbiolina ricopriva la superficie del lago, ricordava in modo inequivocabile il lago Balaton, i pomeriggi passati sulla riva con i genitori. Si sedette su una panchina e si lasciò andare ai ricordi.
- Tomasz, tuo padre ti sta chiamando - sua madre sorrideva e indicava verso Ferenc.
Ecco cosa ha confuso me e forse altri. Questa madre viva dopo l'uccisione con cui hai scritto l'incipit. :si:

(E l'accenno ai ricordi l'ho notato adesso...)
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Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI 146] Il vero nome

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ivalibri ha scritto:Sua madre era sua madre e Ferenc era suo padre.
Non mi fa impazzire che la struttura parallela non sia perfetta; metterei il nome di entrambi o di nessuno.

Piaciuto (y) Bello il finale, mi ha ricordato Shakespeare - that which we call a rose, by any other name would smell as sweet. Una nota sullo stile: secondo me è un po' sincopato, ci sono troppi punti fermi; ho lo stesso identico vizio. Comunque un ottimo racconto, protagonista e situazioni ben costruite

Re: [MI 146] Il vero nome

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ciao tenebrosa @ivalibri . Effettivamente ci sono dei buchi nella trama. Quando si arriva a capire che lui è scappato dall'Ungheria, vengono in mente troppe domande. La prima è che non ha solo varcato una frontiera, ma tante. Il nome di Martina fa pensare che si ritrovi in Italia. A questo punto avrebbe compiuto un lunghissimo tragitto. Potrebbe essere a questo punto un rifugiato, sai i documenti, la stessa lingua d'origine. Imparare in cinque anni una lingua nuova. Insomma, anche se piace quell'attimo in cui ritorna ai ricordi e al fatto delittuoso, non vedo una grande e potente bugia, tale da ingannare e diventare una verità a livello collettivo. Questa indicazione di Bef andava presa con più coinvolgimento. Ciao e alla prossima. :sss:
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI 146] Il vero nome

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La lama era affondata nella schiena, sotto la scapola. Ricordava bene il dettaglio perché al momento di sferrare il colpo ne aveva visto la sagoma rettangolare affiorare dalla pelle chiara.

Impossibile vedere la sagoma rettangolare affiorare dalla pelle chiara al momento di sferrare il colpo. La si vede solo dopo aver sferrato il colpo, ovviamente.

Ferenc non era solo suo padre, era anche suo fratello.

Peccato tu ti sia fermata qui e abbia fatto uccidere Ferec e la madre da Tomasz. Io, invece, sarei andato avanti e avrei fatto avere un rapporto incestuoso fra la madre (tanto a lei piace!) e Tomasz, dal quale sarebbe nato Andràs. Quindi non solo Ferenc sarebbe padre e fratello di Tomasz, ma sarebbe anche fratello e nonno di Andràs, che sarebbe fratello e figlio di Tomasz, il quale sarebbe sia figlio che nipote di sua madre, come pure fratello e padre di Andràs. Provare per credere, soddisfatti o rimborsati.
Se leggi bene questa riga non hai bisogno degli occhiali da vista

Re: [MI 146] Il vero nome

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Allora, intanto ringrazio @Almissima ,, @Mina , @bestseller2020 e @Poeta Zaza per i loro commenti fatti prima dello stop. Grazie per essere passati e aver espresso anche perplessità e suggerimenti, sempre molto utili.
Grazie anche a @Macleobond ,
La lama era affondata nella schiena, sotto la scapola. Ricordava bene il dettaglio perché al momento di sferrare il colpo ne aveva visto la sagoma rettangolare affiorare dalla pelle chiara.

Impossibile vedere la sagoma rettangolare affiorare dalla pelle chiara al momento di sferrare il colpo. La si vede solo dopo aver sferrato il colpo, ovviamente.

Qui volevo dire un'altra cosa, ossia che lui vedeva la scapola, succede in alcune posizioni, ma non so dirlo meglio, neanche adessoche lo sto spiegando!
Quanto al tuo fantastico suggerimento:

Quindi non solo Ferenc sarebbe padre e fratello di Tomasz, ma sarebbe anche fratello e nonno di Andràs, che sarebbe fratello e figlio di Tomasz, il quale sarebbe sia figlio che nipote di sua madre, come pure fratello e padre di Andràs. Provare per credere, soddisfatti o rimborsati.

