[MI-146] La mezza verità
Posted: Sun Mar 07, 2021 8:24 pm
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Traccia di mezzogiorno
Una persona che parla poco ha molto a cui pensare.
«Monsignore, è sicuro di andare a piedi? Quanto si fermerà?»
«Non dovrei trattenermi a lungo, Charles. Un paio d’ore al massimo.»
Monsignor Jones non indossa l’abito talare; oggi è solo il signor Cedric, una macchia scura che si perde nel frastuono dei cantieri, tra i rottami di un mondo che non c’è più e le fondamenta di un mondo che non c’è ancora.
Cammina piano e si ferma ogni tanto per seguire il filo dei ricordi, lo sguardo perso nel vuoto a cercare un ragazzino che giocava cercando di entrare di nascosto nelle navi attraccate. Le gru, il ferro, le lamiere, i magazzini maleodoranti. I piccoli furti, gli scippi, la puzza di nafta, l’odore di birra e alcolici dei pub infestati da topi, marinai e puttane.
Una persona che parla molto ha molto da dimenticare.
Maggie è una conversatrice formidabile, un’attitudine perfezionata negli anni e che tuttora le consente un certo successo con chiunque si rivolga a lei per acquistare qualche ora di surrogato d’amore.
L’insegna dell’Old sailor non è tra le più invitanti, ma Cedric sente il bisogno di scaldarsi e bere qualcosa di forte. Entra e viene investito da una nuvola di fumo, alcol e risate becere. Al suo ingresso nel locale, il brusìo cessa per un istante. Cedric sente su di sé le lame affilate degli sguardi dei presenti e, per un attimo, è tentato di uscire di nuovo. Decide di ordinare una pinta di bitter ale. La beve quasi d’un fiato.
«Ancora una, signore?»
«No, no. Grazie. Per oggi basta così.»
«Dispiaceri d’amore?... Se vuole l’affido a Sheila. Ha le gambe corte, ma una grande t...»
Cedric non lo lascia finire; si alza dallo sgabello e avverte un leggero giramento di testa. Non è più abituato a bere tanto e oltretutto a stomaco vuoto, ma quella sensazione di stordimento rafforza il proposito che lo anima da mesi. Un atto di coraggio che è arrivato il momento di compiere.
Le strade non sono più come le ricorda: i bombardamenti hanno distrutto buona parte degli edifici, ma i palazzi chiusi nel vicolo del vecchio quartiere sembrano essere ancora in piedi.
Cedric con una mano tiene premuto il cappello sulla testa per non farlo volare e con l’altra, sprofondata nell’ampia tasca del cappotto, stringe una vecchia fotografia.
L’immagine risale a molti anni prima, quando la grande guerra era solo una eco lontana.
Nella foto, una ragazza indossa un largo sorriso che mette in risalto denti bianchissimi in una bocca dipinta da un rossetto vivace e un allegro cappellino da marinaio; lo sguardo è rivolto al futuro, le mani accarezzano un’illusione d’amore.
Sente il cuore pulsare nella gola mentre i piedi percorrono a memoria quel budello dimenticato dal sole. Alza gli occhi al cielo, un francobollo di piombo tra i tetti.
Il vecchio edificio, corrotto dall’umidità e dalla guerra, è la casa più famosa dei docks per l’allegria delle ragazze, la pulizia e la discrezione.
Dalla propria postazione in portineria Maggie riesce a controllare con discrezione gli accessi di tutti. Una finestrella a vetri consente la visione del vano scala.
Tutta la propria vita è racchiusa in quelle quattro mura. Da quanto tempo non lo ricorda più neppure lei.
Il portone è ben chiuso, gli inquilini hanno le chiavi, le ragazze sono uscite; Maggie può rifugiarsi nei ricordi.
Sfila dalla tasca la chiave e apre il cassetto. All’interno una scatola di latta contenente gli incassi della settimana, una vecchia copia di “Cime tempestose”, un pacco di lettere tenute insieme da un nastro sbiadito e qualche rimasuglio degli strumenti del mestiere: un mozzicone di rossetto, una scatola di cipria stantia e una matita nera per gli occhi.
Prende il libro dalla parte della costola e lo scuote con piccoli colpi secchi. Dalle pagine rigonfie casca sul pavimento una fotografia.
L’immagine è quella di un ragazzo vestito da marinaio. Una maglietta a mezze maniche a righe orizzontali, il colletto slacciato, un cordino nautico al posto dei bottoni, un cappello bianco e un sorriso dolcissimo. Gli occhi socchiusi sono rivolti verso qualcuno al suo fianco.