Mi viene in mente il bel paradosso del tipo che diventa nonno di se stesso. Aspetta che ti metto il link perché è troppo bello:

Re: [MI 146] Il vero nome

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Ciao @ivalibri sulla scrittura non ho nulla da eccepire, sulla storia invece sono dubbiosa, non perché manchi, anzi, proprio perché mi sembra che ci sia materiale per un romanzo: un amore incestuoso, un figlio/fratello/nipote che scopre tutto e uccide, la fuga, i ricordi, cancellazione/ricostruzione/? di cui in un racconto breve come questo abbiamo solo pochi cenni. Come ha scoperto? Ha deciso subito di uccidere o è stato un atto istintivo, una lite? Come vive, o non vive, ora: il trauma, la negazione di sé, il fingersi altro... varie ed eventuali. Qualsiasi fossero i temi e gli angoli sotto cui volessi affrontare la cosa, qui c'era materia per scrivere fiumi. Così mi sembra più una quarta di copertina, diciamo, anche se il finale aperto alla speranza (?!) e dagli sviluppi ottimistici vuole dare una forma di racconto compiuto, sinceramente mi sembra difficile pensare che in una situazione del genere si possa semplicemente dimenticare perché si incontra qualcuno di simpatico.
Io ne farei una versione estesa :rosa:
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [MI 146] Il vero nome

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Ciao cetti @ivalibri
Mi è sembrato più un frammento che un racconto, in tutta sincerità. Un bel frammento, però, eh.
Il primissimo paragrafo lo riscriverei, l'allusione alla madre, ancora non preparata, disorienta alla lettura. e poi qui
"Se fossero morti allo stesso tempo non sapeva. Perché lui era riuscito a scappare."
secondo me quel "lui" è di troppo. Se lo togli è chiaro che è l'accoltellatore a scappare, altrimenti fai venire il dubbio che uno dei feriti sopravvie (o almeno, sulle prime, a me è venuto).
Una bella prova, nelle tue corde. Da non buttar via assolutamente ma da revisionare, secondo me, magari lasciando all'implicito la storia dell'incesto, come fai, ma fornendo qualche indizio in più perché si colga. Se poi, come sospetto, è un frammento, o un collage, si un lavoro più esteso, allora si spiega perché non dici tutto...
Ti avessi meno in considerazione ti avrei detto "pollice in su", ma ti ho in considerazione, e penso che quando l'avrai un po' rivisto sarà un pollice in su.
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI 146] Il vero nome

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Ciao @ivalibri, che atmosfera pesante! Ho potuto sentire l'angoscia di Tomasz, quel senso di vuoto infinito che ha segnato la sua esistenza dalla scoperta di una verità mostruosa. Non so se lo stesso protagonista si sentisse quindi il "frutto" della mostruosità e volesse annullarsi, dopo aver annullato fisicamente i suoi genitori. Non so se accennare al fatto di aver messo da parte le ragazze per molto tempo faccia parte del suo non volersi vivere, scegliere in qualche modo di sparire, annichilirsi, lavorare e basta. Per non pensare. Se era questo il tuo intento, ci sei riuscita, a me è arrivato tantissimo questo senso di annullamento e di angoscia. La ragazza che lo saluta, però, in qualche modo rompe sì la sua intimità, ma allo stesso tempo lo risveglia. Lei lo tratta e lo osserva normalmente, come un semplice uomo, a differenza forse di quanto non faccia con se stesso. L'incontro è un accenno di speranza, un barlume di luce. E infatti a me il finale, in cui lui dice il suo vero nome e, a pensarci bene non gli importa più di tanto che nome utilizzare, mi ha scaldato il cuore dopo tanta angoscia provata. Brava! <3

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Carissima  @ivalibri 

Ho letto i tuo racconto.
Direi che da subito ho molto apprezzata questa tua apertura:

“La lama era affondata nella schiena, sotto la scapola. Ricordava bene il dettaglio perché al momento di sferrare il colpo ne aveva visto la sagoma rettangolare affiorare dalla pelle chiara.
Con un unico colpo aveva ucciso anche la madre che giaceva sotto di lui. Aveva preso il coltello per il pane e la lunga lama li aveva infilzati entrambi. Se fossero morti allo stesso tempo non sapeva. Perché lui era riuscito a scappare. Aveva preso un treno e aveva attraversato il confine la notte stessa. Non lo avevano mai trovato. Ed erano ormai passati cinque anni.”

Questo incipit al racconto è degno di un Thriller dall’ inizio bruciante.
Con pochi tratti molto efficaci, descrivi un truculento delitto, illuminandone la scena e chiudendone l’epilogo in poche righe.
Nulla sappiamo ancora di ciò che ha generato questo duplice omicidio, sappiamo solo che si è compiuto al contempo un matricidio.
Come dicevo, sei riuscita abilmente a creare un picco di suspense mettendo nel lettore la impellente necessiatà di leggere il resto per comprendere cosa mai sia avvenuto prima dell’accoltellamento mortale.

E qui però apro una piccola digressione critica.
Questo delitto, descritto con tale modalità operativa, può reggere nel caso si racconti una fiaba o il resoconto di un sogno.
Nella realtà sarebbe assai arduo compiere questa uccisione di una persona nel modo descritto per le seguenti ragioni:

- L’ arma usata “coltello lungo da pane” in genere può risultare efficace se la penetrazione è inferta su parti “molli” del corpo: collo, a patto di tagliare di netto la gola, facendo morire la vittima annegata nel proprio sangue.
Oppure nel tronco: nell’ area gastro-intestinale, ma la morte non è mai istantanea, bensì lunga e dolorosa per prolungato dissanguamento.

- La possibilità che un lungo coltello “da pane”, perfori la schiena è provochi la morte istantanea della vittima è decisamente remota: richiederebbe una accurata conoscenza dell’anatomia umana, onde inserire con precisione la lama negli spazi tra le costole, perforare la pelle,la carne, forare un polmone e spaccare il cuore.
Forse è probabile che ci si riesca con una baionetta militare assai acuminata o qualche pugnale da ninja, applicando anche una notevole forza nello sferrare il colpo, col coltello da cucina è più probabile che si spezzi la lama o che il colpo sia deviato da qualche osso.

Stante queste premesse, che attengono a una plausibilità e credibilità dell’arma del delitto, aggiungerei che se è improbabile ucciderne uno con tale sistema, è praticamente impossibile ucciderne due e sul colpo.

Una tale azione si otterrebbe forse brandendo una lancia o uno spadone medievale, con tutto che l’assassino dovrebbe salire sul letto dove giacciono le vittima e calare a due mani da quell’ altezza le lame assassine.

Osserverei che pur rinunciando a una buona dose d’effetto grandguignolesco, il duplice omicidio si potrebbe consumare con un semplice e ben mirato colpo di pistola.
Meno spettacolare, ma sicuramente letterariamente e praticamente più percorribile ed efficace.

Un’ altra piccola nota la porrei sulla motivazione che ha condotto al feroce delitto.
Da scrittore per hobby di racconti porno, quindi poco sensibile ai giudizi morali in fatto di sesso, trovo che la situazione incestuosa nel teatro famigliare, mi risulti un filo deboluccia per scatenare questo furore moralistico omicida.
Personalmente per giungere a tanto ci avrei messo anche qualche abuso del minore, di modo da dargli una giustificata ragione di revenge.
Ma ovvio che si tratta di una mia distorsione professionale. Non badarci.

Direi che questo è il solo ciò che posso muovere al racconto come dubbio, ma mi preme altresì confermarti che stilisticamente, come sempre, è scritto molto bene.