Maggie si guarda allo specchio. La ragnatela d’argento rende il riflesso simile a un affresco del cinquecento. Il rossetto è quasi secco, ma tinge ancora bene. Le mani non sono più ferme come un tempo e fare la riga sulle palpebre non è affatto semplice.
Annusa la cipria. Un tempo le piaceva da morire quell’odore. Ora, quella polvere puzza ed è ridotta a un cumulo di frammenti; come il muro della camera, come i propri ricordi. Scende una lacrima e lascia un solco profondo sul viso.
Cedric è davanti al portone. Il campanello non funziona e deve picchiare con vigore.
Maggie cerca di ripulirsi la faccia, ma il bussare insistente le impedisce di proseguire. Si alza e va ad aprire.
«Prego, entri. Dovrebbe darmi le generalità e dirmi da chi deve salire. Sa, sono le regole.»
Il bollitore fischia. Maggie deve aggiungere dell’acqua.
«Ecco fatto. Dunque, dicevamo. Chi sta cercando?»
Per risposta l’uomo appoggia sul tavolo una fotografia strappata a metà.
«Cerco questa donna. Mi hanno detto che abita qui. Si chiama Margaret Fisher, la conosce?»
Silenzio.
«Scusi, potrebbe togliersi il cappello?»
«Ma sì, certo! Che razza di maleducato, mi scusi.»
Quel ciuffo bianco come il ghiaccio non è evidente come una volta, ormai la neve si è posata anche sul resto dei capelli, ma lei lo conosce troppo bene per sbagliarsi. Ha il cuore in fiamme, deve prendere tempo.
«Gradisce una tazza di tè?»
«Grazie, ma non deve disturbarsi oltre.»
«Niente latte e molto zucchero, vero?»
Cedric trasalisce. Non riesce a distogliere lo sguardo. Possibile che...
Maggie prepara le tazze ed esce dalla stanza per rientrare poco dopo. In mano l’altra metà della foto.
«Maggie...»
«Cedric, dimmi che sei davvero tu o impazzirò oggi stesso.»
Si abbracciano come naufraghi scampati alla tempesta, le mani sanno dove andare, le bocche si aprono ai ricordi. Le lancette ruotano all’indietro e le emozioni appannano i vetri. Siedono increduli.
«Ti ho pianto tanto, sai. Credevo fossi morto. Che ti è successo? Sei stato ferito e hai perso la memoria? Ne ho sentite tante di storie così.»
Cedric beve un sorso.
«No, Maggie. Non sono stato ferito.»
«E allora perché ti fai vivo soltanto adesso?»
Cedric sospira.
«È una storia lunga. Hai tempo?»
«Possono sfondare il portone.»
«Vedi Maggie, io non posso essere stato ferito perché non sono mai partito per la guerra.»
Maggie si sente mancare.
«Ma cosa stai dicendo? Tu mi hai detto che ti avevano chiamato per partire. Abbiamo strappato in due la foto, ricordi? Io avevo te e tu avevi me e prima o poi ci saremmo ritrovati. Lo abbiamo giurato.»
«Maggie, io…»
Cedric si toglie il cappotto e le mostra il collarino bianco sotto il colletto della camicia.
«Ho preso i voti.»
Una risata sguaiata maschera lo stupore.
«Tu? Un prete… ma che significa? Non capisco.»
«Chiamala vigliaccheria. Un prete non fa la guerra e io avevo troppa paura. La vocazione ha i suoi privilegi.»
«Era tutto un inganno... il tuo grande amore. Ecco perché le lettere tornavano indietro. Avrei preferito saperti morto.»
«Maggie... sono venuto per chiederti perdono. Non potevo morire con questo segreto.»
Bugiardo. Vigliacco.
«Si faccia perdonare dal suo Dio. Margaret non abita più qui. La dimentichi, padre. E adesso vada, questo non è posto adatto a lei.»
Le ragazze fanno girare la chiave nella toppa.
«Maggie, Abbiamo comprato calze fantastiche! ... E questo bell’uomo… è da molto che aspetta?» Si avvicina a Cedric apre il cappotto e si tocca il seno passando la lingua tra le labbra.
«No. Il signore sta uscendo. Si è perso. È facile da queste parti.»
Cedric cerca invano lo sguardo di Maggie, il suo unico vero amore. Ha ingannato gli uomini e perfino il suo Dio. Non può voltarsi indietro, ma può tornare a guardarsi allo specchio. Si sbottona il colletto, getta via il collarino. Charles attenderà invano il suo ritorno.