Quindi complimenti e a presto rileggerti.
Ciao amica  :)

Re: [MI 146] Il vero nome

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Caro @Nightafter,
invece questo tuo commento me l'ero perso (non so come mai, mi hai anche taggato, ma non ho visto la notifica) e lo leggo solo ora. Ti ringrazio per l'apprezzamento e anche per le tue utilissime critiche. Hai tutte le ragioni sul coltello per il pane, impossibile davvero uccidere due persone come giustamente mi hai fatto notare, mi sono lasciata trasportare dalla fantasia non avendo conoscenze in merito. Tra l'altro forse nemmeno un coltello per la carne sarebbe sufficiente, non ci avevo pensato a quanta forza ci vorrebbe, grazie!
Quanto alla questione del movente non saprei, l'incesto e una bugia sulla paternità sono sicuramente motivi che possono sconvolgere ma magari non al punto di uccidere... ci rifletterò senz'altro.
Grazie davvero!
A presto!

Re: [MI 146] Il vero nome

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Via, ormai te li commento tutti e due. Diciamo che questo è un bell'incipit, che ci sta, di qualcosa che potrebbe venire in un secondo momento. Un bell'inizio, che mette già in gioco molti conflitti. Certo, se lo dovessi espandere ometterei di dire alcune cose, sostanzialmente non rivelerei la verità, ecco, lasciando nell'incertezza il perché [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]lui racconti questa bugia sulla sua identità. [/font]
ivalibri ha scritto: Era una runner
Eviterei parole inglesi. So che non esiste un equivalente italiano, ma boh, meglio pure una perifrasi. 
ivalibri ha scritto: Ferenc non era solo suo padre, era anche suo fratello. Ma siccome la verità era troppo mostruosa, la madre aveva ripetuto a entrambi quella pietosa bugia. L'aveva ripetuta così tante volte che avevano finito per crederci. Tutti e due.
Bello, mi ricorda Chinatown, il film con Jack Nicholson e non mi ricordo più l'altro attore, comunque, l'unica cosa che non capisco è come la bugia possa essere stata raccontata anche a suo fratello Ferenc. Cioè se è suo fratello e suo padre almeno qualche dubbio avrebbe dovuto venirgli.


In generale, forse, anche qui proverei a mescolare un po' le carte, spostando l'inizio in un incipit, o cercando di rendere un po' più complessa la trama. 

Re: [MI 146] Il vero nome

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Ciao @Tracker,
grazie per essere passato a leggere e a commentare i miei racconti. Sono contenta che tu li abbia apprezzati ma soprattutto che tu mi abbia segnalato cosa non ti convince. Le tue annotazioni sono molto interessanti e mi saranno utili in fase di revisione. Alcune cose che dici mi confermano dubbi miei o che mi hanno fatto notare anche altri lettori, ma mi hai lasciato anche altri spunti di riflessione.
Grazie davvero!

Re: [MI 146] Il vero nome

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Ciao @Ivalibri, il pezzo mi è piaciuto parecchio. L'incipit dà senso al proseguo. Un delitto efferato per punire una colpa che ha scombinato il suo equilibrio mentale. 
Bella la frase che riporto sotto:
ivalibri ha scritto: Non gli era mai venuto in mente che fosse troppo giovane per essere suo padre o che sua madre fosse troppo vecchia per lui. Sono cose che agli occhi di un bambino non hanno significato
E tutto sarebbe continuato, ma scoperta la realtà diventa, invece, una condizione inaccettabile, tanto da sconvolgerlo e indurlo all'omicidio. C'è gente che uccide anche per molto meno, quindi, anche se può sembrare una reazione eccessiva, è plausibile. 
La tua scrittura è sempre accattivante, riesci a farti seguire dal lettore senza inciampi. 
L'arrivo della ragazza non è solo la speranza per il futuro, ma una riconciliazione con se stesso. Lui sta male per due motivi, ma il principale non è essere un omicida ma essere il frutto di un incesto. Da qui la doppia necessità di desiderarsi invisibile. Chi non sa non può giudicare e quindi lui potrà, grazie alle attenzioni della ragazza, riappacificarsi oltre che con se stesso (  provando ad andare avanti) anche con gli esseri umani.  Può dunque rinascere a nuova vita. Credo sia questo il punto di forza del tuo racconto. 
Molto brava come sempre. 
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