Traccia di mezzogiorno
Una persona che parla poco ha molto a cui pensare.
«Monsignore, è sicuro di andare a piedi? Quanto si fermerà?»
«Non dovrei trattenermi a lungo, Charles. Un paio d’ore al massimo.»
Monsignor Jones non indossa l’abito talare; oggi è solo il signor Cedric, una macchia scura che si perde nel frastuono dei cantieri, tra i rottami di un mondo che non c’è più e le fondamenta di un mondo che non c’è ancora.
Cammina piano e si ferma ogni tanto per seguire il filo dei ricordi, lo sguardo perso nel vuoto a cercare un ragazzino che giocava cercando di entrare di nascosto nelle navi attraccate. Le gru, il ferro, le lamiere, i magazzini maleodoranti. I piccoli furti, gli scippi, la puzza di nafta, l’odore di birra e alcolici dei pub infestati da topi, marinai e puttane.
Una persona che parla molto ha molto da dimenticare.
Maggie è una conversatrice formidabile, un’attitudine perfezionata negli anni e che tuttora le consente un certo successo con chiunque si rivolga a lei per acquistare qualche ora di surrogato d’amore.
L’insegna dell’Old sailor non è tra le più invitanti, ma Cedric sente il bisogno di scaldarsi e bere qualcosa di forte. Entra e viene investito da una nuvola di fumo, alcol e risate becere. Al suo ingresso nel locale, il brusìo cessa per un istante. Cedric sente su di sé le lame affilate degli sguardi dei presenti e, per un attimo, è tentato di uscire di nuovo. Decide di ordinare una pinta di bitter ale. La beve quasi d’un fiato.
«Ancora una, signore?»
«No, no. Grazie. Per oggi basta così.»
«Dispiaceri d’amore?... Se vuole l’affido a Sheila. Ha le gambe corte, ma una grande t...»
Cedric non lo lascia finire; si alza dallo sgabello e avverte un leggero giramento di testa. Non è più abituato a bere tanto e oltretutto a stomaco vuoto, ma quella sensazione di stordimento rafforza il proposito che lo anima da mesi. Un atto di coraggio che è arrivato il momento di compiere.
Le strade non sono più come le ricorda: i bombardamenti hanno distrutto buona parte degli edifici, ma i palazzi chiusi nel vicolo del vecchio quartiere sembrano essere ancora in piedi.
Cedric con una mano tiene premuto il cappello sulla testa per non farlo volare e con l’altra, sprofondata nell’ampia tasca del cappotto, stringe una vecchia fotografia.
L’immagine risale a molti anni prima, quando la grande guerra era solo una eco lontana.
Nella foto, una ragazza indossa un largo sorriso che mette in risalto denti bianchissimi in una bocca dipinta da un rossetto vivace e un allegro cappellino da marinaio; lo sguardo è rivolto al futuro, le mani accarezzano un’illusione d’amore.
Sente il cuore pulsare nella gola mentre i piedi percorrono a memoria quel budello dimenticato dal sole. Alza gli occhi al cielo, un francobollo di piombo tra i tetti.
Il vecchio edificio, corrotto dall’umidità e dalla guerra, è la casa più famosa dei docks per l’allegria delle ragazze, la pulizia e la discrezione.
Dalla propria postazione in portineria Maggie riesce a controllare con discrezione gli accessi di tutti. Una finestrella a vetri consente la visione del vano scala.
Tutta la propria vita è racchiusa in quelle quattro mura. Da quanto tempo non lo ricorda più neppure lei.
Il portone è ben chiuso, gli inquilini hanno le chiavi, le ragazze sono uscite; Maggie può rifugiarsi nei ricordi.
Sfila dalla tasca la chiave e apre il cassetto. All’interno una scatola di latta contenente gli incassi della settimana, una vecchia copia di “Cime tempestose”, un pacco di lettere tenute insieme da un nastro sbiadito e qualche rimasuglio degli strumenti del mestiere: un mozzicone di rossetto, una scatola di cipria stantia e una matita nera per gli occhi.
Prende il libro dalla parte della costola e lo scuote con piccoli colpi secchi. Dalle pagine rigonfie casca sul pavimento una fotografia.
L’immagine è quella di un ragazzo vestito da marinaio. Una maglietta a mezze maniche a righe orizzontali, il colletto slacciato, un cordino nautico al posto dei bottoni, un cappello bianco e un sorriso dolcissimo. Gli occhi socchiusi sono rivolti verso qualcuno al suo fianco.
Maggie si guarda allo specchio. La ragnatela d’argento rende il riflesso simile a un affresco del cinquecento. Il rossetto è quasi secco, ma tinge ancora bene. Le mani non sono più ferme come un tempo e fare la riga sulle palpebre non è affatto semplice.
Annusa la cipria. Un tempo le piaceva da morire quell’odore. Ora, quella polvere puzza ed è ridotta a un cumulo di frammenti; come il muro della camera, come i propri ricordi. Scende una lacrima e lascia un solco profondo sul viso.
Cedric è davanti al portone. Il campanello non funziona e deve picchiare con vigore.
Maggie cerca di ripulirsi la faccia, ma il bussare insistente le impedisce di proseguire. Si alza e va ad aprire.
«Prego, entri. Dovrebbe darmi le generalità e dirmi da chi deve salire. Sa, sono le regole.»
Il bollitore fischia. Maggie deve aggiungere dell’acqua.
«Ecco fatto. Dunque, dicevamo. Chi sta cercando?»
Per risposta l’uomo appoggia sul tavolo una fotografia strappata a metà.
«Cerco questa donna. Mi hanno detto che abita qui. Si chiama Margaret Fisher, la conosce?»
Silenzio.
«Scusi, potrebbe togliersi il cappello?»
«Ma sì, certo! Che razza di maleducato, mi scusi.»
Quel ciuffo bianco come il ghiaccio non è evidente come una volta, ormai la neve si è posata anche sul resto dei capelli, ma lei lo conosce troppo bene per sbagliarsi. Ha il cuore in fiamme, deve prendere tempo.
«Gradisce una tazza di tè?»
«Grazie, ma non deve disturbarsi oltre.»
«Niente latte e molto zucchero, vero?»
Cedric trasalisce. Non riesce a distogliere lo sguardo. Possibile che...
Maggie prepara le tazze ed esce dalla stanza per rientrare poco dopo. In mano l’altra metà della foto.
«Maggie...»
«Cedric, dimmi che sei davvero tu o impazzirò oggi stesso.»
Si abbracciano come naufraghi scampati alla tempesta, le mani sanno dove andare, le bocche si aprono ai ricordi. Le lancette ruotano all’indietro e le emozioni appannano i vetri. Siedono increduli.
«Ti ho pianto tanto, sai. Credevo fossi morto. Che ti è successo? Sei stato ferito e hai perso la memoria? Ne ho sentite tante di storie così.»
Cedric beve un sorso.
«No, Maggie. Non sono stato ferito.»
«E allora perché ti fai vivo soltanto adesso?»
Cedric sospira.
«È una storia lunga. Hai tempo?»
«Possono sfondare il portone.»
«Vedi Maggie, io non posso essere stato ferito perché non sono mai partito per la guerra.»
Maggie si sente mancare.
«Ma cosa stai dicendo? Tu mi hai detto che ti avevano chiamato per partire. Abbiamo strappato in due la foto, ricordi? Io avevo te e tu avevi me e prima o poi ci saremmo ritrovati. Lo abbiamo giurato.»
«Maggie, io…»
Cedric si toglie il cappotto e le mostra il collarino bianco sotto il colletto della camicia.
«Ho preso i voti.»
Una risata sguaiata maschera lo stupore.
«Tu? Un prete… ma che significa? Non capisco.»
«Chiamala vigliaccheria. Un prete non fa la guerra e io avevo troppa paura. La vocazione ha i suoi privilegi.»
«Era tutto un inganno... il tuo grande amore. Ecco perché le lettere tornavano indietro. Avrei preferito saperti morto.»
«Maggie... sono venuto per chiederti perdono. Non potevo morire con questo segreto.»
Bugiardo. Vigliacco.
«Si faccia perdonare dal suo Dio. Margaret non abita più qui. La dimentichi, padre. E adesso vada, questo non è posto adatto a lei.»
Le ragazze fanno girare la chiave nella toppa.
«Maggie, Abbiamo comprato calze fantastiche! ... E questo bell’uomo… è da molto che aspetta?» Si avvicina a Cedric apre il cappotto e si tocca il seno passando la lingua tra le labbra.
«No. Il signore sta uscendo. Si è perso. È facile da queste parti.»
Cedric cerca invano lo sguardo di Maggie, il suo unico vero amore. Ha ingannato gli uomini e perfino il suo Dio. Non può voltarsi indietro, ma può tornare a guardarsi allo specchio. Si sbottona il colletto, getta via il collarino. Charles attenderà invano il suo ritorno.